Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

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mercoledì 7 novembre 2001

E se fosse l'otto settembre


Potrà sembrare anche fuori luogo oggi, 7 novembre 2001 – la Camera sta giusto votando la nostra entrata in guerra contro l’Afghanistan – attardarsi a parlare dell’8 settembre 1943.

Ma forse è giusto così. Non è solo perché Ragno chiede spazio (potrei anche rifiutarmi, il sito è mio). Non è nemmeno che tutti i primi giorni di guerra si somiglino: però io dopo tutto resto ancora convinto che la Storia c’insegni qualcosa, e che l’otto settembre sia la nostra grande tragedia nazionale.
In momenti come questi ognuno di noi dovrebbe fare un piccolo esercizio di fantasia e chiederselo: “Cosa avrei fatto, quel giorno?” È un’idea che mi era venuta in mente qualche anno fa (la guerra era un’altra), la scrissi anche a qualcuno che a quest’ora se lo sarà scordato. Lo ribadisco ora.

Di solito il nostro esercizio di cittadini si limita a poche semplici cose: pagare le tasse, rispettare le leggi, e fruire in cambio di tutta una serie di diritti che secondo alcuni ci spetterebbero alla nascita. Poi ogni tanto succede qualcosa d’imprevisto, il quadro non è più chiaro, la bilancia dei diritti e dei doveri oscilla e forse cade, e non c’è nessuno a dirci con sicurezza cosa fare. C’è la nostra Coscienza, è vero: ma (ammesso che tutti ne abbiamo una) che ne sa, lei? forse chiede soltanto di tenersi fuori dai guai e riaddormentarsi in pace.

Coraggio, tentiamo. È l’otto settembre 1943, e da 45 giorni l’Italia non è più governata da Mussolini. È vero, quasi tutti i gerarchi che non sono al fronte sono ancora al loro posto. Ma Mussolini è agli arresti. Improvvisamente i soldati tedeschi, che negli ultimi mesi si vedono un po’ dappertutto, ci chiedono le armi. O si mettono direttamente a spararci. Cosa facciamo? Chiediamo notizie ai superiori. I superiori non ci capiscono nulla. Alla fine qualcuno al telefono lascia capire che è vero, Badoglio ha firmato l’armistizio coi nemici. Cosa facciamo?

C'è un'altro elemento da aggiungere: non siamo stupidi. Non lo siamo (forse) oggi, perché avremmo dovuto esserlo 60 anni fa? Forse avremmo avuto meno cultura, ma senz’altro un maggior senso pratico. La tv non c’era, ma ogni sera potevamo ascoltare Radio Londra in religioso silenzio, senza Veline o giornalisti-clown a distrarci. Saremmo stati imbevuti di vent’anni di retorica fascista? Sì, al punto di poterne più, perché in un paese di preti e professori fascisti un ragazzo cresce ribelle per forza.

A questo punto possiamo scegliere (ovviamente dobbiamo avere avuto un po’ di fortuna, perché a molti di noi i tedeschi non hanno lasciato il tempo di pensare).
Che facciamo? La situazione non è chiara. Ma nemmeno così ingarbugliata. I tedeschi non sono più i nostri alleati. I tedeschi chiedono le nostre armi. Insomma, i tedeschi ci hanno invaso. Possiamo (1) passare dalla loro parte, (2) arrenderci, (3) respingerli. Che facciamo?

Se scegliamo (1) non siamo “dei giovani che vanno capiti perché per un frainteso senso dell’Onore scelsero la parte sbagliata”, no, no, no: siamo dei traditori, dotati di un ottuso senso dell’Onore che, guarda caso, si schiera sempre dalla parte del più forte.
E non si tiri fuori “il discorso di Ciampi”: ma l’ha letto veramente qualcuno, quel discorso? Sono cinque cartelle e non sono state pubblicate da nessun giornale.

Se scegliamo (2) facciamo la scelta apparentemente più saggia. Loro sono forti, noi abbiamo dichiarato la pace: perché combattere?
È quello che fecero la maggior parte degli italiani impegnati nelle Forze Armate, al grido di “tutti a casa”. Tra loro ci sarà stato chi lo fece per Coscienza, chi per convenienza, chi per malinteso: si trattò comunque di un tragico malinteso, di cui tutti sono responsabili, dal Capo di Stato Maggiore all’ultimo dei fanti. Grazie a questo malinteso i tedeschi ebbero in poche ore il controllo di quasi tutta la penisola, nella più riuscita delle guerre lampo.
Questa, che è una delle pagine più tristi della Storia d’Italia, io la chiamo diserzione di massa e la trovo vergognosa, anche perché ebbe effetti disastrosi. Chi lo sa, forse anch’io nell’occasione avrei disertato: non sono mica un leone. Ma poi, solo con la mia Coscienza, me ne sarei vergognato, e senz’altro non avrei preteso un monumento.

(Tra parentesi: ieri ho dato un’occhiata a un Quaderno dell’istituto storico della Resistenza di Modena e ho scoperto con stupore che… un ‘monumento al disertore’ a Modena l’abbiamo già! È una lapide del ’59, in Accademia, in cui si legge che il “col. Giovanni Duca / Comandante dell’Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria /organizzava con due battaglioni e uno squadrone di allievi / le prime resistenze contro l’invasione tedesca / nella Piana di Pavullo e di Mocogno”. In realtà il col. Duca (che in seguito partecipò davvero alla Resistenza e morì in un lager) se nell’occasione organizzò qualcosa, fu lo sbando e l’imboscamento di quel migliaio di allievi dell’Accademia, che stavano rientrando a Modena dalle esercitazioni in montagna, e alla notizia dell’armistizio si diedero a un precipitoso e indecoroso dietro-front (e non si era visto un solo tedesco in giro)… Ragno, se dobbiamo onorare ‘tutti’ i disertori di tutte le guerre, una corona di fiori su quella lapide bisogna che un giorno o l’altro ce la portiamo…)

La terza possibilità si chiama Resistenza, e non credo dovesse sembrare così strana agli italiani dell’otto settembre. Difficile sì, pericolosa sì: ma strana no. Anche senza radio, quanto tempo serviva a capire che i tedeschi che volevano disarmarci erano nemici? Le armi lasciate sui monti dai cadetti sparirono in poche ore: le portarono via i montanari che, senza saper leggere o scrivere, qualcosa in più degli allievi militari lo avevano capito: per esempio, che dai tedeschi bisognava difendersi. Ma il fatto che lo avessero capito loro rende ancora più vergognoso l’atto di diserzione dei cadetti.

Da quelle armi raccolte e nascoste alle perquisizioni della Wermacht parte la lotta di liberazione nella zona della repubblica di Montefiorino. Nel frattempo, il nove settembre è già nato a Roma il Comitato di Liberazione Nazionale, che in seguito entrerà nel governo Badoglio.

La Repubblica Sociale nasce parecchio tempo dopo: Mussolini viene liberato da un commando tedesco in settembre. Sin dall’inizio la Repubblica di Salò è uno stato fantoccio. La “chiamata alle armi” di cui sotto parla Ragno è addirittura del 9 Novembre del 1943. Poteva qualcuno, dopo sei mesi di occupazione tedesca, credere in buona fede che quello di Salò fosse il legittimo governo italiano? Dall’altra parte c’era il Re, il primo ministro Badoglio, il CLN: insomma, non c’è giustificazione che tenga. Non obbedire a quel bando non era diserzione: obbedire sarebbe stato tradimento.

E infatti la Resistenza non è una guerra civile, ma una guerra di liberazione: una guerra in cui da una parte c’era un invasore, dall’altra la giustizia e la libertà. Insomma, era una guerra giusta – o almeno meno sbagliata di altre. È Fini a dire il contrario. È Storace a volerlo scritto nei libri di scuola. È triste che noi, che dovremmo aver letto altri libri, cadiamo in un equivoco così grave. Allora di Storace non c’è nemmeno bisogno: bastiamo noi.
Dite: bisogna comunque essere fedeli alla propria Coscienza. Rispondo: sì, ma la Coscienza deve anche tenersi un po' informata. Perché sennò si addormenta, davvero, e poi quando la disturbiamo chiede soltanto di essere lasciata in Pace.

Queste cose ho provato a spiegare in questi giorni, in maniera forse incerta, ma senza voler offendere qualcuno. Però con certi pacifisti bisogna usar cautela, e indossare protezioni, anche. Ne son volate di tutti i colori. L’accusa finale, (la più infamante) è che avendo fatto il “boy-scout” la mia infanzia è stata segnata, e che forse ho molestato anche dei lupetti.

Ma Ragno no. Lui è sempre di buonumore, sempre allegro, che gli altri gli combinino una cazzata o che la combini lui. Lo invidio molto. Per questo un po’ di posto su questo sito non democratico (comando io), se la merita comunque. Riporto dunque la sua risposta al presidente del Consiglio comunale.


Comunicato Stampa
Abbiamo letto che il presidente del consiglio comunale ha definito la proposta di erigere un monumento alla memoria dei disertori, dei renitenti e degli obiettori di tutte le guerre, “un’offesa a tutti i cittadini italiani che hanno combattuto e che sono morti per difendere la Patria, un'offesa alla Resistenza e alla memoria di coloro che hanno combattuto e sono morti per la libertà e la democrazia”. Inoltre ha ricordato a noi firmatari di questa proposta che l'Art. 52 della Costituzione sancisce che "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino".
In effetti non abbiamo capito se abbiamo offeso i cittadini italiani mandati dal governo Salandra a morire in trincea nel 1915 o quelli inviati dal governo Mussolini a morire in giro per il mondo per la gloria dell’Impero nel 1940. Vorremmo però far notare al presidente del consiglio comunale che la nostra proposta è quella di costruire un monumento alla memoria dei disertori, dei renitenti e degli obiettori di tutte le guerre perseguitati a causa della loro condotta. Esattamente come lo furono i partigiani, tutti disertori e quindi meritevoli di fucilazione, per il governo della Repubblica di Salò che amministrava il territorio nel quale operavano. Essi infatti furono tra coloro che non risposero alla chiamata alle armi emanata il 9 Novembre del 1943 dal maresciallo Graziani: il monumento che chiediamo di costruire sarebbe dunque dedicato sia a loro (che disertarono per andare volontariamente a combattere il fascismo) che a quanti disertarono semplicemente per cercare di salvare la pelle,obiettivo tutt’altro che disdicevole.
La difesa della Patria è sicuramente un sacro dovere del cittadino: noi ad esempio stiamo cercando di difenderla da chi ancora oggi pensa che sia lecito che qualcuno ci obblighi a morire in suo nome.

Fabrizio Ragazzi, coordinatore della campagna “Costruiamo un monumento ai disertori di tutte le guerre”


Il testo della lapide citata è tratto da PIETRO ALBERGHI, Attila sull’appennino, Istituto Storico sella Resistenza, Modena, 1969, pag. 23. Non sono un esperto di Storia locale e non ho altri elementi sull’episodio oltre a quelli che ho appreso lì.

Le immagini sono prese dal sito dell'Istituto Storico di Modena

2 commenti:

  1. Che curioso concetto di libertà,
    quello di passare dalla parte di un invasore.

    Il concetto di "alleato" e di "nemico"
    si stabilisce ALL'INIZIO di una guerra.
    Se poi in pieno svolgimento,ti appare anche la madonna in persona a dire che il nemico
    è diventato di botto un "liberatore",
    la sostanza non cambia.

    Si trattò solo di scegliere chi servire,
    non potendo più arrivare a comandare.
    Fareste bene a smettere di usare
    come dolcificanti,come anestetici,
    le abusate "libertà","democrazia",
    "parte giusta-parte sbagliata"
    ecc.....

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  2. Il problema è che ALL'INIZIO di una guerra noi non avevamo il diritto di scegliere, ma solo il dovere di obbedire.
    Quando A UN CERTO PUNTO qualcuno ha scelto, alcuni hanno scelto BENE, altri hanno scelto MALE.
    Quelli che hanno scelto BENE hanno cercato di ammazzare VOIALTRI e hanno fatto BENE.
    Voialtri avete continuato ad obbedire alle persone sbagliate e avete fatto MALE.
    Voi avete PERSO. Ed è stato un BENE per tutti. Anche per voi.

    Ti va bene così? Non ho usato neanche un dolcificante.

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