Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

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mercoledì 11 settembre 2002

Niente sarà come prima, dicevano
(E a qualcuno, senza volere, capitava di pensare: "Magari").

Forse ai nipotini la racconteremo in questo modo: quand'eravamo giovani ci divertivamo, c'era molta ricchezza e libertà, poi caddero le Twin Towers e tutto cambiò: la borsa andò giù, il prezzo delle zucchine saliva, l'estate finiva in un lampo ma il campionato non iniziava mai.
Naturalmente le cose non stanno così. Persino gli organi di stampa del pensiero unico riconoscono (oggi) che la recessione era già bella e avviata, un anno fa; che anzi, l'undici settembre e la guerra in Afganistan ebbero il paradossale effetto di compattare la nazione americana, l'occidente e il mondo intero intorno a una leadership fino a quel momento piuttosto traballante. Al primo bombardamento afgano George W. Bush comparve in televisione per chiedere ai suoi concittadini non di stringere la corda, come ai tempi di Roosvelt, ma di consumare come se nulla fosse successo: come se Bin Laden, mirando al World Trade Center, volesse scoraggiare gli americani a fare la spesa.
Hanno fatto quel che hanno potuto, i concittadini di Bush, per tenere alta la domanda e far girare il mercato. Hanno stretto i denti e hanno continuato a consumare as usual. Ma quando anche i tranquilli pensionati della Florida hanno visto crollare i loro fondi pensione nei crack di primavera, qualcosa si è incrinato. E ora? Ora si naviga a vista. Ma chissà, forse bombardando l'Iraq…

Eppure è probabile che ai nipotini la racconteremo così: prima si stava bene, poi caddero le Torri. Perché lo shock dell'undici settembre ha davvero tracciato un segno nelle nostre vite.
Non che prima vivessimo in una campana di vetro. Anzi, ci tenevamo piuttosto informati, e non si può dire che tutto quello che è successo dopo ci abbia colto di sorpresa. Sapevamo che l'inquinamento atmosferico stava cominciando a influire sul clima del pianeta. Sapevamo che l'economia neoliberista stava creando tensioni sociali sia nel Sud che nel Nord del mondo. Sapevamo che nei Paesi del Sud queste tensioni sfociavano nel fanatismo religioso, e nel Nord nella xenofobia e nell'egoismo sociale. Sapevamo tante cose. Ma un conto è saperle, un altro è viverle, sulla propria pelle.

Tutte queste cose, che sapevamo, dal 2001 (primo anno del secolo nuovo) abbiamo cominciato a viverle. Tutte insieme. A dire il vero, l'Undici Settembre non è stato che un segno tra tanti. Prima c'era stata Genova, dopo c'è stato l'assedio alla Natività di Betlemme, la crisi di credibilità di Wall Street, lo sciopero generale in Italia (con una mobilitazione senza precedenti nel dopoguerra), le alluvioni estive in Europa. Tanti 'piccoli' eventi, che ci dicono la stessa cosa: i nodi stanno venendo al pettine, siamo al punto di non ritorno.
Un movimento di opposizione al neoliberismo esisteva anche prima delle giornate di Genova: ma la guerriglia urbana e la repressione di un anno fa sono un fatto nuovo. Lo sterminio dei palestinesi (e la guerra sporca dei terroristi contro Israele), non sono iniziati un anno fa: ma quest'anno hanno fatto più vittime dell'attentato alle Torri. La tensione sociale non è una novità in Italia, ma oggi mobilita milioni di persone che nel 2000 avevano assistito passivamente all'instaurazione del governo Berlusconi. La speculazione finanziaria toglie risorse all'economia reale da vent'anni, ma solo quest'anno è scoppiata la bolla dei falsi in bilancio. Il riscaldamento dell'atmosfera è lento e graduale, ma solo nel 2002 l'Europa è entrata nella fascia subtropicale e ha avuto, al posto dell'estate, una turbolenta stagione delle piogge.

Tutto quello che fino a un giorno prima era prevedibile, quasi scontato, da quel giorno in poi è cominciato a succedere. Racconteremo questo ai nostri nipotini – se ne avremo.

Scusate il tono apocalittico, sto invecchiando (soprattutto da un anno in qua).

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