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martedì 17 dicembre 2002

Maestri di vita (2): l'ammiraglio Ramius

Caccia a Ottobre Rosso non è un film da esposizione, no. Non so neanche chi sia il regista... Ah, ecco: John McTiernan. Non è nemmeno il film trash con possibilità di passare alla Storia in virtù di qualche colossale difetto. Resta nel mezzo, un'americanata come tante nell'heavy rotation dei palinsesti tv, dove abbiamo avuto la possibilità di vederlo tantissime volte, assai più spesso di film più popolari. Si vede che sul piccolo schermo funziona meglio di altri, ha quel tipo di ritmo che se te lo trovi davanti alle undici e mezza di sera non cambi canale. C'è Connery che fa il vecchio energico – come in tutti i film da vent'anni a questa parte, ma uno come lui non fa venir voglia d'invecchiare più alla svelta?

Ci sono i sottomarini: soffitti e luci basse, gente in giacca che guarda sottecchi e non c'è da fidarsi. Il privé di una discoteca in fondo al mare. Ci sono personaggi potentissimi, che fanno telefonate, premono bottoni, c'è un tale somigliantissimo a Colin Powell che verso la fine del film mostra un tesserino a un soldato e poi gli dice: "Mi ascolti bene: io non sono mai stato qui". Perché Caccia è soprattutto l'ultimo, grande film di guerra fredda, sin dal titolo. All'inizio un ingegnere americano, tra l'allibito e l'ammirato, esclama: "Ma come, ci sono già arrivati?" I Cattivi, i Rossi, sono già arrivati a un nuovo tipo di sottomarino nucleare silenziosissimo. I sonar USA non lo possono captare (tranne se alle cuffie c'è un ingegnere afroamericano con una passione per Pavarotti). C'è il rischio che i falchi del Cremlino ne vogliano approfittare, attaccando il sonnolento gigante americano per primi (strike first, vergogna!). Non a caso il sottomarino si chiama Ottobre Rosso, come quel maledetto mese che ha sconvolto il mondo.

Per fortuna che c'è l'ammiraglio Ramius, un vecchio lituano che ha servito fedelmente i Soviet giocando a rimpiattino coi sonar americani per trent'anni nelle acque gelide della guerra fredda, e che ora ha deciso di disertare, d'accordo con il suo secondo (che ha la fissa di voler fare l'allevatore in Montana, un'idea piuttosto stramba per un ufficiale di marina sovietico). Non solo: siccome Ramius è al comando di Ottobre Rosso, ha intenzione di consegnarlo agli americani. Così URSS e USA saranno di nuovo alla pari e potranno continuare a giocare a nascondino nei secoli dei secoli, senza sparare un colpo. Il sogno di Gorbaciov?

Sappiamo che non è andata a finire così, eppure quando uscì il libro fece molto scalpore. Le forze armate USA e la Cia lo trovarono un po' troppo realistico, ci si chiese se per caso l'autore (Tom Clancy) non avesse accesso a fonti confidenziali. Ma allora, chissà che non fosse tutto successo davvero… Magari era solo un'abile campagna pubblicitaria, ma a quei tempi credevo a tutto quello che leggevo. Ero piccolo.

Il film, come tutti i film, comincia bene e continua come può. Nel primo tempo Connery legge la Bibbia e la Bhagavad-Gita, nel secondo è coinvolto in una sparatoria nel sottomarino, tra le testate nucleari. A un certo punto il secondo di Ramius salva il suo comandante, interponendosi tra lui e una pallottola, e muore mormorando: "Mi sarebbe piaciuto il Montana". A volte penso che il vero cinefilo è colui che è decide di guardare solo i primi tempi, che all'intervallo ha il coraggio di alzarsi e salvare il bei ricordi.
Però nel secondo tempo di Caccia a Ottobre Rosso c'è anche la scena del siluro, che è quella che volevo raccontare.

Si tratta di questo:
in seguito a circostanze complicate e non troppo verosimili, Ottobre Rosso è braccato da un altro sottomarino sovietico a pochi minuti dalle acque territoriali USA. L'inseguitore è un ufficiale giovane e stronzetto, un allievo di Ramius. Sul suo ponte di comando c'è una luce verde intensa, che sia a tutti chiaro che è il cattivo e che è terribilmente invidioso del Maestro (del resto i sottomarini sono un po' tutti uguali, gli scenografi hanno pensato bene di distinguerli con le luci).

Ottobre Rosso, invece, assomiglia a certi Sputnik degli anni Settanta, con gli equipaggi metà USA e metà CCCP. Ramius e gli ufficiali a lui fedeli hanno simulato un incidente nucleare per fare evacuare l'equipaggio, poi hanno agganciato una scialuppa pressurizzata con a bordo Alec Baldwin, un agente CIA che sa tutto di Ramius (ha perfino scritto un libro su di lui) e un comandante USA con la pistola nella cintura, che non si sa mai: "guarda", dicono i russi, "c'è un cowboy". Davanti a loro Ramius ufficializza la sua intenzione di disertare. Squilli di tromba? No, è l'allarme sonar: c'è un siluro in traiettoria.
È già molto vicino. Troppo vicino. L'uomo-sonar dice quelle tipiche cose, "trenta secondi all'impatto, venticinque…"
Ramius ordina di virare. Per scansare il siluro? No, per andargli addosso. Baldwin, che si è improvvisato timoniere, è un po' smarrito. Il comandante-cowboy, ovviamente, non è d'accordo. Ma Ramius è il più grande pilota di sottomarini dell'Unione Sovietica, così Baldwin abbozza e obbedisce al disertore.
Dopodiché, invece di star lì a sentire la solita litania ("venti secondi all'impatto!"), Ramius si mette a far salotto.
"Dice che ha scritto un libro su di me? Ma quale. Ah, quello? Sì, l'ho letto. Tutto sbagliato, sa?"
"Dieci secondi all'impatto, quattro, tre, due, uno…"

(È incredibile come non si riesca a fare a meno di socchiudere gli occhi, in questi casi. Anche se sai benissimo che il sottomarino non esploderà, con tutti gli attori più importanti dentro).

Il sottomarino, infatti, non esplode. Si sente un tunc! contro lo scafo, ed è tutto.
È una tattica di guerra, spiega il cowboy, didascalico. Quando il siluro è già in scia, invece di evitarlo, si può provare ad andargli addosso, così non gli diamo il tempo di armarsi. Da tentarsi solo in casi disperati. E richiede una certa freddezza.

Che io possa sempre capire per tempo quando sfuggire ai miei problemi, e quando invece saltargli addosso, prevenirli, stupirli, non dar loro il tempo di esplodermi in faccia. Con determinazione e con freddezza, la freddezza degli abissi del mare, delle guerre non guerreggiate, la freddezza dell'ammiraglio Ramius.

(Ci sono varie imprecisioni).

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