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lunedì 9 giugno 2003

Succedono più cose in cielo e in terra
(che sul tuo blog, o Camillo)

Noto che va di moda spulciare Repubblica, e chi sono io per sottrarmi. Purtroppo non ho niente di fresco: mi tocca presentarvi un mio vecchio amico, Frankie.

Il mio amico Frankie (nella foto qui a destra) è un fenomeno. Della natura? No.
Questa foto lo ha immortalato a Genova, il 20 luglio del 2001. La foto è ancora nell’archivio delle “Gallerie fotografiche” del sito di Repubblica. Titolo: “Genova nel dramma”.

Sapete, le molotov avvistate a Genova sono state piuttosto rare. Due le hanno usate i poliziotti; una terza è quella in mano a Frankie. Una molotov molto particolare: è vuota. Il mio amico Frankie è un mago.
Malgrado sia vuota, la bottiglia sprigiona una fiamma impressionante. Fiamme cosi', nelle foto, è raro vederne. Negli scatti al volo dei reporter, praticamente impossibile. Ma il mio amico non conosce l’impossibile. Una fiamma cosi' avrebbe già dovuto bruciargli la maglietta, ma il mio amico Frankie è pure ignifugo. Non solo la maglietta non prende fuoco, ma non viene nemmeno illuminata dalla fiamma.

Insomma, ci sono vari elementi che mi spingono a dire che il mio amico Frankie è un tipo fuori dal comune. Se ingrandiamo la foto scopriamo che intorno a lui gli oggetti perdono la loro consistenza, diventono sfuocati, un’aureola di pixel lo circonda. Nella sua mano sinistra, Frankie stringe qualcosa d’invisibile, forse un talismano che gli consente di apparire e scomparire a suo piacimento nella folla, brandendo molotov vuote e fiammeggianti, a maggior scorno delle forze dell’ordine. In un’altra foto (dell’ansa) lo ritroviamo in un altro quartiere, con la medesima molotov in mano e il medesimo sprezzo del calore. Addirittura, indossa una giacca di jeans, indumento curioso per quei giorni (a Genova, vi ricorderete, facevano 30° all’ombra), che conferma l’idea di una persona eccezionale, fuori dagli schemi.

Insomma, il mio amico Frankie è davvero un fenomeno. Della natura? No. Di Photoshop.
Tutto questo era evidente già allora, quando l’”anarcociclista Mentos” scrisse alla giornalista Loredana Bartoletti di vergognarsi, dimostrandogli che un fotomontaggio cosi' si realizza in 20 minuti.
Sono passati due anni, ormai. La foto è ancora li'. Non mi risulta che nessuno alla Repubblica (o all’Ansa) abbia chiesto scusa. Non mi risulta che nessun altro giornale abbia smentito Repubblica su questo punto (men che meno il Foglio), ma in realtà ho solo poca voglia di cercare negli archivi, sono un blog amatoriale, io.

Bene cosi'? Veniamo a Camillo. Continua a dire che al Museo di Bagdad non è successo niente. Chissà, forse a furia di ripeterlo diventerà vero.
Devo dire che non capisco tutto questo improvvisa passione per le civiltà mesopotamiche. Ma se è vero che i danni sono contenuti, io sono il primo a esserne contento.
Mi sta bene che le indagini (dell’esercito americano) stiano ridimensionando i danni al Museo. (E' ancora consentito pero' prendere con le molle le informazioni che provengono direttamente da un esercito invasore?)
Mi sta anche bene se qualcuno cerca di tirare le notizie dalla sua parte e dire che “Non è successo niente”. Per me è propaganda, ma si è liberi di farla.

Quello che sinceramente non capisco è il link.
Perché scrivere “Non è successo niente” e lincare articoli in cui ognuno puo' leggere che effettivamente è successo qualcosa? E non è qualcosa di poco conto. 3000 manufatti spariti, di cui 47 sono definiti “main exhibition items”. Stavolta anche Camillo ha avuto il buon senso di farlo presente, ma per lui si tratta di “solo” 47 pezzi. E' una questione di punti di vista. Se domani sparissero 47 pezzi dagli Uffizi potrebbe anche cadere il governo. Pero' non è questa la cosa importante.

Infatti, diciamocelo: a noi (a me, a Camillo, a voi tutti) interessa veramente qualcosa delle opere del Museo Nazionale? Abbiamo intenzione di visitarlo in breve? No.
Quel che davvero ci interessa, quello su cui stiamo litigando, è la condotta di un esercito invasore. Alcuni pretendono che gli americani siano stati integerrimi, un vero esercito liberatore che porta la democrazia sulle baionette e ammazza solo quand’è assolutamente necessario, restituendo a un popolo la sua dignità, la sua libertà, la sua cultura.
Altri (come me) dubitano. Per partito preso, ma anche per una questione di educazione: mai prendere nulla per oro colato. Né repubblica, né un’indagine militare, né niente.
Ora, tutti sapevano che il Museo Nazionale era a rischio. La domanda è una sola: il democratico esercito americano si è o non si è adoperato per evitare il saccheggio?

La risposta è chiara: no. L’esercito americano aveva altre priorità.
“Oh bella”, dite voi, “E come fa a esserne cosi' sicuro?”
Lo so… perché ho letto l’articolo lincato da Camillo! E guardate un po’:

Many archaeologists blame U.S. forces, saying they failed to protect the institution in central Baghdad when they captured the city April 9.
U.S. military commanders have rejected the charges, saying the museum was not on the list of sites their troops were ordered to secure upon entering the city


Tutto qui. Poi, fortunatamente, il saccheggio non è stato cosi' devastante come si temeva: ma non grazie agli americani. Loro avevano una lista, e nella lista il Museo non c’era. Il Ministero del Petrolio, si'. La pagliacciata della statua di Saddam, si'. Il Museo Nazionale, no. Se la maggior parte dei tesori sono stati salvati, è stato grazie alla cura degli iracheni. O alla loro avidità (avevano già imboscato gli oggetti migliori). O alla loro pigrizia. Comunque, non alle forze USA Che dovevano restituire la libertà, la dignità, la cultura, ma nel momento in cui il Museo era assaltato avevano altro da fare.
E tuttora continuano ad avere altro da fare: ci sono in Iraq vari siti archeologici non protetti che continuano a essere saccheggiati. Come faccio a saperlo? Beh, non ci crederete, ma... ho letto l’altro articolo lincato da Camillo (il trucco è leggere il fondo, lui di solito cita la prima parte. Per lo stesso motivo, non leggerà mai queste mie parole).

Although the museum collections are now secure, there are widespread reports that looting has intensified at some of the most important but unprotected archaeological sites in Iraq, including the buried cities of Uruk, Larsa and Fara.

Sapete che da quando leggo Camillo ho sempre più motivi per sparlare degli USA?
Lo so, dovrei smetterla.

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