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mercoledì 1 ottobre 2003

Dall’Integrazione all’Apocalisse
(From Integration to Revelation, 2003)

(a maggior gloria di OdB)


Roland Barthes (critico francese, 1915-1980) ha due gravi responsabilità.

La prima è aver inconsapevolmente lanciato Manu Chao, quando una sera, a cena col sociologo Ramon Chao, lo persuase a riprendere in mano il negletto pianoforte. Stimolato da Barthes, Ramon ricominciò a praticare un po’ di musica e finì per insegnarla anche a suo figlio, Manu appunto. Tutto questo secondo la testimonianza di Cassen stesso (intervistato su un numero del Venerdì che ho buttato via).

La seconda è di aver lanciato, in un libro che si vende ancora benissimo, Mythologies, la figura del mitologo moderno, che non decifra i miti precolombiani, ma costruisce teorie sulle pubblicità del detersivo, sul design delle berline, sugli sproloqui di un leader qualunquista (un tale Poujade, ma le osservazioni di Barthes calzano benissimo anche a Bossi). Mentre le Mythologies vengono raccolte in volume (1957), negli USA Elvis Presley sta lanciando una versione accelerata ed edulcorata del blues nero a fini commerciali, chiamata rock’n’roll. Può darsi che il rock’n’roll e la mitologia barthesiana abbiano scandalizzato qualche benpensante, nei primi anni: ma oggi non sapremmo come farne a meno.
Quando Umberto Eco pubblica i suoi Apocalittici e integrati (1965), il rock’n’roll è un classico un po' impolverato, rivisitato saltuariamente da Beatles e Rolling Stones. Apocalittici, per Eco, sono gli intellettuali che continuano a rifiutare la cosiddetta “cultura di massa” per arroccarsi in un’illusoria torre d’avorio. Al polo opposto, l’intellettuale Integrato crede nella fondamentale positività di questa “cultura di massa” aperta finalmente a tutti, e, più che studiarla, sembra interessato a lavorarci (e lavoro ce n’è per tutti, nell’industria culturale degli anni Sessanta). Per Eco si tratta di estremi complementari: né gli Apocalittici né gli Integrati, infatti, si pongono il vero problema di cosa veramente la cultura di massa sia: né gli uni né gli altri, insomma, fanno il loro mestiere di intellettuali.
E cosa dovrebbe fare, dunque, l’intellettuale che non vuole né rifiutare né accettare la televisione, la pubblicità, il culto di Rita Pavone? Eco non ha una risposta definitiva, e nelle prefazioni alle numerose ristampe oscillerà tra “strategia riformistica della comunicazione” e una meno prudente “guerriglia della ricezione”. Anche perché nel frattempo siamo già nei Settanta, i Beatles si sono sciolti e i Led Zeppelin picchiano duro. Riformista o guerrigliero che sia, l’intellettuale di Eco continua a somigliare molto al mitologo di Barthes: un professore a tratti pedante e a tratti sarcastico che spacca il pelo in quattro e riesce a distillare ideologia dalle tavole di Superman e dalle strisce di Charlie Brown. Il mio modello di intellettuale, se non si era capito.

E veniamo a oggi, anzi, alla settimana scorsa. Tra i blog italiani si parla dell’imminente secondo disco degli Strokes e del nuovo reality show della Rai, l’Isola dei Famosi, che a Gianluca Neri piace molto, mentre a Looptrain no.
Questione di gusti? Non solo. Quando Loop spara comprensibilmente a zero sulla tv italiana, forse non si accorge di dar voce anche all’indomabile principio Apocalittico che cova in ognuno di noi (la tv è male, le immagini in movimento ottundono la nostra facoltà di comprendere). Quando Neri replica che L’Isola dev’essere vista perché fornisce chiavi di lettura utili alla comprensione della nostra società, non fa che riprodurre per l’ennesima volta la figura del mitologo di Barthes, dell’intellettuale-guerrigliero di Eco.

Eccheppalle quelli che «Io non pago il canone per avere trasmissioni come "L'isola dei Famosi"», «Io ho spento la tv: non guardo certe trasmissioni deficienti», «Non bisognerebbe neanche parlarne» e «Ah, se invece leggessimo tutti più libri...».
Dei fenomeni mediatici, stupidi o geniali, si parla. Punto. Se ne scrive e vanno guardati: per studiarli, criticarli anche [...]


Beh, io come te di Tv ne ho vista tanta, giornate intere fin da bambino. Rincoglionito da Palle pazze che strumpallazzano ed Exogini. Da Paolo Licia e Uan. Ma ora basta. Ora che ho visto posso archiviare. Mi sono formato un giudizio, e soprattutto ho capito che i canovacci sono sempre gli stessi. Da bambino ti puoi stupire, dopo no. Non abbiamo più tempo da dedicare a chi ci prende per il culo con roba e personaggi scadenti e intanto ossequia solo gli inserzionisti [...]

Io, che di Barthes ed Eco sono devoto e indegno seguace, non dovrei esitare nemmeno per un istante a schierarmi con Neri. Ok, va bene, mi schiero. Purché non mi si chieda di accendere davvero la tv e guardare quella roba: la sola idea di passare una serata in quel modo mi torce lo stomaco. Preferisco chiudermi nella mia stanzetta e leggere Houellebecq. Come mai? Ho uno stomaco apocalittico e un cervello integrato? Non dovrebbe essere l’opposto? Cosa mi sta succedendo?

Se avete pazienza ve lo spiego domani, sennò fa lo stesso

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