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mercoledì 26 maggio 2004

È tutta colpa di…

Come leggevo l'altro ieri sulla pubblicità di scientology, "il problema non sei tu", il problema sono gli altri. È tutta colpa loro, maledetti. Ma "gli altri" chi? La redazione di Leonardo, riunita qui sotto l'abbaino, ha deciso che è ora di tirare fuori i nomi.

È tutta colpa di… Giacomo Leopardi

Grandissimo poeta, per carità. Lo abbiamo tutti studiato nel primo quadrimestre della quinta superiore, analizzando la distanza tra "pessimismo storico" e "pessimismo cosmico". Detto per inciso, sarebbe interessante analizzare la statistica dei suicidi, se per caso in quel periodo non fa una curva.

Non è questo, tuttavia, che mi porta stasera su Leopardi. E' che mi stavo giusto chiedendo: cos'è quell'istinto che ci spinge a sorridere agli sconosciuti per strada, siano essi bianchi, neri, gialli, musulmani, indù, normodotati o dawn, purché inferiori ai quattro anni di età? Cosa spinge passanti burberi e inmusoniti come il sottoscritto a piegare il labbro all'insù e sfoderare gli incisivi? Un marziano penserebbe che abbiamo fame. Sarà questo? Abbiamo fame?
O è solo un cenno di ringraziamento agli unici esseri umani che non possono farci del male? Insomma, cos'è? O per meglio dire: di chi è la colpa?

Per quanto frughi nella mia memoria, l'unica cosa che mi viene in mente è Leopardi, più precisamente la prof che volle leggerci tutte le Ricordanze e attirò la nostra attenzione sui seguenti versi:

Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia!) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?


Parafrasando (molto alla larga): quando ero bambino, nessuno mi odiava, tutti mi sorridevano e mi volevano bene, scusavano i miei errori, l'invidia taceva, e perfino "le cose" mi sorridevano, perfino "il mondo" mi dava la destra soccorrevole e s'inchinava davanti a me. Come si fa a non rimpiangere un periodo così?
E per forza poi ti senti defraudato, quando le donzelle smettono di sorriderti, "le cose" cominciano ad andarti storto, il "mondo" lo senti premere da dietro e sei fortunato se l'invidia si mette solo a bisbigliare. Insomma, siamo tutti dei piccoli re spodestati, da quando abbiamo compiuto quattro anni e nessuno sconosciuto, per strada, ci si fila più.

E allora che facciamo? Ci mettiamo scrivere poesie sull'infinita vanità del tutto? No, peggio: ci vendichiamo sulle piccole predi incolpevoli e inermi. E così ci tramandiamo la delusione, di generazione in generazione.
Così ogni volta che io sorrido a un pupo ed egli a me di rimando, sento il Leopardi che è in me ghignare: ridi, ridi, mostriciattolo, vedrai che bella esistenza ti stiamo preparando. Vedrai che stuolo di malevoli. Vedrai che vil borgo dannato. Vedrai che gente zotica. Vedrai, ih ih, vedrai. C'è questo ghigno, in ogni mio sorriso a un innocente.
E... ed è tutta colpa sua, del malvagio Conte Leopardi.

Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?


In parziale discolpa, devo dire che il suo blog era molto interessante, anche se non ha mai voluto mettere i commenti.

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