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martedì 1 agosto 2006

- it's wonderful

La questione della lingua

E con la lingua, in America, come va con la lingua, eh? Eh?

Va molto bene.

Il mio inglese è wonderful. Me l’ha detto una insegnante di conversazione. Proprio così wonderful. Me lo confermano un po’ meno tutti. Chi dice very good, chi dice really good. Io ringrazio.
Poi si mettono a parlare e non ci capisco nulla.

Quando sei in Inghilterra, ti danno dell’Americano.
Sbarchi in America, e loro han quasi l’aria di scusarsi: bello il tuo inglese, ma noi parliamo così. Al massimo ti fanno il grande favore di parlarti espanol.
E’ inutile chiedergli di parlare più lentamente, perché non lo sanno fare. Come a chiedere a un cinese di non cantare mentre parla: ma se smette di cantare le parole perdono il significato.


Nella mia Scuola Media di paese ci si poteva permettere una sola prof di inglese, e quindi per andare in una classe di inglese serviva il sorteggio (i ricchi non si erano ancora accorti di quanto l’inglese fosse importante – o forse non c’erano ricchi, ancora).

Io fui sorteggiato, e ricordo, ero felice come una Pasqua. Avrei imparato l’inglese! Di lì a un anno, due anni, tre? avrei compreso i testi delle canzoni! Quando Sting cantava (in falsetto), io avrei capito quel che cantava. Era mai possibile?

Imparare un’altra lingua mi sembrava qualcosa di magico. Come un sesto senso, impossibile da spiegare a chi non lo ha. Come fai a spiegare a un cieco alla nascita cos’è la vista? Avrei capito cosa dicono gli americani. Sembrava impossibile, e invece era vero!

Invece era impossibile.
16 anni sono passati da allora: una licenza media, una maturità (linguistica) ottima, qualche viaggio, e adesso è tempo di rassegnarsi. Non li capirò mai.
Ho anche fatto il traduttore! Traducevo libri! Mi ero messo nel mercato come traduttore dal francese, salvo che quel mercato non esiste praticamente piu', i francesi hanno smesso di scrivere libri interessanti. E allora mi sono buttato sull'inglese, una scuola di umilta' incredibile. C'e' sempre una parola importantissima che tu non avevi mai sentito, c'e' sempre un modo di dire che ti spiazza.
Ma in fondo quando traduci non e' cosi' importante sapere l'inglese, l'importante e' saper scrivere in italiano. So che ci sono intere biblioteche accademiche sull'Ubersetzungtheorie che mi smentirebbero, ma si fottano.

Il problema, con gli americani, e' solo uno: cosa-c-stanno-dicendo-a-me-in-questo-preciso-momento?

L’unica cosa che mi riesce per ora è sommergerli io per primo di parole, prima che loro possano accorgersi che io non li capisco quando m’interrompono. Questo mi viene abbastanza bene. La mia coinquilina ha preso quest’abitudine, a tarda sera, di versarmi da bere e osservarmi parlare. Ogni tanto dice qualcosa e io dico yeah, yeah, e continuo. Si diverte.
Se non squilla il cellulare possiamo andare avanti fino alle due.
Di solito squilla.

14 commenti:

  1. non ho tutti questi anni.

    E non ho detto che li capisco, gli inglesi.

    (Forse non ho neanche tanto interesse a capirli).

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  2. Una cosa che ho notato da un po' quando guardo in TV documentari o reportage americani con l'audio originale ed intervistano (in inglese, of course) gente non di madrelingua inglese o anche australiani, è che loro mettono i sottotitoli...
    Non so, con la mia modesta conoscenza dell'inglese riesco a capire gli uni e gli altri, e uno yankee medio no?
    Mi devo preoccupare?

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  3. La tua opinione su cosa occorra per fare il traduttore mi chiarisce finalmente perché siamo pieni di libri dove, ad esempio, il chirurgo si avvicina al tavolo operatorio brandendo uno scalpello. Magari non è necessario sapere bene l'inglese, ma almeno tenere il cervello acceso sarebbe auspicabile...

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  4. di solito quello e' proprio il tipo di errore che fa uno che sa l'inglese ma non conosce i termini tecnici italiani.

    Poi, se sapessi quanto li pagano a parola, i traduttori, capiresti perche' dopo giornate di dieci ore di traduzione intensa qualcuno possa anche spegnere il cervello.

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  5. Beh, posso dirti che in molti paesi, vediamo la televisione in Inglese con sottotitoli (Venezuela ad esempio).
    Logicamente uno si habitua piu facilmente all'inglese, fin da piccolo.

    Io parlo piu americano, che non Brithis English, ma personalmente mi piace molto di piu quest'ultimo.
    Il suono e piu nitido, e chiaro.

    Ma poi, se lo parli tanto... inizi a fare solo slang, e finisci nell'americano di nuovo.

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  6. "...gente non di madrelingua inglese o anche australiani."

    What the f***?

    "Io parlo piu americano, che non Brithis English, ma personalmente mi piace molto di piu quest'ultimo."

    Anche a me. L'inglese di Boston e i ceti piu' abbienti di tutta la North East coast (il Presidente Kennedy, per esempio) hanno un'accento con meno "r" americana - sembra un po' piu' inglese. Pero' questo accento non mi piace molto...se devo sentire un'accento americano preferisco quello 'standard' dei telegiornali oppure il New Yorkese working class tipo - chenneso - Robert De Niro o Cyndi Lauper ;-) . Il Bronxese...heh heh.

    Leo il tuo post mi ricorda il mio soggiorno in italia. Vedrai che quando torni a casa, il tuo inglese ti sembrera' perfetto in confronto a tutti quelli che, prima di partire, pensavi dei gran English speakers...

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  7. Re: What the f***...mi riferisco alla parola "Australiani". ;-)

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  8. il problema e' che quando torno in casa ci ho l'oxoniense che fa finta pure lei di non capire.

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  9. leggendo questo post mi sono sentito meno solo :)
    ci riusciremo un giorno o l'altro?

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  10. io in australia ci ho messo due giorni per entrare in sintonia con la lingua locale...anche loro che diavolo di inglese parlano? che non è certo un British English...per non parlare degli scozzesi tutta un'altra storia

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  11. se ci hai messo due giorni in Australia, sei un Miracolo vivente.

    Il giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo alito' sugli apostoli che iniziarono a parlare in tutte le lingue del mondo conosciuto e no. Per favore, controlla se non sei stata contattata da angeli o altre entita' per missioni di qualche tipo (evangelizzare la Nuova Caledonia, ecc.)

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  12. Leonardo, guarda che non è che uno fa finta di non capirti, il punto è che non ti si capisce davvero.

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  13. Un traduttore che sappia scrivere bene in italiano, sia scrupoloso nella terminologia e al tempo stesso conosca bene la lingua dalla quale traduce è chiedere troppo?
    Credevo fossero requisiti minimi.
    Credevo.
    Faccio la traduttrice. Non nell'editoria.
    Non leggo più libri tradotti dall'inglese perché, per quanto l'italiano sia buono, elegante, fantasioso... trovo frasi che già solo a leggerle in italiano lasciano intravvedere come fosse l'inglese e come è poi stato travisato. La rabbia è troppa, evito. I film doppiati, poi, sono ancora peggio.

    Comunque, tu scrivi che è un piacere.

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  14. Un essere umano che sappia scrivere bene in italiano, sia scrupoloso nella terminologia e al tempo stesso conosca bene la lingua dalla quale traduce, perché dovrebbe morire di fame facendo il traduttore? Ci sono mestieri assai meglio pagati.

    Non è che i traduttori non sappiano la lingua. Hanno solo una fretta dannata.

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Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.

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