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venerdì 7 settembre 2007

Oimè, e non danzerò mai più

Con o senza P

Quando di anni non ne avevo ancora venti, e di lirica non capivo assolutamente nulla, uscivo tuttavia con un soprano: così un giorno varcai la soglia mai prima osata di un negozio di classica, perché volevo regalarle una versione in CD dell’opera che stava studiando (che dolce) e speravo anche di cavarmela con poco (che fesso). Il nome dell’opera non me lo ricordo; ricordo invece la risposta del negoziante.

“Con Pavarotti o senza?”
“Eh?”
“La vuole con Pavarotti o senza?”
“Mah, non so, faccia un po’ lei”.

L’ignoranza mia plateale dovette muovere a pietà l’esercente, che mi spiegò l’arcano: in quel negozio, forse in tutti i negozi di Modena, i cd di classica si vendevano così: con-Pavarotti o senza-Pavarotti. Fu così che nella mia fantasia il più illustre concittadino venne per sempre assimilato a quello che nelle gelaterie è il dispenser di panna montata: “mi fa una Turandot?” “Ci vuole sopra un Pavarotti?” “Se è fresco sì, grazie!”, oppure “No, mi scusi, non lo digerisco”. Evidentemente P o si amava o si odiava, con un sentimento di pari intensità. Pavarotti come il Mac? No, piuttosto come Windows: popolare, un po’ troppo costoso, ed estremamente compatibile, anche se troppo spesso con esiti catastrofici. Pavarotti lo puoi montare anche su Zucchero o sugli U2, ma per quale motivo al mondo dovresti poi ascoltare una schifezza del genere? Mah, forse per l’amore dei bambini poveri. E va bene. Io però non ci sono mai andato, al Pavarotti&Friends, anche se una volta la Feffe aveva misteriosamente trovato dei biglietti e ci eravamo messi d’accordo per portare davanti alle telecamere uno striscione contro… contro… mah, l’Afganistan, forse… poi qualcuno tirò un pacco, non mi ricordo.

Non ricordo neanche se quel giorno, nel negozio, alla fine scelsi l’opera con- o senza-Luciano. Non che abbia importanza, il soprano mi lasciò di lì a poco per un poeta di neo-neoavanguardia. Senza dubbio anche a causa del trauma che ne conseguì, di lirica a trent’anni suonati continuo a non saperne nulla, e non crediate non me ne vergogni. Il mio orecchio, per altri aspetti così sensibile, di fronte a quella roba si pianta, non scevera un baritono da un basso, per lui Mozart o Verdi pari sono. Una sola cosa riesce a fare: distinguere il gusto Pavarotti dal no-Pavarotti. Quale dei due gusti sia poi preferibile non saprei dire, ma so che la mia sordità selettiva è condivisa da milioni di persone del mondo. Per quelli come noi, che dell’ignoranza ancora non van fieri, poter identificare almeno una voce è occasione di orgoglio e gratitudine: senti, senti, questo è senz’altro lui. Non che sia granché, appunto, è panna montata: ma è dolce, buona, democratica. Senti, senti il do di petto, senti.

Però adesso basta, per favore. Se in tv attaccano un altro Nessun dorma, ci viene il diabete.

Pavarotti ha riportato l’opera lirica tra la gente. Chissà poi se la gente se la meritava, in tutti i sensi. Secondo me a un certo punto si era semplicemente stancato di far la scimmia ammaestrata per un pubblico di cariatidi in visone. Proprio come me, come te, come chiunque, lui aveva un solo sogno: fare la rockstar. Ragazze nei camerini, poker, corse al trotto, il piazzale di Novi Sad come la sua Las Vegas personale. Mi viene sempre in mente di una vecchia intervista da New York, in un periodo in cui teneva le prime pagine del mondo semplicemente steccando ogni tanto (le registrazioni delle sue stecche devono valere parecchio, come i francobolli sbagliati):

“Ha letto il Critico-tale? L’ha stroncata, dice che a questo punto preferisce andare a un concerto di Tina Turner”.
“Beh, in effetti anch’io”.

Prima o poi i melomani dovevano uscirci, dal loro Ottocento paludato. Bisogna ringraziare Pavarotti perché ha ricordato a tutti che il melodramma, prima di ogni cosa, è una baracconata kitsch, il padre nobile e ubriacone del musical di Broadway, una cosa tutto sommato divertente: che se non diverte, probabilmente non è nemmeno buono. Come i quadri di Covili da cui sembra uscito, che prima di piacere ai critici piacciono ai bambini. Come il gelato, che prima di ogni cosa è dolce: hanno provato a farli salati, ma il popolo lo vuole dolce. E poi sì, a volte ha gusti assurdi il popolo: c’è chi chiede la panna sopra l’ananas, ma in fondo è un suo diritto.

Una delle cose meno comprese che ho fatto con questo blog è il gioco a inventare edizioni immaginarie di Pavarotti & Friends: 2001 e 2003. Si fa così: si prende una qualsiasi canzone pop, si traduce in italiano ottocentesco, e poi si immagina Pavarotti che la canta. Se siete nella doccia, potete anche interpretarlo. Forse sono l’unico al mondo a cui queste cose fanno a ridere, in ogni caso ecco a voi il duetto con George Michael

George: And I never gonna dance again
Guilty feet they've got no rhytm
Though it's easy to pretend
I know you're not a fool
I should have known better than to cheat a friend
And waste a chance that I've been given
So I never gonna dance again
The way I dance with you


Luciano: Oimé, e non danzerò mai più
Nell'orma dei passi colposi
Finger già facile fu
Ma con te giammai!
Con te persi l’amico che il fato mi dié
E nel pensier io mi torturo
So I never gonna dance again
Com’io danzai con te

E con Bono (non escludo l’abbiano fatto davvero):

Luciano: Non posso credere alle nuove
Né chiuder gli occhi miei e fingermi altrove
Ahi, quanto / dureremo in questo pianto?
Ahi quanto/ ahi qua… a … a… a… nto…
Bono: Tonight we can be as one,
tonight, tonight
Insieme: Domenica trista, domenica trista.

Con i Depeche Mode:

Luciano: Ognor ti penso, e cresce in me il desio
Dave: And I just can’t get enough, I just can’t get enough
Luciano: Soltanto in te trova conforto il pensier mio
Dave: And I just can’t get enough, I just can’t get enough

Con i tre Doors superstiti (e Morrison, all’inferno, stride i denti):

Sai ch’io non sarei sincero
Sai ch’io sarei ben bugiardo
Se or io ti dicessi, invero
Che non possiam salir più in alto

Orsù amor appicca il foco
Orsù amor appicca il foco
Di quella pira orrendo… foco!.

Adesso provate a indovinare voi:

Diletta mia, mi devi dir
Debbo partirmene o restar?
S’io vado, vi saranno guai?
S’io resto, un doppio amante avrai?
Deh dimmi, mia diletta, inver:
debb’io partirmene o restar?

Ok, era facile. E questa?

Ogni tuo sospir
Ogni tuo pensier
Ogni tuo piacer, ogni tuo voler
Io ti scruterò.

Che, non lo sai?
Ti posseggo, ormai,
e reclamo inver
ogni tuo pensier.

Finale col botto: Luciano e Serge Gainsburg si guardano negli occhi, l’orchestra parte, ed è un trionfo:

Pavarotti: Deh! Ché t'amo, io t'amo, oh se t'amo!
Gainsbourg: Moi non plus
Pavarotti: O mio divino!
Gainsbourg: L'amour physique est sans issue
Pavarotti: Tu vai, tu vai e tu vieni
Tra le mie reni
Tu vieni e tu vai
Tra le mie reni
E poi… ti ritrai
Gainsbourg: Je vais, je vais et je viens
Entre tes reins
Je vais et je viens
Et je me retiens…
Pavarotti: No… adesso… vien! (Acuto)

Nel paradiso dei musicisti oggi c'è una nuvola transennata, a forma di Modena, dove i morti illustri fan la fila per duettare col maestro: Tupac, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Syd Barrett, Natalino Otto... Lui stringe le mani e canta qualsiasi cosa, che oggi è la sua festa. Intorno è tutto uno sbandare di angeli che si tappan le orecchie con le ali. Ma tu vai così, Maestro, fregatene. Rock and roll.

23 commenti:

  1. No, tranquillo, non sei l'unico che ne ride... Clash? Police?

    Questa interpretazione "rock and roll" è forse la migliore (e meno ipocrita) rievocazione letta in questi giorni. Grazie.

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  2. Leggi Paolo Isotta sul Corriere.

    Poi, magari, pensalo in questa canzone di EELST:

    Li immortacci. Scorrendo in basso c'è il testo.

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  3. teco ovver senzaaa,
    teecovver seenzaa.

    quoto paso.

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  4. Esilaranti, grazie. (Menzione di merito a "teco ovver senza", che non potrò più ascoltare senza sganasciarmi).

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  5. c'è del genio in leonardo.
    questa è la miglior cosa letta (sentita no, perché ogni volta che si nomina pavarotti cambio canale, qualunque cosa sia) su pavarotti.
    ho sentito invece che bin laden s'è tinto la barba e che ciò farebbe parte (non so in che forma) delle abitudini (tradizioni o quel che sono) islamiche... mi sa che pavarotti s'era convertito

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  6. ... su "e reclamo inver / ogni tuo pensier" sono caduto dalla seggiola! :°D

    --
    Il Salta
    http://pygryzya.splinder.com/

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  7. Standing ovation! :-)

    Peccato non l'abbia potuto leggere P., penso si sarebbe fatto una grassa risata

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  8. Io sono ragionevolmente convinto che se freddie mercury non fosse morto prematuramente, ce lo saremmo trovato al pavarotti & friends. E da qualche giorno ho chiarissima l'immagine di loro che cantano "livin' on my own" con Pavarotti che fa "ti-ro-rè-rè" con il vocione.
    Aiuto.

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  9. I miei super complimenti per questo post.

    Bellissimo e delicatissimo.

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  10. davvero complimenti per la delicatezza e l'equilibrio. pavarotti è stato uno dei grandi nocchieri che ci traghettano verso quello che siamo: consumatori di cultura. ci ha dato il viatico verso un piacere d'elite, ma per farcelo comprendere ha annacquato il suo vino. ad altri ha dato il destro per rafforzare il loro spregio delle masse e la squisitezza del proprio orecchio (attenti a lapidare costoro: la loro conoscenza della musica è davvero completa). non è l'arte che deve scendere dall'alto sulle masse corrompendosi, bruciandosi, come fa un meteorite che buca l'atmosfera: siamo noi che abbiamo il diritto MATERIALE di elevarci e bizantineggiare sull'antimusicalità di pavarotti. se rifacciamo il percorso al contrario, da mariah carey passiamo a andrew lloyd webber e infine arriviamo, non so, a celibidache. perché (oddio, mi sembro crociano), forse, è davvero li la Bellezza. il diabete viene dopo cento volte di nessun dorma: ma non bastano dieci ascolti dello stesso brano degli U2 per andare in coma glicemico?
    ciao, leonardo

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  11. Sono d'accordo con il commentatore che mi precede. Prima non avrei saputo esprimere parere simile con altrettanta chiarezza e lucidità.
    Per questo il Suo post mi lasciava perplessa, forse perchè amo la musica, la studio approfonditamente e la ascolto in tutte le sue forme e certi giudizi espressi mi sembravano un tantino semplicistici.

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  12. ma pavarotti chi? il maxi-evasore amico di cracchis??

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  13. a me i duetti di pavarotti han sempre fatto cagare, ma era troppo divertente vedere le cariatidi col cerone tipo paolo isotta storcere il naso davanti ai suoi camicioni a hawaiani.
    e c'è riuscito anche da morto a prenderli tutti per il naso, ministri e istituzioni a scappellarsi davanti alla bara, il servizio d'ordine e le frecce tricolore.
    chi paga tutto questo? il principato di monaco o il contribuente italiano con la lacrimuccia che canta 'vincerò'?

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  14. Esatto!

    Pavarotti (secondo me) se ne è semplicemente fregato. Non ha fatto i duetti per avvicinare la gente alla lirica, ma per divertirsi e, forse, anche per beneficenza.
    Non credo neanche sia corretto parlare di commistione di lirica e pop: semmai era un tenore che cantava canzoni pop.
    Ho visto varie edizioni del Pav and Friends apprezzando molte canzoni, e duetti. A mio avviso i migliori sono stati quelli con Bon o e Steve Wonder; subito dietro metto il seguente

    http://www.youtube.com/watch?v=zw_gEpGqnqQ

    nota: forse il miglior duetto pop-lirica è rappresentato dall'intero album Barcelona, di Freddie Mercury e Montserrat Caballet.

    Andrea Giova

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  15. Le versioni immaginarie sono BELLISSIME!!! Grazie! :)

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  16. Grande! Li senti gli applausi dal loggione?

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  17. //Prima o poi i melomani dovevano uscirci, dal loro Ottocento paludato. Bisogna ringraziare Pavarotti perché ha ricordato a tutti che il melodramma, prima di ogni cosa, è una baracconata kitsch, il padre nobile e ubriacone del musical di Broadway, una cosa tutto sommato divertente: che se non diverte, probabilmente non è nemmeno buono. //

    92 minuti di applausi!!!

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  18. era un ballo in maschera senza pavarotti.

    un abbraccio dal soprano che frequentavi!

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