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lunedì 28 febbraio 2011

Uno spettro si aggira nel Nordafrica

Pensate che c'è gente che, di fronte ai moti che scoppiano tra Maghreb e Medio Oriente, continua a porsi il problema se avesse o no ragione Bush. Ma chissenefrega di Bush, scusate, e poi chi era questo Bush, in fin dei conti. Qui c'è bisogno di idee nuove. Per capire una realtà in rapido movimento. Nuove teorie. Pensatori originali. Per esempio, questo signore:


sulle rivoluzioni, ha dei punti di vista molto interessanti. Lo spettro che si aggira nel Nordafrica è sull'Unita.it, e chi non vuole condividerlo e commentarlo su facebook (cosa vi avrà poi fatto di male facebook), può farlo qui sotto.

Io delle ultime rivoluzioni del Nordafrica non ho capito un bel niente. Tanto vale ammetterlo. Non le avrei mai previste, fino a qualche mese fa; quando Ben Ali scappò pensai che una cosa del genere non sarebbe potuta accadere a un leader potente e universalmente rispettato come Mubarak; quando se ne andò pure Mubarak pensai che questo poteva succedere in una società dinamica come l'Egitto, mentre in quella caserma stagnante che era la Libia Gheddafi avrebbe conservato il suo potere per sempre. Insomma, non ne capivo niente, continuo a non capirne niente, difficilmente migliorerò in futuro.

Mi consola l'essere in ottima compagnia. I più grandi esperti di geopolitica. I diplomatici più consumati. Gli statisti più potenti. Nessuno di loro ha previsto quello che sta succedendo. L'inverno del 2011 è stato ancora più sorprendente dell'autunno 1989; a quei tempi la glasnost di Gorbaciov aveva già fatto annusare un po' di aria diversa a chi se ne intendeva. Ma chi avrebbe scommesso tre mesi fa un euro o un dollaro sull'esilio di Mubarak? Voi no? Complimenti, ve ne intendete più o meno come i consulenti della Casa Bianca. O gli opinionisti del New York Times. Siamo tutti cascati dalle nuvole, insieme.

Ma davvero era così difficile prevedere tutto questo? Ora confesserò una colpa grave, anche se credo che i lettori dell'Unità saranno comprensivi. Senza essere uno studioso di Marx – perché davvero, non lo sono – io mi ritengo di impostazione marxista, anche se di un marxismo imparaticcio, di terza o quarta mano. Davanti a una rivoluzione, per esempio, sarò portato a domandarmi quali siano le classi sociali in lotta tra loro, chi detenga i capitali e i mezzi di produzione, e se per caso non ci sia una carestia in giro, perché già nel 1848 in Europa l'andamento delle rivoluzioni sembrava legato all'aumento dei prezzi dei cereali. Sembra infatti che la gente scenda in piazza quando ha fame. Poi trova anche altri argomenti (costituzioni democratiche, diritti civili, diritti del lavoro, nazionalità, libertà religiose...), altri spettri da agitare, però la fame ha tutta l'aria di essere un elemento scatenante. Tutto questo io lo so – credo di saperlo – semplicemente perché l'ho studiato nei testi di persone che avevano studiato su testi di persone che avevano studiato Marx, quindi non è affatto detto che la cosa funzioni. Eppure.

Eppure un marxista vecchio stampo in questo caso avrebbe potuto prevedere qualche rivolta nel mediterraneo con qualche anticipo sui teorici della Jihad mondiale o del complotto CIA (sì, c'è pure chi crede che sia tutto un complotto CIA, con Barack Obama che finge di non sapere dov'è la Libia sulla cartina, ma nell'ombra trama ghignante; Marcello Foa sul Giornale ha scritto dei pezzi molto divertenti sull'argomento). È un peccato che non li facciano più, questi marxisti vecchio stile, perché con tutti i loro enormi difetti, forse sarebbe bastato mettergli in mano i prezzi dei cereali quattro mesi fa, e avremmo avuto una previsione di rivolta nel medio-breve termine. E invece cosa abbiamo? Analisti e opinionisti che si guardano smarriti e si affidano più o meno alle loro emozioni. Com'è possibile che tutto accada nel giro di pochi mesi, si domandano? (in realtà accade sempre tutto nel giro di pochi mesi: basta leggere i manuali di Storia... ah, già, ma li hanno tutti scritti i marxisti, maledizione). Stimati osservatori traggono auspici dal fatto di non avere ancora visto bruciare una bandiera americana; in Libia per la verità si vede poco o niente, ma se domani da qualche fotoblog uscisse fuori una bandiera bruciacchiata del genere, cominceremo a gridare Mamma li jihadisti? Se qualche migliaio di egiziani posta la rivolta su Twitter, la rivoluzione diventa un affare di Twitter; poi torna dall'esilio un imam, fa un comizio davanti alle telecamere, e improvvisamente la Twitter generation cede il passo alla Repubblica Islamica. Un esercito depone il dittatore? Un sacco di pensosi opinionisti si precipitano a scrivere che non è mai una buona notizia quando un esercito depone qualcuno. Già, di solito quando si fanno le rivoluzioni l'esercito rimane neutrale, consegnato nelle caserme. È un peccato che costoro non fossero già in servizio attivo ai tempi di La Fayette, o della Rivoluzione dei Garofani, o quando Badoglio sostituì Mussolini: avrebbero potuto gridare al golpe già allora.

Ma i più buffi di tutti restano i Neocons – non quelli originali; diciamo quelli all'amatriciana che, come certi personaggi di telefilm, bloccati per anni su isole deserte, nel 2011 continuano a combattere una lotta senza quartiere per difendere fuori tempo massimo il loro eroe, che in caso ve lo foste dimenticato, era George W. Bush. Ancora lui? Ebbene sì, è lui il vero ispiratore della rivoluzione egiziana, scrivono. Come si fa a capirlo? Semplice: quand'era presidente finanziava gruppi egiziani anti-Mubarak (ma finanziava molto di più Mubarak). Poi Obama ha tagliato quei finanziamenti. Poi il prezzo dei cereali è andato alle stelle. Infine l'Egitto si è ribellato a Mubarak. Come si fa a non vedere che è tutta una geniale strategia di Bush e dei suoi sapienti consiglieri? Se poi dopodomani un partito islamico antisionista dovesse vincere le elezioni al Cairo, saranno pronti a scrivere che aveva ragione Bush a sostenere Mubarak, vicino affidabile di Israele. Ma in realtà i Neoconi più che aiutarci a risolvere un mistero, ne aggiungono un altro: cosa c'era di così affascinante in Bush per continuare a sostenerlo anche oggi che non è nemmeno più ricandidabile? Come se la pagina dell'Iraq non si riuscisse più a voltare. Bisogna assolutamente dimostrare che quella guerra lunga e sanguinosa sia servita a qualcosa, e allora si arriva a dimostrare che i rivoltosi egiziani hanno preso l'esempio da quelli iraniani, che a loro volta avrebbero cominciato a manifestare perché hanno visto che in Iraq un regime si poteva cambiare. È una congettura interessante: la guerra in Iraq che causa le manifestazioni in Iran che causano il crollo di Mubarak...  anche solo per l'acqua che perde in tutti i passaggi: a noi che non siamo neocons sembrava piuttosto che le invasioni di Iraq e Afganistan avessero portato l'Iran a un arroccamento intorno al suo commander in chief (Ahmadinejad); quando poi gli studenti delle città hanno manifestato sono stati repressi nel sangue: il che a rigor di logica avrebbe dovuto demotivare gli aspiranti rivoluzionari del Cairo, piuttosto del contrario... ma noi che ne sappiamo, in fondo? Niente.

Proviamo ad articolare questo niente, con le categorie che il nostro imparaticcio marxismo ci ha lasciato in eredità. Sappiamo che il prezzo di acqua e cereali aumenta, e continuerà ad aumentare per un po'. Le nazioni arabe sono mediamente ricche di risorse naturali, ma acqua e cereali li devono importare. Questo può avere avuto l'effetto di rendere insostenibili ai popoli quei governi che per decenni non hanno redistribuito le ricchezza del sottosuolo. Ora i prezzi non diminuiranno – non basta assediare i forni, questo prima di Marx ce lo aveva mostrato Manzoni – ma alcune sacche di corruzione erano insostenibili, dovevano sgonfiarsi. Cosa accadrà adesso? Dipende dai gruppi sociali, che in un primo momento vanno insieme sulle barricate per sconfiggere il tiranno, ma poi cominciano a lottare tra loro per il famoso controllo dei mezzi di produzione. Se nessun Paese arabo del Medio Oriente, fin qui, sembra essere riuscito a evolversi in una democrazia parlamentare nel senso europeo del termine, questo non è accaduto perché gli arabi siano etnicamente inadatti alla democrazia (come sostiene qualche criptofascista o qualche uomo di paglia dei neoconi) ma perché questi regimi parlamentari sono espressione del ceto medio, e in queste nazioni il ceto medio spesso non c'è. Talvolta l'unico vero ascensore sociale è l'esercito, l'unica ombra di 'classe media' è rappresentata da militari e funzionari statali: in questi casi molto spesso è l'esercito a gestire le rivoluzioni, dalla Turchia di Ataturk fino alla Libia del ventisettenne colonnello Gheddafi. Se in molte aree  la classe media è quasi inesistente (ma non nel popoloso e urbanizzato Egitto), esiste in questi Paesi un cospicuo bacino di abitanti sotto la soglia della povertà – proletari e sottoproletari, li avremmo chiamati – che sono il terreno più adatto alla diffusione del fondamentalismo islamico (un'etichetta un po' di comodo: confondere la Fratellanza Islamica ad Al Qaeda è una bestialità). In casi come questi, dunque, la seconda fase della rivoluzione potrebbe vedere la contrapposizione tra fondamentalismo nelle province ed esercito nei centri urbani, con il primo che cerca il consenso dei più umili sviluppando un welfare alternativo a quello statale, e il secondo che cerca di legittimarsi (anche all'estero) come difensore di istanze progressiste e laiche. Non sappiamo se andrà così: diciamo che è andato più o meno così in Turchia e in Algeria negli anni '90. Perché dovrebbe andare diversamente, per esempio, in Egitto? Perché l'Egitto è grande, giovane, ha ormai sviluppato un ceto medio che non può sottomettersi agli imam né ai colonnelli di turno, e ha insomma tutta l'energia per stupire i veteromarxisti con le loro categorie ottocentesche.

Ma in Libia? O in Bahrein? Chi lo sa. In realtà ne sappiamo veramente troppo poco. Alcuni dettagli – l'indipendentismo della Cirenaica – ci sfuggono del tutto, siamo già contenti di ricordare dove sta sulla mappa, la Cirenaica. La dialettica tra Sunniti e Sciiti, nel Bahrein, non è così facilmente riconducibile allo schemino marxista di ricchi e di poveri (anche se gli sciiti sembrano occupare ovunque il gradino più basso della società). Le teorie si elaborano a partire dalle informazioni, e informazioni ce ne arrivano poche. Finché continuiamo ad avere dieci opinionisti por ogni reporter sul campo... d'altro canto, i dieci opinionisti costano meno e riempiono più fogli...

In attesa di vedere cosa succede, almeno qualcosa lo abbiamo imparato. Che le rivoluzioni sono un po' più imprevedibili, specie da quando abbiamo smesso di leggere Marx. Se oggi Mubarak e Ben Ali non sono più al loro posto, se lo stesso Gheddafi potrebbe non esserci più da un momento all'altro non è grazie alla Cia, non è grazie a Bush, non è grazie ai leader europei che, con le tutte le loro meravigliose idee sulla democrazia d'esportazione, avrebbero continuato ad abbracciare e baciare questi tiranni finché non avessero ceduto il potere ai figli. La Storia non la fanno sempre i potenti con le loro idee: più spesso la fanno i popoli, soprattutto quando hanno fame. Ecco la mia teoria – assai poco originale.

37 commenti:

  1. Facebook nooooooooooooooooooo!!!! Facebook è finanziato dalla Cia (http://www.nightpassage.org/2008/01/la-cia-dietro-facebook.html) :-)

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  2. Buongiorno. Essendo un arabista, e avendo visto e letto l'insostenibilità della situazione da mesi, avrei parecchi sassolini dalle scarpe da togliermi. Non lo faccio qui, ma vorrei dire una cosa. Esistono delle persone (miei colleghi, non il sottoscritto) che erano in grado di interpretare e prevedere. Né la CIA, né il governo di alcun paese "occidentale", né, tranne rari casi, la stampa dei paesi suddetti, si sono mai degnati di chiederci niente. Erano troppo occupati a tagliarci i fondi e darci dei terroristi in prima pagina.

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  3. alla fine sono solo teorie, ma a me risulta un po' il contrario da quel poco di storia che ho studiato. non è la fame a scatenare le rivoluzioni, ma in un certo senso il benessere, ovvero le classi sociali in ascesa che vogliono stare ancora meglio

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  4. In realtà è vero sia quello che hai scritto tu sia quello che ho scritto io, adesso facciamo la sintesi hegeliana:
    di solito c'è una o più classi sociali che hanno preso consapevolezza della possibilità di migliorare concretamente la propria condizione (questo distingue le rivoluzioni moderne dalle jacqueries medievali).
    Però c'è sempre, nelle immediate vicinanze di una rivoluzione seria, una grave recessione economica. Ovvero, non è detto che ci sia, ma c'era in casi noti a Marx: la crisi del 1846-47 e quella del 1789. In entrambi i casi il prezzo del pane sale di parecchio. Può anche darsi che l'importanza di queste crisi sia stata esagerata da storici, appunto, di formazione marxista.
    Potremmo anche dire che le barricate sono l'effetto di una doccia scozzese: prima c'è un progresso graduale (l'epoca dei lumi, la seconda rivoluzione industriale), poi proprio quando pensavi che le cose stavano migliorando ti ritrovi a far la fame e trac, barricate.

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  5. Con tutto il rispetto, forse è un po' presto per mettersi a fare esercizio di materialismo storico su ciò che storia ancora non è.

    Abbiamo abbastanza dati sui massacri perpetrati dai mercenari assoldati da Gheddafi?, o sui bombardamenti della popolazione civile?, o sulle fosse comuni?, probabilmente no...
    E forse, a ben guardare, non ce li abbiamo neppure sul restante scenario nordafricano, ed, allargando il campo, nemmeno su ciò che, da qualche anno a questa parte, sta accadendo in Iran - btw: Ahmadinejad commander in chief? - Iraq o Afghanistan.

    Anche la metafora dell'89, qualcuno eccepirebbe, è molto ambigua, per esempio come funzionò la rivoluzione romena?

    Non vorrei che a posteriori tale spettro si rivelasse essere lo stesso che ha/potrebbe aver animato le varie rivoluzioni colorate del recente passato: quello dei servizi di intelligence occidentali.

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  6. Per quanto ricordo le rivoluzioni secondo Marx nascono dalla presa di coscienza della classe operaia dell'alienazione rispetto al prodotto e dell'uso della forza lavoro come fattore produttivo.

    Traslando il tutto a un'economia moderna e quindi inquadrando il problema in un'ottica più realistica, si può dire che l'aumento dei prezzi del cibo possa essere un fattore determinante, ma non so se Marx intendesse questo. Tuttavia, anche nel caso lo intendesse, le crisi alimentari di cui parli sono certo significative.

    Ciò tuttavia non spiegherebbe perché le rivoluzioni siano giunte alla conclusione prima nei paesi Africani relativamente più sviluppati, quando in terre come la Repubblica Democratica del Congo o l'Uganda l'aumento dei prezzi è stato ben più devastante.

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  7. (Perdonate l'uso del dialetto, e se non lo perdonate, poco importa). :-)

    Il pezzo d'opinione è divertente, scritto bene, ma: "il marxismo di quarta mano", l'opinionismo alla e=mc^2, la tecnica della iperbolizzazione per poter arrivare alla banalizzazione di alcune ipotesi... è come dire:
    "signori, sono intellettuale e colto, ma non pedante... ho letto marx, ma così, di sfuggita. Purtuttavia l'ho degustato fino in fondo e sapete cosa: nonostante i 100 anni di gap, pare che sto signore serva ancora - e soprattutto- ciò che muove il mondo...è la fame"

    'O ppan! 'O ppan! (direbbero a Napoli)

    Eh no!
    A parte ca 'nce vuleva Marx pe dicere che se la gente ha fame si ribella al sistema.
    C'è stato Machiavelli prima di lui e prima di Machiavelli lo scrivevano Sallustio e Livio.

    Ma a noi ci piace proprio citare Marx...
    Fa effetto.

    Ora, mio stimato Masaniello, non si può affermare così rotondamente che sono i cereali, che è il pane, che è la fame.

    Sono duemila anni che la gente muore di fame.
    E nisciun' fa nient!

    E se proprio volessimo analizzare la situazione africana (questo oscuro continente che sta sulle cartine di tutte le scuole europee e non, e di cui si conosce praticamente nulla) non dovrebbero ribellarsi nella frangia settentrionale, ma in quella centrale.
    Nel Malawi, per esempio, dove a parte il pane, manca pure l'acqua.

    In Libia, per esempio, manca(va) la "libertà" (non quella Berlusconiana di farecomecazzocipare, quella c'era a livello politico con il Raís) ma non il pane.

    Un paese che ha il petrolio, in un momento di crisi economica internazionale, aumenta il prezzo del petrolio, aumenta i suoi benefici tanto a livello geopolitico come economico e -non dico evita...giammai! ma almeno- riduce o blocca la percezione di una crisi internazionale che affetta l'Occidente (questa è anche parte di una propaganda pro-mediorientale che da anni usa la dicotomia occidente-islam. È come dire "'E vist a Peppe? Ha currut, ha currut e s'è struppiat"... stessa cosa con Peppe=Occidente.)

    A livello macrostrutturale, i cereali stanno diminuendo anche perché usati per creare un famigerato combustibile alternativo http://www.fao.org/worldfoodsituation/wfs-home/es/ qui c'è il link di uno dei tanti reports della FAO.
    (continua)

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  8. Ciò che dice è:
    "Los mercados de biocombustibles dependen en gran medida de los mandatos e incentivos gubernamentales; pero las perspectivas siguen siendo inciertas, debido a factores imprevisibles como la tendencia futura en los precios del crudo, los cambios en las intervenciones normativas y los adelantos en las tecnologías de segunda generación. La persistente expansión de la producción de biocombustibles para satisfacer el uso obligatorio creará una demanda extra
    de trigo, cereales secundarios, aceites vegetales y de azúcar usados como materia prima"

    Come se bastasse il biocombustibile ai quattro cereali per risolvere il problema. Le gomme, la carrozzeria, gli interni delle auto...sono fatti con il petrolio. Tutto è fatto con il petrolio.

    Già...il petrolio.

    Il "peak oil" è stato superato anni or sono e, al ritmo attuale di consumo (18 mil di tonnellate al giorno, più o meno), le potenze occidentali stanno con le pacche nell'acqua (quella sensazione umidiccia che ti entra diritto diritto nel coccige).

    E dove vanno a fare guerra e rivoluzioni? Nei paesi dove c'è il petrolio. Nessuno che sprechi una linea sui regimi e le guerriglie centroafricane o che non si dia pace perché la gente muore di fame in 2/3 del pianeta.

    Perché?

    Perché non c'è il petrolio (neanche i cereali), ergo, non ci sono interessi capitalistici; pertanto non importa cercare l'appoggio dell'opinione pubblica con una campagna mediatica della portata che sta avendo questa chain-reaction revolution in africa del nord.

    Tra l'altro, dopo una guerra recente e una mancata "esportazione" di democrazia, non potevano venderci altri terroristi, altri Saddam con bombe nucleari nascoste chissà dove giusto lì dove ci sono i pozzi. Però, la rivoluzione...
    La rivoluzione ha un altro sapore.
    Ha una spinta Sturm und Drang che non ha la guerra. Ossia, è socialmente accettata, dato che (come dicono) viene dal "basso"...

    Che poi, davvero viene dal basso?
    Personalmente, quando vedo un telegiornale o leggo una notizia e nella stessa frase trovo "democrazia", "indipendenza" e "rivoluzione" con un plauso generale dell'audience, io tremo.

    Flavia

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  9. Flavia il tuo punto di vista è decisamente interessante, ma penso che non troveremo mai le cause di questo genere di avvenimenti, forse sono solo una concatenazione di vari aspetti a scatenarle.
    Saluti
    Mauro

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  10. LE RIVOLTE IN EGITTO E TUNISIA ORDITE DAI ROTHSCHILD PER ELIMINARE LE BANCHE ISLAMICHE DAGLI EMERGENTI MERCATI NORD AFRICANI

    L’enorme popolazione musulmana del Nord Africa è un’opportunità per gli affari delle banche islamiche e per altre imprese e la Tunisia è stata catalogata come paese africano più competitivo, e a livello mondiale si trova al trentaduesimo posto tra i paesi più competitivi.

    Contrariamente alla credenza popolare, le finanze mondiali sono controllate da “banche centrali” possedute da privati, mascherate da banche del governo federale in quasi tutti i paesi del mondo [La Corte d’Appello degli Stati Uniti d’America ha sentenziato che la Federal Reserve (Banca Centrale degli Stati Uniti) è privata, nel 680 F.2d 1239, LEWIS v. STATI UNITI D’AMERICA, n. 80-5905].

    Pur essendo un segreto ben custodito, i Rothschild e i loro soci possiedono la maggioranza delle azioni delle banche centrali ( I Direttori della Federal Reserve: Uno Studio dell’influenza corporativa e bancaria , Committee on Banking, Currency and Housing, House of Representatives, 1976, Charts 1-5) (Mullins, Eustice Secrets of the Federal Reserve 1983). Con un minimo input governativo, le economie di Tunisia, Egitto, Yemen, Giordania e Algeria sono rigidamente controllate dalle banche centrali dei Rothschild e dal loro Fondo Monetario Internazionale.

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  11. Il movente: seguire i soldi

    Le banche islamiche hanno rosicchiato i profitti dei Rothschild nel Medioriente perché non esigono gli interessi (legge della Sharia), perché crescono velocemente tra le agitate popolazioni musulmane e (in particolar modo durante questa catastrofe economica) perché sono più stabili delle banche occidentali.

    Se da una parte è positivo che queste popolazioni si liberino dalla tirannia dei dittatori, dall’altra hanno bisogno di liberarsi dalla tirannia del controllo economico e dall’asservimento. La domanda morale pertinente in questo caso è: può il fine giustificare i mezzi?

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  12. Il genero del deposto presidente tunisino Ben Ali, Sakher El Materi, il 26 maggio del 2010 ha inaugurato la prima banca islamica, la Zitouna Bank. La prima banca islamica del Maghreb. La banca è stato il primo passo del programma di vaste riforme di Ben Ali: “Tunisia, un polo di servizi bancari e centro finanziario regionale”, che avrebbe dovuto minare il potere e i profitti della Banca Centrale della Tunisia (di proprietà dei Rotschild e soci). Il Porto finanziario di Tunisi è stato inaugurato lo scorso 19 ottobre. È il primo centro finanziario offshore del nord Africa.

    Il Telegraph ha annunciato lo scorso 19 ottobre l’apertura del megaprogetto del porto finanziario di Tunisi, ovvero il tentativo del presidente Ben Ali di trasformare la Tunisia nel centro finanziario regionale del nord Africa e oltre: “La banca d’investimento islamica Gulf Finance House (GFH) e il governo tunisino hanno creato il primo centro finanziario offshore del nord Africa. Il centro farà parte del porto finanziario di Tunisi, uno stabilimento dislocato sul mare del valore di 3 miliardi di dollari situato a Tunisi... GFH, la cui base è nel Bahrain, spera che il centro possa dare alla Tunisia il vantaggio offertole dalla sua posizione strategica nel mar Mediterraneo e che funga da ponte tra l’Unione europea e le economie del Nord Africa e dell’Africa subsahariana, in veloce crescita.”

    “Comunque, nonostante il difficile clima del momento, il potenziale della banca islamica in Egitto è immenso e c'è da aspettarsi ulteriori mosse da parte della Abu Dhabi Islamic Bank in Egitto, possibilmente sotto forma di acquisizione” secondo l’Executive Magazine dell’8 febbraio scorso, che continua:“un recente rapporto del Middle East Business Intelligence ha colto nel segno nel dire che ‘se la banca islamica di Abu Dhabi avrà successo offrendo prodotti islamici, l’intero mercato verrà aperto. Abbiamo già visto alcune banche locali iniziare la promozione dei loro prodotti islamici in vista dell’imminente competizione per accaparrarsi i clienti”

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  13. “È chiaro che le banche islamiche nel golfo stanno già anticipando il giorno della saturazione dei loro mercati. E sembra che l’Egitto sarà in prima linea nello sviluppo della finanza e banca islamica”.

    “I paesi africani come Algeria, Egitto, Libia, Marocco, Tunisia e Sudan sono già entusiasti dei futuri sukuk ( emissione di obbligazioni islamiche). Il Gambia ha esordito con un affare per 166 milioni di dollari di sukuk, venduti ai privati negli Stati Uniti nel 2006”. [International Finance Review (Reuters), 2008]

    L’articolo “Islamic banking rises on oil wealth, drawing non-Muslims” pubblicato sul New York Times il 22 novembre 2007 riferiva: ‘La nascente ricchezza petrolifera sta portando il sistema bancario islamico, che aderisce alle leggi del Corano e alla sua proibizione di applicare interessi, verso il mainstream finanziario...Oltre al prestito islamico, ci sono i buoni islamici, le carte di credito islamiche...Prestiti e buoni conformi al Corano sono già disponibili negli Stati Uniti...’

    “Questa è un’impresa che si sta trasformando da impresa di nicchia a impresa pienamente globale”, ha sostenuto Khawaja Mohammad Salman Younis, amministratore delegato in Malesia per la Kuwait Finance House, la seconda banca islamica più grande al mondo. “Nel giro di tre-cinque anni vedremo nascere banche islamiche in Australia, Cina, Giappone e in altre parti del mondo”.

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  14. “Nel sistema bancario islamico il finanziatore deve dividire i rischi con il beneficiario e quindi il correntista è trattato piuttosto come azionista e guadagna una parte degli introiti. Le offerte finanziarie assomigliano a leasing con diritto di riscatto, piani di accantonamento, contratti di compravendita in comune, o a vere partnership.

    “La corsa verso la finanza islamica è soprattutto un tentativo di controllare un flusso di denaro stimato in 1,5 migliaia di miliardi di dollari in fondi del Medioriente, derivanti in maggior parte da più elevati prezzi del petrolio...Questi investimenti hanno ravvivato l’economia attraverso il mondo musulmano e allo stesso tempo hanno accresciuto il conservatorismo religioso dei 1.6 miliardi fedeli all’Islam. Il risultato è una domanda in espansione di servizi finanziari aderenti alla legge islamica...

    “E mentre le più grandi banche islamiche si trovano nei ricchi stati del Golfo, i mercati potenziali più interessanti sono in Turchia e nel nord Africa (enfasi aggiunta) e tra i musulmani europei...

    “...anche i non musulmani stanno godendo dei rendite competitive offerte dalla vasta gamma di prodotti islamici. Per esempio, David Ong-Yeoh, un manager di pubbliche relazioni stanco di deplorare il crescente tasso d’interesse sul suo mutuo a tasso variabile, lo ha rinegoziato ad un tasso fisso trentennale con un istituto finanziario islamico. Ora paga rate regolari che includono un margine di profitto prestabilito per la banca.

    “ ‘I termini sono più convenienti rispetto ai prestiti convenzionali’, ha dichiarato Ong-Yeoh, di 41 anni.

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  15. “La finanza islamica evita anche altre pratiche proibite..I banchieri che osservano la Shariah non possono ricevere o fornire fondi che abbiano a che fare con alcol, gioco, pornografia, tabacco, armi o maiali. I sostenitori delle banche islamiche dicono che questi sono limiti che un investitore con coscienza sociale può sostenere, musulmano o no. Un altro fattore d’interesse consiste nella proibizione degli interessi, che proviene dalla proibizione dell’usura da parte del Corano.

    “È una visione che ha una lunga tradizione storica e religiosa. Gli interessi sono ripetutamente condannati nella Bibbia. Aristotele li denunciò, i romani li limitarono, e la prima chiesa cristiana li proibiva..

    “L’idea che tutte le spese legate agli interessi siano ingiuste è ora alla base della finanza islamica...L’accumulo di denaro non è ben visto nel Corano, così i risparmi non producono profitto a meno che vengano usati per qualcosa di produttivo.

    “ ‘Il denaro dovrebbe essere usato per creare valore nel paese o nell’economia’ dice Maraj. ‘I soldi non possono generare soldi’.

    “Né le banche islamiche possono semplicemente vendere denaro. ‘Nel modello finanziario islamico, le banche dovrebbero muovere i fondi tramite un concetto di gestione degli stessi’ sostiene Rafe Haneef, capo del sistema bancario islamico in Asia per Citigroup.

    “In effetti il sistema bancario islamico dovrebbe funzionare più come un accordo equo tra privati e non come capita nei classici sistemi bancari. Haneef sostiene che ‘l’equità tra privati è un principio islamico’.

    “I sostenitori del settore dicono che il requisito di condivisione del rischio aiuta a ridurre il genere di abusi che ha portato al disastro dei mutui subprime negli Stati Uniti. Gli studiosi non considerano islamica l’idea di oberare i clienti di debiti o investire in aziende con eccessivi debiti”.

    L’articolo del Washington Post ‘Islamic Banking: Steady in Shaky Times’, ottobre 2008, sosteneva che “Mentre i grandi istituti finanziari occidentali traballano per la crisi che si sta verificando da qualche settimana, un altro settore finanziario sta acquistando spessore: il sistema bancario islamico. I sostenitori dell’antica pratica, basata sulla guida della sharia che proibisce gli interessi e fare affari coi debiti, stanno promuovendo la finanza islamica come cura contro il collasso finanziario globale.

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  16. “Questa settimana il ministro del commercio del Kuwait, Agmad Baqer, ha affermato che la crisi globale porterà più paesi ad adottare i principi islamici nella gestione delle loro economie. Il segretario del Tesoro americano, Robert M. Kimmet in visita a Gedda ha dichiarato che gli esperti del suo dipartimento stavano studiando le caratteristiche del sistema bancario islamico.

    Sebbene il sistema islamico da mille miliardi di dollari stia affrontando difficoltà dovute al crollo dei prezzi degli immobili e delle azioni, i suoi sostenitori affermano che il sistema ha una protezione intrinseca dal tipo di collasso che ha colpito così tanti istituti. Perché l’uso di strumenti finanziari come i derivati, accusati di essere responsabili della caduta dei giganti dei sistemi bancari, assicurativi e d’investimento, è proibito. Così come il rischio eccessivo.

    “ ‘Il bello del sistema bancario islamico e il motivo per cui può essere usato come sostituto dell’attuale mercato è il fatto che si promette solo ciò che si possiede [ contrariamente al sistema di riserva frazionaria della banche occidentali]. Le banche islamiche non sono protette se l’economia è in declino, soffrono ma non lasciano nessuno in panne’ sostiene Majed al-Refaie, che dirige la Unicorn Investment Bank con sede nel Bahrain.

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  17. “Il principio teologico dietro il sistema bancario islamico è una legge sacra che dichiara che l’accumulo di interessi è una forma di usura, la quale è proibita nell’Islam. Nel mondo moderno questo si traduce in un approccio nei confronti del denaro diverso da quello occidentale: i soldi non possono stare fermi e generare altri soldi. Per crescere devono essere investiti in attività produttive.

    “ ‘Nella finanza islamica non puoi ricavare denaro dal nulla’, sostiene Amr al-Faisal, membro del consiglio di amministrazione di Dar al-Mal al-Islami, una holding che possiede diverse banche islamiche e istituti finanziari. ‘I nostri affari devono essere legati a un’attività economica reale, come un bene o servizio. Non si può ricavare denaro dal solo denaro. È necessario avere un edificio che è stato concretamente acquistato, aver reso un servizio, o aver venduto un bene’.

    I banchieri di questo sistema islamico assimilano i correntisti a partner – il loro denaro viene investito e loro condividono i profitti o, nel caso, le perdite. (Nelle interviste fatte, i banchieri non sono riusciti a rammentare casi in cui i depositanti avessero perso denaro; a loro dire, questo dimostra che le banche usano quei fondi solo in investimenti a basso rischio)”

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  18. È facile capire perché i Rothschild e loro soci delle banche occidentali convenzionali sarebbero minacciati dalla competizione di un più conveniente e conservatore sistema bancario islamico.

    Verso la fine del 2008, il ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, ha annunciato l’intenzione della Francia di far diventare Parigi ‘la capitale della finanza islamica’ e ha aggiunto che diverse banche islamiche avrebbero aperto filiali nella capitale francese nel 2009. Fonti francesi stimano che quest’area di mercato finanziario può valere dai 500 ai 600 miliardi di dollari e potrebbe crescere mediamente dell’11 percento annuale.

    John Sandwick, amministratore delegato della Encore Management, società di asset management svizzera, ha descritto l’apertura di diverse banche islamiche in Svizzera come ‘la corsa al controllo del primo premio che oggi vale centinaia di miliardi ma nel futuro varrà migliaia di miliardi di dollari di ricchezza islamica.”

    “Secondo Standard and Poor’s, gli investimenti del sistema bancario islamico sono stati di circa 400 miliardi di dollari in tutto il mondo nel 2009. A novembre del 2010, The Banker ha pubblicato la sua più recente autorevole lista dei 500 migliori istituti finanziari islamici con l’Iran in testa.” (iStockAnalyst, 8 febbraio 2011)

    L’International Business Times, nel commentare l’apertura della Zitouna (Islamic) Bank lo scorso 28 maggio, ha riferito che “il Nord Africa ha iniziato ad abbracciare la finanza islamica dopo essere rimasto per anni a guardare in disparte, in parte per incanalare più petrodollari del golfo arabo verso la regione...la Tunisia ha una delle economie più aperte della regione e attrae investimenti sostanziosi dalla UE, trend che dovrebbe essere accelerato nel 2014 cioè quando, secondo il governo, il dinar tunisino sarà pienamente convertibile”.

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  19. Il Global Islamic Finance News ha riportato il 31 maggio scorso che “la Zitouna Bank cerca di creare anche una dimensione regionale nelle sue attività, in particolare nel Maghreb, quanto più possibile così da poter diventare la prima banca specializzata che non appartiene a gruppi bancari stranieri... La banca inoltre cercherà di costruire profondi rapporti con le banche del Maghreb e mediterranee per garantire il flusso necessario per le operazioni finanziarie dei propri clienti. I dirigenti della banca hanno rimarcato il fatto che l’istituto finanziario ha stabilito rapporti con 12 banche islamiche in collaborazione con l’istituto delle banche islamiche nel Bahrain.

    La formazione della Zitouna bank era stata annunciata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Tunisina il 10 settembre 2009. Tunisia e Marocco hanno autorizzato la finanza islamica nel 2007, in parte per incanalare più investimenti verso i settori a veloce crescita del turismo e immobiliare.

    La Zitouna Bank di El Materi, data la sua parentela con Ben Ali, si stava espandendo in Tunisia a livelli di monopolio. El Materi ha costruito un potente impero affaristico: ha operato nel settore delle news e dei media, nei sistemi bancari e servizi finanziari, settore dell’automobile, navigazione e crociere, immobili e agricoltura, industria farmaceutica e lo scorso 22 novembre ha acquistato il 50% delle partecipazioni in Orascom Telecom per 0,2 miliardi di dollari.

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  20. L’appena inaugurato Tunis Financial Harbour è stato sul punto di diventare il centro della finanza regionale del Nord Africa e, con la sua posizione strategica nel mar Mediterraneo, di diventare un pontre tra la UE e le crescenti economie nord africane e dell’Africa subsahariana.

    Il 20 gennaio 2011, la Zitouna Bank, prima banca islamica della Tunisia è stata confiscata dalla Banca Centrale della Tunisia, dei Rothschild. La banca di proprietà di Sakher El Materi, genero trentenne del deposto leader tunisino Zine El Abidine Ben Ali è stata posta sotto “il controllo” della banca centrale. Materi si trova ora a Dubai. La mossa è stata fatta il giorno dopo l’arresto di 33 persone legate a Ben Ali per crimini contro la nazione. La televisione di stato ha mostrato il materiale sequestrato consistente in oro e gioielli. Anche la Svizzera ha congelato i beni della famiglia di Ben Ali.

    LE BANCHE ISLAMICHE EGIZIANE MINACCIATE DALLA RIVOLUZIONE DEI ROTHSCHILD: IL VECCHIO POTTER VS HAARY BAILEY

    I prodotti delle banche islamiche (halal) non sono penetrati in modo significativo nel Nord Africa, tranne che in Egitto. “...Ci sono diverse banche islamiche che operano in Egitto: Faisal Islamic Bank, Al Baraka Egypt (Al Ahram Bank) e Abu Dhabi Islamic Bank NBD . . .Ci possono essere anche altre” sostiene Blake Goud, esperto in finanza islamica (The Review – Middle East, 31 Gennaio 2011)”... e i rischi di una corsa allo sportello nella banca dovrebbe preoccupare chi ha interesse nel sistema bancario islamico nel mondo perché potrebbe essere un test sulla resistenza delle banche islamiche alla crisi.

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  21. “Ciò che si vuol dire è che la situazione egiziana, che potrebbe costituire una splendida opportunità per il popolo egiziano, potrebbe mostrare una debolezza all’interno del sistema bancario islamico se dovesse dimostrarsi problematica. Il rischio maggiore per ogni banca è che con la corsa agli sportelli la banca non possa affrontare i prelievi dei correntisti con i liquidi presenti in banca in quel momento. Questo porta la banca a trovare liquidi in altri modi. Nella maggior parte dei casi può ottenere un prestito interbancario da un’altra banca che le permette di affrontare i prelievi. Se altre banche dovessero esitare a prestare il denaro per l’incertezza sulla qualità dell’asset, allora la banca dovrà ricorrere al deposito interbancario della banca centrale, che effettua il deposito come ultima risorsa.

    “La chiave delle banche islamiche è che esse non possono avvantaggiarsi del mercato dei depositi interbancari, né possono ottenere prestiti o effettuarli alla banca centrale (enfasi aggiunta) perché quei prestiti prevedono interessi. L’unica alternativa è quella di trovare altre banche (in genere islamiche) disposte a estendere il principio della Sharia ai prestiti bilaterali, spesso ricorrendo al Murabaha. In un paese come l’Egitto dove il settore bancario islamico è una piccola parte dell’intero sistema bancario, esso non crea un rischio sistemico se le banche dovessero fallire, ma lo creerebbe ai correntisti delle altre banche islamiche del paese e a livello globale. Se dovesse succedere che il rischio della corsa agli sportelli in una banca islamica non può essere fermato da qualcuno, che sia una banca straniera, una multilaterale come l’Islamic Development Bank o la banca centrale egiziana (attraverso misure di emergenza), allora la fiducia nelle banche islamiche potrebbe subire conseguenze.

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  22. “Se nessuna di queste opzioni è attuabile, la banca dovrà cercare i fondi vendendo suoi asset, molti dei quali (prestiti) sono caratterizzati da illiquidità nel breve termine. Dovrà allora perdere nella vendita per ottenere la liquidità necessaria per coprire i prelievi. Se questa situazione continua e la banca vende parecchi asset scontati, il bilancio della banca sarà negativo (il valore delle attività meno quelli della passività) e diventerà insolvente (solo dopo la fase dell’illiquidità). Questo è il pericolo fondamentale del sistema bancario da una prospettiva di stabilità finanziaria. Se molte banche si trovano davanti a una corsa agli sportelli e devono vendere gli asset, la corsa potrebbe diventare incontrollabile e contagiosa. Anche una banca solida davanti a una corsa agli sportelli può diventare insolvente.

    “La perdita della fiducia non è solo un colpo alla reputazione e all’ego dei banchieri islamici. Essa renderebbe più difficile la capacità delle banche islamiche di attirare e ritenere correntisti e potrebbe innalzare i costi per attirare correntisti. Questo potrebbe rendere la banca, alle stesse condizioni, meno redditizia (essa trae profitto dalla forbice tra il ritorno sui fondi investiti e il costo dei fondi prestati dai correntisti). Minore rendimento significa minor capacità di attrarregli investitori per le banche islamiche perché si limitano le possibilità di incremento del capitale attraverso offerta di azioni ( o almeno di incremento della diluizione con gli azionisti). E diminuisce la disponibilità di integrazione del capitale così come dei dividendi con gli azionisti.

    “Quindi, è importante che le banche islamiche in Egitto riescano a superare la corsa agli sportelli semmai dovesse verificarsi così come si vocifera, non solo per quegli azionisti delle banche ma anche per il settore delle banche islamiche.”

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  23. Al contrario, Bloomberg sostiene che “le banche egiziane potrebbero dover affrontare i prelievi dei clienti all’apertura delle operazioni, diventando tra le imprese più colpite dal sollevamento nazionale contro il presidente Hosni Mubarak. ...Il governatore della banca centrale Farouk El-Okdah ha riferito in un’intervista telefonica lo scorso 29 gennaio che la sua banca ha una riserva di 36 miliardi di dollari, sufficienti per soddisfare i clienti casomai dovessero decidere di ritirare i propri fondi. Il suo vice, Hisham Ramez, ha affermato che il deposito interbancario “funzionerà correttamente” quando le banche saranno riaperte. Ha aggiunto che sarà la situazione della sicurezza a determinare la data.

    “Mohamed Barakat, presidente della banca statale Banque Misr e capo dell’associazione bancaria nazionale, ha detto in un’intervista telefonica, con riferimento ai rischi della corsa agli sportelli, che “i prestatori egiziani sono ‘parecchio liquidi’ ”, con un rapporto di prestito-deposito del 53%. [...] “Il tasso interbancario egiziano offerto, cioè il tasso che le banche chiedono per prestarsi denaro reciprocamente, è di 16 mesi all’8,5%”.

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  24. NED e Soros hanno iniettato milioni di dollari nella formazione di professori pro democrazia, giuristi, giornalisti e giovani attivisti del Nord Africa. Nel 2009 hanno raddoppiato i loro sforzi di formazione. Perché proprio ora il sostegno a dittatori da 30 anni al potere è stato minato? Il premio sono le economie nord africane in veloce crescita. Tutto questo coincide con gli sforzi di Ben Ali di fare della Tunisia il centro finanziario del Nord Africa e di promuovere il sistema bancario islamico. I Rothschild vogliono che i musulmani del Nord Africano prendano soldi in prestito dalle loro banche e che paghino gli interessi al tasso deciso dalla Banca Centrale dei Rothschild: non vogliono che la gente possa prendere soldi dalle banche islamiche senza pagare alcun interesse. I Rothschild vogliono che i musulmani scambino la loro attuale oppressione politica ad opera di brutali dittatori con il futuro asservimento economico sotto il controllo del banchiere Lord Rothschild.

    Fonte: www.puppet99.com
    Link: http://www.puppet99.com/?p=126

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  25. "Rivolte del pane" (del riso, del costo dei mezzi di trasporto ecc.) in realtà che ne sono state in diversi paesi africani. In Mozambico, ad esempio, più volte negli ultimi anni. Ma non si sono trasformate in vere e proprie rivoluzioni, sono rimaste "moti", manifestazioni dello scontento popolare. A me sembra che invece in Nord Africa i fattori in gioco siano politici più che economici: mi pare insomma che il dato che accomuna le diverse rivolte/rivoluzioni sia la volontà di buttare giù dei poteri che hanno governato per troppo tempo. Certo,lo scontento di settori della popolazione è anche un scontento economico (le aspettative frustrate dei laureati, ad esempio). Ma in quanto alle richieste, alle aspettative, sembra che esse siano, almeno per ora, più di tipo politico-sociale, e le potremmo riassumere, molto semplicemente, in un: "Più libertà". Le crisi economiche possono generare, alternativamente, il nazismo o il New Deal. Qui, al momento, sembrerebbe che i fantasmi del nazi-populismo siano lontani, e che la gente invochi in primo luogo la fine degli autoritarismi e l'allargamento degli spazi di partecipazione, quindi di democrazia. Poi, certo, si sa ancora poco, non è chiaro chi riempirà il vuoto di potere ecc. ecc.

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  26. Aggiungo che trovo un po' deprimenti quelle analisi che fanno dipendere tutto ciò che avviene "altrove" (nel Terzo Mondo, per semplificare) dalle manovre dell'Occidente. Per carità, non che questo fattore non conti, ma a conti fatti a me sembra più che altro che l'Occidente sia rimasto un po' spiazzato. Del resto, non si capisce cosa l'Occidente dovrebbe fare: non appoggiare i dittatori (e lo ha fatto per decenni; non esportare la democrazia con le bombe e le truppe (oltre a nascondere generalmente schifosi interessi di bottega pare non funzioni). "NED e Soros hanno iniettato milioni di dollari nella formazione di professori pro democrazia, giuristi, giornalisti e giovani attivisti del Nord Africa?" Beh, se fanno questo (e sicuramente lo fanno) la cosa non mi scandalizza, né francamente mi dispiace. Magari avessero fatto così nella RD Congo (per citare un altro Paese menzionato in questo forum). Ma lì non si è guardato così per il sottile.

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  27. Marco, che dire. Non riesco ad essere così genuinamente felice per ciò che sta succedendo in Africa Settentrionale. Troppo ben coordinato. Troppo "tempistico". Troppo all'unisono.

    Popoli divisi da culture e dialetti decisamente distanti, uniti da una religione monoteista (soggetta a piccole differenze di interpretazione rispetto alla città in cui si professa all'Imán di riferimento) e con un sistema finanziario estremamente complesso (e quindi interessi, leve, prospettive, ambizioni che forse non riesco neanche ad immaginare) che di "punto in bianco" si riversano nelle strade, come in un nuovo ottobre rosso, in cerca di liberté, égalité, fraternité al sapore di cumino e zafferano.

    Troppo poetico.
    E dire che a me, la poesia, piace assai.

    Per quanto possa sembrarti deprimente, sì esiste (è esistito ed esisterà) un protagonismo del mondo occidentale nelle questioni mondiali.
    Questo perché è l'occidente il maggiore fruitore dei benefici del sistema economico nel quale siamo immersi e che va per la sua quarta metamorfosi. Così come è sempre l'Occidente quello che "ha qualcosa da perdere" se le cose non vanno come devono andare.

    Il resto del mondo, che si fotta.
    È la lotta per la sopravvivenza portata a un livello macrosistemico.

    Ad ogni modo, io sto con quelli che fanno le analisi deprimenti: è quasi irresponsabile, dal punto di vista storico, attribuire a questi avvenimenti il titolo di rivoluzione.

    Quando hai visto rivoluzioni a catena così prossime l'une con le altre?
    Per la caduta del sistema sovietico (a cui si ha dato come data il 1989, con la caduta del muro di Berlino, ma che a livello locale aveva movimenti interni dagli anni 50) ci sono voluti più di trent'anni. E ogni zona (Ungheria, Polonia, Romania etc etc) ha vissuto la propria independizzazione dalla Madre Russia a distanza di anni nonostante la contiguità.

    Come può risolversi tutto in tre settimane in Africa del Nord?
    Non è un po' ingenuo rallegrarsi solo per aver sentito la parolina magica (rivoluzione) o i sempreverdi e amati topici odierni di libertà e democrazia?

    @Mauro: Grazie.

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  28. Marx, i cerali, le banche. Poi si lamentano se uno fa il troll

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  29. @Mauro: non era solo Grazie.
    Era un Grazie e un "prima o poi le cose si sapranno. Non hic et nunc evidentemente, ma se continueranno ad esserci persone che,imperterrite, destineranno 14 ore giornaliere a perdere la vista negli Archivi tra polverosi documenti pieni di strane forme di vita batteriologiche per 800 euro al mese, nonostante le beghe burocratiche, politiche e l'ignoranza dei responsabili di detti Archivi, prima o poi le cose/le cause si sapranno." :-)

    Ad esempio, quando finalmente la palmerà Andreotti, voglio essere lì, con una bottiglia di spumante e una fotocopiatrice.

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  30. prego Flavia
    mi deprime però pensare di essere sempre in balia di poteri più grossi della volontà magari di un popolo di cercare un futuro migliore
    (almeno io prima di rischiare la vita in una rivolta ci penserei due volte)
    saluti
    Mauro

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  31. Sì, però tutta la congiura pluto-masso-sionista a puntate nei commenti, è una cosa che forse dovrei cancellare.

    Mi stavo appunto dicendo: per fortuna che stavolta nessuno può essere così folle da prendersela con gli ebrei; e infatti...

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  32. Non era facile da prevedere, per dei comuni mortali, che il desiderio di liberarsi da una tirannide post-colonialista, lo scatenarsi di una sorte d' insurrezione geolocalizzata.

    Chi ci perde?
    Tutti, perchè ogni singola vittima è il frutto della nostra ipocrisia.

    Chi ci guadagna?
    Molti se non tutti, perchè ogni guerra produce distruzione e ricostruzione a vantaggio dei soliti noti che comunque reinvestiscono briciole dei proventi magari in ospedali del Burkina Faso, tanto per lavarsi la coscienza

    Molto probabilmente, come spesso accade gli unici "Previsori" dei moti nel NordAfrica si scopriranno nei produttori di armi.

    In fin dei conti è l' industria più redditizia, i titoli in borsa volano.

    Con la benedizione dello IOR

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  33. @leo: cancella! E dacci anche l'ip così lo meniamo! La cretineria DEVE avere un limite!

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  34. Beata ignoranza.
    L'anonimo a puntate dimostra di aver studiato il marxismo meglio di Leo, non di terza o quarta mano ma sui testi originali:

    "Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere. Il denaro avvilisce tutti gli Dei dell’uomo e li trasforma in una merce. Il denaro é il valore universale: per sé costituito, di tutte le cose. Esso ha perciò spogliato il mondo intero, il mondo dell’uomo come la natura, del valore loro proprio. Il denaro è l’essenza, fatta estranea all’uomo, del suo lavoro e della sua esistenza, e questa essenza estranea lo domina, ed egli l’adora.
    Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale illusoria."

    (Che poi, usare Marx per spiegare le rivoluzioni del XXI secolo e' come spiegare le orbite satellitari con Tolomeo: magari erano entrambi brillanti, a modo loro, ma di come gira il mondo avevano capito poco gia' allora, figurarsi oggi.)

    tibi

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  35. Concordo con Marco(13:59) e conosco almeno una ricercatrice che dice pari pari le cose che afferma falecius.
    Chi avesse voluto, avrebbe potuto cogliere segnali evidenti negli ultimi anni. E' terribilmente vero: molto più economico e comodo avere 10 opinionisti che 1 reporter.

    Non vi sembra che in varie analisi, questa compresa, si sopravvaluti un po' il costo dei cereali e (pur citandoli) sisottovalutino alcuni elementi importanti?

    -la piramide demografica; immagirarsi un paese in cui 2 su 3 hanno 30 anni o meno, per noi è ormai quasi impossibile

    -le attese frustrate (egitto, ma soprattutto tunisia, hanno molti laureati senza prospettive)

    -disoccupazione e corruzione oltre limiti sopportabili (se lavoro 12 ore al giorno per sopravvivere, faccio fatica a incazzarmi - ma se sono laureato disoccupato e vedo che fa strada solo chi è vicino al tale, i mezzi e la voglia per organizzarmi e andare in piazza tahrir ce li ho eccome)

    -mancanza di spazi di partecipazione, le uniche espressioni tollerate erano quelle (filo)governative o fondamentaliste (come contraltare e spauracchio per giustificare l'assenza di libertà e gli abusi del potere); ad esempio quando con nuovo re c'è stato un minimo di apertura in marocco, s'è visto un fiorire della società civile notevole in brevissimo tempo

    -i nuovi media. Vien facile sottovalutarli perché è ancor più facile farne un articolo di colore
    http://www.webnews.it/2011/02/21/un-bambino-di-nome-facebook/
    o mitizzarli, ma per i numerosissimi giovani di cui sopra sono stati mezzo di confronto, contatto con l'estero, circloazione di idee e organizzazione. Masse di giovani che in testa hanno le stesse paure ed aspirazioni dei coetanei di Roma o Parigi, e dietro la tastiera (quasi) le stesse possibilità, ma quando escono di casa, per strada, al alvoro, all'università devono stare attenti a tutto quel che dicono perchè gli informatori possono essere ovunque (in parte, nel caso tunisino, pagati anche dall'italia)

    -qua bastano un po' di tv per mantenere fasciomafiosi al 40-50% dei consensi qualunque porcheria facciano, la si vedono tv internazionali che rendono il confronto intollerabile

    Notare che questi elementi (al jazeera, facebook..) sono le novità di questi anni, mentre gli altri elementi sono emersi regolarmente negli ultimi decenni; qualcosa -senza esagerare- vorrà pur dire.

    E si, a parte alcuni elementi in comune probabilmente l'instabilità era tale - anche se mascherata dietro il muro di regimi pluridecennali - che la scintila è bastata a mettere in subbuglio nord-africa e medio oriente, pur con storie e paesi diversissimi (la libia poi..)


    Anonimo qui sopra, che inizi gridando il complotto dei Rotschild, letto questo ho saltato tutto il resto - come spero abbiano fatto gli altri. Magari scrivevi cose interessanti, eh, o magari c'hai messo pure i protocolli dei savi di sion..
    Però un link alla cosa pubblicata altrove sarebbe sufficiente (o hai privilegiato solo i lettori di Leonardo?)

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  36. Solo per segnalarvi uno/a che, pur senza ricorrere all'ebreo eterno, sente di dover aggiungere le virgolette attorno alla parola rivoluzione.

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  37. Forse, anzichè riesumare il vecchio Marx, sarebbe meglio rileggere Rosa Luxemburg.

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