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giovedì 24 marzo 2011

Il Paese che ha bisogno di Popstar

Riassunto della puntata precedente - qualche tempo fa avevo cominciato una recensione di Popstar della cultura, di Alessandro Trocino, poi Trocino stesso è intervenuto nei commenti causandomi un attacco di timidezza, per cui in questa seconda puntata parto definitivamente per la tangente.


4. L a     t e r r a     t u r r i t a – "Popstar della cultura", dicevamo. Avrebbe senso un titolo del genere all'estero? Perché magari le popstar esistono anche lì – basta dare un'occhiata a Bérnhard-Henri Lévy per sospettarlo. Ma il fenomenale cozzo tra i termini “popstar” e “cultura” fa scintille soltanto nella nostra lingua. In inglese probabilmente no. In inglese diventare una popstar è ormai “culturally relevant” per definizione: il pop è una cultura, se non la cultura tout court, il mainstream. Nessuno negherebbe l'aspetto culturale del fenomeno Lady Gaga, è una battaglia persa in partenza. Per contro, in Italia Allevi deve ancora dimostrare qualcosa al mondo della Cultura. Dischi, ne vende; però i virtuosi storcono il naso. Allo stesso modo, Saviano deve continuamente dimostrare di essere uno scrittore e non un cronista; viceversa, Camilleri deve dimostrare che è qualcosa di più dallo scrittore di gialli; in generale, la Cultura italiana rimane una turris eburnea, un club di terzo livello, puoi sgobbare tutta la vita senza riuscire a ottenere le credenziali sufficienti. Non che si scriva un granché di interessante, da anni, a questo livello; c'è il sospetto diffuso che sia ormai un ospizio, ma non importa, è un ospizio di gente raffinata che non ha bisogno di popstar.

Viceversa, le popstar hanno terribilmente bisogno della tessera del club. Guardiamoli bene. In una nazione senza turris eburnea, cosa succederebbe ai nostri fantastici sei? Beppe Grillo farebbe lo stand up comedian. Magari avrebbe un suo posto fisso in tv; in ogni caso non avrebbe bisogno di fondare un partito o un culto personale per vendere biglietti e dvd. Camilleri farebbe il giallista, e sarebbe apprezzato dal suo pubblico come tale; non ci si porrebbe il problema della letterarietà, della sicilianità, dell'espressionismo, del retaggio sciasciano, verghiano, tomasidampedusiano; scriverebbe gialli buoni o meno buoni e sarebbe valutato dai critici per le loro qualità intrinseche. Corona farebbe l'alpinista, magari lo scultore. Ogni tanto pubblicherebbe qualche raccontino naif, che avrebbe un suo pubblico. Allevi suonerebbe il piano e venderebbe dischi. Saviano farebbe davvero il cronista, o magari lo scrittore di docu-fiction; magari avrebbe scritto Gomorra tale e quale (e vivrebbe sotto scorta tale e quale), ma nessuno avrebbe sentito la necessità di scriverci sopra “romanzo”, col dibattito che ne è seguito. Petrini farebbe il critico gastronomico, non il gastrorivoluzionario. Insomma, queste popstar avrebbero tutte una collocazione e un successo. Senza la necessità di assediare la turris eburnea della Cultura. Necessità assolutamente italiana: è da noi che un'antologia di reportage va spacciata per romanzo per stimolare un dibattito culturale. È da noi che un pianista pop deve affettare manie da grande compositore per farsi notare dai critici. È da noi che un giallista, per farsi rispettare, deve mostrare di appartenere alla letteratura cosiddetta 'alta', che è detta così ormai soltanto da noi; è da noi che un comico per conquistare i suoi spazi alternativi al quasi monopolio tv deve diventare un predicatore itinerante. Anche se non esiste praticamente più, la torre ebrunea funziona ancora da richiamo: ascolteremo il pianista Allevi soltanto se lui ci darà la sensazione di essere il nuovo Mozart, leggeremo Camilleri soltanto se ci darà la sensazione di un nuovo espressionismo siciliano. Le popstar magari in principio erano soltanto onesti operatori culturali, ma le attese e la mentalità del pubblico le hanno spinte fatalmente verso il cosiddetto Midcult.

5. I t a l y ' s    B e s t    P o p s t a r – Il termine midcult è preso da un saggio di Dwight MacDonald, che in Italia è conosciuto soprattutto per la rilettura che ne dà Umberto Eco nella Struttura del cattivo gusto (Apocalittici e integrati, 1964). MacDonald vede il Midcult come genere intermedio tra la Cultura Bassa o Masscult e la Cultura Alta, o avanguardia. Secondo Eco il Midcult “1) prende a prestito procedimenti dell'avanguardia e li adatta per confezionare un messaggio comprensibile e godibile a tutti; 2) impiega questi procedimenti quando sono già noti, divulgati, frusti, consumati; 3) costruisce il messaggio come provocazione di effetti; 4) lo vende come Arte; 5) pacifica il proprio consumatore convincendolo di aver realizzato un incontro con la cultura, in modo che esso non si ponga altre inquietudini”. Sullo stesso MacDonald, però, Eco formula qualche sospetto di snobismo: “non si pone mai la domanda se molte delle operazioni dell'avanguardia siano state prive di ragioni storiche profonde, o se queste ragioni non vadano proprio cercate nel rapporto tra avanguardia e cultura media”. Eco ha in merito un'opinione più precisa, e vent'anni dopo diventerà la massima popstar del Midcult italiano portando col Nome della Rosa l'avanguardia nel giallo storico (o portando gli stilemi di genere nel romanzo d'avanguardia?) Di anni ne sono passati altri trenta, ma il Nome della Rosa rimane secondo me un esempio abbastanza ineguagliato in Italia di Midcult di qualità. Quello che altrove è la norma – penso al genere artistico americano che ultimamente consumiamo con più appetito, le fiction: le migliori si collocano più o meno in mezzo tra avanguardia e Masscult, prendono in prestito le intuizioni del cinema d'autore e le riadattano ai soliti canovacci dei feuilleton – il risultato è ottimo intrattenimento, che magari ci fa venir voglia di saperne di più, così come Eco ci faceva venire voglia di studiare i pauperisti medievali.

6. D a l l a     T o r r e     a l     P o n t e – Il problema è tutto qui: le nuove popstar italiane riusciranno come Eco a gettare analoghi ponti verso forme d'arte e contenuti un po' più complessi? Il lettore di Camilleri proseguirà in direzione Sciascia o D'Arrigo? Se regalo un cd di Allevi a un tredicenne, getto i semi che mi frutteranno un trentenne estimatore di Bach? A ben vedere è lo stesso problema che ci pone il caso Moccia: una dodicenne che legge Moccia oggi è davvero una dodicenne conquistata alla lettura? Il fatto che in una singola unità di tempo legga Moccia invece di pittarsi le unghie guardando una soap (che magari è scritta meglio di un romanzo di Moccia) è positivo in sé? Ricordiamoci l'altra faccia della medaglia: la dodicenne che, davanti a Moccia (o a un cd di Allevi) decide per sempre che la letteratura (o la musica) è robaccia che non fa per lei: e così grazie a Moccia abbiamo perso una potenziale lettrice di Tolstoj (o estimatrice di Mozart). La popstar ideale è quella che mentre ti spaccia canzoncine ti introduce a una tradizione musicale composita e interessante; possiamo criticarlo per la qualità delle canzoncine, ma ha più senso aspettare e vedere come cresceranno i suoi fans. Vale anche per quelle popstar che si muovono su un terreno più politico che culturale: Beppe Grillo non lo giudicheremo dalla biowashball, ma dalla qualità della classe dirigente che avrà o non avrà saputo formare. I discepoli di Petrini rimarranno una casta chiusa di ghiottoni facoltosi o riusciranno a cambiare la mentalità con la quale ci nutriamo tutti i giorni? Più che per i ritornelli, vale la pena di aspettare e giudicare le popstar per l'eredità che ci lasceranno. (Questa, per diversi di loro, somiglia già a una sentenza di condanna. Ma non voglio scrivere quali, metti caso che invece mi sbaglio).

11 commenti:

  1. Il confine è tra sub cultura e cultura. Quello che rimane nel tempo è cultura, ovvero produce effetti nel tempo e nello spazio, la sub cultura invece sparisce nel giro di una generazione senza lascire traccia.

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  2. Salutiamo ormai anche in te un adepto del Midcult: dopo tutto quello che hai scritto in merito, oggi arrivi perfino a riproporci il "romanzo" di Saviano. Ti seguo, con piacere, dal 2005-2006, ma in quest'ultimo anno davvero non si capisce dove tu vada a parare. Gli interlocutori ineliminabili sembrano ormai essere dalle parti (mediocremente bercianti) del Post, dove grondano provicialismo da ogni lettera della testata. Avrai calcolato le tue ragioni, ma ahimé leggerti sta diventando davvero inutile (e pure noioso, doppio ahimé). Ogni tanto, ma proprio ogni tanto, si salva un guizzo su Piste. Peccato, perché di ben altro - che pur si era visto nel tuo talento e nella tua lucidità - ci sarebbe stato bisogno.

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  3. Letto il libro, devo dire che ha un suo interesse soprattutto documentario; e che è ben scritto e molto godibile nel suo complesso.
    L'unico piccolo appunto che mi permetto è che la cura redazionale è davvero molto lacunosa: oltre ai refusi (tanti) ci sono imprecisioni che si potevano eviatre facilmente. Come il blog di Giglioli citato così (Giglioli, appunto) che fa un po impressione.

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  4. 6. Credo che non sia compito dei singoli quello di gettare ponti, intento sicuramente nobile e in teoria anche utile. Credo sia l'industria culturale nel suo insieme che debba fare uno sforzo in una certa direzione piuottosto che un'atra.
    Il cuore della questione secondo me sta nella "passione/amore" e di come questa venga stimolata.
    Se io ho passione per la musica probabilmente non mi accontenterò della prima cosa che ascolto, con il tempo andrò a fondo per fermarmi in un punto da me gradito.
    La questione quindi è aiutare un ragazzino a formare le sue passioni. La scuola in questo gioca un ruolo determinante e non è un caso che il deteriorarsi della cultura corrisponda un deteriorarsi di questa.
    (ex studente nullafacente)

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  5. C'era anche nel divertente libro di Berselli, "Venerati maestri", la maledizione di chi "fa cultura" in Italia: quella di passare improvvisamente e inesorabilmente dalla categoria di "Giovane Promessa" a quella di "Solito Stronzo", mentre solo pochi, e per motivi a volte altrettanto imperscrutabili, ascendono a quella di "Venerato Maestro". E c'è un intero libro di Paul Johnson dedicato a distruggere l'opera e il pensiero di intellettuali come Rousseau o Marx facendo loro le pulci più o meno secondo il metodo Boffo.
    Quindi, purtroppo, se anche fra due secoli nessuno si ricorderà più di Moccia, pure gli intellettuali superstiti avranno sempre i loro detrattori che cercheranno di riportarli al rango di "soliti stronzi". Non si scappa.

    Io comunque propendo per equiparare certe letture al pittarsi le unghie. Non è snobismo. E' che mica l'upgrade sia automatico, o che la lettura in sè sia un valore. C'è gente che legge quintalate di romanzetti rosa o di thriller per tutta la vita e si definisce con orgoglio grande lettrice (o lettore) ma non è che così si compiano grandi crescite personali. E' un po' come viaggiare andando sempre nei villaggi turistici. E' divertente, riposante, ti permette anche di vedere qualche scorcio interessante, ma difficilmente scopri qualcosa di nuovo che ti apre gli occhi.

    Poi ci sono quelli che dicono anche "Leggo in continuazione, dappertutto, qualsiasi cosa, anche le etichette dell'acqua minerale". Mah.

    Ma la serie continua o finisce qui?

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  6. Oggi si suol dire mainstream, una volta nazionalpopolare. Techno oggi, ieri era discomusic, italodisco e disco lento. L'Italia alfabetizzata è una piaga per il "progresso globale", non meno e non più della Cina e dell'India con le manifatture. Dove una volta c'erano colonie, ora ci sono distorsioni di "chi c'era prima". O magari sono io troppo poco patriottico.

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  7. Secondo me, queste popstar sono un pò come la lega. Si formano sul malcontento e sul malcontento crescono. In ogni caso, il collegamento Allevi-Bach, Moccia-Tolstoj non regge per niente: son cose diverse, e come cose diverse stanno staccate, non si rimandano a vicenda. Allevi suona il pianoforte, ma la sua musica è sostanzialmente un pop senza voce e con uno strumento solo. Rimanda a Bach tanto quanto Lady Gaga o Vasco Rossi. Lo stesso vale per gli altri paragoni popstar-cultura nel senso alto del termine.

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  8. piccolo errore (tuo) di sbaglio:

    gillo non è diventato una cultural-popstar causa l'atteggio gnégné della turris eburnea, ma perché CENSURATO (d'ya remember il viaggio in cina di bottino crazzo?)

    anon-nedo

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  9. di "apocalittici e integrati" ho apprezzato particolarmente non tanto la prospettiva di un Midcult che faccia da ponte verso la Cultura "alta", quanto proprio la definizione del Midcult come prodotto non innovativo ma di ottimo livello, che mi permetta un'esperienza estetica di un certo pregio anche se non ho tempo, modo o desiderio di dedicarmi all'avanguardia (voglio dire, in metropolitana posso leggere Il nome della rosa, ma probabilmente non i Finnegans Wake...); proprio ciò che tu sembri affermare a proposito della percezione anglosassone della cultura: il pop non ha bisogno di giustificazioni, è pop.

    In questo senso, sono Midcult i Peanuts, ma non farei certo rientrare Moccia nella categoria... un minimo di qualità intrinseca dovrebbe esserci, ponte o non ponte! se poi invece qualche tua studentessa passa da Moccia a Tolstoj prometto che mi rimangio tutto
    Letizia

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  10. Evidentemente, c'è un problema di uso del termine "cultura" che in sè non ha alcun significato valutativo. Cultura è tutto ciò che va oltre la natura, e così chi parla è un essere culturale, anche se magari avesse un vocabolario di cento parole appena.
    Detto questo, rimane il fatto che chi si occupa pubblicamente di una questione su cui non ha alcuna competenza, va criticato ed eventualmente anche preso in giro. Quindi, se qualcuno non vuole essere sottoposto a giudizio, farebbe bene a dichiarare la propria incompetenza ed astenersi da dichiarazioni incaute e dequalificate.
    Tu vedi il problema di ambienti sedicenti di cultura alta, io potrei vedere il contrario, un paese il nostro in cui la notorietà comunque ottenuta viene spesa in qualunque campo, anche quando non ha alcuna attinenza col settore che ha dato a costui notorietà. Abbiamo cioè il problema degli onniscienti. Se Saviano vuole essere giudicato sulla base dei propri romanzi, non vada in TV a fare sermoni e riassuntini pietosi, non si senta in dovere di fare dichiarazioni perfino sulle manifestazioni studentesche. Allora, sono i critici di Saviano che hanno la puzza al naso, o è invece Saviano che vuole fare il grillo parlante su questioni che non lo coinvolgono e su cui non ha alcuna competenza specifica?
    Ma si sa, il nostro paese è quello dove calciatori semianalfabeti vengono intervistati su gravi questioni economiche, e tutto perchè sono noti al grande pubblico.
    Ciò che invece sollevi nella parte finale, è tutt'altra questione, se cioè sia bene che qualsiasi prodotto culturale, qualunque sia il suo livello qualitativo, sia consumato. Io credo proprio di no, ad esempio nel caso che sollevi di Moccia. Ma anche in prodotti "middle", quali "Il nome della rosa" o i vari romanzi bestsellers dei vari Follet o anche di Camilleri, che ritengo positivo vengano letti, mi pare comunque utile ricordare che c'è Tolstoj o Marcel Proust, perchè fare gli opportuni distinguo aiuta soprattutto gli adolescenti man mano che si affacciano alla prima maturità e potrebbero fare confusione.

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