Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi. Noi no. Donate all'UNRWA.

mercoledì 30 aprile 2014

Come si dice autarchia in egiziano

Sapete che in India c'è una fabbrica che, con tante cose che potrebbe fare, fa le etichette con scritto "made in Italy", insomma se leggete "made in Italy" molto spesso è grazie alla manodopera indiana. E ci sono motivi seri per cui le cose vanno così, non ha molto ribellarsi. L'euro; la concorrenza dei grandi Paesi in via di sviluppo; la scarsità di materie prime; l'abbattimento dei costi di trasporto... ci sono tante ragioni per cui il made in Italy ormai non può che essere un'idea astratta, più marketing che altro. E non pretendo certo di indossare vestiti fatti a Prato, guidare veicoli fatti a Torino, pestare tastiere fatte a Ivrea. Quei tempi sono finiti, per ora. E però almeno i razzisti, voglio dire, qual è il problema? Dovendo produrre anche noi - come tutte le democrazie europee adulte e vaccinate - un certo tot di razzisti: non abbiamo tutti gli ingredienti in casa?



Non ce la facciamo a produrre almeno un razzista italiano? Siamo messi così male da dover importare pure quelli?

(Dall'archivio: il piccolo opinionista nero).
(Ma Sicilia e Sardegna le hai già date per perse?)

martedì 29 aprile 2014

Picchiare maestre, mendicare clic

Qui non si mordono cani. 

La settimana scorsa, mentre vago su facebook in cerca d'ispirazione, una notizia ottiene la mia curiosità: una maestra è stata presa a schiaffi e a calci dai genitori di un suo alunno, a Roma. I motivi per cui questa informazione mi raggiunge sono molteplici, ma facilmente intuibili anche senza conoscere il misterioso algoritmo con cui fb decide quali notizie metterci davanti. Il fatto di avere molti amici insegnanti senz'altro fa sì che un fatto di cronaca del genere abbia più chance di apparire sulla mia bacheca, dove arrivano appunto le notizie che i miei amici segnalano e commentano.

Una maestra presa a calci, da questo punto di vista, sembra avere molte chance, eppure forse non bastava. Quello che ha smosso i miei colleghi a commentare la notizia - e a farmela notare - è stato l'atteggiamento di un cronista, che su un piccolo quotidiano on line l'ha commentata prendendo le difese dell'alunno. Come dichiara egli stesso nelle prime righe, la sua è addirittura un'arringa: "A scanso di equivoci premetto subito che la mia arringa sarà a favore dell’alunno e dei genitori e non della docente". Di seguito, una serie di affermazioni provocatorie che implicitamente giustificano la reazione violenta dei genitori: cosa aveva fatto la maestra di così orribile da meritarsi schiaffi e calci? Aveva messo una nota sul diario. Pare che non si possa più. "La comunicazione della “signora” maestra non è stata etica e il boomerang l’ha colpita ineluttabilmente. Un docente, non può perdere lucidità e competenza, non può perdere di vista l’obiettivo dell’insegnamento, quello di non offendere la dignità di un bambino. Il progresso scientifico, civile, normativo, culturale non può essere annullato da un modus operandi di ritorno della riforma Gentile nella scuola odierna. L’insegnante avrebbe dovuto prendere per mano quel bambino e cercare di capire quel “continuo disturbare” con un bacio, non con la spada".

A quel punto, voi come reagireste? Calatevi nei panni di un insegnante: un tizio sta scrivendo che una vostra collega si è meritata schiaffi e calci per aver messo una nota a un bambino, per aver offeso la sua dignità eccetera. Non vi viene voglia di reagire, magari con un commento ironico, stizzito, indignato, eccetera? Ecco, appunto. La stessa reazione l'ho avuta io, ma dopo alcuni secondi ho iniziato a sentire che qualcosa non andava. Devo avere sviluppato una specie di sesto senso, a furia di navigare tra newsfeed e bacheche. Quando sarebbe stata picchiata questa maestra? L'articolo non dava nessuna indicazione di tempo. Né di luogo. Una ricerca veloce su google news e sui principali quotidiani romani non mi porta a nulla. L'unico sito a parlarne è, appunto, quel piccolo "quotidiano indipendente" on line che ne approfitta per criticare la comunicazione della signora maestra. Altri siti riprendono la stessa notizia dal piccolo quotidiano. Insomma, ha tutta l'aria di essere una bufala. Una piccola, geniale bufala artigianale. Forse è questo che la rende, nel suo piccolo, più inquietante.

Questo si chiama "Corriere del Corsaro".
Ormai internet, e facebook soprattutto, ci hanno assuefatto a varie tipologie di bufale. C'è il sito sedicente satirico che non pubblica altro, e sei fesso tu se ci caschi; c'è il quotidiano prestigioso che approfitta di un equivoco e lancia a caratteri cubitali una notizia che sa benissimo essere falsa (ad es., Facebook chiude WhatsApp e simili). In quest'ultimo caso la bufala può anche essere mal confezionata, ma la maggior parte degli utenti ci casca lo stesso perché continua a fidarsi del nome del quotidiano; è un calcolo sbagliato, visto che persino i più importanti quotidiani italiani sono costretti ad attirare l'attenzione con questi mezzucci.

Ma quello che ha fatto il piccolo quotidiano on line in questione è interessante: non solo ha inventato una notizia, ma ha anche azzeccato il taglio giusto con cui affrontarla: un'opinione talmente provocatoria da forare il monitor e costringerci a commentare, a linkare, a segnalare. Chi ha scritto il pezzo, avrete notato, sa a malapena mettere la punteggiatura; ma ha già interiorizzato l'arte di farsi largo sulle bacheche: che in questa fase pare sia l'unica a garantire la sopravvivenza di chi su internet vorrebbe viverci. Siccome siamo - non so se l'avete sentito dire - in un periodo difficile: la carta non vende più, e su internet si fatica a conquistare inserzionisti. Bisogna dimostrare di avere tot accessi, e il modo per ottenerli è farsi notare su facebook: e su facebook ci si fa notare così. Tra le poche cose che abbiamo imparato c'è quella storia per cui la notizia è uomo-morde-cane: l'evoluzione 2.0 è fotoscioppare un selfie in cui morderemmo un piccolo di labrador linkando il nostro post in cui inneggiamo alla violenza sui cuccioli. Andrà a finire così? Le nostre bacheche - e il tempo che ci occupano - saranno sempre più piene di questa merda inutile?

La mia speranza è che il sistema si auto-regoli, come si è regolato tante altre volte in cui temevamo che qualcosa avrebbe ucciso internet e invece alla fine no. Troveremo un nuovo equilibrio: per esempio diventeremo sempre più bravi a evitare le bufale. Quel sesto senso che ha cominciato a pizzicarmi, pochi secondi dopo aver letto il pezzo sulla maestra malmenata, diventerà un'abilità sempre più diffusa. Per fare un altro esempio, io ormai le liste non le clicco più. Se leggo "Non crederai..." o qualche altro titolo alla buzzfeed, non ci casco più. Preferisco non pensare a quanti mesi ci ho perso, ma ne sono uscito. Mi piace pensare che è una fase come tante altre, e finirà come è finito myspace o second life o la grande classifica dei blog.

Ma chissà se è vero. Certe dinamiche erano più chiare quando internet era un club più o meno riservato: oggi ci vengono tutti, veramente tutti, i soldi continuano a essere pochini ma fuori evidentemente ne girano persino meno, e la concorrenza comincia a essere pesante. Far sì che un mio pezzo non affondi al primo rimbalzo sui social network è sempre più difficile. Capisco benissimo il perché: pezzi lunghi, argomenti di nicchia - per farla breve, non mordo cani. E allo stesso tempo, continuo a provarci: se la parola "grillo" in un titolo vale cinquecento clic in più, non ho vergogna a usarla. Internet ha sempre funzionato così, non è che uno può accorgersene all'improvviso nel 2014. Uno spazio recintato per intellettuali al riparo dalla corsa al link non c'è, e se ci fosse non mi farebbero comunque entrare.

Non ho intenzione di stilare un manifesto per la resistenza umana su internet o cose del genere. Avverto solo che resterò ancora un po' qui, cercando nuove formule di compromesso tra intelligenza ed esibizionismo, segnalando e commentando le cose interessanti che troverò sul mio cammino, e cercando di ignorare tutto ciò che cercherà di farmi perdere il tempo. Finché continuerà a essere divertente: fin qui lo è stato molto, almeno per me. Spero anche per voi.

venerdì 25 aprile 2014

Il flagello di Lars

Nymphomaniac II (Lars Von Trier, 2014)

L'altra sera mi sono spaventato, c'era un canale che trasmetteva vecchi film di Woody Allen a ripetizione e ho avuto paura che gli fosse successo qualcosa. Mentre controllavo su internet mi sono rimesso a guardicchiare Manhattan, uno di quei film che tutti hanno visto così tanto che alla fine è come se l'avessi visto tanto anch'io. In realtà era da un sacco di tempo che non lo vedevo e mi sono sorpreso, davvero, di trovarlo così bene invecchiato. Non sto dicendo che sia un film attuale; può darsi che non lo sia più: gli adulteri sono un po' passati di moda, almeno nei film, e gli intellettuali oggi hanno tic diversi, probabilmente anche a Manhattan. E però è uno di quei film in cui c'è meravigliosamente tutto, anche se lo apri in una sequenza a caso; e in una sequenza famosissima ho anche trovato il migliore giudizio sul porno esistenziale di Lars Von Trier.





Ma siccome non vengo da Philadelphia e non ho studiato ad Harvard; e senz'altro Von Trier non è Bergman, mi viene il sospetto che tutto questo sia perversamente consapevole; ovvero alla fine della fiera di quattro ore non è da escludere che l'intento programmatico del regista fosse proprio nobilitare le proprie inibizioni psicologiche e sessuali collegandole non già a fondamentali questioni filosofiche, ma a un po' di fuffa culturale, molto spesso di seconda e terza mano: la serie di Fibonacci, santo cielo, ne vogliamo parlare? Perché i registi e gli scrittori hanno il debole per la serie di Fibonacci e non, poniamo, per la sezione aurea? Siete proprio sicuri che non potrebbe sprizzare simbologie erotiche anche la sezione aurea, a strizzarla per bene? Non sarà semplicemente che per capire Fibonacci basta saper fare uno più due, mentre il pi greco è molto spesso un concetto troppo astruso per chi si iscrive a cinematografia? Molta della cultura sfoggiata da Seligman è trovarobato del genere: due o tre trucchi su dove pigliare i pesci, due citazioni dal Doktor Faustus che il regista sente il dovere di esplicitare, proprio come le matricole che hanno paura che gli interlocutori non colgano i riferimenti: ehi, ho appena letto il Doktor Faustus! E ho scoperto che Beethoven era negato con le fughe. Bene Lars, ma se hai voglia di flagellare a sangue il sedere di un'attrice (o una controfigura), perché non ti limiti a farlo senza ammazzarci col silenzio di Dio, e la morte del padre, e la responsabilità di allevare i figli, eccetera eccetera? Cioè non dico di non aver apprezzato il tentativo di levare al sadomaso tutta quella patina burlesque insopportabile da dominatrici della domenica: però alla fine voglio almeno provare un po' di vergogna di aver pagato il biglietto per vedere un sedere che sanguina; e invece me lo annacqui con tutte le visioni e i sensi di colpa e kierkegaardismi non dico adolescenziali, ma... quanti anni avevate l'ultima volta che avete provato a leggere Kierkegaard? Ecco. 

Joe è ninfomania: brucia tutto e poi va via. 
Cos’è poi la ninfomania per Von Trier? Una pulsione autodistruttiva che parte dall’infanzia e si prende, grosso modo, tutta la vita, a scapito di lavoro e famiglia e affetti e salute. Non procede da un trauma infantile; non è il precipitato di un’alienazione sociale; Joe ci è nata, e noi no. Lei chiede troppo al tramonto, noi ci rassegniamo a un timido riflesso del sole all’alba. Forse davvero Von Trier gioca con noi come il gatto col topo: mentre Joe passa la nottata a raccontare di quanto sia stata una ragazza cattiva, non abbiamo altra scelta che entrare nel timido Seligman, e far combaciare la sua curiosità con la nostra. Come Seligman, all’autodafé di Joe non possiamo che reagire con una sentenza assolutoria. È la normale dinamica di una coppia che discute: se il tuo interlocutore comincia a denigrarsi, istintivamente scatta in noi l’impulso di consolarlo. La notte sarà lunga e ci sarà il tempo per scambiarsi le parti: di fronte all’estremo tabù (la pedofilia) Seligman si ritrarrà per un istante, ma alla fine… non vi racconto come va a finire, ma le mie due reazioni. La prima: ok, mi hai fregato, la mia equanimità era accecata da una curiosità che forse era già desiderio. La seconda (sulle note dei titoli di coda): che trabocchetto da due soldi, Lars Von Trier. E un sedere è stato frustato a sangue per questo? Insisto sul finale perché leggo in giro che sarebbe una cosa toccante, drammatica, eccetera. Per me è la conferma di avere assistito a una lunghissima, estenuante barzelletta alla scandinava. E la canzone… non vi dico qual è, ma immaginate che un personaggio di un film dica di chiamarsi “Marinella”, e che alla fine del film anneghi in un fiume, e a quel punto parta De Andrè con la canzone omonima, ecco, siamo a questi sofisticati livelli di tesina del liceo artistico.

A che servono gli elenchi telefonici, oggigiorno.


Un mese fa feci un maldestro paragone con Jeune et jolie di Ozon, dicendo che parlava con delicatezza più o meno dello stesso argomento. Ripensandoci, non è affatto vero: l’Isabella di Ozon non è particolarmente ninfomane. Ma si prostituisce. Tutto il contrario di Joe, che passa di lavoro in lavoro senza che l’idea di monetizzare il suo sesso l’attraversi mai. Ecco, questo è interessante: anche perché verso la fine Joe si mette a fare una professione persino più discutibile. A rifletterci è incredibile che in un film dalle ambizioni quasi enciclopediche non si parli mai della possibilità di scambiare sesso per denaro. Di pedofilia sì, di sadomaso sì, di prostituzione no. Ho controllato: pare che in Danimarca prostituirsi non sia più un reato dal ’99. Dallo stesso anno è la legge antiprostituzione svedese, che criminalizza i clienti e non le prostitute (poi imitata da Norvegia e Islanda). Forse anche il più scandaloso Von Trier ha i suoi tabù, dopotutto: ancora più stridenti in un film così apparentemente liberato, in cui gli organi sessuali conquistano il primo piano, talvolta liberi persino dalla necessità di eccitare lo spettatore (da questo punto di vista il threesome con gli africani è la scena più divertente – divertente come dovrebbe essere il vero backstage di un porno – anche se l’idea che Joe debba avvalersi di un interprete per approcciare due africani in un parco britannico tradisce un razzismo o un provincialismo che francamente – ma poi si alza qualcuno a dire che Von Trier non si può giudicare per i contenuti perché i contenuti sono volutamente antirealistici, sarebbe un po’ come voler giudicare la merda d’artista dall’odore – e finiamola qui, allora: può darsi che la merda di Von Trier sia buona, almeno come concetto, ma io purtroppo sento anche la puzza. Sarà che sono nato a Modena, problema mio).

Nymphomaniac II non è ancora programmato in nessun cinema della provincia di Cuneo: chi si sentisse offeso può rimediare recandosi all’UCI di Moncalieri alle 14:00, alle 16:45, alle 19:30 e alle 22:15 (sempre con quel caratteristico ritardo delle sale UCI). Oppure potete flagellarvi in casa da soli, chissà cosa sia più soddisfacente.

giovedì 24 aprile 2014

L'ultimo grillino

La costola e il fango

Non fosse incazzato per contratto, Grillo potrebbe mostrarsi fiero di quello che sta succedendo; perché sta succedendo anche e soprattutto grazie a lui e grazie ai suoi. È grazie alla lunga campagna sugli F35 che oggi un governo di centro sta riflettendo seriamente su come tagliare gli F35. È grazie a una lunga polemica sui segreti di Stato, condotta anche su beppegrillo.it, che Renzi a un certo punto può decidere di dare un contentino ai complottisti de-secretando qualche archivio. È grazie a una lunga battaglia condotta dal M5S dalla parte di un ceto medio impoverito che Renzi e il suo gruppo dirigente si ritrovano a correre ai ripari con una misura fino a qualche mese fa impensabile - 80 euro in più nelle buste paga dei dipendenti.

Tutte queste cose, che potremmo considerare "di sinistra", il PD non era riuscito a farle, neanche quando Prodi poté contare su una maggioranza: ma anche allora il PD doveva guardare al famoso centro, e adesso no. Adesso la lotta è contro il M5S, e questo spinge il PD a manovrare in una direzione diversa. Quale migliore dimostrazione del fatto che il M5S sia nato da una costola della sinistra, e di come pur restando all'opposizione sia riuscito a impostare l'agenda del governo, conquistandosi una vera e propria egemonia culturale su alcuni argomenti chiave? Quando rivendica orgoglioso una miserevole asta di auto blu, Renzi non è forse assimilabile a un grillino? Quando insiste a predicare il taglio dei rappresentanti nelle province e al senato come la fonte dell'Eldorado, da cui sgorgheranno fondi per coprire qualsiasi misura, non fa Renzi del grillismo dilettante, da grillino dell'ultim'ora qual è? Grillo dovrebbe essere in qualche modo fiero di lui, e forse nel segreto del suo cuore un po' lo è.

Ma è Beppe Grillo, ed è incazzato per contratto: quindi vaffanculo, non basterà tagliare un f35, e non basterebbe tagliarne nemmeno la metà; vaffanculo, gli archivi de-secretati non sono quelli giusti e c'è senz'altro da qualche parte un archivio segreto che non sarà de-secretato mai con tutte le trattative Stato Mafia Bilderberg Rettiliani e Savi di Sion. E gli 80 euro, ovviamente, non risolvono, anzi peggiorano: lo dice il tizio che vorrebbe svalutarci i soldi in tasca. Il M5S sarà pur nato da una costola della sinistra, ma per ultimarlo è stato necessario impastarlo con molto fango di destra; non solo, ma è in quella direzione che Grillo guarda per vincere le sue elezioni; dunque chi se ne frega dei dipendenti, lui sta ancora intonando la sua elegia alla Piccola-E-Media-Impresa.

Nel frattempo si avvicinano le elezioni, con il loro orribile paradosso: se qualcuno ritiene - come me - che le riforme di Renzi siano scritte malissimo, non può che augurarsi un buon risultato del M5S, che le affosserebbe. Il problema è che fin qui la mia condotta elettorale è stata molto semplice: se mi auguravo che un partito ottenesse un buon risultato, votavo quel partito. Ahem.

mercoledì 23 aprile 2014

Abbiamo cliccato beppegrillo per voi!

Sarà capitato anche a voi di ritrovarvi su beppegrillo.it per un qualsiasi motivo, anche solo per contare quanti fotomontaggi di Matteo Renzi contiene in questo momento (in questo momento, per esempio, quindici: non sto scherzando, quindici). E sarà capitato anche voi di dare una rapida occhiata alla colonna destra, con quegli strilli caratteristici che non usano mezze misure per titillare la vostra curiosità (guarda cos'è successo! tizio ha distrutto caio! Non abbiamo parole! clicca!) Siccome però il clic conduce quasi sempre ad altri clic che rimandano a una delusione, ho pensato di risparmiare tempo e fatica a molti lettori inaugurando la saltuaria rubrica Abbiamo cliccato beppegrillo per voi: basta leggere qui sotto e saprete tutto quello di cui si parla in questo momento nella colonna destra di beppegrillo.it, senza bisogno di ulteriori clic. Comodo, no?



Clicchiamo e finiamo sul sito casaleggiano Tzetzé. Scopriamo così che un tizio di Termoli ha commentato su facebook un messaggio di Laura Boldrini suggerendo di essere pronto per "fare un macello". "Sono il prossimo che farà qualche pazzia...- ha scritto Felice Ferucci - Orfano da venerdì, senza lavoro da mesi (per assistere la mia mamma) una casa (fortunatamente mia, ma ancora per poco visto che non posso pagare nulla), prossimo ad andare a mangiare alla Caritas, oltretutto iscritto alle categorie protette ma un cazzo niente, in Molise per uno di 43 anni come me, anche se invalido, non c'è possibilità di lavoro..". Il commento si chiude così: "Ora dimmi tu cara Boldrini, secondo te sono prossimo a fare un macello?"

Non potendo saperlo, e non riuscendo a decifrare l'"ironia" e il "sarcasmo" del messaggio, la Boldrini avrebbe segnalato la cosa alla polizia. In realtà no: se si legge la notizia fino all'ultima riga, si scopre che "Laura Boldrini non c'entra, che non è lei e che lei nemmeno legge i commenti"; è la polizia a passare "al setaccio, con l'aiuto di un sistema computerizzato, le migliaia e migliaia di messaggi scritti sulla pagina del presidente della Camera", e a selezionare tra i tanti il messaggio di un tizio di Termoli che - particolare non secondario - ha precedenti penali.  Dunque, insomma, una notizia c'è: la polizia dà un'occhiata a chi commenta i messaggi della presidente della Camera, e magari li incrocia con il casellario giudiziale. Non dovrebbe farlo? Quanto ci costa? Non si potrebbe inserire un dispositivo che ci aiuti a riconoscere l'"ironia" e il "sarcasmo" nel messaggio di un 43enne con precedenti penali che minaccia la presidente di "fare un macello"? Potremmo aprire un dibattito. Ma prima torniamo un attimo allo strillo su beppegrillo.it, per favore. C'è scritto "Pazzesco, Laura Boldrini ha mandato la polizia a casa di un cittadino". È vero? No, se leggi fino in fondo la notizia scopri che no: non è stata la Boldrini.

Il tizio è stato denunciato? È indagato? Tzetzé non ce lo dice. Ah, ha già ripreso a commentare i messaggi della Boldrini.






Vale la pena di notare la par condicio sulle facce buffe: beppegrillo.it non fa sconti a nessuno. Puoi anche essere un eroe del Movimento Cinque Stelle, ma se finisci sulla colonna destra ci finisci con una faccia buffa. Detto questo, cos'è successo a Luigi Di Maio? Ha trovato una spilletta del Movimento Cinque Stelle appesa sopra lo specchietto retrovisore, e ha scattato la foto. Sì, stavate per perdervi questo fondamentale scoop. (Continua sull'Unita.it, H1t#228)




Il celebre attore è ovviamente Ivano Marescotti, vittima della par condicio: aveva una parte non secondaria in una fiction girata due anni fa e andata in onda per la prima volta a pasquetta. Nel frattempo Marescotti si è candidato alle europee (lista Tsipras), e quindi a norma di legge non poteva comparire in tv. Malgrado le sue proteste, la Rai ha mandato in onda una versione della fiction censurata di ogni fotogramma in cui compariva Marescotti. Non si poteva semplicemente mandare in onda la fiction in un altro periodo (chiede l’attore)? In effetti. Ma perché “i 5 stelle avevano ragione”? Perché quello che vale per Marescotti vale anche per Renzi, che voleva giocare alla Partita del Cuore in diretta Rai. Niente da obiettare. Quindi, insomma, per i 5 stelle è stato giusto tagliare le parti di Marescotti? Non è molto chiaro, e in effetti molti commentatori cinquestellati si lamentano della censura. Ma è la par condicio: esattamente la stessa regola che il MoVimento invocava contro Renzi calciatore…







Farà sicuramente molto discutere. Mentana ha annunciato in diretta tv: “Se siete interessati alla Pasquetta, guardate un altro notiziario”. Tutto qui, discutetene (no, in effetti cliccando trovate anche i preziosi commenti di “alcuni utenti su Twitter”).
Io davvero certe volte la strategia di Beppegrillo.it non la capisco. Qui ci sono rivelazioni shock! Il Partito Democratico è finito! Una notizia del genere, invece di stare in cima al sito, è relegata sotto l’annuncio di Mentana che non vuole parlare della pasquetta. Evidentemente per il lettore-tipo di Beppegrillo va tutto bene così: per trovare le rivelazioni shock bisogna prima scavare sotto un po’ di cazzate. Ma veniamo alla rivelazione shock. È una lettera aperta a Matteo Renzi datata 16 aprile – una settimana fa – in cui Francesco Ribaudo, deputato del PD critica aspramente la gestione del PD siciliano, invitando ripetutamente il segretario a non fidarsi del suo referente in Sicilia, Davide Faraone. Shock! La notizia è effettivamente interessante, anche se si trovava già da qualche parte in rete da una settimana (qui su trinacrianews).
L’accusa più circostanziata che Ribaudo rivolge a Faraone (e al presidente della regione Crocetta) è lo stravolgimento delle liste elettorali per le europee, con l’esclusione immotivata di Antonello Cracolici, che era stato votato dall’Assemblea Regionale; un brutto precedente. Questa è la rivelazione shock, e quindi adesso il PD è finito. Ok. Per Beppegrillo, quando un deputato di un partito scrive a un segretario per lamentarsi di come è stata fatta una lista elettorale, il partito finisce; scoppia, implode, evapora, muoiono tutti, roba così. Che possano esistere altre forme di dialettica interna, anche spiacevoli, non è contemplato. Se succedesse una cosa del genere nel M5S… ma non potrebbe succedere, per via che nel M5S un segretario eletto non c’è: c’è un capo politico che ha registrato il marchio e se non sei d’accordo te ne devi andare. In questo modo il partito, pardon, il MoVimento non esplode.

So che non state nella pelle, ebbene, durante la diretta di Otto e Mezza Renato Brunetta ha ricordato a Lilli Gruber di essersi dimessa in anticipo dall’europarlamento. Lilli Gruber si ricordava benissimo dell’episodio (nel 2004 aveva sconfitto Berlusconi nella sua circoscrizione), e ha ammesso senza scomporsi di essersi dimessa, udite udite, sei mesi prima della scadenza naturale del suo mandato, appena in tempo per non percepire l’europensione. Senz’altro non sarebbe stato impossibile trovare una sua foto meno paperesca, ma siamo pur sempre su beppegrillo.it.


Ho visto il filmato per voi e posso tranquillizzarvi: Travaglio non sputa in faccia né ai telespettatori (e perché avrebbe dovuto, poveri telespettatori?) né a nessuno. Travaglio afferma pacatamente che gli italiani che votano 5 stelle “sperano di avere in Parlamento un’opposizione irriducibile fatta di persone che non hanno mai fatto politica e che vanno lì a fare le pulci ai professionisti della politica”; plaude ai giovani pentastellati nei consigli comunali che filmano gli inciuci. Non saprei dire quanti inciuci siano emersi negli ultimi anni grazie ai filmati dei giovani che non hanno mai fatto politica ma che evidentemente sanno fare le pulci, in ogni caso Travaglio la pensa così e lo dice – per ora – senza sputare.

Io non so se sia per imperizia dell’addetto ai fotomontaggi o per qualche astruso calcolo, fatto sta che in questa immagine Grillo è molto più buffo di Renzi – potrebbe benissimo essere un’immagine messa in giro dai comunicatori di Renzi, anche loro non esattamente campioni di raffinatezza. Comunque cliccando si finisce su un altro articolo di Tzetzé, una breve antologia di risposte a un acuminato tweet renziano (“I comici milionari dicono che 80 euro sono una presa in giro. Se provassero a vivere con 1200 euro al mese non lo direbbero“). Il tono più o meno lo dà la prima risposta: “rendendo un salario medioalto ti sei dimenticato cosa significa vivere cn 400 euro al mese. con 80 euro nn ci fai NIENTE!” Si può essere più o meno d’accordo, tranne con chi si lamenta che con 80 euro ci paghi giusto l’idraulico che ti ripara un rubinetto. Hai detto niente. O ti si rompe un rubinetto al mese?







Oddio, povero Travaglio, che ti è successo? Era un attimo fa che eri qui a sputare ai telespettatori. No, è successo che Giuliano Amato ha fatto causa al Fatto Quotidiano: vuole 500.000 euro per “una inspiegabile campagna diffamatoria condotta a decorrere dal settembre 2013 con il pretesto della nomina a giudice della Corte Costituzionale”. E Travaglio? Travaglio, nella colonnina destra, rappresenta il Fatto. Lo incarna. Se succede qualcosa al Fatto, succede a lui.







Cos’avrà mai avuto il coraggio di fare? Luna Berlusconi ha inaugurato due club di Forza Italia in onore di Dudù. Fine della notizia. Sì, stavate per perderla, no, non c’è bisogno di ringraziare.

Agorà (Rai3) ha divulgato un sondaggio Ixé in cui il PD è al 32% e il M5S al 25%. Il Fatto invece ha pubblicato un sondaggio di Scenaripolitici.com in cui la forbice tra PD e M5S è di un punto, anzi mezzo. Tra un mese sapremo quale dei due sondaggi era più imbarazzante. Per ora, l’unica statistica di cui mi fido è quella che mostra come storicamente i sondaggi pre-elettorali in Italia non ci prendano mai. E questo è tutto. Alla prossima. http://leonardo.blogspot.com





lunedì 21 aprile 2014

Noè senz'animali

Noah (Darren Aronofsky, 2014)

Noè è uno dei personaggi più patetici di Bible Fightse riesci a vincere con lui sei veramente bravo. 
Il suo colpo segreto è un fischio con cui chiama tutti gli animali del mondo e ti calpestano.
Settantacinquemila anni fa, più o meno, potrebbe essere successo qualcosa di molto brutto. La specie umana, già in circolazione da centomila anni, con la sua spiccata propensione a dilagare, si sarebbe praticamente estinta. Si sarebbero salvati pochissimi esemplari, qualche migliaio appena: tra loro vi sarebbe anche l'Adamo Y-cromosomale, ovvero il tizio di cui siamo tutti pro-pro-pro-nipoti. Da non confondere con l'Adamo della Bibbia. Che cosa può essere successo di così terribile? In realtà, conoscendo un po' madre natura e la sua fantasia in fatto di catastrofi, abbiamo soltanto l'imbarazzo della scelta: meteoriti, glaciazioni, eruzioni vulcaniche - l'ipotesi più famosa combina le ultime due: durante un periodo già mediamente freddo, un enorme vulcano in Indonesia avrebbe disperso nell'atmosfera miliardi di tonnellate di diossido di zolfo, abbassando la temperatura di 15°C per qualche anno. Noi discendiamo dai sopravvissuti e chissà, forse ne siamo consapevoli. In qualche oscura cella del nostro bagaglio genetico potrebbe resistere l'informazione ancestrale: ce l'abbiamo fatta. Con qualche deduzione elementare che ne consegue: Dio ci vuole bene. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno; ma forse la maggior parte della nostra specie è più incline a pensare: ehi, Dio ci voleva tutti morti e ce l'ha quasi fatta. Dunque questo Dio ci ama o no? Siamo i prescelti o una semplice eccezione nel Suo piano? Cosa avevano fatto di male gli umani per meritare un castigo del genere? Potrebbe ricapitare?

Preferisco.

Noah è un vecchio sogno nel cassetto di Darren Aronofsky, un regista - per quel poco che mi riguarda - ancora difficile da decifrare. Senz'altro dove passa lascia il segno, ed è passato già in molti generi diversi. Però i segni fin qui non si lasciano comporre. A meno di non voler scrivere che Noè, come il Cigno Nero e il Wrestler, è un eroe completamente succube del suo destino - ok, l'ho scritto. C'è un momento molto intenso, in un film che sfida continuamente il ridicolo (e non sempre vince), in cui cade una specie di maschera dal volto patriarcale di Russel Crowe, e finalmente ne intravediamo l'essenza di automa: il Creatore non l'ha scelto perché è buono, ma perché è determinato. Farà qualsiasi cosa il Creatore gli chiederà. Noè, l'eroe più popolare della Genesi, l'unico patriarca che tutti i bambini conoscono, e ha pure un numero con Paperino in Fantasia 2000; Noè, ci mostra Aronofsky, è complice di un immenso genocidio. Poteva riempire l'arca di esseri umani. Poteva prendersene almeno cinque o sei in più, giusto per una questione di pool genetico. Cosa può dire la sua progenie in sua discolpa? Che eseguiva gli ordini? (Continua su +eventi!)


Ciao, sono Eva Mitocondriale, chi l’avrebbe detto mai.

Noah (titolo non tradotto, immagino per ridurre al minimo le possibilità di una polemica con le autorità ecclesiastiche) ha un problema che credo si possa porre nei termini di un quattordicenne all’uscita dalla sala: dove sono gli animali? Ce ne sono pochi, tutto sommato. Tragicamente pochi per un film hollywoodiano dal budget non risibile, che racconta la storia dell’arca di Noè! E tuttavia avrebbe potuto essere un gran film. Alcuni spunti buoni c’erano: l’idea di combinare creazionismo e big bang in una sola, rapidissima, storia dell’universo in soggettiva; l’intuizione di un mondo alla Mad Max, arcaico ma già agli sgoccioli. Uno psicopatico vegano vive con la sua famiglia isolato da un mondo di carnivori. Le sue riflessioni solitarie sul mistero della creazione lo portano a una conclusione allucinata ma inesorabile: l’umanità degenerata è sul punto di essere cancellata dalla terra. E poiché il Creatore ha già mostrato in precedenza una manina un po’ pesante, meglio aiutarlo a salvare le altre specie viventi, innocenti. Costruire un’arca, chiudersi dentro, aspettare il Diluvio che senz’altro verrà. Un film del genere non sarebbe straordinariamente attuale? Quando Emma Watson, che Dio la benedica, rivelò che il film di Aronofsky poteva essere ambientato nel passato come nel futuro, io per un po’ ci ho sperato: un Noè fantascientifico. Perché no, dopotutto Noè è in ciascuno di noi. È una sindrome che ci portiamo dentro, forse un senso di colpa: perché proprio noi siamo sopravvissuti? E senz’altro è un’oscura percezione del pericolo che ci porta a immaginare e magari a concepire catastrofi. Alle nostre latitudini poi, il diluvio è davvero un’opzione da non scartare: forse il riscaldamento globale busserà alla nostra porta sotto forma di precipitazioni sempre più torrenziali, fiumi in piena, allagamenti eccetera. Noah avrebbe potuto essere il film che prende spunto da una paginetta di Bibbia (integrata coi midrashim, a quanto pare) per parlarci di noi. Poteva farcela. E invece.

E invece? Eh.






Potrei restare un po’ qui a gustare queste deliziose rocce… ma il mio agente mi ha trovato una parte a Hollywood, quando mi ricapita.




Forse non è colpa di Aronofsky. Ateo di origine ebraica, ma soprattutto newyorchese, che volete che ne sappia dell’importanza della Storia Infinita nell’immaginario dei sui coetanei europei. Magari non ha neanche visto il film. Altrimenti forse non gli sarebbe venuta l’idea, invero piuttosto bizzarra, di subappaltare l’Arca a dei mostri di pietra a sei braccia, miseri resti delle schiere angeliche. Ora, lascia perdere il piccolo particolare che tutto questo nella Bibbia non c’è (e però è anche un segno dei tempi: non credo fosse mai successo che un film di Hollywood si prendesse licenze del genere con l’Antico Testamento in un film serio, in qualcosa che non è una dichiarata parodia). Il punto è che, oltre a non esserci nella Bibbia, i mostri di pietra ci sono nella Storia Infinita, il che complica terribilmente la visione a uno spettatore europeo che si sforzi di prendere Aronofsky sul serio. Dopo i mostri di pietra ti aspetti di tutto, cani volanti e spade laser – una spada del genere in effetti c’è. Dovendo allungare il brodo, il regista ha deciso di usare ingredienti fantasy, e per quel che mi riguarda questo chiude la questione sul film. Bibbia e fantasy assieme riuscirei a concepirle soltanto in un film che si proponesse di prendere in giro entrambe, e purtroppo non è il caso.


La Bibbia di John Houston continua a dare i punti a tutti, a 50 anni di distanza – e senza effetti digitali.

Inevitabile ritrovarsi, dopo mezz’ora, a ridere di Cam che in mezzo a tanta distruzione biblica ha il più puberale dei problemi (non riesce a trovare una ragazza), e soprattutto a tifare per i figli di Caino, colpevoli di null’altro che di essere uomini e di comportarsi come tali, crescendo e moltiplicando fino alla devastazione del loro habitat, di qualsiasi habitat. Meritiamo il diluvio per questo? Ovviamente sì, ma il Creatore non ha qualche responsabilità? Non poteva progettarci meglio? Se ci ha fatti a sua immagine, si era visto prima allo specchio? Forse ci ha creati per questo, e i vulcani che ogni tanto esplodono non sono che foruncoli strizzati con disgusto.

Noah è al Fiamma di Cuneo (in 2d alle 14:20, 17:10, 20:00, 22:45); al Cityplex di Alba (in 2d alle 17:00, 19:30, 21:00); al Cinelandia di Borgo S. Dalmazzo (in 2d alle 14:20, 17:10, 20:00, 22:45; in 3d alle 14:25, 17:15, 20:05, 22:45); al Vittoria di Bra (in 3d alle 16:00, 18:30, 21:15); al Multilanghe di Dogliani (in 2d alle 16:05, 18:45, 21:30); ai Portici di Fossano (in 2d alle 16:00, 18:30, 21:30); all’Italia di Saluzzo (in 2d alle 16:00, 20:00, 22:20); al Cinecittà di Savigliano (in 2d alle 16:00, 18:45, 21:30). Facevo prima a scrivere dove non c’è. Buona Pasquetta!

venerdì 18 aprile 2014

L'anno prossimo a Grillandia

Buona Pasqua; chissà se arriveremo alla prossima? Nessuno può saperlo, tranne forse Beppe Grillo, che ieri scriveva così:

Tra un anno di Berlusconi rimarrà il ricordo, di Napolitano neppure quello, Renzie sarà ricordato come uno zimbello, come il dito inserito in un buco della diga prima della crepa definitiva, si apriranno finalmente processi come MPS e i nomi della trattativa Stato-mafia saranno espulsi dalle Istituzioni. Nuovi moralisti si stracceranno le vesti.

Nessuna invasione di cavallette, perlomeno fin qui. Va bene, mettiamo un segnalibro: tra un anno, più o meno verso Pasqua, verificheremo cosa sarà rimasto di Berlusconi e Napolitano; a che livello sarà la reputazione di Renzi; a che punto sarà quel processo MPS che nelle fantasie grilline doveva portare alla sbarra tutto il partito democratico e, perlomeno fin qui, non lo ha fatto. E controlleremo quanti "nomi della trattativa Stato-mafia" saranno emersi e conseguentemente espulsi dalle istituzioni.

Grillo non spiega in che modo tutto questo possa succedere; quale sarà la scossa che creerà la "crepa definitiva"? Un successo del M5S alle europee? Non cambierebbe i rapporti di forza in parlamento e non farebbe che rinsaldare l'asse Renzi-Berlusconi. L'esito naturale delle inchieste in corso? La rivoluzione sarebbe in pratica demandata alla magistratura, in cui evidentemente si conserva una fiducia incrollabile. O forse Grillo si aspetta ancora, con impazienza crescente, una catastrofe economica: d'altro canto la profezia, intitolata La frana #franatutto, comincia così: "Non la sentite la frana? Sta venendo giù tutto. Mafie, partiti, corrotti, corruttori, piduisti, lobbisti, banchieri. Sono i detriti della Seconda Repubblica, la parte più infame della Storia d'Italia. Viene giù tutto insieme come in quegli smottamenti improvvisi che travolgono in pochi secondi ponti e strade in apparenza indistruttibili..."

Ok, siamo per essere travolti. A questo punto però è interessante andarsi a leggere cosa scriveva Grillo un anno fa (continua sull'Unita.it, H1t#227)

Non è un’operazione semplicissima: l’indice dell’archivio è uno degli elementi meglio nascosti del suo blog, e magari c’è un motivo. Il 21 aprile di un anno fa Grillo scriveva “Entro alcuni mesi l’economia presenterà il conto finale e sarà amarissimo. Dopo, però, ci aspetta una nuova Italia”. Campa cavallo. A questo punto faccio anch’io la mia previsione: da qui a un anno molte cose cambieranno, ma Grillo sarà ancora in qualche piazza o qualche teatro, e sicuramente sul suo blog, ad annunciare che la fine dei tempi è vicina e un’altra Italia è alle porte. Questione di giorni, di mesi, eccetera.
Il ricorso all’apocalisse non è una novità per un predicatore come Grillo. Semmai un segno di continuità con alcuni maestri rivendicati – su tutti Savonarola. È normale che Grillo spinga su questo pedale, anche perché alla fine è l’unico pedale che ha: come puoi spiegare al tuo popolo e a te stesso che ogni tuo sforzo per creare un movimento politico alternativo si è rivelato perfettamente funzionale alla creazione di un asse stabile tra centrosinistra e centrodestra? Come puoi evadere dal ruolo di spauracchio che ha dato a Renzi e a Berlusconi la scusa migliore per sedersi allo stesso tavolo e dividersi il futuro? In tanti abbiamo sperato che Grillo, e che soprattutto i suoi uomini, riuscissero a evitare il tranello e s’inventassero qualcosa di diverso. Era una speranza sciocca, questa sì decisamente travolta tra la primavera del ’13 e questa. Ora a Grillo non resta che urlare, sempre più forte, che la fine dei tempi è vicina: che tutto sta per crollare; dovesse succedere davvero, dargliene atto sarà l’ultimo dei nostri problemi. http://leonardo.blogspot.com

giovedì 17 aprile 2014

Il giglio dei Mohawk

La cresta che in italiano chiamiamo "moicana", in realtà è mohawk. I moicani erano loro nemici e avevano i capelli lunghi.
17 aprile - Santa Kateri Tekakwitha (1656-1680), vergine mohawk

Di solito gli irochesi attaccano su due fronti; accerchiano il villaggio; uccidono i guerrieri feriti, gli anziani, i bambini troppo piccoli e in generale chi non reggerebbe la fatica di un lungo viaggio a piedi. Ai restanti prigionieri viene tagliato un dito a scopo di identificazione; nel frattempo un messaggero viene mandato al villaggio per avvertire che la piccola guerra è andata bene. Lungo il cammino i prigionieri che cadono vengono terminati rapidamente a colpi d'ascia e abbandonati insepolti. Quando finalmente arrivano al villaggio, una piccola folla si fa avanti per percuoterli un po'. Vengono spogliati e torturati con più professionalità dalle donne, specie le più anziane ed esperte. A questo punto venivano nutriti e potevano riposare; quindi erano fortemente invitati a danzare in cerchio mentre il consiglio del villaggio deliberava sul loro destino. I nuclei famigliari che avevano avuto un lutto recente avevano la facoltà di adottare uno dei prigionieri, che in caso contrario veniva ulteriormente torturato, ucciso e parzialmente mangiato. Il prigioniero adottato diventava membro della famiglia a tutti gli effetti, e dalla sua disponibilità a impersonare il parente precedente morto in guerra o in malattia dipendeva la sua sopravvivenza: se non riusciva a integrarsi poteva essere ucciso anche dopo qualche anno. Anche la madre di Kateri Tekakwitha divenne mohawk in questo modo, quando era bambina. Di nascita era algonchina, di una tribù cattolica e filofrancese; gli irochesi (di cui i mohawk facevano parte) in questa fase acquistavano armi da olandesi e inglesi, e attaccavano i francesi che si ostinavano a comprare pelli di castoro da altri popoli.

Le "longhouse" irochesi, condomini plurifamigliari (anche la Conferazione delle Sei Nazioni era concepita come una longhouse; i mohawk guardavano la porta orientale).
Gli irochesi erano tutto meno che un popolo in simbiosi con la natura. Giunti da sud nel medioevo, miravano a diventare la potenza egemone di tutta la zona tra i Grandi Laghi e il Mississippi che in alcune mappe europee si chiamava invece Nuova Francia. La loro idea di egemonia prevedeva il genocidio e l'assimilazione delle tribù nemiche. Da un punto di vista economico, miravano al monopolio della vendita di pelli del castoro gli europei, e questo era un buon motivo per combattere contro le tribù alleate dei francesi. Pazienza se nel frattempo la caccia sistematica dell'animale lo stava portando all'estinzione in una vasta porzione del suo habitat. Cacciatori e guerrieri erano costretti a viaggi sempre più lunghi, il che aumentava il prestigio e l'importanza delle donne che restavano a casa. Alle donne appartenevano terreni e abitazioni; soltanto loro conoscevano i misteri delle "tre sorelle" (mais, fagioli, zucche), senza le quali anche i più potenti guerrieri non avrebbero saputo come riempire la scodella quotidiana. E tuttavia le donne dovevano sposarsi e avere figli: era l'unico destino concesso. L'infertilità era connessa con la stregoneria e con altre sciagure. D'altro canto, divorziare sembrava straordinariamente facile: bastava posare i mocassini del marito fuori dalla casa.

Di solito è raffigurata senza i segni del vaiolo, con tratti somatici quasi europei (del resto dopo la morte ai gesuiti sembrava "più chiara").
Kateri però non voleva sposarsi. Quando le presentarono un pretendente (a 14 o a 17 anni), se la squagliò senza tante cerimonie. Ora faccio l'avvocato del diavolo: Kateri non era un buon partito. Non per via delle origine algonchine, dal momento che l'abitudine a rimpolpare le famiglie con prigionieri di altre tribù aveva reso gli irochesi un melting pot più amalgamato del nostro: dopo l'epidemia del vaiolo del 1662 gli etnologi calcolano che il 90% dei mohawk non fossero di origine mohawk.

Nella stessa epidemia però Kateri aveva perso la famiglia e la bellezza: i segni del vaiolo le sfiguravano la fronte. Aveva anche una vista assai debole, il che non le impediva di essere un'artigiana molto abile. La zia che l'allevava non aveva probabilmente né l'interesse né la possibilità di trovarle un guerriero bello e forte: bisognava arrangiarsi. Le fonti gesuite ovviamente non scrivono così, bensì:
Tekakwitha crebbe senza scuola e senza studio, amante soltanto della solitudine e del lavoro, ma la grazia di Dio la condusse per vie misteriose alla pratica eroica di tutte le virtù, specialmente di quella più sconosciuta agli Indiani, la castità.
E può anche darsi che abbiano ragione; che Kateri non disprezzasse unicamente il suo promesso sposo, ma il matrimonio e il congiungimento carnale in sé. Persone del genere esistono in tutte le culture e a tutte le latitudini. Fu la scelta di non sposarsi - che nella cultura mohawk l'avrebbe portata dritta a un'accusa di stregoneria - ad avvicinarla ai "vestenera", i missionari gesuiti. Ogni villaggio ne aveva uno: lo prevedeva una clausola di una pace da poco firmata coi francesi. Qui bisognerebbe aprire una parentesi enorme sul ruolo dei gesuiti, che abbinavano a una devozione fanatica una duttilità etnologica veramente in anticipo sui tempi. Ovunque arrivano - e arrivano ovunque, sprezzanti dei rischi di martirio - i gesuiti sanno di non trovarsi semplicemente in mezzo a selvaggi, ma al cospetto di culture da interpretare e studiare. Saranno i primi a pubblicare grammatiche giapponesi e azteche; ma a differenza degli antropologi di oggi, che sono portati a considerare ogni popolo come una nicchia da preservare, anche a costo di impedirsi di conoscerla, i gesuiti sono in missione per conto di Dio. La cultura che si portano con sé, dall'Europa sconvolta dalle guerre di religione, la vogliono spargere nel Nuovo Mondo, innestandola su piante autoctone ed esotiche, nella speranza che da qualche parte nella foresta o nella jungla nasca qualcosa di simile a un regno dei cieli, o anche solo una Repubblica di Indios conversi come in Paraguay. Anche in Nuova Francia erano riusciti a farsi intestare delle seignuries, dei feudi. Il piano era infettare le Sei Nazioni come un virus, portando armi e sacramenti (continua sul Post...)

martedì 15 aprile 2014

Il gioco della torre

Ovviamente non posso sapere cosa si siano detti con esattezza Matteo Renzi e Silvio Berlusconi al telefono; mi è impossibile misurare l'imbarazzo con cui il presidente del consiglio avrà parlato di riforme costituzionali con un avversario politico condannato in via definitiva, e che senza la disponibilità dello stesso Renzi sarebbe ormai da considerare al termine della sua traiettoria politica. L'Italicum, per come se ne parla sui giornali, continua a sembrarmi un buffo paradosso: i leader delle due principali coalizioni si stanno mettendo d'accordo per escludere qualsiasi possibilità di mettersi d'accordo da qui in poi. Qualsiasi rischio di Grosse Koalition dev'essere per sempre scongiurato: dunque la maggioranza dell'unica camera eletta dal popolo dev'essere riservata alla prima forza politica che si aggiudichi il 37% dei suffragi - poco più di un terzo. Tutto questo è democratico? Se ne può discutere - secondo me no - ma l'ultima parola non spetta comunque a noi (la corte costituzionale però si è già espressa un sistema che praticava distorsioni inferiori).

Proviamo invece a vedere cosa può succedere, caso per caso. Mettiamo che una coalizione raggiunga il 37%: in questo momento l'unica che sembra avere qualche chance di farcela sembra il centrosinistra a trazione renziana. Sarebbe, nel caso, il risultato più positivo dalla nascita del PD. I sondaggi per ora non autorizzano una previsione del genere, ma se togliamo "centrosinistra" e mettiamo "Matteo Renzi", l'indice di popolarità aumenta: bisognerà anche vedere se molte promesse lanciate negli scorsi mesi si realizzeranno.

Fin qui comunque i sondaggi (che sbagliano sempre) ci raccontano di un elettorato spezzato in tre parti più o meno uguali: centrosinistra, centrodestra e m5S, per ora rispettivamente prima seconda e terzo (si dà per scontata un'alleanza tra Forza Italia e NCD che conviene terribilmente a entrambi i partiti). In questa situazione, com'è noto, l'Italicum prevede un secondo turno che assume le forme di un pazzo gioco della torre: agli elettori della terza forza (nel caso più probabile, il Movimento Cinque Stelle) verrà chiesto chi buttare giù: Renzi o Berlusconi? Molti probabilmente si asterranno; tra i restanti è difficile immaginare una prevalenza berlusconiana. Renzi quindi dovrebbe vincere: a quel punto si troverebbe la Camera ai suoi piedi... (continua sull'Unita.it, H1t#226)

Anche il nuovo inquilino del Quirinale sarebbe scelto da un’assemblea allargata ma con una decisiva maggioranza di centrosinistra. Renzi in sostanza avrebbe briglia sciolta per cinque anni, persino in materia di ulteriori riforme costituzionali. Al 65-70% degli italiani a cui non piacerà, quali spazi resteranno per esprimere il proprio dissenso? Qualche trasmissione in tv – dove peraltro si è già notata una certa sollecitudine nei confronti di Renzi e di chi spande il suo verbo. La piazza? Con molta cautela, visto che la polizia è già piuttosto cattiva adesso. I giornali? Difficilmente i fondi per l’editoria resisteranno alle future spending review. Internet, certo; se chi ci governerà sarà tanto buono da lasciarcela. Ricordiamo che in passate legislature la Camera lasciò passare più di una legge per limitare la libertà di espressione; leggi che nella maggior parte dei casi non sopravvissero un successivo vaglio del Senato, ma in futuro questo passaggio non ci sarà.
Insomma, l’Italicum è un sistema che regala il Paese a chi si aggiudica un terzo dei voti,lasciando frustrati gli altri due terzi; Renzi poi può prendersela con chi lo accusa di una deriva autoritaria, ma dovrebbe riflettere su cosa succederà dopo una sua vittoria. Nei cinque anni successivi non potrebbe che coagularsi un fronte antirenziano che, se riuscisse a esprimere un leader, si aggiudicherebbe senz’altro le elezioni successive; Renzi magari non cova ambizioni autoritarie, ma l’anti-Renzi prossimo venturo potrebbe: e l’Italicum gli conferirebbe enormi poteri.
Questo nel migliore dei casi. C’è poi la possibilità che alle prossime elezioni politiche la coalizione di centrodestra, un po’ demotivata dalle disavventure del suo anziano leader, si sgonfi ulteriormente e venga sorpassata dal M5S. A quel punto sarebbero gli elettori berlusconiani a salire sulla torre per scegliere chi buttare giù: non è affatto escluso che affossino Renzi. Grillo e i suoi collaboratori si ritroverebbero padroni d’Italia: un’eventualità che Renzi e Berlusconi dovrebbero fare il possibile per evitare, e invece il sistema che stanno regalando al Paese presenta questa non piccola falla. La terza possibilità (ballottaggio tra M5S e centrodestra) è abbastanza implausibile, ma anche in questo caso Grillo ha qualche chance di vincere; chance che in un sistema proporzionale non avrebbe mai, vista la sua allergia alle alleanze. Il fatto che molti grillini preferiscano un sistema più proporzionale non è né un caso né un paradosso: Grillo prima di vincere vuole convincere gli italiani. Berlusconi e Renzi si accontentano di un 37%. Non è banale chiedersi chi sia il più saggio – è il gioco della torre che spetta a ciascuno di noi. http://leonardo.blogspot.com

lunedì 14 aprile 2014

La pastorella e la Bella Signora

Ha degli occhietti furbetti.
16 aprile - Santa Bernadette Soubirous (1844-1879), pastorella e mistica di Lourdes

[Il pezzo intero è qui]. La Madonna è contagiosa, chi la conosce lo sa. Chi la vede, di solito, ha già sentito parlare di altri che l'avevano vista. Proprio come le malattie infettive, il fenomeno è particolarmente evidente nei collegi. Un'allieva intravede Nostra Signora in fondo a un corridoio; lo dice a un'amica; la vede anche lei; il resto della camerata le prende in giro; nel giro di un mese l'hanno vista tutte. È successo in più casi. Da bambino mia zia ogni tanto andava a Medjugorje, molti anni prima che Paolo Brosio si accorgesse delle potenzialità mediatiche del fenomeno. Però non è che ci si potesse recare così spesso in quel Paese relativamente lontano che ancora si chiamava Jugoslavia (la Madonna spesso sceglie nazioni sulla via del disastro: in quegli anni si faceva vedere anche in un collegio in Ruanda). Così a volte si contentava di Fossoli di Carpi, perché tra i cultori locali di Medjugorie si era diffusa questa storia, che la Madonna stesse apparendo anche a Fossoli, poco distante dal vecchio campo di concentramento. E un giorno, in effetti, mentre una folla pregava da qualche parte a Fossoli, si sentì una voce ben distinta dall'alto che diceva: peccatori, pentitevi. Non era esattamente Nostra Signora, come si vedrà.

La natura virale delle apparizioni mariane è un grande argomento in mano agli scettici: chi vede la Madonna in realtà sa già cosa deve vedere. È stato, per così dire, istruito da una tradizione secolare. Questo spiega il perché la madre di Dio frequenti di preferenza contrade cattoliche: altrove, del resto, può capitare che ti curino a elettroshock, o ti recludano finché non confessi che ti eri inventato tutta la storia, prima per prendere in giro i compaesani e poi per non deluderli (così accadde per esempio alla giovane Margarethe Kunz nel 1878, appena qualcuno cominciò a parlare di una "Lourdes tedesca" a Marpingen, nel Saarland). Anche i veggenti in buona fede non farebbero che riprodurre, nelle loro allucinazioni, un immaginario cattolico condiviso da secoli.

Bernadette davanti alla grotta (ma è passato qualche anno).
A questa obiezione i credenti rispondono col modello della Pastorella, di cui la piccola Bernadette è l'incarnazione più famosa. Se è abbastanza naturale che una collegiale o una suora sogni le madonne e i sacri cuori che si vede intorno dappertutto, come la mettiamo con le pastorelle? Sono ignoranti, analfabete; frequentano cappelle disadorne; non riconoscerebbero la Madonna nemmeno se la vedessero, e nel caso di Bernadette andò proprio così: non la riconobbe. La chiamava "aqerò" ("quella là" in dialetto occitano); la descriveva come una piccola, bellissima signora biancovestita con una cintura blu e una rosa gialla su ciascun piede. Chiunque a quel punto penserebbe, se non a uno scherzo, a Maria di Nazareth; ma bisogna concedere che il vestito biancoazzurro non era così diffuso: entrò nell'iconografia standard proprio dopo le apparizioni di Lourdes. Nostra Signora dal suo canto ci mise più di quaranta giorni, e sedici apparizioni, prima di presentarsi con quelle fatali parole, que soy era immaculada concepciou, che, a detta di tanti lourdologi, Bernardette sarebbe stata troppo ignorante per capire: come poteva una pastorella sapere che appena quattro anni prima papa Pio IX aveva dichiarato dogma di fede l'Immacolata Concezione di Maria, al termine di un dibattito che aveva messo contro per secoli il fior fiore dei teologi? Anzi, se Bernadette riuscì a riferire la curiosa espressione allo scettico abate Peyramale, fu soltanto perché nel tragitto non smise di ripeterla sottovoce: quesoyeraimmaculadaconcepciou, quesoyeraimmaculadaconcepciou, quesoyeraimmaculadaconcepciou. Padre! Ho rivisto la bella signora! Mi ha detto di dirle quesoyeraimmaculadaconcepciou.

Per il povero parroco fu un bel colpo. Sei sicuro che ti ha detto così? Ma lo sai cos'è... lo sai chi è l'immaculada eccetera? No, certo che non lo sai, poveretta. Fin lì l'abate aveva diffidato della pastorella allucinata. Quando era venuta a riferirle la pretesa della bella signora di costruire un santuario nella grotta, aveva preteso un segno: di' alla tua signora che faccia fiorire il roseto lì sotto. Chissà se aveva in mente il miracolo della Vergine della Guadalupe a Città del Messico.

Io ne avevo una, una volta mio cugino ne ha bevuto un sorso ed è ancora vivo.Il roseto non rifiorì. In compenso la fonte che Bernadette aveva trovato scavando lì sotto con le unghie cominciava ad attirare i malati. Era stata un'amica della pastorella, Catherine, a immergere per prima un braccio paralizzato e a trarne, diceva, un subitaneo giovamento. Non poteva certo immaginare di essere la prima di settecento milioni di visitatori, nonché di una settantina di guarigioni ritenute inspiegabili e pertanto miracolose - una ogni dieci milioni, percentuale tutto sommato ragionevole. Fu l'acqua benedetta a fare di Lourdes la Madonna più famosa del mondo: le altre si limitavano a sorridere e sussurrare segreti angosciosi a pastorelli perplessi, ma quella della grotta ti guariva. O perlomeno ti lasciava un segno tangibile, imbottigliabile: un sorso d'acqua pura - a patto di intercettarla molto vicino alla fonte, perché qualche metro dopo il miracolo è non prendersi il colera, con tutti quei malati intinti nella fanga.


Se l'acqua rese famosa la Madonna di Lourdes, la dichiarazione raccolta da Bernadette (quesoyeraimmaculadaconcepciou) la rese canonica: Pio IX riconobbe ufficialmente le apparizioni quattro anni dopo (1862) un record. Per dire: i veggenti di Medjugorje stanno aspettando lo stesso riconoscimento da trentaquattro anni. E d'altro canto l'apparizione a Bernadette era stata straordinariamente tempestiva. Proclamando l'immacolata concezione nella sua enciclica Ineffabilis Deus, il pontefice aveva sfidato i suoi stessi vescovi: era la prima volta che un papa proclamava un dogma senza consultarli in un concilio. Parecchi probabilmente borbottavano, specie quelli di formazione domenicana che avevano osteggiato il concetto di immacolata concezione sin dai tempi di Tommaso d'Aquino. Per metterli a tacere, niente di meglio che un intervento della diretta interessata, anche nel dialetto dei Pirenei. Quando alla fine il concilio si farà - nel 1870 - Pio IX ne profitterà per farsi dichiarare infallibile ex cathedra. Notevole prova di forza per un pontefice che stava per perdere l'ultimo brandello di Stato della Chiesa. Bernadette per quanto possibile, gli aveva dato una mano, recapitando un messaggio dal Cielo con la sua voce pura, immune da contaminazioni culturali e intellettuali. Perlomeno la tesi è questa: Bernadette era troppo ignorante per essere stata anche solo imbeccata da qualcuno meno che santo.

È una tesi che trasuda malafede (continua sul Post...)

sabato 12 aprile 2014

Premiata pasticceria Wes Anderson

The Grand Budapest Hotel (Wes Anderson, 2014).

Tutto questo succedeva molti anni fa nella vecchia Europa, un continente di cui alcuni di voi avranno sentito parlare. Era popolato da romanzieri e dalle loro sindromi capricciose; da ereditiere insaziabili, braccate da parenti senza scrupoli e nobili avventurieri; una guerra era sempre sul punto di scoppiare; ogni tanto in un campo d'orzo un treno si fermava assalito da uomini neri senza gentilezza. Qualche massacro qua e là, e pasticcerie artigianali impagabili. Avremmo tutti avuto il diritto di viverci, almeno lo spazio di un'avventura.

Dev’essere bello vivere in un film di Wes Anderson: per gli attori, intendo. Credo sia riposante passare qualche giorno presso la sua troupe, godere dei servigi di un personale qualificato che si capisce il volo, e farsi truccare e vestire da un autore che non ti chiederà di spremere l’anima in favore dell’obiettivo. Devi solo indossare abiti buffi e fare la marionetta, non è meraviglioso? Anche la signora seduta di fianco a me si è divertita molto. Ogni volta che appariva un attore famoso, lo salutava con un No! di sincero godimento. “No! c’è Jude Law! No! Edward Norton! No! Jeff Goldblum! Ma no ma Dafoe, guarda com’è conciato Dafoe! No! Harvey Keitel?” E così via. In altre occasioni mi sarei innervosito, ma devo dire che mi è stata molto utile, sono la persona meno fisionomista del mondo e alcuni me li sarei davvero persi.


E poi come ci si può arrabbiare davanti a un dolce squisito come The Grand Budapest Hotel? Chi è che si mette a fare la punta davanti al teatro dei burattini? Su un fondale 4:3 come al solito studiato fino nel dettaglio più lezioso, il burattinaio Wes Anderson muove i suoi pupazzi che si amano e si uccidono al ritmo infinitesimalmente accelerato di un film in stopmotion. Chi lo ha sempre trovato superficiale troverà ulteriori riscontri alla sua tesi; ma potrebbe ugualmente godersi un film che riempie gli occhi come un cartone animato. In controluce c’è, come quasi sempre, il tema della paternità: ma stavolta WA non ci gira intorno in estenuanti traiettorie concentriche alla Steve Zissou, o alla Darjeeling Lmtd. Forse la maturità è quella cosa che ti capita quando l’ansia di esprimersi cede finalmente il passo alla gioia di raccontare. Nel grande albergo della tua storia, lo spazio per i tuoi personali sentimenti deve restare piccolo, segreto, come quella stanza in fondo al corridoio che occupa meno posto di un ascensore. Tutto il resto sarà movimento, musica e colore: la vita, o la sua migliore imitazione. Forse tutto è finito da un pezzo, anche il cinema; forse nella grande hall è rimasta solo qualche zitella che vive di ricordi. Non ha nessuna importanza: Ralph Fiennes, meraviglioso e profumato, è a loro completa disposizione, e le amerà con tutta la passione che meritano.

The Grand Budapest Hotel è al Fiamma di Cuneo alle 20:20; al Cityplex di Alba alle 17:00, alle 20:00 e alle 22:30; al Multisala Impero di Bra alle 20:20 e alle 22:30. Buona visione.

venerdì 11 aprile 2014

Gemma

Nel 1902?
11 aprile - Santa Gemma Galgani, mistica, ragazza (1878-1903)

Rientrano fra le gemme tutte quelle specie e varietà minerali (oltre ad alcune rocce ed alcuni materiali di origine vegetale od animale) che, suscettibili di taglio o lucidatura, possono essere utilizzate in lavori di gioielleria.
La preziosità di queste pietre è determinata dalla loro purezza e dall'intensità del loro colore oltre che dalla loro rarità.


Santa Gemma ha rischiato di chiamarsi Sant'Umberta Pia. Almeno il nonno pare che la volesse chiamare così in onore del nuovo re. Il nome Gemma, suggerito da uno zio, lasciava perplessa la madre, che non trovava nessuna santa omonima sul calendario. Si tratta in realtà di un nome attestato in Toscana già nel medioevo: ma nel lucchese, a fine Ottocento, un nome senza santo in paradiso era una scelta da anarchici o da socialisti. Non era il caso dei Galgani, stirpe di dottori e farmacisti generalmente timorati di Dio. A tagliar corta la questione fu il parroco: se non c'è ancora una santa Gemma, pazienza: magari il posto se lo prenderà la vostra bambina. Bella leggenda, parzialmente guastata dal fatto che il 13 maggio si veneri Santa Gemma di San Sebastiano di Bisegna (AQ).

La gemma è un organo vegetativo che rappresenta il primordio di un nuovo asse vegetale, da cui possono avere origine foglie, rami e fiori.

Gemma Galgani invece è una santa di fine Ottocento. Un secolo complicato per questa rubrica, ci avete fatto caso? Dal Novecento in poi è facile parlare di santi: sono nostri contemporanei, protagonisti o comparse di una storia condivisa. Per contro, i santi anteriori all'Illuminismo sono completamente alieni alla nostra sensibilità, il che in fondo ci libera dalla fatica di capirli: possiamo reinventarli un po' come preferiamo. Tra gli alieni del passato e i nostri contemporanei c'è una frontiera mobile lunga un secolo, che per ora occupa tutto l'Ottocento. I santi ottocenteschi (Giovanni Bosco, Jean-Marie Vianney, Teresina del bambin Gesù, Pio IX) sono particolarmente indigesti, refrattari a qualsiasi trattamento meno che devoto. O li stronchi o li veneri, una terza via è quasi impossibile.
la foto più iconica

L'Ottocento, in generale, è un secolo che sta scivolando giorno dopo giorno oltre l'orizzonte della nostra sensibilità: e forse per un effetto ottico, nell'ultimo istante prima di sparire ci sembra che scorra più lentamente, come il sole al tramonto. La restaurazione e il risorgimento, il romanticismo e il patriottismo, ci abbandonando lentamente, un po' alla volta: facciata ritinteggiata dopo facciata ritinteggiata, convento dopo convento ristrutturato e adibito a hotel o sala convegni. Delle passioni di un secolo ormai ci restano formule vuote, frasi tronfie su targhe di marmo e la geolocalizzazione di ogni tetto sotto cui dormì Garibaldi. Forse ci fu anche un Ottocento felice, di garzoncelli scherzosi, ma il loro lieto rumore è il primo a essere svanito nel frastuono contemporaneo. A resistere, tenace, è una sensazione di tristezza che impregna ancora certi androni: l'Ottocento è lo spettro di molte scuole che abbiamo frequentato, infestate ancora negli sgabuzzini da anime in ginocchio sui ceci. Come si chiamavano? Non lo sanno più, ma i colletti lisi delle loro camicie non potrebbero appartenere a nessun altro secolo.

Le scuole poi stanno migliorando, secondo me, anche nei colori: certi gialli sporchi, certi verdi marci penitenziari ho smesso di vedermeli attorno da un pezzo. Dobbiamo restare lì seduti per sei mattine a settimana e quindi facciamo il possibile per trovarci tutti a nostro agio: un bell'azzurro pastello è in molti casi la soluzione migliore. Ma i muri, e certi sbraghi dell'intonaco da cui affiora l'anima in mattoni, ci ricordano ogni mattina la natura concentrazionaria della nostra istituzione.

In una scuola così, diversi anni fa, ebbi un'allieva che somigliava un po' ai fotoritratti di Gemma Galgani, Di molte altre ricordo ancora meno che il volto. Non sono fisionomista e ho già avuto mezzo migliaio di alunni/e. Altri mi tornano in mente tutti i giorni, come le battaglie devono tornare in mente a un soldato (nel mio caso sono più o meno tutte sconfitte: forse è normale, o forse sono io). Di questa ragazza ricordo lo sguardo vitreo che mi rivolgeva dall'ultimo banco, e che a volte mi dava qualche pensiero: era in trance? o mi guardava? mi giudicava? aveva senz'altro avuto insegnanti migliori. Ripeteva le lezioni diligentemente e consegnava elaborati molto corretti, benché fosse chiaro che la sua anima fosse da qualche altra parte. A me andava bene così, non sono uso nutrirmi dell'anima dei miei studenti.

Gemma con la sorella Angiolina che da piccola la picchiava e che dopo il processo di canonizzazione campava smerciando reliquie della sorella.
Anche Gemma a scuola se la cavava. "Molto silenziosa e sempre obbediente", ebbe a dichiarare la direttrice che la dispensò negli ultimi anni dalla tassa scolastica. Altre colleghe non erano d'accordo: la trovavano "canzonatoria" e "ipocrita" e sabotarono la sua richiesta di ammissione nel convento delle oblate. L'apparente incoerenza delle testimonianze si lascia facilmente comporre con un po' di esperienza di consiglio di classe: alcuni insegnanti si contentano del tuo silenzio, della tua obbedienza. Altri no, vogliono scavarti dentro. Chissà cosa cercano poi, cosa pretendono: e se non riescono ad aprirti, ogni tuo vago sorriso diventa canzonatorio; ogni lezione memorizzata diventa ipocrisia. Il percorso di studi di Gemma si sarebbe interrotto di lì a poco in seguito alla morte del fratello Gino, seminarista, per tisi: aveva 17 anni. Gemma, che ne aveva due di meno, cercò coscientemente di trarre il contagio dai suoi indumenti. Lo stesso male le aveva portato via la madre quando aveva otto anni. Non morì, ma interruppe gli studi. Quattro anni dopo avrebbe perso il padre, raro esempio di farmacista senza senso degli affari: lasciava quattro figli sul lastrico. Gemma cominciava a sentire fitte lancinanti ai reni e alla testa. L'unico conforto erano i discorsi edificanti di Giulia Sestini, una sua ex maestra che l'andava ancora a visitare, molto legata ai padri passionisti: la biografia di un sacerdote passionista in via di beatificazione, Gabriele dell'Addolorata, letta tra un'emicrania e l'altra, la impressionò tantissimo.

La Sestini non fu l'unica maestra che segnò profondamente la vita di Gemma (continua sul Post...)

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