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venerdì 6 marzo 2015

Sono stanco di leggere cazzate su Whiplash

Whiplash (Damien Chazelle, 2014)

Altro che autostima, sette ottavi e pedalare.

"Hai fatto un buon lavoro". Quante volte te lo sei sentito dire. Quante volte ci hai creduto davvero? Dopotutto, se il tuo lavoro fosse così buono, non sarebbero così contenti. Comincerebbero ad aver paura di te - è pericoloso, chi sa fare un buon lavoro. Ma tu non ti preoccupare, perché hai fatto...  Un buon lavoro. La senti l'intonazione? La senti sul serio? E allora dimmi: ci senti invidia o condiscendenza? Un buon lavoro. Forse una sfumatura di gratitudine, perché il tuo non è un lavoro così buono dopotutto. È un lavoro passabile, un lavoro che non farà sfigurare i loro lavori mediocri. "Hai fatto un buon lavoro", che frase criminale. Quanti talenti ha sedotto e sviato. Tu non vuoi fare un buon lavoro. Tu puoi fare di meglio. Ma poi?

Quando in giro si è cominciato a parlare di Whiplash come di un gran bel film - e non c'è dubbio che lo sia - molti musicisti si sono premurati di informarci che il mondo della musica non è così atroce e competitivo, e soprattutto il jazz non è così - lo stesso Bird non veniva preso a piatti in testa se sbagliava un assolo, come racconta per giustificarsi il demoniaco maestro di musica del film. Era una polemica tutto sommato prevedibile, anche se già un po' surreale. Probabilmente anche ai tempi dello Squalo qualche ittiologo si sentì il dovere di scrivere ai giornali che i pescecani non attaccavano i motoscafi.

In Italia la discussione è scesa a livelli avvilenti. Goffredo Fofi su Internazionale lo ha definito "una favola per gonzi di destra", anche se ha ammesso che "tecnicamente, è un buon film". Però antipatico, perché racconterebbe "per l’ennesima volta la smaniosa logica americana della lotta per diventare qualcuno, per emergere, nella distinzione mostruosa che quella cultura fa tra winner e losers". È un'analisi un po' semplice: forse se per affrontare la cultura USA si deponesse ogni tanto il modellino "maggioritario e a tratti totalitario", e ci si addentrasse un po' nei dettagli, si potrebbe notare nel film lo scontro tra due concezioni educative: il cosiddetto "self-esteem movement", che ha portato le scuole americane a distribuire medagliette per ogni "buon lavoro" svolto, e il fantasma di un approccio diverso, militaresco e pseudo-darwiniano, che più che a scuola vediamo trionfare nei posti di lavoro e soprattutto nei talent show.

Che parlino di musica o di ristorazione, il motivo per cui guardiamo i talent è il motivo per cui ci siamo fatti ipnotizzare dal maestro di Whiplash: i professori sadici sono terribilmente sexy. Vederli tormentare le loro vittime è uno spettacolo per cui paghiamo decoder e biglietti di cinema. Forse ci piacciono proprio perché sono all'opposto dei nostri ex prof, empatici e condiscendenti, sempre pronti ad applaudire ogni nostro minimo sforzo. Noi poi abbiamo sempre la sensazione di non essere diventati quei personaggi di successo che i nostri maestri vedevano in noi, e a quel punto forse ce la prendiamo con loro, troppo buoni, troppo illusi, e rimpiangiamo di non avere avuto caporali che ci prendessero a ceffoni in pubblico. È un'ipotesi come un'altra.

In ogni caso, non c'è dubbio che certe società siano più competitive di altre: e se quella americana lo è, perché un film non dovrebbe raccontarla? Fofi però sembra non aver fatto caso al distacco critico con cui Chazelle guarda al protagonista del film e alla sua ossessione per la batteria. Un "winner"? Soltanto perché [spoiler] alla fine del film riesce a suonare davanti al pubblico un assolo di Buddy Rich, a portare a termine il suo numero da pappagallino ammaestrato? E poi che succederà? Nei film di "winner e losers", di solito parte la fanfara e il pugile suonato ma glorioso chiama il nome della moglie o fidanzata. Il batterista di Whiplash non ha la fidanzata, non ha un amico, ha un papà comprensivo che disprezza e un maestro stronzo che difficilmente lavorerà più con lui. Sul serio la sua è una success story? Sarebbe come prendere il caporale di Full Metal Jacket per un personaggio di propaganda... ah, ma Fofi lo fa.

"Il meccanismo è lo stesso dei film di guerra con il sergente cattivo e il soldato debole che grazie a lui si fa forte (e spietato) e “ce la fa”. Kubrick ne mostrò un prototipo in Full metal jacket".
Il film in cui il soldato debole [SPOILER!] si tira un colpo in testa prima ancora di arrivare al fronte, non prima di aver fatto fuori anche il sergente cattivo... uhm, forse Fofi ha preso un abbaglio. D'altronde capita ai migliori.

Proprio mentre sto archiviando Fofi, ecco piombare da Wired un articolo che definisce Whiplash, mettetevi seduti, "ideologicamente sbagliato".

Il tizio che scrive questa roba (“Sì perché alla fine, più che l’opera d’arte in sé, il raggiungimento della perfezione espressiva, sembra che il protagonista, il giovane batterista, abbia come obiettivo quello di essere il migliore e basta. E questa non è la pulsione di una personalità genuinamente ispirata quanto patologicamente ambiziosa“)… il tizio che scrive questa roba, dicevo, ha appuntato in petto la medaglietta di “Staff Editor della Sezione Idee” di Wired. Purtroppo essa non riesce a trattenere neanche un milligrammo del timore reverenziale che provo per il maestro Fofi, sicché la mia prima reazione sarebbe piantarmi davanti a questo Staff Editor e dirgli: ma cosa hai scritto, ma ti rendi conto? Nel 2015? “Ideologicamente sbagliato”? Sei un viaggiatore nel tempo? Una Guardia Rossa ibernata nel ’69 e scongelata in circostanze da chiarire? Lo sai cosa vuol dire ideologia? Credi che ce ne siano di giuste e di sbagliate? Sapresti definire la tua ideologia? Ammesso che tu ne sia in grado, pensi che al lettore medio di Wired fotta sega della tua ideologia? Eh? Eh?

Il problema è che la follia di Whiplash, come dicevo, non è sentita, ma parte di un prodotto ben confezionato e che alla fine lascia non dico delusi, ma freddi. Non aggiunge nulla, nel cuore dello spettatore, su quello che già sapeva della vita.

Grazie, ma basta cazzate adesso.

No, ma buon lavoro, davvero. Signor Staff Editor Sezione Idee, probabilmente della vita ne sai già troppo per farti insegnare qualcosa da Whiplash, però… ti aspettavi di uscire “caldo” dalla storia di un ragazzo che per suonare meglio di chiunque altro rinuncia agli affetti, al rispetto dei compagni, alla salute, a ogni altra cosa? Non ti ha assalito nemmeno per un istante il sospetto che il film non sia una success story ma la sua parodia? che il “freddo” di cui tu parli sia l’esatta sensazione che Chazelle voleva farti sentire, dopo averti fatto ascoltare e soffrire un monumentale, inutilissimo assolo di batteria di nove minuti? Ma a te piacciono gli assoli di batteria? Li ascolti mai? Non li ascolta nessuno. Secondo alcune teorie hanno inventato il tasto skip apposta. Questo è “l’opera d’arte in sé?” “il raggiungimento della perfezione espressiva”?

Whiplash non è un film particolarmente originale, ma ci si domanda se poteva essere migliore di così, come certe partiture di jazz dell’età dell’oro. Ha semplicemente il ritmo giusto; non c’è una nota messa lì senza un motivo, senza che prima o poi sia ripresa nel tema principale. Finché dura non esiste nient’altro: un attimo dopo cominci a pensare: ma cosa ho ascoltato? Non è un raccontino a tema, per quanto Fofi e i suoi allievi si arrangino a vederlo così. È un film che ti pone delle domande: sul serio vorresti un maestro che tirasse fuori la bestia che hai in te?  Sei sicuro che sarai felice, dopo? La risposta tocca a noi, ma non dobbiamo per forza portarcene una già pronta da casa. 
Whiplash si può finalmente vedere a Cuneo, alla Sala Lantieri, venerdì sabato e domenica alle 21. Speriamo che si senta bene. 

21 commenti:

  1. "e non c'è dubbio che lo sia"

    Un tipo diceva che di tutte le cose certe, la più certa è il dubbio.
    Per come la vedo io, la rappresentazione pasticciata/ona della musica ("accordami la batteria in si bemolle minore settima quinta diminuita" "ma certo; pianista, mi dai un si?, ecco a voi"), il bullismo del professore ("tu, esegui dal tredicesimo movimento della quarantacinquesima battuta, undc-dodc-e…") o l'esasperata competitività americanozza tra le cavie ("è la mia parte, vaffanculo!") non sono il problema principale di Whiplash.
    La questione qui non è se lo squalo attacchi il motoscafo, ma, per dire, se [spoiler] un professore severo e preciso sia davvero uno il cui orologio da polso è sincronizzato a quello a muro della sala prove di modo che la maniglia della porta sia mossa esattamente all'ora prefissata per la lezione; o se un tipo che prenda in pieno una tranvata, e si ritrovi senza più sensibilità nelle mani, possa davvero strisciare insanguinato fino alla sala del concerto (che inizia dieci minuti fa e dove tutti stanno aspettando solo te) cruciale (quello dove se sbagli anche una sola nota non potrai mai più suonare davanti ad altro essere vivente [perchè là fuori è una giungla!]; peraltro esattamente come il successivo).

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    1. A me non è sembrato che questi dettagli inficiassero minimamente la visione del film. Se alcune di queste cose *possono* essere delle esagerazioni, nessuna di esse a mio avviso intacca la sostanza (e la validità) del discorso che viene portato avanti dal regista. Stiamo parlando di un'ossessione capace di divorare una vita intera: mettersi a fare il calcolo delle energie disponibili dopo un incidente stradale e chiedersi se bastano per suonare mi sembra onestamente un'operazione pedante ed inutile. Ma è un parere personale :).

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    2. Mmm, leggiti una biografia di qualunque musicista di un certo valore — Pastorius, Stratos o Glenn Gould — e di ossessioni capaci di divorare vite ne hai quante ne vuoi. Vere, però.
      O altrimenti diciamo che la catapulta infernale, il tiro tutti-insieme o il campo così lungo che gli avversari inizialmente sono nascosti dalla curvatura terrestre (e si disvelano man mano che ti avvicini a partire dalla testa) *possono* essere delle esagerazioni — magari nessuna delle quali intacca la sostanza (e la validità) del discorso che viene portato avanti dal regista.

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    3. No vabbé, se mi passi da Whiplash a Holly e Benji in un solo commento è scacco matto per forza

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    4. È un film grottesco, in cui gli squali attaccano i motoscafi. Non c'è nulla di anticinematografico in ciò.

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    5. Non capisco: non stiamo parlando di una fiaba, nè, mi pare, l'unica obiezione sollevata concerne la verosimiglianza della trasformazione della carrozza in zucca.

      Non c'è mica da offendersi se uno fa notare che questo film contiene un discreto numero di ingenuità, robe pencolanti o con poco/nessun senso.
      Già un'affermazione del tipo "non ho alcun dubbio che sia un gran bel xyz" è in generale una roba difficile da controfirmare — a meno che non si stia parlando del Partenone o delle piramidi; direi che non è il caso di specie. Ma soprattutto: se pure la celebre corazzata si è beccata della "cagata pazzesca", non vedo perchè non whiplash — eppure sul Post non è permesso; almeno: non a me.

      Se poi non si è riusciti a non far caso a certi dettagli, non è per forza perchè ce la si abbia col regista, o con Hollywood, o con l'impero degli sceriffi. Magari questo incantesimo che ti irretisce al primo colpo dell'uno-a-uno iniziale, e ti lascia libero solo all'ultimo di quello finale non funziona proprio su tutti — o magari uno suonicchia la batteria, chissà.

      Poi se in tv danno whiplash, e so che sull'altro canale c'è x-factor, allora salvo un Elio particolarmente pimpante vado anch'io con whiplash — ma basterebbe un terzo canale coi guerrieri della notte a garantire un consumo non banale della pila del mio telecomando.

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    6. Ah! Non avevo mica visto l'altra risposta :).
      Capisco le critiche a vari dettagli (che per te dettagli non sono) della messa in scena. Mi sembra però che nessuna di queste tocchi il nucleo fondante del film. Whiplash, a mio avviso, vuole raccontare del confine labile tra tenacia ed ossessione, mettere in dubbio la logica del compromesso, della vita piacevole ma mediocre contro quella dedicata/buttata per il perseguimento di un unico obiettivo. Il fatto che lo faccia parlando di un batterista jazz è solo, in fondo, una scelta come un'altra. È per questo che trovo Whiplash un grandissimo film (così come, del resto, trovo Holly e Benjii un ottimo anime).

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    7. 1. Alcune cose sarei anche d'accordo ad etichettarle come "dettagli" o "tecnicismi", posto però che l'interesse sia rivolto solo al messaggio/portato/succo. Qualora invece interessi anche la rappresentazione del mondo, sviste e mancanze sono tante. Alcune di queste potranno considerarsi inessenziali (il punto della mano che sanguina, la maniera in cui viene accordata la batteria); altre minori (davvero il miglior metodo per portare lo swing a 300bpm è temprare i tendini con la sofferenza fisica mentre il duce ti insulta?; davvero la band non fa alcun lavoro sul suono o sulle dinamiche?); però il fatto che manchi quasi del tutto una dimensione mentale (ascolto, comprensione; qui tutti i problemi si risolvono individualmente e a botte di sangue, sudore, memoria, altro meccanismo sacrificale), o di insieme (non c'è alcuna interazione musicale—e peraltro anche non musicale—tra i ragazzi), che non ci siano improvvisazione o interplay (d'accordo: big band est; immo jazz) secondo me èroba grossa—non siam più allo squalo che attacca il motoscafo, ma alla trota che affonda il Titanic; è una cosa mi ha sorpreso molto, considerando la produzione ricca e mericana.

      2. Veniamo al busillis, che starebbe nella dialettica riosonante bimbo-capo.
      Andiamo con ordine: poster di Buddy Rich a parte, quali sono le motivazioni del bimbo? quale fuoco lo brucia?, a me non è mica tanto chiaro; non saprei dire quanta passione abbia per lo strumento o per il jazz, nè quanto talento abbia, forse addirittura se ne abbia—eg a parte aggiudicarsi il titolo di iron man dei bpm, cos'ha in più degli altri due?, è più sicuro/pulito/preciso?, dà riferimenti più solidi?, è più pulito nell'eseguire gli obbligati? Il posto deve essere tuo, tu vuoi essere bravo, ok; ma perchè?, perchè non diventi un bravo qualcos'altro?, chessò: una prima ballerina, così il film è praticamente già fatto. C'era un tizio che si presentava dicendo "mi chiamo Jaco Pastorius e sono il più grande bassista del mondo"; pare l'abbia detto anche a Zawinul nel domandargli il posto di bassista nella sua band; il fatto è che, se non lo era davvero, ci andava abbastanza vicino; una valanga di roba, attorno a lui, da sempre ha avuto i toni della leggenda. Il bimbo, invece?, alla fine della strofa, l'unica cosa certa è che quella lì è la miglior scuola di musica del circondario (mentre—andiamo!—i fustacchiotti giocano in serie C). If you can make it there...
      Il capo vuol partorire il nuovo Charlie Parker; già qui imho c'è un punto oscuro: sei conduttore di una big band, hai a che fare con musicisti abbastanza formati, devi essenzialmente toglier loro dei vizi, insegnare qualche trucco, amalgamarli; in che senso può venir fuori un nuovo Parker?, vuoi semplicemente scoprirlo?, o plasmarlo? Almeno una cosa è certa: il come—non è ovvio?, stesso identico metodo che ha funzionato con bird!, tiri un piatto in testa a qualcuno e lui ti rivoluziona lo strumento. Il resto però è nebuloso; viene da chiedersi: quanti batteristi che han fatto la storia del jazz avrebbero potuto suonare con lui?, DeJohnette sarebbe durato un pomeriggio, Tony Williams cacciato al provino, i predecessori respinti all'ingresso dello stabile; e che fine avrebbero fatto un Davis, un Coltrane o addirittura un Parker?, forse meglio non saperlo.
      E veniamo all'ossessione. Il capo deve ossessionare; proposte?, lo facciamo entrare allo scoccare esatto dell'ora, mollare ceffoni, giocare con la personalità dei bimbi—e qui risuonano innumerevoli aneddoti di audizioni di jazzisti giovani presso altri affermati, tipo questa. Il bimbo deve essere ossessionato, spingersi oltre i propri limiti; che si fa?, boh, deve voler suonare a tutti i costi, rinunciare a tutto il resto, suonare anche sotto le bombe. Solo io ci sento la rima amore e cuore?

      [perdonami, ma scrivo e cancello da due ore; temo proprio di non poter fare molto meglio di così]

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    8. Atla capisco che il tema ti infervori: ma lo sai che se di qui passasse un esperto di gang giovanili negli anni settanta ti demolirebbe i guerrieri della notte con ancora più argomenti, vero?

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    9. Ma certo, i guerrieri della notte è una "cagata pazzesca".
      Infatti è proprio questo l'aspetto che mi interessa in maniera crescente: perchè nel caso di questo film si parli di gran-bel-film/capolavoro e si sbrighino le critiche come fuori bersaglio.

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  2. In italia c'è un'ossessione per il 'messaggio' del film tale che viene voglia di dare ragione a questo articolo (che in prima lettura mi aveva lasciato perplesso) "Perché non sappiamo giudicare i film" http://www.ilpost.it/2015/02/23/recensioni-giudizi-film/

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    1. A me va bene anche se uno si concentra sul messaggio; il problema è quando i critici non azzeccano nemmeno il messaggio giusto.

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  3. ...ma sai che mi hai incuriosito: se non fosse per il mio colpevole ma invincibile disprezzo per la batteria e i suoi seguaci (in particolare nove minuti di solo di batteria io li potrei tutt'al più accettare come pena sostitutiva alla detenzione per un omicidio colposo)

    guarderei questo film.

    ...quanto al debole che ce la fa, io penso all'infanzia dei due fratellini mozart (sono troppo vecchio per holly e benjyi).

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    1. Prova questo.
      Tre minuti di un ex proto-metallaro ora jazzista di fama mondiale che paga omaggio ai padri fondatori, suonando unicamente un "charleston"—e, qui, "sbagliando" ben due volte.

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    2. grazie per lo sforzo evangelico - e non credere che non abbia tentato di metterlo a profitto, sono arrivato fino a 2:05 - ma mi sa che mi tocca continuare ad annaspare nell'errore; non so se ascoltando un quartetto d'archi o un pianoforte solo, però.

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  4. Il sito *piueventi* e' sempre giu' ogni volta che leggo un tuo articolo (e quindi mi perdo la continuazione). Ormai, capita da diverse settimane. Succede solo a me?

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  5. il film è molto bello, per me non è di destra o altro
    io la vedo così:
    (spoilerone)
    l'insegnante è comunque accusato di aver indotto la morte e problemi mentali
    l'allievo è ossessionato dal successo fino a fare cose sbagliatissime, come si intuisce anche dal fatto che perde l'amore, o dall'incidente;
    sfida e piega al suo talento il maestro
    vive in una situazione nella quale i parenti non capiscono il valore di quello che ama, il che accentua la sua ossessione, il che avviene sovente agli artisti ambiziosi
    dal punto di vista della sofferenza posso solo dire che un mio amico negli anni 80 imparò la batteria jazz in un anno e mezzo esercitandosi 3 ore al giorno come minimo; gli vennero dei calli impressionanti e una ciste ai tendini, ma in pochissimo tempo era diventato in grado di accompagnare dei professionisti
    non aveva un fanatico per insegnante, ma uno dei capostipiti del bebop in italia, severo ma non aggressivo
    sull'idea che il jazz è improvvisazione va notato che una big band non fa jam sessions, occorre fare dei passaggi precisissimi
    poi, certo, non è un documentario
    per me il punto è che, al di là del pur giusto affetto del padre il protagonista vuole vincere la sua sfida, e in questa impresa anche il suo insegnante-aguzzino è costretto a riconoscere il talento di chi credeva di avere umiliato in modo ormai definitivo con lo spartito assente; nella scena finale l'intento era la vendetta, nel suo campo, non più lo stimolo; davanti alla personalità della vittima indomita non gli resta che approvare
    non è una rivincita del militare di full metal jacket, è piuttosto una rivincita di chi, trattato così, cavalca l'onda del trattamento imposto e dimostra di essere quello che l'insegnante aveva ormai escluso che fosse

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  6. film che non entusiasma e purtroppo non dice nulla di nuovo.

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  7. Occorre ricordare che il film si risolve nei primissimi piani a pochi secondi dalla fine: gli occhi del ragazzo che cercano la conferma negli occhi del maestro, e finalmente la trovano.

    Il meccanismo spietato ricorda quello di Kubrick, ma qui è legittimo pensare che sia totalmente abbracciato e non solo mostrato.

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