Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi

Il governo italiano ha sospeso gli aiuti ai palestinesi. Noi no. Donate all'UNRWA.

martedì 27 ottobre 2015

La fabbrica dei sogni che non crede ai sogni (ma crede alle fabbriche)

"Sveglia ragazzi..."
"Ragazzi a chi? Ma come ti permetti?"
"È già lunedì!"
"Fantastico!"
"Peccato, un altra settimana se n'è andata".
"...e non abbiamo ancora visto un film per la provincia di Cuneo!"
"Evviva! Dobbiamo vedere un film!"
"No! È tardi! Non faremo più in tempo!"
"Sta' buono, Paura..."
"Penseranno che siamo inaffidabili! Ci toglieranno un contratto! Dovremo trovarci un lavoro!"
"Ce l'abbiamo già!"
Ed è bellissimo... ma perché non siamo andati a vedere un film, alla fine? Adoro guardare i film".
"È colpa di Paura".
"Che ha combinato?"
"Il solo pensiero di vedere The Walk lo ha gettato nel panico".
"Povero Paura, un po' lo capisco".
"Ma che povero e povero... è un maledetto imbranato che ci toglie ogni occasione di divertimento".
"Ha parlato l'anima di tutte le feste, ha parlato".
"Che cazzo vuoi? Io ci so stare in società".
"Legato. Ti leghiamo ogni volta che ci andiamo, in società".
"Che bel siparietto! Siete troppo forti! Sentite, ho un'idea. Recensiamo Inside Out".
"Ma sei scema?"
"Sono Gioia".
"Appunto. Hai notato che Inside Out è uscito un mese fa?"
"E allora?"
"Penseranno che non siamo più andati al cinema! 
"Che siamo malati! Ci eviteranno come gli scabbiosi!"
"Paura, calmati, perdio".
"E chissà se non hanno ragione... non lo sentite anche voi il prurito?"
"Sì, è la voglia di mollarti due ceffoni".
"Quindi è deciso. Si recensisce Inside Out".
"Ma chi ha deciso che decidi tutto tu?"
"Non ci sono solo io. C'è anche Tristezza. A Tristezza è piaciuto tanto, vero?"
"..."
"Dai Tristezza, coraggio. A noi puoi dircelo".
"...sì, mi è piaaaaciuUUUUAAAAH È COSI' TRISTE! NON TORNERA' MAI PIU' IN MINNESOTA! MAI PIU'".
"Tristezza, nessun prepubere sano di mente ha mai voluto tornare in Minnesota".
"Snif".
"Vedete? A Tristezza è piaciuto, a me è piaciuto, e al Cinelandia lo programmano ancora. Siamo la maggioranza".
"Due su cinque non è la maggioranza".
"Lo è..."
"Nel mondo di Matteo Renzi, forse..."
"Anche in questo cervello, se voi tre non vi mettete d'accordo. E voi tre non vi metterete mai d'accordo".
"L'avete sentita?"
"Un po' ha ragione, Rabbia... voglio dire, di base io e te nemmeno ci parliamo".
"Renziani. Dappertutto. Anche in questo cervello di demente. Va bene, fate quel cazzo che vi pare".

Inside Out (Pete Docter, 2015)

La Pixar nel decennio scorso ci ha viziato. Soprattutto in quei tre anni in cui ci elargì, senza sforzo apparente, Ratatouille, Wall-E e Up. Tre film che non assomigliavano a nessun cartone animato già visto; che si prendevano rischi enormi e hanno lasciato segni nella storia del cinema non solo d'animazione. Inside Out ha le sue radici proprio in quel triennio d'oro: se ci ha messo ben sei anni ad arrivare in sala non è per una sola questione di perfezionismo, di progettazione, di rendering 3-D. Successe la stessa cosa con Ratatouille: ai film della Pixar capita di bloccarsi per anni nella fase di scrittura. L'idea era buona, anche se non originalissima - ma imbastirci sopra una storia ha richiesto quattro anni, sette canovacci diversi. E una passeggiata domenicale in cui il già acclamato regista di Monsters & Co. e Up, disperato, mentre meditava sul suo fallimento artistico e sulle dimissioni che avrebbe dovuto rassegnare, scoprì quasi per caso il vero protagonista del film. Quella notte al telefono tirò giù dal letto i suoi collaboratori: abbiamo sbagliato tutto, accanto a Gioia non c'è Paura. Quella al massimo è una spalla comica. Ma il segreto motore di tutto è Tristezza. Certo. Perché non lo abbiamo capito prima? Avevamo paura di far piangere il pubblico? Ma siamo la Pixar, siamo quelli di Up e Toy Story 3, si può dire che ormai la gente viene in sala apposta (continua su +eventi!)

Questa recensione è talmente tardiva che arriva dopo quella di Goffredo Fofi, ingiusta ai limiti della paranoia: là dove se c'è una fabbrica di sogni che non si omologa ai discorsi imperanti è proprio la Pixar. Certo, lo fa all'interno di una logica industriale, non come piccola etichetta indipendente. Eppure continua, a dispetto di ogni logica - dopo l'acquisizione della Disney si è persino radicalizzata. La Pixar non ci piace per i pupazzetti, quelli ormai li sanno fare in tanti e in certi casi sono assolutamente competitivi. La Pixar ci conquista ogni volta perché è l'unica che ha una sua ideologia, chiara e quasi immediatamente riconoscibile. Ed è un'ideologia che va in direzione ostinatamente contraria a tutti gli altri, che si ostinano a immaginare e disegnare eroi fragili che hanno un sogno e con tanta dedizione lo realizzano. La Pixar in questa cosa non ci ha mai creduto, sin dai tempi dello struggente monociclo rosso: i sogni ti illudono. Un mostro buffo non può diventare spaventoso, un topo non diventerà uno chef stellato. Inoltre l'infanzia non è per sempre, i sogni della giovinezza sbiadiscono e continuare a coltivarli non è sempre ragionevole. La Pixar continua a dirci tutto questo, occupando porzioni di multisala dove tutti, americani o no, continuano a gridarci il contrario. La Pixar produce sogni senza credere troppo ai sogni; è un'azienda di successo che nel successo ci crede fino a un certo punto.

L'unica cosa in cui crede la Pixar - e ce lo urla forte in ogni film - è il lavoro di squadra. Inside Out ha pecche e pregi, ma è pixariano al 100% nel suo dipingere il cervello umano come un luogo di lavoro dove nessuno (nessuno!) ha il quadro completo, e tutti hanno una maledetta importanza, un ruolo a cui non possono rinunciare. Persino l'incubo infantile incatenato nel subconscio, o l'elefante peloso che quella bambina ha già dimenticato. Che siano fantasmi della mente, membri di un racing team, di una famiglia di supereroi o di una confraternita di mostri sfigati, l'unica via per la Pixar è sempre e solo quella: collaborare.

Questo inno alla collaborazione che ci arriva dall'azienda di animazione digitale più avanzata del Paese più individualista del mondo, io se fossi in Fofi lo ascolterei con più attenzione. La Pixar è uno degli artisti collettivi più interessanti in circolazione - lo è anche se in cinque anni ha concesso solo repliche non sempre ispirate. Basta che ogni tanto azzecchi una storia nuova, e a volte ci vogliono anni. Ma ne vale sempre la pena.

(...nel frattempo Inside Out è uscito dalle sale di Cuneo e provincia. Forse torna nel week-end. Se non l'avete ancora visto, portatevi i fazzoletti).

3 commenti:

  1. Io ho apprezzato molto il film Inside Out.

    Non l'ho apprezzato solo per il gioco di squadra (sebbene importantissimo), ma anche per la descrizione di come le emozioni riescano a influenzare il nostro comportamento; qualcuno l'aveva definito "una grande allegoria della mente".
    Ne ho parlato con amici & colleghi che hanno fatto percorsi di studi riguardanti la mente e tutti sono stati concordi nell'affermare che Inside Out raffigura grosso modo lo stato dell'arte della nostra conoscenza, che rispetto ai tempi di Freud è andata molto avanti: finalmente anche il cinema se ne è reso conto.
    Poi il bellissimo modo in cui si descrive la nascita della nostalgia (un ricordo allegro che diventa triste) e di come mano a mano che si cresce, mano a mano che le emozioni si compongono... insomma, mi è proprio piaciuto!

    Spulciando le critiche on-line, ho trovato stuoli di commenti positivi, soprattutto fra gli psicologi, mentre i pochi commenti negativi li ho travati fatti da gente legata al passato, terrorizzata dalla scienza-macchina-mostro-senz'anima e simili fanfaluche di stampo crociano.

    RispondiElimina
  2. Bella recensione, ed assolutamente condivisibile il commento di Claudio VdA. Le citate 'fanfaluche di stampo crociano' sono, a mio modesto parere, la peggior palla al piede che la ns 'cultura' continua a trascinarsi dietro...

    RispondiElimina
  3. ho letto la recensione di fofi... è demenziale e paranoica.
    il film è davvero carino e - nell'ambito dei film d'animazione - quelli della pixar sono meno banali e scontati. oh, a dirla tutta: sono più film del 90% dei film americani (che sembrano fumettoni per bambinoni), per non parlare dei film italiani...
    oltretutto la retorica del "se ci credi davvero i sogni si avverano" ha veramente rotto il cazzo e io apprezzo ogni singola occasione nella quale mi viene risparmiata, come nei cartoni pixar

    RispondiElimina

Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.

Altri pezzi