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lunedì 14 dicembre 2015

Cos'è il Front National sotto il 50%? Nulla. Cosa sarà sopra il 50%?

Le elezioni francesi sono quella cosa che dopo il primo turno ci regala una settimana di allegro allarmismo giornalistico: i fascisti stanno per prendersi la Francia! Non faranno prigionieri! - dopodiché arriva il ballottaggio, e un sacco di espertoni si allontana fischiettando.

In nero i dipartimenti vinti dal Front National AHAHAHAH
Succede sempre così - voglio dire, solo quest'anno è già successo due volte. Quando mi capita di immaginare la bolla mediatica in cui viviamo come un acquario di pesci rossi, con una memoria a lungo raggio di pochi minuti, ho in mente situazioni del genere: in marzo - era ancora fresco lo choc della strage di Charlie Hebdo - il Front National fece un notevole exploit al primo turno, e al secondo portò a casa 0 dipartimenti. Zero. Nove mesi dopo, lo stesso risultato, e tutti stupiti. Ieri a pranzo un telegiornale italiano mostrava Marine Le Pen "preoccupata" - ecco, no, se ho capito anche poco di politica francese non credo che la Le Pen fosse preoccupata. È il suo mestiere, è la sua vita, probabilmente due conti ha avuto il tempo per farli. Ha visto suo padre perdere decine di elezioni e sa che le succederà la stessa cosa ancora per un po' di tempo. La barra è ancora lì dove la indicava il patriarca: il 50%.

Finché non ci arriva, il Front non è nulla. Quando ci arriva, sarà tutto. Ma ci vorrà ancora un po' di tempo, ammesso che.

A questo punto credo sia più facile anche qui da noi capire il punto di vista di Houellebecq. Un mese fa il Corriere, in crisi d'astinenza da pensierini fallaciani, lo andò a disturbare. Si aspettavano una tirata anti-islamica, si ritrovarono un pezzo che attaccava frontalmente Hollande e si chiudeva proponendo la democrazia diretta - da noi ne parlavano i grillini, prima di arrivare in parlamento (in seguito se ne sono quasi dimenticati). Ma che c'entrava la democrazia diretta col terrorismo?

Quasi niente. Occorre rassegnarsi: a Houellebecq non interessa particolarmente né il terrorismo né l'Islam. Quello che davvero lo preoccupa è il sistema elettorale francese. Lo aveva detto con chiarezza proprio al Corriere della Sera, nell'intervista rilasciata dieci mesi prima, all'indomani della strage di Charlie.

Se vogliamo parlare nello specifico del Front National, hanno due deputati e il 25% dei voti (alle Europee, ndr)... C’è uno scarto evidente. Il Front National ha un peso nella società che non corrisponde affatto alla sua rappresentanza parlamentare. Mi domando fino a che punto una situazione simile sia sostenibile, con questa astensione poi. C’è un sistema che dovrebbe essere democratico e che non funziona più». [...] Se François Hollande sarà rieletto presidente nel 2017 forse molte persone emigreranno. Per ragioni fiscali ed economiche, per l’idea che è difficile fare granché in Francia, un Paese che appare bloccato. E poi potremmo vedere qualcuno alla destra del Front National che si innervosisce e passa a un’azione violenta».

La chiave di Sottomissione è qui - davanti agli occhi di chiunque non si lasci distrarre dalla cronaca. Non è un libro che usa il sistema elettorale per suggerire che l'Islam possa conquistare la Francia; è un libro che usa l'Islam come paradosso per suggerire le iniquità e le perversioni del sistema elettorale francese. Per ammissione dello stesso autore, il protagonista avrebbe potuto convertirsi sia all'Islam che a un cristianesimo identitario vagamente lefebvriano: se alla fine ha scelto il primo, probabilmente è perché gli scenari paradossali sono meno faticosi da costruire di quelli realistici. La stessa cosa si potrebbe dire della Francia prossima ventura del suo romanzo: una nazione incerta se buttarsi sull'Islam o sul Fronte Nazionale, disposta a tutto pur di finirla coi partiti tradizionali.

Per Houellebecq era molto importante immaginare non tanto una rivoluzione islamica, ma una presa di potere attraverso le elezioni: a queste ultime dedica molta più attenzione che non al fumoso ritorno all'artigianato che verso la fine del libro viene buttato lì come la salvezza dell'economia francese. Lo stallo del primo turno, le irregolarità che causano la ripetizione del secondo, i bizzarri apparentamenti che portano il candidato islamico moderato a prevalere sulla solita Le Pen: tutto questo probabilmente ha addormentato molti lettori italiani, ma erano argomenti che all'autore premevano davvero. Francesi, in guardia: il sistema che vi ha regalato vent'anni di stabilità e altrettanti di decadenza, è lo stesso che useranno gli avversari per soggiogarvi. Basterà arrivare al 50%, e si prenderanno tutto. E probabilmente è giusto così - Houellebecq tifa per l'entropia, da sempre. E dunque? Non ho idea di cosa intenda H. per "democrazia diretta": quel che è sicuro è che la democrazia com'è adesso in Francia non lo convince.

Houellebecq ha in mente la Francia, ma se spostiamo il suo discorso all'Italia, c'è il rischio di fare qualche scintilla. Quello che H propone di eliminare è più o meno il sistema elettorale che Renzi e Boschi hanno appena fatto approvare in parlamento. Ovvero no, Renzi si è fatto confezionare una scorciatoia - a lui basterà il 40% per non far scattare il ballottaggio e ottenere una maggioranza solida alla Camera. E se non passa?

La domanda alla fine è sempre la stessa. Non occorre essere apocalittici alla Houellebecq per porsela: anzi, proprio perché non crediamo che la fine del mondo sia vicina, è lecito preoccuparsi non solo per come andranno le elezioni nel '16, ma anche nel '21 e più in là. Che vinca un partito islamico mi sembra comunque improbabile: ma prima o poi un leghista o un fascista ci arriva. E non avrà le limitazioni che impedirono a Berlusconi di abusare dei suoi poteri più di quanto non abbia fatto. L'italicum combinato con la riforma costituzionale trasformano il Capo dello Stato in un nobile soprammobile. Non ci sarà più il bicameralismo a temperare le iniziative legislative dei deputati, e questo è forse un bene - finché nella stanza dei bottoni non arriva qualche fascista o qualche incompetente.

Ma non siamo in Francia. Non abbiamo nessuna verginità da difendere. Fascisti e incompetenti ne abbiamo già avuti. È una cosa che ci capita ogni tanto. I padri costituenti magari non erano così autorevoli come poi ce li siamo immaginati, ma questa cosa almeno l'avevano notata. Non rifiutarono il presidenzialismo per un capriccio. A Renzi invece il presidenzialismo piace, ma è solo un corollario dell'enorme piacere che Renzi prova per sé stesso. Noi che Renzi non siamo, abbiamo il dovere di pensare a quello che verrà dopo. Che Dio ce la mandi buona - ma anche Allah, se vuole collaborare, non è il caso di fare gli schizzinosi.

11 commenti:

  1. SALVINIIIII... cosa avevi detto la settimana scorsa? Dai non fare lo gnorri, te lo ricordo: "Oggi sono felice, felice anche per il risultato di Marine, ma questo non è che l' inizio". Felice per il tuo stipendio ci credo ma il resto, scusa, sarebbe l' inizio de che?
    (Probabilmente è così ignorante da non sapere che in Francia vige il doppio turno elettorale e aveva pensato che fosse finita lì...)

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  2. Non riesco a seguirti. Prima ti rallegri del fatto che il meccanismo del ballottaggio abbia impedito ai fascisti di prendere il potere. Poi ti dici allarmato dalla possibilità che il ballottaggio possa portare i fascisti al potere.
    Infine ti preoccupi del fatto che con la riforma costituzionale il partito di maggioranza possa scegliersi il futuro Presidente della Repubblica a differenza dell'attuale Presidente della Repubblica che invece è stato scelto... dal partito di maggioranza.

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    1. Il sistema francese - più o meno come se lo immagina Houellebecq, che è uno scrittore e non un politiologo - ha un problema d'inerzia. Qualsiasi forza nuova, finché non arriva al 50%, non ottiene nulla. Nel frattempo al potere ci sono vecchi partiti che hanno perso il polso del Paese e si legittimano l'un l'altro. Prima o poi comunque il Nuovo riuscirà a superare la barriera del 50%, e H si aspetta che accada una specie di palingenesi: una Francia identitaria o una islamica moderata che secondo lui piacerebbe anche a molti cattolici.

      Quanto all'Italia: non m'interessa chi nominerà il futuro Presidente della Repubblica: sarà una figura abbastanza ornamentale. Mi preoccupa (1) che un partito al 40% possa prendersi tutto per cinque anni e (2) che al ballottaggio prevalga un postfascista o un imbecille.

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    2. Mi sa che devi rassegnarti Leonardo. Se un partito prende la maggioranza, va al governo. Anche se è il Fronte Nazionale, la Lega Nord, un postfascista o "un imbecille".

      Ho paura che non possiamo evitarlo trovando regole strane o formule. Dobbiamo per forza sporcarci le mani e ottenere quelle crocette che chiamano "voti".

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    3. C'è una differenza enorme fra andare al governo in un sistema con pesi e contrappesi ed andare al govero in un sistema senza contrappesi.
      Io non discuto del genuino spirito democratico dei vari politici italiani che sicuramente non approfitterebbero mai del fatto di trovarsi al governo senza contrappesi, però la storia ci insegna che quando qualcuno si è trovato a governare senza troppi contrappesi... diciamo che si è lasciato prendere la mano.
      La democrazia è un sistema molto complesso concepito per evitare la dittatura della maggioranza proprio perché chi vince NON prende tutto.

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    4. Non so nemmeno cosa rispondere. Se davvero pensi che in Italia si rischi un sistema senza contrappesi, vuol dire che abitiamo due italie differenti. Lascia che ti spieghi come la vedo io. L'Italia stessa è un contrappeso. Un'enorme zavorra, presidiata da due conservatorismi, uno sedicente di destra, l'altro sedicente di sinistra. I due conservatorismi non sono uguali (nemmeno i grillini lo pensano, in fondo). Quello di sinistra ha una storia più antica, e dei miti su cui basare la propria identità (i partigiani, il '68). Si rifà vagamente a ideali cristiani. In più, ha il monopolio sulla cultura. Quello di destra invece non ha miti presentabili. Sono sempre coalizioni raccolte intorno a qualche capo carismatico, con un intento quasi sempre anti-sinistra.

      Comunque, ritornando in topic: il punto è che la democrazia NON E' un sistema concepito per evitare la dittatura. Non esiste nessuna regola che a priori impedisca ad una democrazia di degenerare in dittatura. E' proprio questo che sbaglia Leonardo in questo post ed in tanti altri (praticamente in tutti quelli in cui parla di leggi elettorali). Si lambicca il cervello a trovare tutti i possibili rischi dei sistemi elettorali. Si rifiuta di accettare che il rischio di perdere sia insito nel gioco stesso. Dice: meno male che il Fronte Nazionale non ha raggiunto il 50%, e se lo avesse raggiunto? Risposta: se lo avesse raggiunto sarebbe andato al governo in molte regioni. Stacce, dicono a Roma. Perché, c'è forse un modo di impedirlo?

      In realtà il modo di impedirlo ci sarebbe, ed è quello a cui inconsciamente anela Leonardo. Il pareggio perpetuo: qualsiasi sia il risultato, il parlamento viene suddiviso sempre in parti uguali. Potremmo chiamarlo il "Pareggium". Peccato che, paradossalmente, proprio questo sistema più democratico di tutti NON SIA DEMOCRATICO! Infatti, se il popolo si è espresso e ha votato in maggioranza per uno dei partiti, perché questo partito non dovrebbe governare? E' un gatto che si morde la coda: l'unico modo per evitare che la democrazia degeneri in dittatura è eliminarla... E' per questo che dico: le regole contano fino a un certo punto. Quelli che contano veramente sono (ovviamente) i voti. Su quelli bisogna puntare, non su altro.

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  3. a me - per dire - il sistema francese piace più di quello inglese. naturalmente può generare mostri, ma chi siamo noi per giudicare i sistemi degli altri?
    sempre la storia della trave e della pagliuzza
    comunque ok allora: collegi uninominali con ballottaggio tra i primi 2 se nessuno supera il 50%?
    per me va bene, mò provo a convincere renzi

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  4. Il presidenzialismo è una delle varianti possibili della democrazia.
    Negli USA gli enormi poteri del Presidente sono limitati da un Parlamento totalmente autonomo dal Governo - da un Parlamento in cui ogni singolo parlamentare vota pensando esclusivamente ai suoi elettori, non esiste nessuna "disciplina di partito". È un sistema che ha i suoi inconvenienti, da decenni vi sono Presidenti che vincono avendo come primo punto del loro programma la riforma del sistema sanitario, ma che vengono bloccati da un Parlamento che gli nega i fondi. Mi dispiace molto per gli Americani, ma in America questa si chiama democrazia.
    Il cd. "semipresidenzialismo" nelle sue varie versioni, postfasciste, berlusconiane o renziane, invece, è caratterizzato dalla trasformazione del Parlamento in megafono per la maggioranza governativa. Un sistema senza limiti e controlli. Un sistema dai potenziali affetti catastrofici.

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    1. È vero quel che dici riguardo agli Stati Uniti, ma nella seconda parte utilizzi il termine "semipresidenzialismo" impropriamente, e questo falsa la percezione delle dinamiche fra parlamento e governo.
      In Francia si ha un semipresidenzialismo perché tra un presidente ed un parlamento eletti separatamente (fino al 2002 anche per durata del mandato, quindi in contesti differenti) si pone un governo che richiede la nomina del primo e la fiducia del secondo, aprendo quindi a situazioni in cui il presidente ed il primo ministro sono di orientamento differente (coabitazione).
      L'Italia, invece, è formalmente una repubblica parlamentare e per quanto se ne possa dire, ciò implica che sia quel che accade in parlamento a determinare le sorti del governo: altrimenti non si spiegherebbe che interesse avrebbe avuto Berlusconi ad acquistare parlamentari o perché un Alfano, oggi, possa valere qualcosa coi suoi 55 parlamentari di NCD.
      Che poi possano sorgere situazioni di apparente sudditanza fra primo ministro e parlamentari è possibile, ma non dipende dalla forma di governo, bensì da dinamiche interne ai partiti o coalizioni che sostengono l'esecutivo.

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