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sabato 16 gennaio 2016

La satira del razzismo è comunque razzismo?

È probabile che nella settimana appena finita vi siate imbattuti in questa vignetta di Charlie Hebdo un po' - come dire - controversa:

Cosa sarebbe diventato il piccolo Aylan se fosse cresciuto?
PALPATORE DI CHIAPPE IN GERMANIA!

Ne hanno parlato Repubblica, il Fatto, il Giornale, e tanti altri che non ho voglia di andare a controllare; ne hanno parlato i vostri amici che l'anno scorso non indossavano la maglietta Je suis Charlie e insistevano dopo la strage della redazione a trovare discutibile l'approccio di Charlie alla satira - è davvero giusto prendere in giro qualsiasi cosa

Ne ha parlato chi invece continua a credere che la satira sia un diritto fondamentale - da difendere se necessario con le guardie armate e i finanziamenti di Stato - e che si sbigottiva che gli interlocutori non capissero la vignetta: ma come? Credete che sia una vignetta razzista? Guardate che è l'esatto contrario. È una vignetta antirazzista. Non prende in giro il povero Aylan - anche se lo disegna adulto e sbavante, le mani sporcaccione protese verso le natiche di una giovane - è una vignetta che si prende gioco del razzista benpensante! Quello che magari l'estate scorsa di fronte a un'immagine toccante aveva avuto un cedimento e si era commosso per lo straniero - purché bambino, purché morto - e alla prima notizia inquietante si è rimesso ad aver paura di tutti gli stranieri, molestatori in quanto stranieri. Ma davvero non capite? È così chiaro.

È così chiaro. 

D'altro canto, se fossi un razzista potrei anche ipotizzare che la vignetta prenda in giro l'antirazzista frignone che si commuove al primo straniero morto - accidenti, ma è geniale questa cosa. Un po' come Checco Zalone che fa ridere sia gli impiegati assenteisti sia i rottamatori renziani. Incredibile. Ma da quand'è che nei giornali di satira e nei film buffi si sono messi a spacciare messaggi ambigui?

Ho pensato di aiutare chi discute di queste cose su internet inaugurando una rubrica - ero incerto se chiamarla L'angolo di Capitan Ovvio, Chiedi a Lapalisse, o Non è mai troppo tardi. Ho scelto il titolo più rassicurante.

Sto prendendo in giro gli analfabeti che scrivono "Hei"
o sto facendo la parodia di chi li tratta con sufficienza?
Non è mai troppo tardi per scoprire che... tutta la satira è ambigua

Non solo i film di Checco Zalone: tutta la satira, politica o di costume. L'ambiguità non è un dato accessorio: è proprio il modo in cui funziona il dispositivo satirico.
Non succede soltanto in una vignetta di Charlie - tutte le vignette sono suscettibili di essere lette su almeno due livelli. Ecco un esempio piuttosto nobile:


Il New Yorker pubblicò questa copertina durante la campagna elettorale del 2008 - nella Sala Ovale, Barack Obama non ci era ancora entrato da presidente. L'illustrazione era un compendio di tutte le critiche più demenziali che i suoi avversari politici gli stavano lanciando: di essere antiamericano, musulmano, sostenitore dei terroristi e ammiratore di Bin Laden. Inoltre sopra il disegnino c'era la testata del "New Yorker", che ai lettori abituali dice "ironia sofisticata", il che nell'intenzione della redazione avrebbe dovuto rendere chiaro che non si trattava di un attacco scomposto a Barack Obama. Insomma, era così chiaro che non se la stavano prendendo con Obama.

Era talmente chiaro che per la prima volta molti repubblicani acquistarono il New Yorker. Perché sulla copertina c'era Obama vestito da musulmano che bruciava la bandiera americana nel camino, e sua moglie era conciata da pantera nera. 

Torniamo alla scorsa settimana. Se bazzicate facebook, forse in questi giorni siete venuti a conoscenza del fatto che Gasparri non riconosce Jim Morrison (al punto che ormai ne rivendica il diritto). Tale importante scoperta è dovuta alla circolazione di questo scambio. 

Bisogna dire che è il volto di Jim Morrison meno conosciuto, cioè son tutti buoni così.

Il meme del Jim Morrison barbuto è preso da una pagina facebook, Vergogna finiamola fate girare, che negli ultimi giorni è letteralmente esplosa, disseminando sui social network centinaia di immagini simili - foto di celebrità associate a slogan "gentisti" dal qualunquismo insostenibile. Si tratta di una parodia di immagini razziste che vengono effettivamente prodotte da anonimi, e che hanno una certa efficacia - se qualcuno sente la necessità di combatterle. 

Via Claudia Vago
E quindi come si combattono? Con l'inflazione - la disseminazione on line di immagini simili, ma false - cioè a dire il vero anche le immagini originali erano false, ma speculavano sulla dabbenaggine di chi le accettava come vere, mentre i memi di Vergogna finiamola... speculano sulla stessa dabbenaggine. Ehi, aspetta.

Che differenza c'è tra un messaggio stupido e razzista e la parodia di un messaggio stupido e razzista?

Nessuna.

Come nessuna? Ma il contesto, l'intenzione...

No.

Basta così per stasera, arrivederci alla prossima puntata di Non è mai troppo tardi, in cui scopriremo la legge di Poe (il poeta non c'entra nulla, purtroppo).

26 commenti:

  1. Eh ma nel caso della vignetta, i fatti di Colonia sembrano provati. Il meccanismo funzionerebbe se Colonia fosse tutta una bufala.
    Secondo me hanno fatto cilecca.

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  2. Permettimi la provocazione. Che differenza c'è tra un film che celebra l'arrivismo di un allievo batterista (del il sistema in cui è inserito) e un film che ne fa la satira?

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    1. Che il secondo mi piace più del primo, ma immagino sia una questione di gusti.

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  4. L'intenzione ed il contesto sono inscindibili dal messaggio, nella satira.

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  5. la satira (nelle sue varie forme) utilizza un linguaggio proprio (come ogni altra edpressione artistica, del resto) destinato e comprensibile innanzitutto all'interno del gruppo (target) di riferimento, nel caso di un settimanale sarebbe il grosso dei lettori abituali e potenziali, e poi (ma a volte prima) gli altri, principalmente i mass media e - nel caso di charlie hebdo - governi, religiosi, terroristi, ecc.
    c'è satira buona e satira cattiva, disegnatori o giornalisti che toccherebbe ammazzalli, però in senso metaforico, ecco
    io m'incazzerei molto se - prima di pubblicare un post sul blog - divessi ottenere il visto da chiunque, tu no? lo stesso vale per la satira, credo
    ma secondo te, una che va in giro con la minigonna si merita... che c'entra? c'entra, c'entra...

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  6. Ero personalmente convinto che la satira fosse essenzialmente una critica al potere, motivo per cui non ero Charlie. Il razzismo lo vedevo invece come un pilastro del potere, e quindi non ero Charlie.

    Scopro che invece che la satira può servire a vomitare il proprio disprezzo razzista sui più deboli.

    Meno male che non è mai troppo tardi.

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  7. La differenza tra una vignetta (o meme) razzista e una vignetta (o meme) che fa la satira del razzismo c'è eccome: è il pubblico a cui sono rivolte. La vignetta razzista ha un contenuto razzista, si rivolge ai razzisti e fa indignare tutti gli altri. Quella satirica invece può avere un contenuto apparentemente razzista, ma non si rivolge ai razzisti: solo un razzista distratto potrebbe riderne.

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    1. Ma siamo su Internet: tutto è rivolto a tutto. Cioè lo so che se in collegio docenti gridassi al preside Sieg Heil! sarei ironico, ma se lo faccio su internet, come posso impedire a qualcuno di prendermi per nazista?

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    2. Zaza e Jim Morrison sono rivolti a me che sono in grado di riconoscerli, gli altri vengono spernacchiati... non è vero che su internet tutto è rivolto a tutto. Semplicemente tutto è fruibile da tutti

      Invece la vignetta di Charlie non si capisce bene a chi si rivolge, un razzista potrebbe rivendicarla in pieno.

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    3. «Ma siamo su Internet: tutto è rivolto a tutto.»

      Quando quantità imbarazzanti di messaggi vengono intercettati da coloro che non si vuole che recepiscano, la soluzione è eliminarli. Smettere di trasmettere, star zitti o crittografarsi non sono altro che palliativi.

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  8. la satira (nelle sue varie forme) utilizza un linguaggio proprio (come ogni altra edpressione artistica, del resto) destinato e comprensibile innanzitutto all'interno del gruppo (target) di riferimento, nel caso di un settimanale sarebbe il grosso dei lettori abituali e potenziali, e poi (ma a volte prima) gli altri, principalmente i mass media e - nel caso di charlie hebdo - governi, religiosi, terroristi, ecc.
    c'è satira buona e satira cattiva, disegnatori o giornalisti che toccherebbe ammazzalli, però in senso metaforico, ecco
    io m'incazzerei molto se - prima di pubblicare un post sul blog - divessi ottenere il visto da chiunque, tu no? lo stesso vale per la satira, credo
    ma secondo te, una che va in giro con la minigonna si merita... che c'entra? c'entra, c'entra...

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  9. Mi scusi, ma che cavolo dice? Guardi che l'idea della vignetta che irride il benpensante non è neppure da considerare; semplicemente perchè è sbagliata. Non si inferisce da quel codice. Da quello che si legge. Quell'ambiguità che lei indica è una concessione che fa ad una vignetta piuttosto univoca.

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    1. Ma se a me è venuta in mente subito, come fa a essere "sbagliata"? Non esistono interpretazioni "sbagliate". Ce ne saranno di più o meno previste dagli autori, ma una volta che una vignetta è pubblicata, tutti sono liberi di leggerci quello che vogliono.

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    2. Il fatto che le sia venuta in mente subito non è una prova della validità della sua ipotesi di lettura. Mi dispiace fare la figura del saccente; se le pare così me ne scuso, però credo sia sbagliata l'interpretazione non suffragata dal testo, che è l'unico banco di prova. Quello che lei ha pensato è un sottotesto, non inferibile da quello che si vede nella vignetta. "Quello che vogliono"? No, solo quello che quel codice in particolare permette di leggere.

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  10. Ok.
    Aspetto il seguito sulla legge di Poe, che a risponderti adesso mi sembra di farlo a ragionamento metà esposto.

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  11. le cose, a farle, delle volte escono male (a me - per dire - in precedenza è uscito 2 volte lo stesso commento), te vignettista hai una certa idea e boh... con le migliori intenzioni pisci fuori dal vaso. leggi le obiezioni e dici ops... se le obiezioni ti hanno convinto.
    dopo aver letto le varie interpretazioni devo dire che la vignetta m'ha convinto, prima m'aveva lasciato perplesso.
    comunque se il discorso di leonardo fosse corretto charlie hebdo dovrebbe semplicemente chiudere: se devi calcolare come verrà letta la tua vignetta in tutto il mondo raggiunto da internet...
    la satira dovrebbe prendersela principalmente col potere grande o piccolo, compreso quello minuscolo di chi mette la croce su una scheda sull'onda dell'emozione scatenata dai mass media

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  12. Beh, a questo punto aboliamo direttamente l'ironia, non sia mai il caso che certi geni (in senso ironico!) come Gasparri la prendano sul serio (che poi foto di Morrison o meno, che manco io avevo riconosciuto, la stupidità del messaggio rimaneva comunque palese).

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  13. (Io volevo solo scrivere che mi piaceva il titolo "Chiedi a Lapalisse", ma vedo che gli altri commenti sono seri. Un po' mi vergogno.)
    Riguardo la satira conosco solo quel famoso pezzo là di Luttazzi, per il quale, se l'ho capito bene, la vignetta qua sopra di Charlie non sarebbe satira efficace perché colpisce la vittima e non il carnefice - almeno, ad un primo livello.
    I meme gentisti per prendere in giro i gentisti non so se sono efficaci. Non credo. A meno che non parliamo di pettinare l'ego di chi capisce che sono una farloccata confrontandosi con tutti quei boccaloni che ci hanno creduto, che finché è Gasparri ridiamo tutti, quando invece è tuo padre che non ha dimistichezza con l'internèt e ha la terza media, magari ridi un po' meno.

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  14. Gentile LucaT, non brandisca lei ortaggi con tanta sicumera, se non conosce bene quello di cui parla. Se non vuole prendere qualcosa in considerazione è un problema suo, ma lasci che gli altri lo facciano, suvvia. Conosco abbastanza Charlie Hebdo per non avere dubbi sull'intenzione di quella vignetta. Possiamo discutere sull'efficacia, e anche sull'onestà intellettuale dell'operazione, se vuole, ma sull'orientamento politico della rivista, e quindi sulla finalità di questa vignetta, maldestra finché vuole, c'è poco da ciurlare nel manico.

    Caro Leonardo, aspetto di leggere quello che scriverai sulla legge di Poe. Ma quella riguarda un campo particolare, quello della Rete, e ha senso nel particolare contesto di quel linguaggio rapido e facile al rancore (!!1!). Che poi quel linguaggio si stia pappando tutto, a partire dal giornalismo tradizionale fino alla nostra stessa soglia di attenzione, è un altro, grosso problema.
    Ti contesto invece l'assunto per cui in sé una vignetta becera e una vignetta meta-becera sarebbero identiche. Se fosse così, potremmo affermare che il miglior Reiser e il peggior Forattini si equivalgano, ovvero una palese sciocchezza. Delle differenze intrinseche esistono; sono sottilissime, ma si vedono meglio alzando un momento gli occhi dalla vignetta, e guardandosi intorno. Senza bisogno di guardare troppo lontano. Per fortuna non siamo osservatori astorici, né astorici sono gli autori.
    Intanto può essere utile verificare la presenza rivelatrice di un certo intruso.
    Prendiamo la satira di regime, nel peggior senso possibile (per me quella fascista, ma il criterio si applica benissimo, modificando un poco i termini, anche alla vignettistica sovietica, per esempio): al figuro caricaturale —l'Ebreo, il Bolscevico, l'Americano (anche tutti e tre in un sol corpo, all'occorrenza), l'Avversario— si contrappone il gagliardo squadrista, la camicia nera portatrice di sbrigativo ma benigno olio di ricino. Eccola, LA differenza. Può fare capolino occasionalmente, a seconda dei periodi storici e della scaltrezza dell'autore. A volte sottostà in qualche misura alle leggi del caricaturale, se il disegnatore è astuto (vedi Lenin che ramazza via dal mondo i capitalisti). Oppure se è paraculo, vedi Libero ai tempi di Berlusconi: tutti teste di gomma, ma quello che tirava le mazzate era il Cavaliere. Poteva essere un tappo, d'accordo, ma tappo di champagne, e il deretano mortadelloso che se lo pigliava (mi scuso per l'immagine scadente, ma è Storia) era sempre quello del curato cattocomunista emiliano. Com'era buffo!
    Quando i tempi sono grevi, invece, non c'è spazio per queste sottigliezze: qui si predilige una contrapposizione figurativa degna delle trasformazioni del Dr. Slump nei momenti di solennità. Qui l'oggetto della (chiamiamola così) satira è caricaturale, buffo, brutto. Il suo antagonista (Noantri) è invece bello, savio, trionfante, anatomicamente mica male. Oppure —più odiosamente ancora, perché questa è l'arma peggiore, ovvero la strumentalizzazione delle vittime— è debole, prostrato sotto il tacco chiodato, ma bello e ariano come un Cristo in croce immaginato da un Tea Partier. Cazzo, lui ha ragione da vendere.
    Ecco, questo corno della questione, questo Eroe, questo Giusto, che sia fuori scena o no, che sia patiens o triumphans, c'è sempre. Magari è nascosto nel fondo di Belpietro due colonne più in là, magari tra le righe di un trafiletto di cronaca sulle rapine in villa, ma c'è. È la colonna portante ideologica che regge il gioco sporco.

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    1. Sicumera a me quando lei pretende di dare lezioni su quello che sa di Charlie? Sa cos'è una fallacia? Glielo devo spiegare? Invece di leggere e decifrare il testo lei s'impanca a giudice millantando una conoscenza del giornale, che però non dimostra. Ma è così difficile fare un'analisi? Non dico un lavoro ermeneutico, ma almeno un po' di lettura. Niente, più facile insultare.

      Quanto a Charlie. Sentiamo Luz: "Quando facevo ridere Charb o Cabu o gli altri, allora sapevo che il disegno era perfetto. Del lettore ce ne siamo sempre fottuti. Il lettore ideale, se mai è esistito, credo che sia un lettore che ama essere sorpreso, a volte anche preso in giro, insultato, sferzato. Di tutti gli altri me ne frego, non parlo ad Arnold Schwarzeneger, né alla signora Chiunque che ha comprato Charlie per la prima volta nella sua vita. Li deluderemo e lo sappiamo. Quindi la missione è deluderli alla grande." Invece neppure: per deludere bisogna illudere.

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    2. L'ho insultata? Mi dispiace, devo confessarle che non me n'ero neppure accorto. Mi dedicherò a un po' di autoermeneutica per stanare l'offesa, laddove alligna, e rimangiarmela. Senza rancore, davvero.
      Riguardo allo stato della satira di Charlie, rispondendo anche a Herr Lampe qua sotto: temo che sì, nei fatti Charlie si stia trasformando in un fogliaccio ambiguo, dagli aromi destrorsi e razzisti. L'aspetto tragico (tragico davvero, visti gli esiti) è che questa trasformazione sfugge agli stessi autori. In fondo i satiri di Charlie continuano a fare quello che già facevano quegli amabili gaglioffi —qualcuno anarchico, qualcuno comunista— di Wolinski, Cabu, Topor e compagnia. Lo fanno un po' peggio, ma la formula che propongono è cocciutamente la medesima. È lo scenario circostante che è cambiato, completamente.
      Se posso impancarmi ancora un momento e millantare conoscenza del giornale, propongo qui (link) un estratto da Hara-Kiri (testata che poi si sarebbe trasformata in Charlie Hebdo), edizione italiana, dell'ottobre 1968. Il testo è di François Cavanna, intellettuale libertario che definire razzista sarebbe semplicemente ridicolo. Nondimeno, temo che questa roba oggi sia improponibile.

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  16. Avrei una domanda: ci sono dubbi sul fatto che Charlie sia diventato (da tempo) un Libero fogliaccio islamofobo?

    Credo di no, ma se sbaglio mi corigerete.

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  17. ah, la passione per le etichette...
    è possibile che - a causa forse di recenti esperienze - a charlie hebdo siano ancora più religiofobi di prima

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    1. Mi pare che la risposta sia sì quindi.

      A proposito di passioni, vado a farmi una vodka.

      (e non ho capito bene come ma anche io ho postato lo stesso commento due volte)

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