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martedì 8 agosto 2017

Uno psicanalista a Roma (un altro)


Lasciati andare (Woody Allen, 2016)

Elia Venezia (Toni Servillo) è uno psicanalista che ha bisogno di perdere chili. Claudia (Verónica Echegui) è una personal trainer che ha bisogno di mettere ordine nella propria vita, ma che non può evitare di sconvolgere quelle di chi incontra. Se fosse un film, non potrebbero che incrociarsi. Ah, ma è davvero un film! E di Woody Allen! Di nuovo a Roma, stavolta nella magica cornice del Ghetto! Una commedia che è una sarabanda di trovate, dove si riflette ma si ride anche a crepapelle, e finalmente si rivede in forma il Maestro! Magari, in realtà no.

Lasciati andare (Francesco Amato, 2016)

Elia Venezia (Toni Servillo) è uno psicanalista. Si capisce perché assomiglia non tanto a Freud (calvo, la barba bianca, a un certo punto gli mettono in bocca pure il sigaro) ma alle vignette di Freud. Anche i suoi pazienti continuano a sembrare macchiette dei pazienti degli psicanalisti delle barzellette, secondo una tradizione cinematografica italiana che data almeno da Caruso Pascoski e prosegue, purtroppo, nei tardi film di Moretti (mi ricordo che una volta, credo da Fazio, Moretti ammise che nessuno nel suo staff di scrittori era mai andato in analisi, e questo succedeva dopo che erano usciti già almeno due film in cui Moretti interpretava uno psicanalista, che vorrei dire: almeno un po' documentarsi, no? cosa può costare prendere cinque-sei appuntamenti, giusto per capire come funziona? Beh in effetti può costare parecchio, ma non varrebbe la pena? Uno si sdraia, no guardi dottore non ho nessun problema serio, volevo soltanto fare un po' di esperienza perché sto scrivendo un film e non vorrei cadere nei soliti stereotipi? - Tempo tre sedute e stai già confessando che a tredici anni avevi ideato l'omicidio perfetto, ovviamente di tuo padre). (Anche in Lasciati andare, come in Habemus Papam, l'ex moglie dello psicanalista è psicanalista a sua volta - in questo caso è Carla Signoris, che fa piacere rivedere al cinema).


Francesco Amato ha diretto tre film in dieci anni. Il primo (Ma che ci faccio qui!) era la storia fresca, sorprendente, di un ragazzo che scappa da Roma per fare il giro del mondo ma si ferma alla prima spiaggia; il secondo (Cosimo e Nicole) è la storia fresca, sorprendente, di due ragazzi che si incontrano al G8 di Genova e di quel che combinano in seguito. Lasciati andare è il suo terzo film ed è una delle commedie italiane migliori dell'anno. Però non è fresca, né sorprendente.

Francesco Bruni è lo sceneggiatore storico di Calopresti e soprattutto di Paolo Virzì, passato alla regia con Scialla, Noi 4 Tutto quello che vuoi. Nel 2016 ha scritto, con Francesco Amato e Davide Lantieri, Lasciati andare. È esagerato affermare che da una squadra di autori del genere potevamo aspettarci di più di una commedia che, in effetti, gira che è un piacere ed è divertente il giusto, ma sembra approfittare di qualsiasi luogo comune cinematografico e narrativo che incontri sulla strada? Non bastava trasformare Servillo in un sosia di Freud che consiglia best-seller e ipnotizza i pazienti; bisognava anche affiancargli la pur brava Verónica Echegui nel ruolo della classica Manic Pixie Dream Girl, quel personaggio femminile che esiste soltanto nelle sceneggiature e ha il preciso scopo di dare una scossa al personaggio maschile? E se la scelta di ambientare la storia nel Ghetto era almeno qualcosa di originale, valeva proprio la pena caratterizzare il protagonista come uno spilorcio? Ma in generale: oltre allo psicanalista freudiano-quindi-ebreo-quindi-avaro, abbiamo una personal trainer solare e un po' pazza, e infatti spagnola; un capoverdiano che vende il fumo, un brutto ceffo dal coltello facile e l'accento balcanico, un lombardo carrierista e antipatico (Giacomo di Aldo Giovanni e Giacomo) e... un centravanti un po' scugnizzo e criptogay - questo a ben vedere è un luogo comune invertito, ormai banale quanto il luogo comune normale. L'unica scelta un po' originale è il rapinatore balbuziente di Luca Marinelli, che compare soltanto nel terzo atto e non a caso si porta a casa il film. E tuttavia.

Tuttavia alla fine Lasciati andare è un film divertente; Servillo è in forma (e non è meno macchietta che in altri prodotti più blasonati), la Echegui è davvero in parte, la storia è un po' prevedibile ma funziona. Forse il vero test per una commedia del genere sarebbe quello di Woody Allen: ovvero immaginare che cosa direbbero i critici di un film come Lasciati Andare se lo avesse girato lui. Secondo me sarebbero entusiasti. È vero, psicanalista e pazienti sembrerebbero quelli delle vignette, ma non è sempre stato così con Allen? È vero, più che spiazzare gli spettatori la storia sembra andare incontro alle loro attese, ma non è il tratto tipico di tanti film dell'ultimo Allen? La principale differenza è che Lasciati Andare si sarebbe visto in molte più sale e avrebbe incassato assai di più. Lo si può rivedere comunque a Cherasco venerdì 11 agosto, al cortile di Palazzo Gotti di Salerano (ore 21:30); l'ingresso è gratuito e il regista sarà ospite! Altrimenti venerdì 18 e venerdì 25 agosto alle 21:00 al cinema Sangiacomo di Roburent.

5 commenti:

  1. questo no. questo film non lo vedrò: la mia religione mi vieta di guardare film con toni servillo. dopo "la grande bellezza" il divieto è assoluto e totale, quindi mi fido di te.
    però senti questa: un paio di sere fa correvo e invece della mia musichella ho messo raitre "holliwood party", era la versione estiva e consisteva nella parte sonora del film "io e annie" di woodi allen... naturalmente l'avevo già visto e mi era piaciuto, riascoltandolo ho capito 2 cose: oreste lionello era terribile e la qualità della scrittura (la sceneggiatura) dei film di allen non è davvero paragonabile alla schifezza media dei film italiani

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  2. oh, per tutti i recusi e gli orrori d'ortografia famo un conto unico eh

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  3. E' ormai un luogo comune di tanti intellettuali di sinistra italiani che bisogna parlare male di woody allen.
    E' tutto iniziato negli anni 2000, quando la gente non andava a vedere i nuovi film di allen, e tuttavia diceva che quelli vecchi erano meglio.
    Ora lo si critica tout-court, riuscendo per giunta a paragonarlo alle commedie italiane, che da 20 (30?) anni riciclano caratteristi e battute senza portare alcuna originalità.
    Non capisco. A me sembra così evidente che allen e qualunque regista di commedie italiano giochino in campionati diversi.

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    1. Onestamente tutti questi intellettuali di sinistra che parlano male di Allen non li frequento. Credo che sia normale per chi recensisce i suoi film notare che non è più in forma come qualche tempo fa (che è il minimo per un 80enne che fa un film all'anno).
      Si tratta senz'altro di un caso a parte di regista-artigiano, che non si può paragonare a un'intera industria (al limite ad altri registi che si sono creati una specie di industria a sé, non so, Rohmer, forse Altman). Però se c'è una cosa che non ha senso aspettarsi da lui è proprio l'originalità: non solo perché non la ottiene, ma credo che proprio non gli interessi. Lui ha un'idea del cinema abbastanza fuori dal tempo, scrive copioni molto teatrali, ma una storia come quella di Lasciati andare potrebbe benissimo essere un suo trattamento: sia lo psicanalista, sia la ragazza selvaggia, sia il rapinatore sensibile, sono tipici personaggi alleniani che ritornano in più film.

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  4. sì - sandrello - hai perfettamente ragione. sì è creato una specie di contro-pregiudizio. eppure quello che trovo nei film (non tutti) di allen è un sacco di roba geniale che - in gran parte dei film italiani - mi sa che è assente da un bel po' (la roba geniale)

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