Un anno fa Francesco Piccolo ha ottenuto un buon successo di pubblico e di critica descrivendo l'Uomo di Sinistra così come se lo immaginano, da sempre, gli editorialisti del Corriere e i loro lettori: un bravo ragazzo che poteva e doveva diventare un tranquillo borghese ma a un certo punto - verso i dieci anni - ha deciso di fare un dispetto a suo papà e tifare la squadra simpatica ma sbagliata. Col tempo però ha capito e adesso sta ammonendo tutti i ragazzi a non fare come lui: non perdete tempo a tifare i perdenti, diventate adulti. Le idee di Landini - qualsiasi idee lui abbia, non è che Piccolo perda tempo a esaminarle - vanno rispettate, per carità; sono anche nobili, sicuramente, addirittura "condivisibili"; ma sono perdenti: e quindi Landini non dovrebbe averle. "Landini si iscrive in una storia, la storia della sinistra dalle idee inermi". Prima di lui c'era Tsipras, prima ancora Bertinotti - e Bertinotti, ricordiamolo, fece cadere Prodi nel '98, trauma da cui qualcuno non si è mai ripreso.
Piccolo, all'intervistatore dell'Huffington Post, dice anche altre cose: che ha per esempio apprezzato i libri di Houellebecq e Carrère, che però sembrano tradire una concezione apocalittica che a lui non piace. L'apocalisse infatti semplifica, "rende tutto elementare", mentre Francesco Piccolo ritiene che uno scrittore debba fare lo sforzo della complessità. Quest'ultima cosa ha veramente fatto bene a dirla nell'intervista perché qualcuno agli sforzi della complessità di Francesco Piccolo potrebbe anche non aver fatto molto caso. Infine Piccolo ci spiega quali sono i compiti dell'intellettuale, un po' come faceva Jean-Paul Sartre in quel suo agile volumetto del 1972. Io non so fino a che punto i francesi degli anni Settanta si meritassero Sartre, né quanto noi nel 2015 ci meritiamo Francesco Piccolo; in ogni caso per quest'ultimo l'intellettuale non deve partecipare alle manifestazioni o farsi "portabandiera delle idee"; bensì "osservatori dei portabandiera delle idee". A questo punto non so se sia Giovenale o Corrado Guzzanti a sussurrare dentro me: e chi osserverà gli osservatori?
Tutto molto in linea con l'idea che da sempre si fanno al Corriere: scrittori di sinistra scapestrati in gioventù - gli anni dorati in cui l'intransigenza sbandierata in corteo, se non paga, perlomeno ti garantisce qualche pomiciata - che poi mettono giudizio e scrivono il loro piccolo autodafè settimanale. Nel frattempo però sul Corriere c'è Angelo Panebianco, un professore che ha passato il ventennio berlusconiano a spiegare alla sinistra che Berlusconi vinceva per colpa della sinistra che invece di non essere di sinistra si ostinava caparbiamente a essere di sinistra, Angelo Panebianco dicevo, che di fronte a Renzi potrebbe continuare a scrivere più o meno gli stessi temini - basterebbe sbianchettare "Berlusconi" e scrivere il nuovo nome che per fortuna è più corto - e ne uscirebbe più o meno la stessa broda che produce Piccolo - e invece no: persino Panebianco prova a scrivere qualcosa di più complesso, perfino ambiguo.
In tanti anni non ho mai letto qualcosa di suo così interessante. Renzi, spiega Panebianco, non è Berlusconi, però... proprio per questo le sue riforme non stanno destando gli stessi allarmi, e sono riforme, per carità, non paragonabili a quelle fasciste, e però... una riforma quasi presidenziale qua, una cessione della Rai al governo là, insomma Renzi sta accentrando parecchio, e gli intellettuali dove sono? Non hanno proprio niente da dire?
...non c’è contraddizione fra volere un rafforzamento del governo (e dunque un accrescimento delle capacità d’azione di chi momentaneamente lo controlla) ed essere pronti a criticarne le singole decisioni e azioni. Proprio se si auspica, perché serve alla democrazia, un più forte potere esecutivo, occorre essere pronti a fargli le bucce ad ogni passo falso. Le democrazie hanno bisogno di governi forti (e chi scambia ciò per «autoritarismo» prende lucciole per lanterne). Non hanno invece bisogno di stuoli di cortigiani sdraiati ai piedi del suddetto governo forte. E il premier ne ha tanti.Qui, per quel poco che conta, si continuerà a osservare i portabandiera dell'opposizione, come vuole Piccolo, ma anche i manovratori, come consiglia Panebianco. Insomma continueremo a roteare a 360° impicciandoci un po' di tutto, come raccomandava quell'altro scrittore più sopra. Ovviamente ciò non basta per fregiarsi del titolo di intellettuale, ma ehi, ognuno fa quel che può nelle circostanze in cui si trova a vivere.
Gli intellettuali di sinistra sono quelli che fanno «un sacco di cose insufficienti» ma che poi sono promossi dal “mercato”.
RispondiEliminaEh, tu si che la sai lunga...
RispondiEliminaIo penso che il Corriere dovrebbe fare un gesto storico: dichiarare di essere un quotidiano conservatore con simpatie di centro-destra.
RispondiEliminaNon c'è nulla di male ad essere un quotidiano di centro-destra e si può continuare a fare quello che si è sempre fatto, ossia attaccare la sinistra in ogni occasione e, nei casi in cui la destra fosse davvero impresentabile, ribadire che comunque a sinistra stanno messi peggio.
Ma il Corriere della Sera si picca di offrire ai propri lettori una visione al di sopra delle parti e da bravo quotidiano al di sopra delle parti... attacca la sinistra sempre e comunque.
Ma Claudio, se il CdS attacca Landini attacca i reazionari. Poi non capisco come facciate a leggere quel giornale. Leggete La Stampa.
RispondiEliminaIo non mi riferisco al recente attacco contro Landini, ma alle politiche editoriali degli ultimi venti anni o forse più.
EliminaNello specifico su Landini, personalmente ritengo che la sua proposta di un referendum destinato inesorabilmente alla sconfitta sia un'idea di testimonanza senza alcuna possibilità di andare oltre, ma le mie idee sul Corriere non si son certo formate negli ultimi pochi giorni.