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lunedì 24 settembre 2001

logo ministeriale di rara bruttezzaLo metto qui perché voglio che passi alla Storia:
L'altro giorno ho scritto su una busta l'indirizzo più lungo della mia vita:

All'attenzione del dott. XXX YXXXX
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali
Ufficio V - politiche giovanili
Via Veneto 56
00187 Roma


E poi dicono che sono logorroico io... ma è la vita.

Sono un cliccatore, e ci tengo: per me copiare un antiquato indirizzo analogico su un antiquato pezzo di carta è già un'umiliazione. Ogni volta che mi reco in un ufficio postale e copio tre volte lo stesso indirizzo per ottenere una misera ricevuta di ritorno mi sorprendo a pensare che ben presto questo mondo analogico finirà, spianeranno quell'ufficio e ci faranno un internetcafè, e i dipendenti non troveranno altro lavoro che in certe miniere di sale.

Però un indirizzo così lungo è quasi un trofeo. Improvvisamente mi sono sentito più importante. Ho una vertenza con un ministero, io. Anzi, con vari ministeri, perché si trascina da tre anni e sono cambiati tre governi. E ogni volta si cambia ufficio, denominazione, indirizzo (sempre in Via Veneto, però). Ma io resto sempre lì, a chiedere soldi.

In sostanza si tratta di un documento che devo mandare. Ogni volta la formula non va bene, mi telefona una ragazza gentile e mi detta la formula giusta. Il problema è che... mi vergogno un po' a dirglielo, insomma... sarà che abbiamo accenti diversi... o che si mangia un poco le parole... io mi faccio ripetere le formule un paio di volte... prendo nota... niente da fare.

Ieri riordinando la mia cameretta riflettevo. Per non essere nessuno, io, sarò socio di almeno cinque-sei associazioni e presidente di una. E poi lavoro, faccio concorsi, pago bollette, ricevo gli estratti di tre conti diversi (più le lettere minatorie di una banca francese incazzata perché non ho mai chiuso il mio conto). Tutto questo si concreta in una marea di fogli e documenti e buste che non ho neanche più il coraggio di aprire, né di buttare via.

E quando provo a dare un'occhiata, tra abbozzi di poesie scarabocchiate, appunti per un comunicato o per uno statuto o qualcosaltro, numeri di telefono di chissachì, ogni tanto m'imbatto in una copia della famosa dichiarazione. "Chissà", mi dico, "magari è quella giusta". In giro devo averne decine, ognuna è diversa dall'altra in un punto o una virgola.

Tutto questo perché sono timido e non ho mai avuto il coraggio di prendere il telefono, chiamare il ministero e dire: Signorina, scusi, ma lei ce l'ha internet? Perché non mi manda un'e-mail e buonanotte?

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