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venerdì 10 gennaio 2003

Noi vagamente intuiamo che la nostra vita potrebbe cambiare ogni giorno, compreso domani, 10 gennaio ’03.
Ma per ora è molto più plausibile che si tratterà di un giorno come un altro. I giornali parleranno di Cofferati che replica a Fassino, e in tv Fassino ri-replicherà a Cofferati. Qualcuno, in mancanza di migliori argomenti, proporrà una riforma costituzionale a caso. Magari Berlusconi racconterà una barzelletta, di cui ci ricorderemo per mesi. Ci sarà qualche morto in Cisgiordania e qualche altra calamità nel resto del mondo. E la vita continuerà, senza pretese.
O forse no.

Per noi cittadini europei il 10 gennaio ’03 è il termine ultimo per dare il proprio parere sulla privatizzazione indiscriminata dei servizi pubblici. Lo sapevate? No, scommetto di no.

Magari qualche giorno fa avete sentito dire che è stato liberalizzato il riscaldamento, e non aveva l’aria della notizia che vi cambia la vita. D’ora in poi le società del gas sono libere di farsi la concorrenza per scaldarvi la casa. Caleranno le tariffe? Forse (quanto avete risparmiato in bolletta da quando hanno privatizzato la Telecom?).
E forse taglieranno i costi, licenzieranno qualche tecnico per assumere precari, smetteranno di servire quel paesino di montagna perché è uno spreco, e gli sprechi si tagliano: è l’economia.
O forse no. Non è che tutte le privatizzazioni debbano finire per forza come le ferrovie britanniche, ma è giusto chiedersi: chi ha deciso di liberalizzarci il gas? Siamo stati noi italiani? I nostri rappresentanti in Parlamento? Ma ce ne avevano parlato?

No. Non tanto. I nostri politici sanno quello che c’interessa: in primo luogo, i dibattiti sulle riforme, i premierati e i presidenzialismi. Poi le grandi opere: la quarta corsia dell’Autosole, per non sollevare l’accelleratore da casello a casello. Il ponte sullo Stretto. E così via. Il gas… non è un argomento che appassiona gli italiani. Del resto per il gas (e la luce, e tante altre cose), il parlamento si attiene alle direttive della Commissione Europea.
La Commissione Europea, dal canto suo, si attiene alle indicazioni del WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Quanto al WTO, non è ben chiaro a chi si attenga. È un’istituzione internazionale di dubbia democraticità, nata nel 1994, che non ha mai fatto mistero di voler liberalizzare il mercato dei servizi. Per “Servizi” intendiamo Luce, acqua, istruzione, sanità, trasporti, e altri 160 settori economici che insieme valgono un terzo del commercio mondiale, più di un migliaio di miliardi di fatturato.
Un bel bocconcino, da immettere nel Mercato Globale, proprio adesso che langue. A chi giova? A noi cittadini-utenti? Forse, chissà. Ma sicuramente gioverà alle multinazionali (64 tra le prime 100 multinazionali nel mondo si occupano di servizi).

Finora la liberalizzazione globale dei servizi non c’è stata, per una serie d’impedimenti, tra i quali il malcontento popolare. Forse vi ricordate solo le vetrine rotte, ma a Seattle si protestava proprio contro i disegni del WTO.
Sono passati quattro anni, ormai, dal naufragio del famigerato Accordo Multilaterale degli Investimenti (MAI). I vertici WTO non si svolgono più in città affollate, i delegati preferiscono posticini appartati, come Doha (Qatar).
È in questi rifugi fortificati, al riparo dai teppisti e dei giornalisti (che senza teppisti non si scomodano) che dalle ceneri del MAI è nato il GATS.

In italiano GATS si direbbe Agcs: accordo generale sul commercio dei servizi. È una trattativa complessa, che parte nel 2000 e dovrebbe terminare nel 2004. Ogni membro del WTO ha la possibilità di chiedere qualcosa, ma alla fine dovrà concedere qualcos’altro. Al grande round l’Italia non partecipa da sola, ma fa squadra con l’Unione Europea.
Bene. E cosa chiede l’Unione Europea agli altri Paesi? Qualcuno lo sa? E chi l'ha deciso?
Ma soprattutto: cosa ha intenzione di concedere?

Credo che in quanto cittadino europeo dovrei essere al corrente di queste cose. Di più: dovrei aver partecipato alla decisione, perché l’Europa è una democrazia. È stato così? Qualcuno ha chiesto il mio parere?
La risposta è sì: qualcuno ha richiesto il mio parere.
Dal novembre scorso la Commissione Europea ha sottoposto al “pubblico” un cospicuo documento intitolato RICHIESTE DEI MEMBRI DELL'Organizzazione Mondiale del Commercio alla Commissione Europea E AI SUOI STATI MEMBRI RELATIVE AD UN MIGLIORE ACCESSO AL MERCATO PER I SERVIZI. Dove? Ma che domande, su internet! Di modo che tutti possano accedere più facilmente.
In cima Pasqual Lamy, Commissario al Commercio, si presenta:

Da quando sono entrato in carica, nel 1999, ho sempre cercato di operare all'insegna della trasparenza e di mantenere un dialogo permanente con tutte le parti interessate su tutte le questioni, più o meno fondate, sollevate dalla liberalizzazione del commercio […] Vi invito pertanto ad esaminare attentamente il presente documento e a comunicarci i Vostri commenti in proposito entro il 10 gennaio 2003.
Ma a chi sta parlando, Lamy? Chi sono le “parti interessate”? I cittadini d’Europa, i loro rappresentanti politici, la società civile, le ONG? Lamy non s’indirizza a nessuno. Curioso lapsus. (Nella versione inglese, le “parti interessate” sono gli stakeholders, “soci azionisti”).

Beh, in ogni caso non abbiamo scuse. Avevamo due mesi di tempo per leggere le 58 pagine di richieste e comunicare le nostre valutazioni a Lamy. Perché non le abbiamo notate? Forse perché i giornali parlavano di presidenzialismo e di Byron Moreno?

Chi ha avuto il tempo, ha notato qualche lacuna. Una macroscopica: mancano le richieste formulate dall’UE agli altri Paesi: sono 109. Non abbiamo il diritto di sapere quello che vogliamo, oltre a quello a cui dobbiamo rinunciare?

Il GATS è una cosa seria. Rivoluzionerà il rapporto tra pubblico e privato. Il modello è il mercato comune di Canada, USA e Messico, dove le imprese private possono citare in giudizio i governi che si attentino a privilegiare il loro servizio pubblico rispetto a un concorrente privato. Statisticamente, la giustizia dà torto al governo. Recentemente L’UPS ha denunciato le Poste Canadesi (teste Ralph Nader).

Ora vi chiedo una cortesia. Parliamoci chiaro: io non l’ho letto, il dossier di Lamy. Forse non ne sarei in grado nemmeno avendo il tempo. Ma ho la sensazione che quel tempo non ci sia stato concesso, e trovo che questo sia molto grave. Anche se fossi un fan sfegatato delle liberalizzazioni.
Per questo scriverò una mail a Lamy, manifestando il mio disappunto, e vi chiedo di fare lo stesso. Qui trovate un testo già pronto.

Poi potremo tornare alla nostra vita quotidiana, a Fassino che si lamenta perché tutti gli remano contro (nel frattempo due esponenti del suo partito fanno passare un emendamento che obbliga i Comuni a privatizzare gli acquedotti).
Torneremo a parlare di quanto sarebbe bello avere un presidente eletto dal popolo invece che dal parlamento -- come se cambiasse qualcosa, quando l'agenda dei nostri politici la compila il WTO.

E così il 10 gennaio passerà, come passano tanti altri giorni, senza cambiarci la vita.O forse sì. Non lo sapremo mai -- ma togliamoci il pensiero.

1 commento:

  1. Sinceramente mi sembra un buon pezzo: chiaro, funzionale e senza pretese. Se avessi continuato così, giorno per giorno, forse oggi sarei una persona migliore.

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