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martedì 30 settembre 2003

Standby, quanti crimini in tuo nome

Fino a quindici, vent’anni fa, si trattava di un grattacapo abbastanza normale, e nessuno da noi si sognava di parlare di blackout. Quando le luci si spegnevano, si guardava alle finestre: se i lampioni erano spenti “avevano tolto la corrente”. Chi l’avesse tolta e perché non era argomento di discussione. Candele, pazienza, e se la cosa tirava per le lunghe, in officina c’era un generatore a nafta. Tutte le aziende probabilmente ne avevano uno: in particolare la bottega di fianco a noi, per fare andare i frigoriferi.
Questo accadeva più o meno una volta al mese, non sotto l'Albero degli Zoccoli, bensì nell’evoluta e operosa bassa padana dei primi anni Ottanta. E io credevo che le cose andassero così dappertutto.
Ma man mano che si andava avanti, e in casa arrivavano elettrodomestici di nuova generazione, la mancanza di corrente poneva nuovi problemi. Il primo vero fastidio fu il timer del VHS: ogni volta occorreva aggiornarlo, altrimenti lampeggiava, trasformando il salotto spento in una discoteca tecno (certe notti, alla ricerca di un bicchiere d’acqua, restavo ipnotizzato dal pulsare azzurro del vetro della porta).
L’inerzia ha sempre la meglio, per cui col tempo ci abituammo alla discoteca e abbandonammo ogni velleità di sfruttare il timer. Ma la sola idea che un vhs avesse un orologio progettato per registrare un programma a quindici giorni di distanza mi aveva messo un germe in testa: “Ma dove la fanno questa roba, in Germania? Ma in Germania la corrente non gli salta mai?” Evidentemente in Germania la corrente non saltava una volta al mese.

In seguito, in effetti, le interruzioni si sono fatte più rare. Ma io non ho mai pensato di potermi fidare di una radiosveglia con la spina (a differenza di molti, a quanto sento). Nel frattempo le mie camere si riempivano di simpatiche lucette: lo standby giallino del monitor, lo standby rosso dello stereo… addirittura nel corridoio della casa dei miei hanno messo due luci verde di emergenza. Ho scoperto molto tardi, sfogliando un opuscolo, che quelle lucette consumano un sacco di corrente.
Il fatto è che non sempre si possono spegnere.
Un anno fa ho comprato un nuovo stereo, ispirandomi a criteri di convenienza, sobrietà, praticità, scarso ingombro, e poi era la stessa marca del registratore che mi regalarono da bambino ed è sempre andato da Dio. Bene.
Questo stereo ha una lucetta rossa che non si spegne in nessun modo. A meno di staccare la spina… però se stacco (operazione brigosa, ma io sono un tipo sportivo) il timer, naturalmente, si cancella.
Se il timer si cancella, lo stereo è quasi inservibile. Per esempio: non va in standby. Lo stereo accetta di essere messo in standby soltanto se l’orologio è sincronizzato a una qualsiasi ora. Altrimenti si accende da solo e inizia a recitare sul sobrio display una dimostrazione di tutte le sue interessantissime funzioni. La stessa dimostrazione che continua a mostrarmi da un anno a questa parte, perché è inutile lottare.
E infatti mi sono arreso, ma continuo a farmi la domanda: perché? A chi giova uno stereo che rifiuta di spegnersi? Chi lo ha progettato, probabilmente, non ha mai sperimentato un’interruzione di corrente negli ultimi dieci, vent’anni. Ma da noi in fondo basta attaccare forno elettrico, scaldabagno e lavatrice, e la valvola scatta. In Germania non succede? Negli Usa? In Giappone?

Ma il massimo è quando gli stessi progettisti si convincono di essere eroi del risparmio energetico. I monitor dei PC, per esempio: non sono incredibili? Hanno inventato un sistema per cui il monitor si accorge quando nessuno lo guarda da dieci minuti (o un quarto d’ora, o il tempo che volete voi) e si spegne da solo. Fantastico, no?
Peccato che il medesimo monitor, quando la corrente vien meno, impazzisca completamente: anche se è spento, nel momento in cui torna la corrente si accende da solo per annunziare al mondo che ha perso il segnale, e non si spegne più. (I tre PC che frequento abitualmente, almeno, si comportano così).
Domenica sono andato a letto all’una e mi sono svegliato alle dieci, al luccichio della spia rossa dello stereo, del lampeggiante verde del cellulare e… della luce blu del mio monitor, che invadeva la stanza. Quanta energia ho buttato via la notte del black out?

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