La sarkosi
È inutile far finta di nulla, ci ha preso un po’ tutti (è importante premettere che in realtà questo Sarkozy non abbiamo la minima idea di chi sia veramente: ne sappiamo poco e leggiamo giornalisti che ne sanno di meno).
La malattia ha forma diverse, come la peste che può essere bubbonica o polmonare. Diciamo che l’impiegato del Quirinale che va in giro per Roma a menare gli straneri scortesi ha preso la sarkosi nella varietà “racaille”: oh! Finalmente anche a sinistra si valuta la possibilità di risolvere il problema stranieri non con i diritti di cittadinanza, ma con insulti e aggressioni preventive. Ecco, sì, apriamo un dibattito.
Altri in Sarkozy hanno visto la faccia nuova. Questo è fantastico, perché io dieci anni fa già bazzicavo la Francia e la facciona di gomma di Sarkozy ai guignols de l’Info me la ricordo benissimo. Se provate a dire a un francese che Sarko rappresenta “il nuovo”, vi guarderà strano. D’altronde è vero che è giovane, per i nostri parametri. E allora vai, vai coi giovani. Questa forma si chiama sarkosi giovanile, e voi ci siete dentro.
Voi avete il pallino delle persone. Le persone che non vi piacciono non vanno bene; occorre sostituirle con persone che conoscete voi. In pratica, l’unico reale inconveniente dell’establishment è che non ci siete ancora arrivati. La vostra è l’angoscia del Principe Carlo che invecchia mentre la regina non smolla il trono. Vi capisco, ma non la penso come voi.
Io sono piuttosto scettico nei confronti dell’unità-Uomo. Per me è materiale umano, plasmabile a seconda delle strutture. Io in effetti credo nelle strutture. La mia forma di sarkosi è forse più tenace della vostra, perché è strutturale. Si è attaccata alle ossa, al midollo. Mi preoccupa.
Da un po’ di tempo in qua per esempio mi sto convincendo di non vivere in una repubblica, ma in una
Dittatura parlamentare
Ho dato un occhio all’ordinamento: il Parlamento è il centro di tutti i poteri. Nomina il Capo dello Stato, un notaio che ratifica le leggi prima che siano pubblicate. Quest’ultimo deve consultarsi coi capigruppo per esprimere il Capo del Governo, un ragioniere che dopo aver ceduto i Ministeri ai partiti che lo hanno designato, deve rassegnarsi a ‘governare’ primus inter partes, con un contratto CoCoPro: in qualsiasi momento è licenziabile con un doppio voto di sfiducia. Di chi? Ma del Parlamento… i cui due presidenti, en passant, nominano persino il consiglio d’amministrazione della Rai.
In tutta la struttura, il Parlamento è l’unico organo a essere eletto direttamente dal popolo. È il budello della volontà popolare: tutta la sovranità che l’articolo 1 della Costituzione assegna al popolo, noi la trasferiamo unicamente lì, una volta ogni cinque anni. Da quel momento la perdiamo: l’articolo 67 in questo è categorico. “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. È chiaro? L’on. Caruso potrebbe passare dopodomani ad AN senza venire meno a nessun vincolo nei confronti di chi lo ha mandato a Montecitorio. In pratica, ogni parlamentare è Re. Per cinque anni non deve riferire nulla a nessuno. Poi, in linea teorica, potrebbe essere decapitato dal popolo elettore. Ma ha avuto cinque anni per arricchirsi e prepararsi alla successione di sé stesso.
E allora: perché continuiamo a prendercela coi partiti? Dal 1989 a oggi li abbiamo cambiati tutti, e non è cambiato molto. La radice del problema non sono i partiti. I partiti sono agenzie di raccolta dei voti, finanziate dai parlamentari. Forse il concetto di partitocrazia è stato un abbaglio. Il nucleo del problema è il parlamento.
Cito da uno degli ultimi numeri di Internazionale (che cita La casta): “In Italia c’è un parlamentare ogni 60.371 eletti, ogni 66.554 in Francia, ogni 91.824 in Gran Bretagna, ogni 560.747 negli USA. La spesa per il Quirinale è di 217 milioni di euro, per la Corona britannica 56,8. Il Quirinale ha 1072 dipendenti, il Bundestag 160. Lo stipendio di Bush è di 22mila euro, Prodi 18mila, Blair 15mila, Zapatero settemila. La camera costava 140 milioni di euro nel 1968. un miliardo nel 2007. Un parlamentare guadagnava 1964 euro nel 1948, 15.706 nel 2006”. Se pensate che il problema sia degli uomini, non potete che concludere che l’atteggiamento predatorio dei potenti sia un carattere della cultura nazionale: a questo punto potete pensare che gli Uomini Giovani siano meno attaccati al soldo dei Vecchi (ma perché?) oppure semplicemente lasciar perdere, ci sono tanti altri bei Paesi in cui emigrare (è il dilemma di Scalfarotto: salvo l’Italia con la forza della mia gioventù, o me ne resto in UK dove i treni sono puntuali?)
Io invece mi ostino a credere che il problema sia strutturale: il rischio di un Parlamento elefantiaco e incontrollabile era già nero su bianco nella formula costituzionale che lo prevedeva come unico depositario della volontà popolare. Banalmente: i parlamentari si alzano lo stipendio e i benefits perché possono farlo, perché nessuno può impedirglielo. Benché spesso mostrino di volerne parlare, non si ridurranno mai le poltrone da soli: andrebbe contro a una logica di autoconservazione che è tipica non dico degli italiani, ma di tutti gli uomini e di molti altri organismi viventi.
Il simbolo umano della degenerazione della Repubblica in dittatura parlamentare è senza dubbio l’invitto Clemente Mastella, che col suo feudo elettorale, col suo due-e-qualcosa per cento, può scrivere l’agenda del governo Prodi, o mandarlo a casa se gli va. Per molti anni ci siamo raccontati che Mastella è un parassita del sistema: perché? Non approfitta di nessuna falla nel sistema immunitario. La verità, piuttosto pesante da accettare, è che Mastella è una normalissima cellula del sistema, che fa esattamente quello il sistema gli chiede di fare.
La dittatura parlamentare è decisamente la più sottile da individuare, perché in apparenza è tutto fuorché monolitica o totalitaria: nel Parlamento si accettano tutti, c’è spazio per comunisti, transessuali, oriundi argentini e separatisti alpini. Tutto è negoziabile, tutto è lottizzabile, e in teoria ogni cinque anni la sovranità ritorna al popolo. I parlamentari per ora questo non possono togliercelo – ma intanto sono riusciti a toglierci la preferenza sulle schede. Tempo al tempo.
Come siamo arrivati a questo? La centralità del Parlamento è un lascito dell’antifascismo: Mussolini non era diventato veramente Mussolini finché non aveva chiuso le aule sorde e grigie. Tolto di mezzo il puzzone, Togliatti e De Gasperi potevano avere soltanto due cose in comune: i voti dei lavoratori (e il lavoro infatti è il fondamento teorico della Repubblica) e la stanza in cui si parlavano. Col tempo il lavoro si è parecchio decentrato, ma la stanza è rimasta lì, in dotazione agli eredi.
All’inizio, peraltro, il sistema parlamentare rispecchiava l’identità di un’Italia realmente divisa in schieramenti organici e complementari: fino agli anni ’70 i partiti-massa da questo punto di vista hanno fatto il loro dovere. Votare PCI o DC (o PSI) significava entrare in una rete sociale, provvista di un sindacato, un circolo ricreativo, una polisportiva, un istituto di credito, un canale Rai... La lottizzazione, prima ancora che negli affari, esisteva nella società – perlomeno come progetto. Era un progetto abbastanza originale, e sarebbe stato curioso vederlo realizzato, ma fu accantonato negli anni ’80, quando il benessere ci convinse che l’Italia era diventata un’altra terra delle opportunità: nello stesso periodo i partiti di massa smisero di avere il polso del Paese. Si sono riciclati come agenzie elettorali, e tutto sommato da questo punto di vista continuano a funzionare abbastanza bene.
L’animosità verso il parlamento è sempre esistita. Negli anni ’80 c’era già chi parlava di presidenzialismo: erano Craxi e Almirante, entrambi a loro modo eredi di una corrente sotterranea antiparlamentare.
Poi ci fu Mani Pulite e la fase dei referendum (tra i quali, ricordo, l’abolizione dell’immunità agli onorevoli). Quello fu in assoluto il momento in cui il Parlamento rischiò di più l’attacco dei cittadini. Se fu in grado di riorganizzarsi negli anni seguenti, fu proprio perché non fu riconosciuto come il vero nemico: al parlamento facevano riferimento i più accaniti nemici della partitocrazia, i Segni o gli Orlando. Il risultato fu il capolavoro di una finta riforma elettorale: dal 1994 a oggi, noi entriamo nelle urne convinti di votare per Berlusconi o Prodi. Nei bollini delle schede a volte c’è persino scritto “Berlusconi” o “Prodi”. Ma in realtà non votiamo per loro: votiamo per i parlamentari che (in teoria, ma senza vincolo di mandato) dovrebbero votare per loro. Nei fatti Berlusconi o Prodi hanno dimostrato varie volte di essere ostaggi nelle mani dei loro Grandi Elettori. Dietro a un simulacro di elezione presidenziale, il Parlamento prospera e ingrassa.
E Berlusconi? All’apparenza, l’Uomo del destino contro i pigmei parlamentari. In realtà la sua traiettoria ha dimostrato la forza del Parlamento italiano, che dopo essersi mangiato decine di referendum, è riuscito a sopravvivere alla grande anche all’Uomo nuovo. E veramente, se c’era qualcuno in Italia in grado di soggiogare il Parlamento-Re, era lui. Perché non c’è riuscito? Forse perché – banalmente – è un cattivo politico. Le riforme costituzionali gli interessavano soltanto come moneta di scambio con D’Alema & co.; persino alleati parlamentari secondari come Bossi, o minuscoli come Follini, sono riusciti a metterlo in difficoltà.
In tutti questi anni io ho sempre pensato che la repubblica parlamentare fosse la meno peggio. L’avevo ereditata dai padri costituenti, per i quali nutrivo affetto e rispetto. L’alternativa presidenziale mi sgomentava: la personalizzazione della politica mi sembra un errore, soprattutto quando la Persona è Craxi, prima, e Berlusconi poi.
Adesso guardo a tutto con occhi nuovi. Il modello francese ha tanti difetti, ma mi seduce. Il ballottaggio ti permette di baloccarti con la tua identità al primo turno, e di scoprirti adulto e responsabile al secondo. Un Presidente legittimato da un’elezione popolare non sarebbe più ostaggio di nessuno. Basterebbe la sua ombra a indurre i parlamentari a più miti consigli quando si parla di aumentare gli stipendi.
Insomma, ci sono dentro fino al collo. Sarkosi presidenziale. È grave, dottore?
Sull'autoanalisi sei titolare, quindi ciò che scrivi è indiscutibile. Mi fido. Sulla pretesa di sapere cos'ha in testa il prossimo, hai qualche presunzione di troppo. Fidati. Luca S.
RispondiElimina"L’on. Caruso potrebbe passare dopodomani ad AN senza venire meno a nessun vincolo nei confronti di chi lo ha mandato a Montecitorio."
RispondiEliminaVero: diventerebbe solo un po' meno fascistoide.
La mia, più che una pretesa, è un tentativo.
RispondiEliminaTempo e spazio per spiegare cosa avete in testa ne avete avuto: perdonami se continuo a trovare tutto poco chiaro.
Esprimere una critica a un meccanismo di cooptazione proponendo di cooptare altra gente (un po' alla rinfusa) non mi sembra proprio il massimo. Come minimo ne deduco che la cooptazione non vi dispiace: vi dispiace non essere i cooptatori.
Io preferirei fare una critica strutturale: perché l'establishment si autoalimenta e si autolegittima? Chi gli dà tutta questa forza? Ho paura che sia l'ordinamento repubblicano, tale e quale si trova nella Costituzione, a creare le premesse per la creazione della Casta.
Che poi io sia in grado di farla davvero, questa critica, è un altro paio di maniche. Si tratta di un tentativo, tutto qui.
Potrei anche organizzare la mia Lista di persone che mi piacciono, ma non sarebbe molto più serio.
"E allora: perché continuiamo a prendercela coi partiti? Dal 1989 a oggi li abbiamo cambiati tutti, e non è cambiato molto. La radice del problema non sono i partiti. I partiti sono agenzie di raccolta dei voti, finanziate dai parlamentari. Forse il concetto di partitocrazia è stato un abbaglio. Il nucleo del problema è il parlamento."
RispondiEliminaleo, e dire che conosci il fascismo... e lo studi... non e' che stai un po' tanto svaccando?
brutto pezzo
Leo, e' inutile tentare di ragionare con Luca S.
RispondiEliminaE' fatto cosi': con lui non si riescie ad andare oltre ad una battuta.
Io ci ho provaro sia via mail, sia nei commenti di altri blog, ma non sono mai riuscito ad andare oltre a una battuta.
Mi piace la parolina magica di questo post: strutturale. Sarà un ragionamento marxista ma non si giudica mai la singola pedina quando c'è una scacchiera sotto...
RispondiEliminasteu
bell'articolo, ops, post.
RispondiEliminaps: la settimana scorsa ero in Francia. una delle mie ospiti era particolarmente dispiaciuta della vittoria di sarko, lei e gli altri hanno concordato su una cosa: il-est tres abil (o qualcosa del genere: a queste riunioni dove si parla francese mi tengono perché faccio spogliatoio, credo)
Di quasi tutte le proposte di modifica costituzionale che ho visto in questi anni posso dire: toccano cose che vanno ancora abbastanza bene e lasciano stare i bubboni...
RispondiEliminaCerto che vi state proprio accanendo su questa coppia!
RispondiEliminaAvevo appena letto l'ultimo post di Malvino in proposito, e arrivo qui.
Poi mi sovviene di quest'altro post di Luttazzi.
In altra sede Luttazzi ha precisato che, in quell'intervista, Dell'Utri dichiarò che Luca Sofri era uno dei giornalisti che lui stimava di più.
Insomma Leo: uomo avvisato, mezzo salvato...
il problema è nelle regole e nel tasso di rispetto delle stesse. che è implicito nelle regole.
RispondiEliminatu scrivi un cazzo di regolamento (vabbè di costituzione e poi diventa la costituzione "pratica", applicata. che è come nei film quando la mattina il tizio si sveglia accanto alla tizia: è un po' diversa. lei vorrebbe anche essere sempre splendida, ma insomma deve far colazione e andare al cesso...
e poi l'evoluzione è quella: qualunque organismo prova sopravvivere, anche mutando. non sempre ci riesce (cfr. craxi) ma spesso sì (cfr. andreotti, de mita, berlusconi...).
un po' come i blogger: tutti hanno aperto un blog perché avevano qualcosa da comunicare e ora (molti) comunicano perché hanno un blog da gestire...
insomma dovremmo tutti guardare la realtà: la maggior parte di noi sono esseri umani, vivacchiano, fanno il meglio che possono a volte in quello che gli interessa (musica, sesso, soldi...).
le garanzie e le regole dovrebbero star lì a garantire che le cose funzionino.
insomma la classe parlamentare non è (tanto) peggiore di quel che siamo noi. una manica di trafficoni, pronti a chiedere il rispetto dei propri diritti e a fregarsene di quelli degli altri. la maggior parte di noi al posto loro farebbe quel che fa la maggior parte di loro: penserebbe alla macchina da cambiare e a come fare a trobarsi quella biondina, cianciando di etica e principi...
insomma nessuno ha puntato la pistola alla tempia di qualcun altro per fargli votare mastella o caruso. vogliamo parlare di vicenza? il centrodestra ha stravinto e quindi 'sta cazzo di base si dovrà fare, quindi: siamo pronti per la democrazia?
si vota a maggioranza e boicottare i risultati che non ci piacciono o trafficare per snaturare le conseguenze di quei risultati non sembra granché democratico
vedi alla voce
regole e rispetto delle regole
Notevole quella frase: "la maggior parte di noi sono esseri umani".
RispondiEliminaE la minor parte? Sono santi? Marziani? La repubblica funziona solo se la dirigono i santi?
"Struttura" è una parola che compare spesso qui, soprattutto l'anno scorso era un tormentone (qualunque cosa succedesse io sostenevo che fosse strutturale). Può darsi che sia un residuo marxista, ma in questo caso si riferisce a un insieme di regole che fissano i rapporti tra il popolo e i suoi rappresentanti. Mi piace vedere la Repubblica come un edificio, ed è ovvio che chi l'ha progettata ha preventivato la fallibilità e la cupidigia umana, esattamente come un buon architetto deve preventivare che il legno marcisce e il ferro ruggina.
Ora, il problema è: fatta salva la nostra natura di miserabili peccatori, l'edificio in cui abitiamo è stato progettato a regola d'arte? Non può avere amplificato alcuni nostri difetti? Non può avere frustrato nostre eventuali qualità? Tutto qui.
il nodo, credo, è il popolo. I Francesi restano un popolo incazzoso che non si fa pregare di scendere in piazza e dar fuoco alle città, hanno tagliato già delle teste... e alla fine la rivoluzione è come andare in bicicletta, ti resta dentro. Hanno scelto un nano patito di neo liberismo, ma sicuramente non gli lasceranno fare i cazzi suoi per tutto il mandato.
RispondiEliminaL'orientamento più o meno unanime degli studiosi mi risulta essere quello di riconoscere un graduale esautoramento del ruolo parlamentare e non solo in Italia. Cosa che non è in contraddizione con l'innalzamento e la blindatura dei privilegi, anzi, si accellera anche come controbilanciamento per questa perdita delle proprie prerogative naturali di rappresentanza.
RispondiEliminaPerciò non direi che è un male inscritto nel nostro ordinamento costituzionale, è piuttosto un rischio, una debolezza che può presentare il conto in un momento di forte crisi del rapporto tra politica e società, cioè oggi.
Ma stiamo forse dicendo qualcosa di nuovo? L'Italia repubblicana nasce e prosegue come un sistema retto dagli equilibri reciproci e di forze contrapposte, ad ogni livello ed in ogni settore, cosa che ci ha accompagnato nelle varie fasi fino all'oggi.
Quadro che tra moltissime rinunce e limitazioni ha comunque avuto una sua logica fintantoché sussistevano le ragioni che lo determinavano (dalla guerra fredda in giù) e fintantoché c'era dei blocchi sociali verticali e capillari a dargli corpo e direzione. Venendo meno i partiti di massa e il proporzionale, progressivamente il parlamento va perdendo la centralità che aveva avuto (conseguenza anche di un'opposizione relegata per mezzo secolo in questa posizione). Rimangono però tutte le garanzie che erano state previste nell'ottica del vecchio ordinamento. Con l'effetto di farne un po' una batteria di polli sovralimentati.
Quando si votò per l'uninominale e si gettarono le basi di una transizione incompleta e ibrida queste cose erano state dette e ridette e i riferimenti al modello francese si sono sprecati. Non c'è bisogno di aspettare Sarcozzi o lo sfascio per farsi venire i traumi e rigettare in blocco tutto quello in cui si è creduto.
Anzi questa propensione al trauma è proprio una delle ragioni per cui in Italia non si riescono a gestire i cambiamenti. E si vive di allarmi ed emergenze.
Mi fa anche ridere che i costi della politica diventino di botta l'argomento chiave di critica al sistema e momento di ritrovata inflessibilità civile del cittadino, dopo che per anni se ne è ingollato di ogni e ce se ne è strafottuti di qualsiasi. Ma questo è un altro discorso.
Secondo me non ti deve far ridere, perché l'indignazione popolare ha i suoi tempi, i suoi corsi e ricorsi.
RispondiEliminaLe cose che sappiamo, che abbiamo sempre sapute, un giorno diventano insopportabili: funziona così anche nei rapporti di coppia o professionali, perché non dovrebbe accadere nel nostro rapporto con la politica?
Negli ultimi anni i partiti si sono autolegittimati sfruttando correnti di indignazione: l'antiberlusconismo o l'anticomunismo. Bisognava votare compatti per eliminare il nemico. Oggi che questa tensione emotiva collettiva è un po' esaurita (per stanchezza, perché i protagonisti di quella fase sono ancora tutti ai loro posti) l'insofferenza cresce.
Il discorso che facevi sopra, sul fatto che il parlamento in realtà abbia perso le sue prerogative autentiche, mi sembra che fili. Possiamo dire che il parlamento in Italia in questo momento fa tutto tranne quello che dovrebbe fare: esercitare il potere legislativo. Amministra il consenso, pretende di rappresentare le varie identità della nazione, ricatta il governo, eccetera.
è vero sono uscito un po' fuori tema, o forse no.
RispondiEliminaprima precisazione: io penso davvero che la maggior parte di noi siano umani, gli altri non so. licapisco come capisco i cani e le api: niente, per me potrebbero essere alieni.
seconda cosa: torniamo alle case e agli architetti. se si tolgono le preferenze perché sono lo strumento per controllare il voto (o almeno è quel che si dice) e si finisce per dare il potere assoluto ai partiti (agli apparati di partito)togliendo quel poco di valore residuo al voto: su questo hai perfettamente ragione
quel che personalmente ritengo il punto cruciale: a che serve il pd e a che servirà fare un nuovo raggruppamento alla sinistra del pd?
cazzo, stanno al governo ora perché non cominciare a cambiare l'italia ora? perché quando fanno il consiglio dei ministri non si parlano? ci hanno un cazzo di programma da 3-400 pagine... e damojelo 'no sguardo!
Qualche sparsa mia opinione. Premetto che non seguo più la politicanazionale. Un po' cerco di capirci qualcosa di quel che si muove a livello politico ed economico (strutturale...) nel mondo, non riuscendoci nella maggior parte dei casi... (non sono un intellettuale). Detto ciò:
RispondiElimina- La degenerazione (davvero stomachevole...) del "partitismo" credo sia non ultimo determinata dall'adesione ecumenica al "pensiero unico", al "pragmatismo": ragazzi poche seghe, guardiamo la realtà. Quindi: w il mercato (questo mercato), w l'economia (questa economia), w la realtà (questa realtà). Ciò significa anche perdita di antagonismo "morale": se la realtà è questa ed io (sostanzialmente) non posso che accettarla (con qualche toppa colorata qui e lì) il mio comportamento ben poco sarà determinato da il "dovrebbe essere"
- L'economia mondiale mi sembra sempre più speculativa e sempre meno produttiva. La versione che abbiamo in italy è (ovviamente) clownesca, ma di misture fra politica ed economia (speculativa) ne è pieno il mondo. Tale mistura porta (anche) gruppi di potere e partitocrazia.
- L' italia è spassosissima: credo sia il paese più illegale del mondo, nel senso che c'è una quantità di ipocrisia assolutamente stabordante ed ammicante. Siamo degli attori eccezionali. Siamo il paese del "tutti lo sanno ma, per favore, non diciamolo".
- Intorno a questa "illegalità", attorno alla partitocrazia, intorno ai vari mali italici, c'è una vera e propria economia, florida e difficilmente eliminabile. Questo per dire che molte storture fanno struttura (alè), non ultimo nel senso che sono un insieme solido e privo di contraddizioni.
- Lavoro (part-time) nel ventre della balena burocratica italiana. A chi parla male dellla burocrazia mi diverto sempre a rispondere: "ringrazia il cielo... se funzionasse benissimo, forse non ti converrebbe". C'è una tale quantità di convergenze di interessi su ogni "malfunzionamento" che non saprei come sciogliere il nodo gordiano. Se ci fossero meno moduli, quanti fornitori, impiegati, consulenti, cartiere, spedizionieri, tipografie, etc. finirebbero sul lastrico? Esagero?
Scusate la lungaggine
g
Bravo Leo, chapeau ba.
RispondiEliminasecondo te la bieca, minuscola speranza almeno di un ridimensionamento la possiamo avere?
RispondiEliminaSarkosi presidenziale. È grave, dottore?
RispondiEliminaSì.