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martedì 18 agosto 2009

Una bandiera, una speme

Noi siamo da secoli calpesti, derisi

Col tempo uno finisce col rendersi conto che la polemica sull'Inno nazionale è molto più stucchevole dell'inno stesso. Perché insomma, cosa pretendete da una canzone patriottica? È una simpatica marcetta, niente più e niente di meno; è ottocentesca, siccome la patria è nata nell'Ottocento; probabilmente non commuove nessuno ma per le parate e le pose pre-partita va benissimo. Può darsi che sia più bello il Va' pensiero – anzi, lo è senza dubbio – ma poi la gente dovrebbe alzarsi a teatro in mezzo al Nabucco, ne vale la pena?

L'unico vero rilievo è al testo – in effetti lo chiamano tutti Inno di Mameli, ma l'unica cosa che funziona bene è la musichetta di Novaro, con quell'irresistibile po-ro-po po-roppo-pò che toglie agli ascoltatori qualsiasi dubbio sulla serietà della nazione a cui si sta inneggiando. Il testo, sì, è quel disastro che sappiamo: soprattutto la prima strofa, con quello Scipio e quella Vittoria che nessuno sa bene chi siano e perché la seconda debba porgere la chioma al primo, l'annoso equivoco sul numero di “o” di “coorte” (cambia tutto se invece di stringerci in un plotone compatto preferiamo semplicemente paracularci intorno a un re o a un principe; ma in fondo già allora i garibaldini da Marsala a Teano avevano la “o” variabile a seconda della necessità del momento), e soprattutto la sinistra promessa di martirio, “siam pronti alla morte”, roba da hezbollah, poco consona alle occasioni sportive.

Si potrebbe ovviare con una situazione semplice, alla tedesca: loro alla caduta del nazismo hanno semplicemente cassato la prima strofa, Deutschland Deutschland über alles, eccetera. Noi potremmo fare lo stesso – in effetti la seconda strofa è quella che mi piace di più:

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi
Perché non siam Popolo
Perché siam divisi
Raccolgaci un'Unica
Bandiera una Speme
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò

Purtroppo mi sembra incantabile. Ma con un po' di pratica.
In alternativa propongo il Rugido do Leão di Piccioni. Ideale per la parata del due giugno, e i calciatori non dovrebbero nemmeno imparare le parole.

26 commenti:

  1. Non vorrei fare il precisino ma la Vittoria non deve porgere la chioma a Scipio, ma all'Italia ("Dov'è la Vittoria? *Le* porga la chioma")

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  2. Hai ragione, il Rugido do Leão è perfetto!
    Rende ancor meglio del "poro-po-po-po-po" l'idea della serietà della nazione di cui si parla. In alternativa secondo me sarebbe valido anche L'inno del corpo sciolto di Benigni...

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  3. se non ricordo male, l'unica strofa "ufficiale" dell'Inno di Mameli è la prima.

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  4. Io invece, visto che ai legaioli piace Verdi e visti i tempi, proporrei "Questa donna pagata io l´ho" dalla Traviata.

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  5. E la bandiera? Io ne voglio una tutta verde con la faccia di Barbarossa nel mezzo!

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  6. Che canta "via Margutta"? ;-)
    NelloF

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  7. sono incuriosito dalla strofa "ufficiale". In che senso solo la prima è "ufficiale"?

    No, perchè la cosa che ho sempre trovato più divertente nella polemichetta è proprio questa: che tutta quella gente che si riempie la bocca con l'inno poi conosce solo la prima strofa. La seconda in casi eccezionali.

    Al Ferruccio (?)che ha il cuore e la mano non ci arriva nessuno. Per non dire del sangue polacco o dell'aquila d'Austria.

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    1. Si tratta di Francesco Ferrucci, noto anche come Francesco Ferruccio che è stato è stato un condottiero italiano, a cavallo tra 1400 e 1500, al servizio della Repubblica di Firenze. Ferruccio si trovò invischiato nelle complesse vicende belliche del periodo in Italia. Dopo la sconfitta nella Battaglia di Gavinana si ritrovò ferito mortalmente e pronunciò la famosa frase "Vile, tu uccidi un uomo morto!" rivolta al Capitano dell'esercito avversario Fabrizio Maramaldo, infatti Maramaldo passo per le armi i sopravvissuti di un esercito ampiamente sconfitto, Ferruccio compreso. Il motivo per cui è citato nell'Inno è perché il sacrificio di Ferruccio è diventato, in epoca risorgimentale, emblema del sentimento di orgoglio nazionale, e il nome del suo aggressore (Maramaldo) è divenuto, per antonomasia, sinonimo di "uomo malvagio, spavaldo e prepotente soprattutto con i deboli, gli indifesi, gli sconfitti". Questi sono i fatti storici senza entrare nel merito della questione dell'Inno di Mameli.

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  8. E il bello e' che i "bossiani" vogliono rimpiazzare un inno che esplicitamente cita la Lega Lombarda originale ("Dall'Alpi a Sicilia / Dovunque è Legnano") con un pezzo in cui dei "terroni" mediorientali, costretti a emigrare, piangono la loro Palestina ("Del Giordano le rive saluta, / di Sionne le torri atterrate")...

    All'ignoranza non c'e' mai fine, ma questo e' davvero tafazzismo massimo.

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  9. cragno: wikipedia dice che, in situazioni ufficiali, solo la prima strofa e' eseguita, solitamente senza introduzione strumentale. Il mio google-fu non e' abbastanza forte da poter verificare l'affermazione.

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  10. Il sito del quirinale comunque riporta l'intero testo, non solo la prima strofa.

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  11. http://www.youtube.com/watch?v=0qYk9Jt6MeA
    qui si puo' ascoltare tutta.
    secondo me la seconda strofa ci spiega meglio della prima...
    calpesti e derisi...

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  12. Ma se cambiassero solo "Scipio" con "Silvio"? A Silvio una chioma fa comodo...

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  13. Sì, l'unica strofa ufficiale è la prima; le altre non sono mai state eseguite in occasioni ufficiali (al massimo la seconda), principalmente per due motivi: primo, durerebbe 15 minuti, e secondo, frasi tipo "i bimbi d'Italia si chiaman Balilla" causerebbero un po' di imbarazzo...

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  14. dunque: wikipedia dice che il cerimoniale prevede l'esecuzione solo della prima strofa. Dato che il cerimoniale fa semplicemente parte delle consuetudini questo non significa che solo la prima strofa sia ufficiale. O al limite vuol dire che l'ufficiale va messo tra virgolette, come correttamente ha fatto mau. Tanto è vero che nel sito del quirinale, appunto, l'inno c'è per intero.

    Quindi ribadisco: mi piacerebbe sapere in quanti tra quelli che lo vorrebbero cantato a colazione, pranzo e cena lo conoscono

    I Balilla in effetti non è male, ma è un accidente della storia. Di tutti quei riferimenti a Dio invece cosa vogliamo dire?

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  15. Sì, forse ce lo meritiamo, il po-poroppoppò, come già disse Moretti per i film di Alberto Sordi.
    Per quel che riguarda l'inno tedesco, ho letto da qualche parte che la Repubblica federale tedesca non fece che reintrodurre la strofa originaria che recitava (vi risparmio strafalcioni in crucco) "Germania sopra ogni cosa" al posto del "Germania sopra tutti gli altri" voluto dai nazisti: in pratica tutto era in una "s" in più o in meno.
    Purtroppo la retorica ottocentesca, quella del secolo coi baffi, del petto in fuori, dell'eroismo e del cipiglio offeso, ha una familiarità estetica con la monarchia Savoia e col fascismo che oggi ci ispira fastidio o nostalgia, a seconda del nostro credo politico.
    Però il povero Mameli, che poteva benissimo campare di rendita ed ereditare il seggio parlamentare del padre, mi è molto più simpatico dei suoi coetanei di oggi che a 22 anni si vanno ad ubriacare a Campo de' Fiori come se fosse la massima espressione del vivere oggi. Forse questo ragazzo merita che il suo Canto degl'Italiani resti l'inno di questa Repubblica moribonda: magari non la rappresenta, ma in fondo già quando fu composto l'idea che l'Italia potesse diventare un paese unito e solidale non era che un proponimento, un obiettivo pieno di speranza. Poi è venuta un'unità violenta e iniqua che ha usato i neoitaliani per guerre ed ambizioni personali ed interessi di classe. Va be', ora ci sono Berlusconi e Bossi, uno che interpreta il Dorian Gray di se stesso e l'altro che vaticina come un Grande Capo Morente: due cantanti falliti, due anziani prossimi alla fine.
    Secondo me non è finita qua.

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    1. E' ormai passato del tempo e sono cambiate molte cose, ma condivido diverse cose che scrivesti.

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  16. L’inno è composto da quattro strofe formate da otto senari, intercalate da un ritornello.

    Ciascuna strofa esprime un concetto chiaro: L’Italia è risorta (I strofa); E’ il momento di unirci (II strofa), e di scacciare lo straniero, prendendo esempio dai nostri padri (II strofa); la vittoria sarà nostra perché Dio protegge chi combatte per una causa giusta (III strofa); il momento è opportuno; gli oppressori stanno perdendo la loro forza (IV strofa).

    Analizziamo strofa per strofa:

    Fratelli d’Italia
    L’Italia s’é desta
    Dell’Elmo di Scipio
    s’è cinta la testa,
    dov’è la vittoria?
    Le porga la chioma
    Che schiava di Roma
    Iddio la creò

    L’inno inizia con un appello ai “Fratelli d’Italia”: gli abitanti della penisola, allora divisi sotto sette diversi sovrani, sono spiritualmente uniti: “fratelli” e “italiani”.

    Segue un annuncio: l’Italia si è destata ed è pronta per la riscossa.

    L’ autore ricorre ad una immagine allegorica: pensa all’Italia personificata, che si prepara alla battaglia: ha posto sul capo l’elmo di Scipione l’Africano, vincitore a Zama nel 202 a.C. di Annibale, re dei Cartaginesi.

    Seguono i versi più complessi dell’inno in forma di domanda retorica: soggetto del periodo è la dea Vittoria, la quale deve “porgere la chioma” all’Italia.

    Gli antichi pensavano che la Dea Vittoria, come la Fortuna, girasse sopra una ruota e che gli uomini dovessero afferrarla per i capelli. Ancora oggi si dice “acciuffare la vittoria per i capelli”. L’Italia identificata con la antica Roma, coglierà la vittoria perché Dio ha creato questa dea “Vittoria” schiava, cioè sottomessa, a Roma.

    Stringiamci a Coorte,
    siam pronti alla morte,
    Siam pronti alla morte
    l’Italia chiamò

    E’ il ritornello che ricorre dopo ogni strofa: La coorte era la decima parte della legione romana. E’, quindi una esortazione che Mameli rivolge ai “fratelli d’Italia” di unirsi compatti in schiera, pronti anche a morire per la causa, perché l’Italia , la nostra patria comune, ci ha chiamati a combattere.

    Noi siamo da secoli
    calpesti, derisi,
    perché non siam Popolo, perché siam divisi:
    Raccolgaci un’unica
    Bandiera, Una speme
    Di fonderci insieme
    Già l’ora suonò.

    stringiamci a coorte,
    Siam pronti alla morte
    Siam pronti
    L’Italia chiamò

    Per secoli l’Italia è stata terra di conquista , perché non è mai stata una sola Nazione e gli italiani erano divisi non solo territorialmente, ma anche da lotte e discordie.

    Oggi ci unisce una sola bandiera ed una comune speranza (speme): è sonata l’ora di costituirsi in un solo Stato.

    Uniamoci, amiamoci,
    l’unione, l’amore
    rivelano ai popoli
    le vie del Signore:
    Giuriamo far libero
    il suolo natio,
    uniti per Dio
    chi vincer ci può?

    stringiamci a Coorte,
    Siam pronti alla morte
    Siam pronti alla morte
    l’Italia chiamò


    Questi versi rivelano la concezione religiosa di Mazzini (ad ogni popolo Dio ha affidato una missione; quella degli Italiani é di raggiungere l’Unità. l’Unità d’Italia è un bene e come tale è voluto da Dio.

    Solo se saremo uniti e ci ameremo come fratelli -scrive il poeta- potremo comprendere il disegno divino. E uniti per Dio (cioè in nome di Dio) nessun potrà vincerci.

    (CONTINUA)

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  17. (segue)

    Dall’Alpi a Sicilia
    Dovunque é Legnano,
    Ogn’uom di Ferruccio
    Ha il core e la mano,
    i bimbi d’Italia
    si chiaman Balilla
    Il suon d’ogni squilla
    I Vespri suonò.

    Stringiamci a Coorte
    Siam pronti alla morte
    Siam pronti alla morte
    l’Italia chiamò

    Il poeta riconosce il patrimonio ideale e storico delle diverse realtà regionali, che la lotta per l’unità, anziché appiattire, esalterà.
    Con una serie di esempi il poeta afferma che tutti gli Italiani (dall’Alpi a Sicilia) sono pronti a battersi per cacciare gli stranieri dalla loro terra.
    Se nel passato, sottintende il poeta, una sola città, ha riconquistato la propria libertà contro l’usurpatore straniero, oggi che tutti abbiamo la stessa volontà, l’impresa non potrà non avere successo.
    La strofa piaceva particolarmente a Garibaldi poiché racchiude in se una sintesi di ciò che un Italiano non dovrebbe ignorare della sua storia:
    la battaglia di Legnano , quando Lega Lombarda, giurata a Pontida, sconfisse Federico Barbarossa (29 maggio 1176), Gavinana, vicino a Pistoia, dove Francesco Ferruccio morì eroicamente per la libertà della Repubblica di Firenze ( 2 agosto 1530 ).
    Genova, quando il popolo, seguendo l’esempio di un ragazzino, si ribellò agli Austriaci e li cacciò dalla città (5-10 dicembre 1746).
    Infine, Palermo, dove il 30 marzo 1282 le campane suonarono a stormo a dare il segnale della rivolta contro i francesi di Carlo D’Angiò.

    Son giunchi che piegano
    Le spade vendute:
    già l’aquila d’Austria
    Le penne ha perdute.
    Il sangue d’Italia
    Bevè col Cosacco
    Il sangue Polacco
    Ma il cor le bruciò.

    stringiamci a coorte
    Siam pronti alla morte
    Siam pronti alla morte
    L’Italia chiamò

    La strofa conclusiva è una chiara accusa all’Austria, e per questo ne fu permesso la stampa solo dopo l’inizio della I guerra di Indipendenza.

    L’Austria per sottomettere l’Italia si era servita di eserciti mercenari: le “spade vendute”, soggetto del periodo , non hanno più la forza di resistere , ma si piegano come giunchi al vento. L’Aquila bicipite, che rappresenta l’Impero Asburgico, ha perso la propria vitalità (“spennata”).

    Si è nutrita del sangue degli italiano, così come l’altra potenza reazionaria d’Europa, la Russia (il Cosacco), si è nutrita del sangue della Polonia. E’ un riferimento alle sanguinose repressioni dei moti carbonari in Italia e dell’insurrezione polacca del 1831.

    ma il sangue dei morti è stato fatale alle due potenze /”Il cor le bruciò”/: ha acuito l’odio delle popolazioni oppresse esasperandone la volontà di vendicarsi e conquistare la libertà.

    (Fonte: http://www.istitutomazziniano.it/inno.htm)

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  18. @GregHouse: Beh, anche l'ultima strofa, con l'aquila d'Austria che perde le penne e le si brucia il core, non e' proprio bella da far cantare in una qualche occasione ufficiale a Vienna.

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  19. Piu' lo rileggo e piu' mi piace. Cioe', chi e' che, nel 2009, ha un inno ufficiale che dice papale papale che 1) ci stanno sul cazzo i tedeschi, 2) ci stanno sul cazzo i francesi, 3) ci stanno sul cazzo gli austriaci, 4) ci stanno sul cazzo i russi, 5) ci stanno sul cazzo i cartaginesi (i.e. gli africani, ma erano anche mezzi spagnoli)...

    Cioe', in pratica abbiamo un inno che tira merda addosso a tutti i nostri vicini (direi che mancano solo i greci), per 60+ anni evitiamo di cantarlo tutto perche' "non e' educato", ma nessuno che abbia voglia di mettersi li' a scrivere due strofe sostitutive e farla finita.

    Magari e' per quello che ce ne ricordiamo solo ai Mondiali, quando finalmente possiamo urlare a squarciagola che i francesi sono una manica di stronzi...

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  20. quoto giacomol e aggiungo: non è che gli altri inni non grondino retorica...in fin dei conti è la loro funzione. Io sono per tenerlo o per cambiarlo con l'internazionale o "addio lugano bella".

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  21. A me 'sta coorte pronta besuina alla morte se chiama la patria Italia al giorno d'oggi proprio non va giù... chi sarebbe l'Italia, poi?

    La dama del lago

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  22. Siam pronti alla morte, ma Mazzini (massone al 33 mo grado) se ne stava, ben protetto,in Inghilterra. E i "fratelli" sospetto siano i massoni.. Fate vobis !

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  23. Credo che uscite del genere, anche se giustamente sollecitano dibattiti e polemiche, siano frutto di una specie di protervia, ignorante e grossolana, che prescinde dalla conoscenza e dalla ragione per rivolgersi agli istinti superficiali delle grandi masse, quelle stesse che, secondo Berlusconi, vanno trattate come undicenni. Verrebbe di che pensare che alcuni undicenni siano sfuggiti al controllo e siano diventati presidenti di regione.

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