Le radici non esistono
Bobby Wheelock: I feel different from everyone sometimes.
Dr. Josef Mengele: You are infinite different. Infinite superior. You are born of the noblest blood in the world.
Le persone vorrebbero avere radici. Questa è una cosa che non smette di stupirmi. Invece vedo che molti ormai la danno per scontata.
Allora adesso vi spiego cos'è scontato per me: queste radici, che le persone vorrebbero avere, in realtà non esistono. Le persone non hanno mai avuto radici, e mai le avranno. Hanno i piedi, per spostarsi. Sembra banale, evidentemente non lo è. Il discorso delle “radici” è una vecchia metafora. Quanto vecchia? C'è già nella Bibbia. È una metafora efficace e condivisa. Però resta una metafora. Finché ci serve a capire un concetto, bene. Se comincia a ostruire la via dei ragionamenti, è il momento di farla fuori.
Perché appendiamo i crocefissi alle pareti delle scuole? A cosa servono, concretamente? I ragazzi diventano più cristiani? Non sembra. L'occhio di Dio vi si posa più volentieri? Eh, sostenerlo sarebbe idolatria. E allora? È per via delle radici. Alt. Di cosa stiamo parlando?
Perché ci scandalizziamo se alla maturità viene proposto un tema su Mussolini o sulla vita extraterrestre, e troviamo normalissimo che si traduca ancora un pezzettino di Greco antico? Perché insistiamo a privilegiare nelle scuole l'insegnamento delle lingue classiche rispetto alle lingue vive e alle materie scientifiche? È quello che abbiamo fatto, da Gentile fino alla Gelmini. Con risultati che oggi appaiono scarsi. E allora perché insistiamo? Per via delle radici. Alt.
Sono senz'altro una persona strana, ma ogni volta che sento parlare di radici mi vengono in mente gli pseudo-cripto-ebrei del Nuovo Messico. Li scoprii grazie a un vecchio pezzo di Marco D'Eramo sul Manifesto. La storia è un po' complicata, ma in tre righe si tratta di questo: negli anni Ottanta uno storico di origini ebraiche si trasferì a Santa Fé, New Mexico. Qui, senza nemmeno mettersi a cercarle, s'imbatté in una serie di testimonianze che lo convinsero che diverse famiglie del posto erano di origine ebraica sefardita. Probabilmente si trattava di criptoebrei (ebrei che fingevano di essersi convertiti) scappati dall'Inquisizione spagnola ai tempi in cui il Nuovo Messico era la più lontana terra a disposizione, che poi erano restati lì, evitando di mescolarsi troppo coi locali e mantenendo alcune usanze (il sabato, l'astinenza dal maiale). E così nel giro di pochi anni un certo numero di newmexicani si convinsero di essere di origine ebraica, e in molti casi decisero di riprendere le usanze di cui genitori e nonni conservavano soltanto un labilissimo ricordo: si circoncisero, si misero a leggere la Torah, andarono a Gerusalemme in pellegrinaggio... qualche anno dopo passò un altro studioso: guardò meglio e smentì tutto quanto. Non c'erano mai stati tutti questi criptoebrei in New Mexico: non c'era motivo per cui avrebbero dovuto scegliere un luogo lontano dai traffici commerciali, e tutt'altro che snobbato dall'Inquisizione.
E il Sabato? Il maiale? I nomi biblici? Le stelle di David sulle tombe? Quel che restava di una setta protestante che si era infiltrata nel New Mexico nell'Ottocento. Tutto chiaro? No, perché i discendenti degli pseudocriptoebrei si erano convinti di essere ebrei, e riconvertirsi è sempre più difficile. Scoppiò una lunga diatriba, che continua tuttora. Io ogni tanto sono così folle da dare un'occhiata su google. L'ultima cosa interessante che ho trovato è questo articolo, che in sostanza rifiuta di porsi il problema centrale: forse non sapremo mai se i criptoebrei siano mai stati in New Mexico. A questo punto per l'articolista la cosa interessante diventa capire come mai l'ipotesi criptoebraica piace più delle altre: come mai molti abitanti del New Mexico hanno deciso di diventare ebrei appena uno studioso gli ha fatto intravedere la traccia di una radice. Nell'articolo si suggerisce tra l'altro che l'ipotesi criptoebraica 'funzioni' perché si appoggia su una struttura dell'immaginario tutta novecentesca: l'olocausto. Non importa che il paragone tra Inquisizione spagnola e nazismo sia stato smontato dagli storici: i criptoebrei piacciono più dei protestanti perché sono un esempio di ebrei scampati a una persecuzione.
A osservarla dall'alto la cosa rimane buffa: convertirsi all'ebraismo perché forse il tuo bisnonno lo era. Il problema è che noi appendiamo croci e studiamo (fingiamo di studiare) Platone per lo stesso motivo: radici. Questa idea per cui i nostri bisnonni, che da tempo sono cenere e fango, comunque esistono. Comunque ci appartengono. Se fossero vivi probabilmente non riuscirebbero a capirci, né noi capiremmo loro: non importa, abbiamo qualcosa in comune. Ma allora delle due l'una: o si ammette di credete in una qualche forma di trasmigrazione o metempsicosi o aldilà, oppure questo è uno dei classici casi in cui le metafore ci hanno dato alla testa. I nostri bisnonni non esistono più. Quello in cui loro hanno creduto non è poi così rilevante. Un po' di dna, nemmeno tanto.
Eppure ci avvinghiamo a loro. Soprattutto quando diventa evidente che non ci assomigliano nemmeno (Platone, Socrate, Gesù Cristo): meno cose abbiamo in comune, meglio è. Siamo tutti così, specie a una certa età. Ci crediamo tutti diversi, speciali. Aspettiamo tutti che arrivi il profeta o lo studioso che ci dimostri quello che oscuramente intuiamo già: siamo i discendenti di un popolo eletto. Abbiamo un sangue diverso. Siamo di una nobile stirpe. A quel punto molti di noi si ritrovano iscritti a un classico. E si avvinghiano a quel che trovano: Platone, Livio, Orazio. Se dessimo loro per cinque anni soltanto Pinocchio, si attaccherebbero a Pinocchio. Diventerebbero studiosi collodiani appassionati e cerebrali. Citerebbero il sacro testo a memoria, appenderebbero alle pareti icone della Fata Turchina, crederebbero nella resurrezione dei morti perché Pinocchio è pur tornato dalla balena, saluterebbero nei rari interventi del Grillo Parlante la base della sapienza occidentale. Sognerebbero un aldilà dove non saremmo più burattini di legno, ma bambini perbene di vera carne e vero sangue. Si può spremere una radice da qualsiasi cosa.
Ho scritto che la metafora delle radici ha origine nella Bibbia. Il profeta Isaia nel secondo Libro dei Re consola il re Ezechia, che teme il massacro del suo popolo da parte degli Assiri: il massacro magari ci sarà, ma “il rimanente della casa di Giuda che sarà scampato, metterà ancora radici in basso e porterà frutto in alto” (2 Re 19,30). Le radici – se proprio vogliamo parlar metaforico – crescono verso il basso. Tremila anni fa Isaia aveva già capito qualcosa che non ci entra in testa: noi non veniamo dopo le nostre radici o a causa delle nostre radici: le radici sono roba nostra, che spingiamo verso il basso, alla ricerca di nutrimento. Siamo liberi di spingerle dove vogliamo: di sentirci ebrei o protestanti o antichi Greci. Fuor di metafora: siamo liberi di scegliere e coltivare il passato che vogliamo. I bisnonni non hanno nessuna autorità su di noi. Ma i loro spettri, è evidente, mettono ancora molta soggezione.
Che poi è la stessa cosa che fa John Goodman nel Grande Lebowski
RispondiEliminaIo alle volte vorrei aprire un blog. Capita che mi sembra di avere delle cose da dire. Poi leggo un tuo post e bam di colpo non ho più niente da aggiungere al mondo.
RispondiEliminaCome spesso ti capita, i tuoi ragionamenti sono del tutto sballati, però ammiro sempre la tua abilità a sostenere con argomentazioni apparentemente convincenti tesi del tutto indifendibili. Sei partito da un episodio evideentemente marginale, quello del New mexico, per affermare che non abbiamo radici. Guarda che invece le radici le abbiamo. La cosa è evidentissima anche solo considernado l'esempio ovvio della lingua in cui parliamo, ma soprattutto pensiamo e sognamo. Dietro l'italiano, ci sono innumerevoli generazioni di progenitori che attraverso il tramandare la lingua, già determinano per una percentuale altissima il nostro modo di pensare. Noi davvero non possiamo essere del tutto autonomi, come vorrebbe l'ideologia illuministo-liberale, da nessuna delle esperienze della nostra vita, meno che mai dalle esperienze della primissima infanzia ricevute dai nostri genitori. Altro è il discorso sul fatto che dobbiamo garantire, magari anche dal punto di vista legislativo, queste benedette radici. Argomentavo a questo proposito che nessuno si preoccuperebbe di garantire le radici, che so, di un albicocco, perchè se di radici di albicocco si tratta, verrà fuori un albero di albicocco, senza alcun dubbio, e anche se noi volessimo il contrario.
RispondiEliminaIl post è molto interessante e mi fa venire in mente un vecchio saggio sulle "comunità immaginate" di Benedict Anderson, però credo anch'io come Vincenzo che, per amor di polemica, tu abbia messo l'acceleratore su una questione vera, che cioè ognuno prende del proprio passato quello che più gli va a genio per costruirsi un'identità. epperò è vero anche che dietro il nostro modo di pensare e agire c'è il peso di una cultura, che può coincidere con la nazione, il gruppo sociale o l'etnia, ma comunque condiziona le nostre scelte, non fosse altro che per sfuggirle. Poi anche a me, davanti alle ampolle di acqua del dio Po (o ai nazisti dell'Illinois...) viene da ridere, che c'entra...
RispondiEliminaio una volta avevo un arancio, un piccolo albero di arance che tenevo sul balcone e che faceva delle belle arance: non troppo grandi ma succose e saporite. Un giorno decise di morire e io andai in depressione...Non mi decidevo a finire il mio lutto e a gettare quel moncherino di tronco che era rimasto. Due primavere dopo e dall'oggi al domani trovai un delirio di foglie e di fiori su quello stesso moncone. I fiori non profumavano affatto ma ero contenta lo stesso; dopo i fiori arrivarono....i limoni!
RispondiEliminanon era per contraddire il precedente cenno sull'albicocco, era per dire che a volte le radici sono anche più forti del resto
RispondiEliminaIl punto carissimo Vincenzo e` talmente semplice che quasi quasi mi commuovo... o forse piango perche' sono ancora in ufficio alle sei e mezza di venerdi`... innumerevoli generazioni di progenitori bla bla... talmente tante che si fa confusione? che non si sa piu` di quale si parla?
RispondiEliminaMa guarda, e` lineare. I nostri numeri, e tutta la matematica che ne consegue, sono di origine araba, lo sanno anche i sassi. Dobbiamo studiare arabo? E i cinesi? Quanto abbiamo preso da quella cultura negli ultimi 1000 anni? Anche il cinese. Evvvaiiii...
Il "ragionamento del tutto sbagliato" e` solo un modo complicato per dire che le radici altro non sono che una questione di comodo. Punto.
Poi ci sono i furbetti, come spero tu non sia. Insomma, questi furbetti giocano sporco e trasformano, fra le righe, radici in storia. E solo un "pazzo" negherebbe la storia. Quindi, tu che neghi la storia sei un "pazzo". E` un sistema fantastico per aver ragione. Devo dire che oggi pero` mi rode questo uso "furbo" della logica.
Un po' piu` di logica (e magari statistica, cosi` la piantiamo di giocare al l8) a scuola non guasterebbe.
Pronti. Via. A casa.
Bellissima riflessione, Leonardo.
RispondiEliminaStando così le cose, sembra esserci qualcosa tipico di certi personaggi coeniani (nel senso dei fratelli Coen) nella ricerca scapestrata e grottesca della propria identità.
Forse un po' ci si può ridere sopra.
Setta protestante è offensivo, papista.
RispondiEliminaPer favore, ci vuole veramente poco, ma poco poco, ma poco, poco, poco.
Un briciolo di attenzione e hai fatto diventare la seconda confessione cristiana al mondo, un branco di satanisti, criptocosi, per di più!
il cristianesimo si divide in tre grandi CONFESSIONI (cattolici, protestanti, ortodossi) e in mille mila DENOMINAZIONI (nome principalmente protestante ma usabile anche in ambito cattolico, tipo le chiese di rito orientale).
Setta è un termine derogatorio che fa subito pensare male.
Sarebbe bello che non si usasse...
Grazie.
All'anonimo delle 18,49, che non capisco perchè non declini la sua identità, dico che in verità non ha capito il mio commento, e certo sarà colpa della mia scarsa chiarezza. Ora tenterò di spiegarmi meglio. Le radici, io dico, le abbiamo, e consistono anche nella numerazione araba che correttamente egli cita. Cosa c'entri ciò con lo studio dell'arabo non riesco a capire. Difatti, se egli avesse fatto più attenzione, nell'ultima parte io specifico che, malgrado le radici le abbiamo senza che neanche ce ne accorgiamo, non c'è alcuna ragione di preoccuparsene, di farne derivare comportamenti che servano in qualche modo a tutelarle. Possibile che l'esempio dell'albicocco sia per questo anonimo così complicato? Potrei forse dire, e questa volta forse capisce, che "se son rose fioriranno", che un certo contesto culturale fornisce inevitabilmente i frutti che gli competono. Criticavo appunto tutti coloro che volevano inserire nello statuto europeo qualche forma di riconoscimento delle radici cristiane, argomentando che se queste radici cristiane davvero esistono come essi sostengono, allora sarà gioco forza che si manifestino che diano effetti verificabili. Dove sarei poi furbo, proprio non capisco, e forse anche l'anonimo anonimissimo dovrebbe anch'egli spiegare meglio.
RispondiEliminaIl punto per me davvero importante è il negare che ci scegliamo ciò che vogliamo, come diceva leonardo. Ciò è assolutamente falso secondo me, perchè questa libertà così tanto predicata e data per scontata non esiste proprio, e noi siamo piuttosto degli esseri assolutamente condizionabili, in sostanza estremamente conformisti.
e quando ci si vuole sentire le "radici" di qualcheduno di prestigioso, tipo quando chiedono compiaciuti a Robert Deniro se gli piace la pizza?
RispondiEliminaA qualcuno farebbe comodo pensare la tesi che, in fin dei conti, nasciamo TABULA RASA, e non vorrete addirittura non darvi la dignità di prendere dal passato quel che vi interessa?
RispondiEliminaIl problema è insito nei paradossi del linguaggio, ma svela la mancanza di coerenza tra questo ragionamento e il reale.
E' possibile pensare che qualcuno scelga liberamente solmanete quando deve scegliere qualcosa che non sono i CRITERI stessi della scelta.
Per decidere questi non c'era ancora alcun criterio. Questi sono il frutto della storia che comunemene si chiama RADICE.
Oggi il crocifisso stà appeso perchè è CONDIVISO dal popolo italiano per i più svariati motivi e la maggioranza VUOLE che sia legge.
La democrazia garanteisce le minoranze con attraverso la costituzione. E' anticostituzionale?
Bisognerebbe provare allora che il crocifisso appeso negli ultimo 50 anni ha generato una nazione unicamente credente e cattolica. Così non è (vd. UAAR).
Quindi lo vuole la MAGGIORANZA e gli ultimi 50 anni di storia provano che non c'è plagio psicologico, quindi NON è ANTICOSTITUZIONALE!
Dubitare dell'ovvio non necessariamente porta a smentire l'ovvio.
Bel post.
RispondiEliminaCredo che la libertà culturale che rivendica Leonardo sia riservata alle menti curiose, aperte ed analitiche. E se l'esempio che fa nel penultimo paragrafo ricorda un po' il mito della caverna, proprio il curioso episodio dei crypto-ebrei messicani ricorda che non conta solo ciò che viene insegnato dall'infanzia, ma anche quello che si incontra casualmente poi.
Evidentemente non sempre le radici che ti ritrovi ti stanno bene: magari non sono abbastanza profonde, o magari non sono abbastanza nobili per il nostro ego alla ricerca di una rivelazione che ci consegni spada, scudo, pedigree e una mappa con una bella X sopra.
In fondo è la vita che spaventa; la sua inutilità, la sua corsa verso la morte. Gesù, mica siamo tutti Spinoza.
Le radici danno forse un senso alla vita, ci rimettono in un posticino tra qualcosa che non c'è più e qualcosa che sarà, ci rassicurano e ci affiancano ai modelli che abbiamo scelto o che ci hanno imposto. E possono spingerci a cose orribili, all'odio, all'intolleranza. Ma possono anche essere molto comode, se sei un politico con poche idee e molta faccia a culo o anche un crypto-furbacchione in cerca di una cricca.
Alla fine, le radici sono l'opposto di quello che sembrano: sono stratagemmi superficiali. E certo, vanno difese: soprattutto perché, a scavarci sotto, rivelano sempre cose un po' imbarazzanti.
@ Gabriele: Appunto: chi sente di avere delle forti radici tende all'isteria e URLARE nei blog. Del tuo post non ho capito una mazza. Sei convinto che una supposta (e tutta da dimostrare) volontà di una supposta maggioranza possa allegramente fottersene di quello che pensa un supposto 49%, oppure volevi dire il contrario?
RispondiEliminaA parte il fatto che qui si è ampiamente dibattuto sul crocifisso nelle aule, credo che i dubbi di costituzionalità su una norma riguardino solo la norma e la Costituzione, e non i ragionamenti sugli effetti pratici finali della norma stessa (uso? costume? abitudine? radice? boh).
Quanto al plagio, forse il fatto che secondo te la MAGGIORANZA VUOLE il crocifisso lì, be', magari vuol dire che ha funzionato, e anche bene. Al punto che più che di toccare una radice pare di toccare un nervo (dentale) scoperto.
Rispondo in fretta, senza aver riflettuto molto, e mi scuserai, ma proprio perché il post è molto interessante. Premetto che io faccio l'archeologa, quindi, le radici materiali, cerco di metterle allo scoperto. Dunque, per quanto riguarda la bibbia, mi viene in mente che la chiamata di dio ad Abramo è quanto di più sradicante si possa immaginare "lascia la casa di tuo padre e la terra dei tuoi avi, esci dalla tua terra e vai nel paese che io ti indicherò" (cito a memoria, scusate le imprecisioni). Addio radici. Per quanto riguarda le "radici" immaginarie, si veda la recente mistica leghista sui Celti della pianura Padana, testè ribattezzata "Padania", che ignora quanto sappiamo di storicamente appurabile sulle dinamiche del popolamento della pianura padana nell'antichità e sulle sue stratificazioni. Purtroppo sì, è vero, è più facile credere a ciò che ci rassicura o ci consola, o ci esalta, piuttosto che cercare di conoscere qualcosa di verificabile per mezzo gli strumenti culturali opportuni: ma questa è, appunto, un'opzione attuata proprio da chi quegli strumenti culturali non li detiene. Quindi?
RispondiEliminaP.S. comunque soo d'accordo sulla prevalnza dei piedi sulle radici, la civiltà umana ha avuto una storia proprio perché le persone hanno usato i piedi.
RispondiEliminaSpiace dirlo, ma in effetti nasciamo tabula rasa. O meglio, nasciamo virtualmente identici ad un uomo nato quarantamila anni fa. Se nascessimo nella giungla del Borneo, faremmo come i cannibali. La cosa però è abbastanza incoraggiante, perchè vuol dire anche che si possono formare cittadini moderni senza passare necessariamente per migliaia di anni di barbarie per ogni nuovo essere umano. Temo che si tratti di una gara (facciamo i primi 10 anni di vita?) tra la scuola che dovrebbe fare d'un primitivo un cittadino e la famiglia che vi riversa qualche migliaio d'anni di vizi nazionali.
RispondiEliminap.s. A Gabriele: davvero le minoranze sono tutelate purchè esistano? Con questo criterio sono tutelati anche i gorilla nello zoo.
(E poi che senso avrebbe tutelare una minoranza se non esiste?)
Il crocifisso non va tolto perchè rende cristiani, ma perchè è la bandierina di una tribù appiccicata allo Stato. Credo che si equivochi troppo spesso tra lo Stato e la Nazione. Lo Stato è un artificio umano, esiste per garantire i diritti dell'uomo. Ogni funzione aggiuntiva è una perversione dello Stato ed un abuso del suo potere; lo Stato non è tenuto a rappresentare alcun gruppo di esseri umani in particolare; per questo non è e non può essere cristiano, ma neppure italiano.
E' come se il presidente fosse tenuto ad indossare la maglia della Juventus: e questo anche se non rende nessuno più juventino di prima.
Io non capisco perché Vincenzo Cucinotta si arrabbia, visto che poi lui stesso dice che non serve a niente cercare di garantire le radici di un albicocco. La questione non è negare che abbiamo una storia e un passato (e che magari è importante conoscerli), la questione toccata da Leonardo è la retorica conservatrice delle radici. Suggerire infatti che è importante conoscere il passato, anche per liberarsene. Invece siamo vittime della coazione a ripetere.
RispondiElimina@Thomas Morton
RispondiElimina"la questione toccata da Leonardo è la retorica conservatrice delle radici. Suggerire infatti che è importante conoscere il passato, anche per liberarsene. Invece siamo vittime della coazione a ripetere." Non potrei essere più d'accordo (purtroppo per noi tutti)
Questa volta non mi hai convinto perchè una cosa sono le "radici" che comunque esistono e ci influenzano, un'altra al loro ostentazione o l'attribuzione di importanza amggiore dell'influsso culturale, roab tipo significato e significante sono cose diverse. Il greco e il altino li studiamo più per la disciplina dell'apprendimento che per il richiamo alla cultura di cui erano tramite. Non ho letto gli altri commenti quindi non mi inserisco nella discussione però su questo non sono d'accordo.
RispondiEliminaCiao
@Thomas Morton
RispondiEliminaNon so perchè credi che io sia arrabbiato, ma questo non è l'aspetto importante. Nel secondo intervento, io chiarisco quale sia il punto di polemica con Leonardo, e mi pare che si tratti di una questione fondamentale, assai di più direi delle questioni del garantire o no le radici.
Leonardo sostiene che noi non abbaimo radici ma gambe. Dal punto di vista anatomico, sarebbe difficile dargli torto. Si direbbe però che noi abitiamo oltre che in un universo fisico, in un universo simbolico, e l'universo simbolico in cui ci ritroviamo non ce lo siamo certo scelti da noi. Questo universo simbolico che c'hanno tramandato inevitabilmente determina le scelte della nostra vita, il che implica, e non mi pare cosa di poco conto, che l'ipotesi liberale che noi siamo esseri liberi e razionali non ha fondamento alcuno, è una gigantesca bufala che ci portiamo dietro e che sta trascinando l'umanità verso il baratro. La cronaca politica quotidiana ci mostra come un patetico buffone che controlla tanta parte del mondo mediatico sia in grado di suscitare consensi in un pubblico istupidito, convintissimo per altro di scegliere tutto nella propria vita e in particolare di votare il buffone di cui dicevo prima. Per argomentare insomma che le radici non vanno difese non mi pare una saggia scelta negarne perfino l'esistenza, tutto qua.
Radici come metafora, metafora di appartenenza non ha un oggetto fisico, contingente e variabile;non è il concetto che è datato è l'uso ideologico e superficiale che se ne fa ad essere vecchia e viziosa materia: è scambiare il proprio effimero interesse come contemporaneità, come storia. E' questa visione da eliminare.
RispondiEliminaSono senz'altro d'accordo con Vincenzo Cucinotta
Roberto Cesari
La metafora delle "Radici" viene utilizzata dall'umanità per attenuare l'ansia che deriva dalla consapevolezza della morte. L'uomo è consapevole della propria finitezza e per non incazzarsi come una biscia, dopo avere imparato a seppellire i propri morti, si fa delle canne tremende con l'idea delle radici. Gli animali vanno via più spediti, forse non hanno percezione della loro finitezza o forse si; comunque non seppelliscono i propri morti e si dedicano ad altro senza sbarellare di testa. Le Religioni sono, in questo senso, l'oppiaceo più diffuso per lo sbarellamento collettivo istituzionalizzato. Il problema, caro Leonardo, stà nel fatto che noialtri ci dobbiamo fare forzatamente le canne cattoliche in ogni ambito di questa nostra penisola. Fumo attivo legittimato istituzionalmente significa fumo passivo per tutti. E se chiedi di aprire le finestre ti urlano da più parti, anche da dove non te l'aspetteresti, di non rompere i coglioni. Benaltri sono i problemi... e ti passano la canna.
RispondiElimina@esatau
RispondiElimina"Il problema, caro Leonardo, stà nel fatto che noialtri ci dobbiamo fare forzatamente le canne cattoliche in ogni ambito di questa nostra penisola." In questa frase, elimina tutto a partire dall'aggettivo cattoliche, ed è un commento secondo me perfetto.
Vi è una spiegazione semplicistica ma con qualcosa di vero a questo post ricorrente (non è la prima volta che lo leggo): Leo ha radici comuniste. Perse le sue, ha deciso che nessuno deve averne altre.
RispondiEliminaIn effetti questo mio frequente citare le Sacre Scritture è tipico di chi è cresciuto in contesti bolscevichi.
RispondiEliminaI numeri arabi sono indiani, di conseguenza i sassi errano.
RispondiEliminaLe radici esistono eccome, ma sono tante, si aggrovigliano, si accavallano, si mescolano, si influenzano a vicenda fino a diventare indistinguibile da quelle che erano all'inizio:si parla spesso di radici cristiane per esempio,ma di quale cristianesimo parliamo, di quello delle origini, di quello medioevale, della controriforma, del concilio vaticano II? E i miti greci, dopo Freud come possiamo vederli con gli stessi occhi di un uomo del rinascimento? L'esempio degli ebrei del Nuovo Messico sarà anche marginale, ma è esplicativo di come si tenda a semplificare, a banalizzare, a modificare e piegare ai propri bisogni delle eredità culturali per farne dei "miti fondativi" di una comunità. Succede così ogni volta che nasce un nuovo stato, ogni volta che sorge un nuovo movimento, c'è bisogno di stabilire un confine tra "noi" e "loro" e allora in mezzo al groviglio di radici se ne estrae una, la si isola dalle altre e se ne fa ciò che si vuole.
RispondiEliminaVah beh urgono letture illuminanti qui.
RispondiEliminaVi è una tale confusione tra natura ed educazione, tra radici genetiche, culturali ricevuta durante l'infanzia, acquisite ed immaginario collettivo.
Io vi consiglio di dare una scorsa almeno a questo
http://www.amazon.com/Agile-Gene-Nature-Turns-Nurture/dp/006000679X#noop
e poi tornare qui con la mente aperta.
Andrea
E' vero che i bisnonni (almeno quelli morti) non hanno nessuna autorità su di noi. Però è anche vero che abbiamo l'esigenza, per come siamo costruiti, di sentirci parte di una comunità, e che quello delle radici è un ottimo sistema per rinsaldare qualsiasi gruppo stabile. Sennò diventa un gruppo di lavoro: fatto il lavoro si scioglie il gruppo.
RispondiEliminaOgni società ha un mito delle proprie origini, e chiunque voglia costituire una società deve creare un mito delle origini che funzioni (lo sapevano i romani, con il mito di Enea, lo sapevano gli ebrei, con il mito di Abramo, lo sanno i leghisti, con il mito dei celti e di Alberto da Giussano). Poi c'è questo fatto - che fa anche parte del come siamo costruiti - dell'efficacia della parola, per cui parlare di una cosa significa far esistere quella cosa stessa, e quindi parlare dei nostri bisnonni (che mi pare una cosa giusta e nobile, oltre che inevitabile) significa continuare a vivere con le loro immagini, o con i loro idoli, o con i loro fantasmi, a seconda del punto di vista che si preferisce.
Però è vero che le radici, danno sì nutrimento, ma ancorano anche al suolo. E penso che in Italia le radici siano particolarmente ingombranti. Siamo abituati che chiunque debba fare un'esposizione su qualsiasi argomento, dalla legge elettorale alle olive all'ascolana, inizia con una pallosissima introduzione storica ("l'olea europea sativa era conosciuta anche in epoca romana; l’invenzione delle olive ripiene e fritte si data intorno al 1800..." zzz zzz ronf). Un mio amico israeliano venuto a studiare medicina in italia mi diceva "non capisco perchè quando all'università ti insegnano l'anestesia partono sempre da Ippocrate. Quando addormento un paziente non mi interessa sentirmi parte di un'eredità storica che affonda le radici nell'antichità classica, voglio solo sapere come fare esattamente che il paziente resti privo di conoscenza per quanto serve e si risvegli al momento giusto senza conseguenze".
Liberarsi delle radici non credo si possa. Sarebbe bello riuscire a gestirsele queste radici in modo da cercare nutrimento dove c'è e far crescere vigorosa la pianta, e non continaure a gonfiarle dove ormai di acqua ce n'è poca con il rischio di far seccare tutto.
@luzmic
RispondiEliminaSe le radici che hanno permesso di sopravvivere a uno tzunami devono far morire a causa della siccità cosi sia. Personalmente non credo che sia possibile senza un intervento "umano" che provochi la siccità, come del resto vediamo succedere nel mondo secondo modalità che possono essere anche molto differenti: andiamo infatti dalla privatizzazione dell'acqua che avviene in alcuni angoli del mediterraneo alla pura e semplice chiusura dei rubinetti che succede in altri angoli dello stesso mediterraneo. E sia.
Non conosco le discipline che si studiano alla facoltà di medicina nè tanto meno il programma di studi scelto dal tuo amico israeliano in Italia, so' pero' che le scuole di medicina (leggi filosofie) sono estremamente diverse da Paese a Paese e che si và da scuole che mettono il paziente nella sua totalità di essere umano al centro delle cure fino a quelle in cui l'essere umano perde del tutto questa sua qualifica nel momento in cui diventa un paziente (in entrambi i casi che sia per un raffreddore o un tumore cerebrale all'ultimo stadio): tra questi due estremi una possibilità notevole di casi differenziati e differenti. Nella sua carriera di medico, dovunque la svolga, si troverà, di volta in volta, di fronte alla necessità di scegliere da che parte stare. Quando questa necessità non sarà più accompagnata da ragioni altre che la condizione umana comporta, e quel momento arriverà anche per lui, scoprirà le Sue radici.
Che possiamo tutti noi continuare a sorridere alle stelle
Bel post
RispondiEliminaRoberto.
Leonardo ha scritto: "In effetti questo mio frequente citare le Sacre Scritture è tipico di chi è cresciuto in contesti bolscevichi." Vero. Vero. Vero. Dimenticavo i tuoi ricorrenti post anti-anticlericali ispirati dal buon Auerbach. Riformulo. io non posso credere che tu possa essere così pedante da ritenere di potertela cavare ogni volta con questo semplicistico sbalordimento da razionalista di fronte al bislacco (ma sensato) bisogno di radici. Certamente le radici possono essere qualcosa di ridicolo, come quelle dei cripto-ebrei che citi sempre (una storia interessantissima, grazie sul serio). Ma le radici non sono del tutto inutili, anche quando sono illusorie. Altrimenti tutti i tuoi post pro-cristianesimo, almeno come cornice culturale (cornice ti innervosisce di meno di radice?) ispirati da Auerbach vanno in parte nel cestino.
RispondiElimina@ luzmic
RispondiEliminaSe il mito è necessario per rinsaldare le “comunità” in modo che non virino in banali gruppi di lavoro, occorre mantenere in evidenza che esso è solamente un artifizio identitario strumentale per un (positivo) controllo sociale. E' un buon modo per tenere presente che esso, in quanto mito artificioso è totalmente umano e pertanto, come qualsivoglia attrezzo o strumento, è soggetto nel tempo ad ossidazione e degradadazione. Insomma può diventare tossico e pericoloso. La mummificazione del mito è pertanto sconsigliabile. Nei casi in cui detta mummificazione viene praticata il mito perde la sua funzione di rinsaldamento della “comunità” ed acquisisce quella (negativa) di instrumentum regni. Gli animali, più prosaicamente, fanno qualcosa di simile marcando il territorio con le proprie urine.
non credo che il crocifisso e un testo di Platone possano essere messi sullo stesso piano. Il crocifisso è un simbolo che storicamente (e in tempi recenti) è stati usato o abusato per questioni politiche e in funzione "esclusiva" nel costruire una fantomatica comunità. Non mi pare che ciò sia mai avvenuto con un testo di Platone. Nel primo caso abbiamo una identità culturale monolitica, nel secondo caso possiamo parlare di una identità culturale intertestuale. E' questo credo, senza essere troppo semplicistica, il problema delle radici, il fatto che si cerchi di ricondurre la propria identità collettiva a un unico filone del supposto proprio passato in funzione comunitaristica. Le radici esistono, per così dire, in quanto esigenza antropologica dell'individuo di fronte a una insicurezza ontologica, esigenza che non è di per sé patologica nel momento in cui si resta aperti all'altro e al confronto, nel momento in cui si percepisce che la propria identità, il proprio Sé, non si esaurisce in "una radice" ma si ramifica continuamente nel presente. Certamente le "conversioni" ideologiche, nazionalistiche o religioso-etniche fatte in nome di qualche bisnonno ricadono nel primo tipo di "ricerca delle origini" cui accennavo sopra. Tuttavia la conoscenza del passato e di quello che riconosciamo con il nostro passato può portare ad una maggiore consapevolezza e responsabilità storica. Sapere che mio nonno rifiutò di prendere la tessera del partito nazista da un lato mi tranquillizza, d'altra parte, non avendolo conosciuto, continuo a chiedermi con una certa inquietudine di come fosse la sua vita quotidiana ai tempi del nazismo, come si fosse comportato di fronte a determinate situazioni di razzismo, violenza, ecc. cui certamente deve avere assistito. Queste ritengo siano le mie radici e rimuoverle sarebbe molto peggio che riconoscerle come il "proprio passato" sia personale che "collettivo" dei tedeschi.
RispondiEliminaBarbara
Non c'è motivo razionale per cui il rifiuto di tuo nonno debba tranquillizzarti. L'antifascismo non è una cosa che si passa nel dna.
RispondiEliminaPuoi dire che tuo nonno è un esempio di vita. Ma se tuo nonno fosse stato un aguzzino nazista saresti comunque libera di rinnegarlo e attingere dall'esempio del nonno antifascista di qualcun altro. Sei libera di metter radici dove ti va.
Dal vangelo secondo Luca di domenica scorsa: "A un altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; ma tu va' ad annunciare il regno di Dio»."
RispondiEliminaLe radici (= il padre) non devono essere un impedimento alla propria realizzazione ed a quella degli altri (= il regno di Dio).
Pika
non intendevo dire che mi tranquillizza il fatto che mio nonno non abbia mai avuto la tessera nazionalsocialista, l'accento era piuttosto sul fatto che le "mie radici" o il mio passato non è affatto rassicurante ed è proprio questa inquietudine, il dubbio radicato nel mio passato familiare a costituire le mie radici. Questo per dire che la questione della memoria e delle proprie origini non è da vedere in modo unilaterale come unicamente positiva o negativa, da accettare o rifiutare in modo incondizionato. D'altra parte per quanto le memorie siano "inventate" ci sono delle tracce che non possono essere ignorate. Certamente posso riconoscermi in altre memorie in dipendenza da quelle che sono le mie convinzioni presenti, tuttavia il prendere atto di ciò che vi è di negativo o comunque di opaco nel proprio passato credo sia più utile per la costruzione di un senso civico nella società contemporanea che semplicemente ignorarle. Non si tratta dunque di idealizzare il passato né di far finta che non si è "chiamati a rispondere" dicendo semplicemente "io non c'ero", "io non mi riconosco in questo". Indipendentemente che si tratti di mio nonno o della "nazione" cui appartengo si tratta di far propria quel pezzo di storia e prendere posizione. Questo può valere ad esempio, anche per il passato colonialista, occidentale e italiano, per le stragi degli anni settanta e ottanta in Italia, ecc. Si tratta, in sintesi, come ho già detto nell'altro post, di un'assunzione di responsabilità per un passato che ci appartiene perché ci interessiamo ad esso, perché viviamo in una società che comunque in modo diretto o indiretto è cresciuta su quel passato e per comprenderla, per comprenderne i suoi limiti occorre allora anche scoprirla, fare uno scavo archeologico e appropriarsi della sporcizia che si trova sotto la superficie del presente.
RispondiEliminaBarbara
Bel post, e bel dibattito nei commenti. clap clap
RispondiEliminaE' un affascinante post, che rivela tutta la tua sensibilita' e la invidiabile preparazione in fatto di cultura ebraica.
RispondiEliminaCi sono un paio di vicende storiche che potrebbero smentire non il testo di Marco d'Eramo, ma la tua interpretazione. Vedro' di parlarne quanto prima
Che bello, il tuo blog! Ci sono tante cose sugli ebrei e le loro vittime!