Noi ogni tanto sentiamo parlare di qualche vecchio disco; da come ne parlano le persone in cui riponiamo la nostra fiducia, capiamo che si tratta di un disco che potremmo amare. E allora cosa aspettiamo a procurarcelo? Il fatto è che abbiamo il triste sospetto che sia troppo tardi, per innamorarsi di una dozzina di canzoni. Una cosa puerile in fin dei conti, e noi cominciamo ad avere un'età. Certe canzoni dovevamo incontrarle per caso quando avevamo ancora il cuore giovane, come sconosciute al campeggio: farci l'amore una notte e poi magari non scordarcele più. Se non è successo, è inutile recriminare: abbiamo avuto altre canzoni, poteva andarci molto peggio. Per esempio, avere 16 anni oggi e doverseli gestire coi ritornelli di Rihanna...
Forever Changes non è un disco che si incontra per caso. Bisogna andarselo a cercare, e quindi tanto vale programmare l'esperienza: tirarne fuori tutto il meglio che si può ricavare da un incontro tra adulti. Certo, non sarà l'amore dei nostri sedici anni, ma ci si può imbastire comunque un rapporto solido, basato sulla fiducia e il rispetto reciproco. Io consiglio di aspettare l'estate (la prossima, perché questa ormai è andata: fatevi un appunto per il giugno 2011). Raccomando di non nutrire aspettative eccessive, perché vi è già successo di portarvi in casa questo o quell'osannato capolavoro e scoprire che in fin dei conti era solo l'ennesima collanina di canzonette vintage. Ecco, prendetela così: Forever Changes è una deliziosa collanina di canzonette vintage, istoriata con fregi spagnoleggianti, quasi fintoaztechi. Un regalo della cugina avventuriera che ha passato un fine settimana a Tijuana. Se poi vi capiterà di innamorarvene sul serio, tanto di guadagnato. In caso contrario, avrete pur sempre una collanina buffa da tirare fuori nei giorni d'estate.
Consiglio di aspettare il termine della siesta pomeridiana, quando il sudore vi appiccica i pensieri. Ascoltatelo svagati, in una stanza rivolta a occidente, pensando ad altro e facendo altro, mode repeat all, senza preoccuparsi di distinguere i ritornelli. Può darsi che vi cresca dentro, così come può darsi di no. Dategli comunque un po' di fiducia all'inizio: riconoscete che è un lavoro fatto con grande amore e un notevole sprezzo del pericolo, in anni in cui il rock non si sapeva ancora esattamente che direzione avrebbe preso (avrebbe preso la direzione opposta, poveri Love). Lasciatelo aperto fino a tutto il tardo pomeriggio, che s'impregni dell'afa del giorno e della luce del tramonto. Ripetete l'applicazione più volte nel corso dell'estate, e a fine agosto richiudete ermeticamente fino al giugno successivo.
Se tutto va come deve andare, sarete riusciti a insufflare un po' della vostra personale melanconia estiva in Forever Changes: che ve la restituirà fedelmente, ogni volta che gliene chiederete. Se non funziona, che vi posso dire. Ognuno s'innamora di quel che può (no, l'amore non si merita: ti capita e basta). Magari a voi è toccata Rihanna. Inutile recriminare.
Beh, però pirla chi te l'ha consigliato: per evitare l'obsolescenza, sarebbe bastato evitare "Forever Changes" e rivolgersi a "Da Capo"!
RispondiEliminaNon mi va di scomodare i soliti luoghi comuni dello "straordinario" e dell' "imperdibile" (neanche a te, vedo), ma è uno di quei dischi che lo ascolti e ti domandi "com'è che non è diventato famoso?".
RispondiEliminaChe poi la domanda diventa: "com'è possibile che quarant'anni fa un disco simile sia finito nel dimenticatoio?" e dopo un po' ci si comincia a domandare se era proprio inevitabile che si finisse così, con la musica pop ridotta alla banalità più piatta, a somiglianza dei ritornelli delle pubblicità.
E il peggio è che non ne usciremo facilmente.
Da Capo c'ha quel secondo lato che mi è un po' molesto.
RispondiEliminaPoi negli ultimi anni ho sentito anche album molto belli, scritti e suonati da degli sconosciuti che fuori dalle loro anguste nicchie rimarranno sconosciuti. Penso che per ottenere il "non successo" di Forever changes ci farebbero tutti la firma.
Nella mia somma ignoranza mai sentita questa musica. Ma BELLA!
RispondiEliminaquando *noi* avevamo 16 anni c'erano i ritornelli di madonna, dei duran, di BLACK! (te la ricordi vero wonderful life?), c'era roba immonda come chris isak e i milli vanilli. il livello del pop puro anni '90 è stato parecchio meglio di quello degli anni '80. e anche sul rock (ottanta contro novanta) ci sarebbe da discutere. smiths o nirvana? it's a hard call...
RispondiEliminaah ma guarda, sembra proprio che io non avessi capito quel che volevi dire e non perché tu ti sia spiegato male, son proprio io che dormo. oh beh, qual che ho detto rimane vero, è solo che non c'entra nulla col post. mettici un [OT] magari :-)
RispondiEliminaPremesso che la querelle des 80s contre les 90s sarà il gioco di società dei prossimi 30 anni, io i Nirvana li ho sempre trovati un po' boh, ragazzini.
RispondiEliminabeh, il pop/rock *dovrebbe* essere roba da ragazzini.
RispondiEliminaE' nato per quello, mica per ritrovarsi sui libri di sociologia e per straparlare di Vietnam o foreste Amazzoniche et similia...
Del resto è un sotteso di quello che hai scritto proprio tu così bene, riguardo alle melodie e ai 16 anni.
I Nirvana? Abbastanza insopportabili.
RispondiEliminaE infatti contro gli Smiths ci vanno i Blur, al massimo, non certo i rozzissimi americani.
La diatriba tra i due decenni sfiora la più fanciullesca inutilità. E' più interessante indagare le due 'singolarità' spiegabili con le rivoluzioni dei supporti e dei mercati: quella del cambio di decennio tra i Settanta e gli Ottanta (1976-1983, diciamo), e quella a cavallo del millennio (1999-2005), dal momento che almeno si può partire dalle rivoluzioni dei supporti e del mercato.