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mercoledì 30 novembre 2011

La Morte e il Comunista d'Unità Proletaria

And I can take or leave it, if I please.

In Italia – in realtà sui giornali italiani, e nelle chiacchiere dei pochi che ancora li sfogliano – si tende a usare con molta libertà il termine “radical chic”, quasi sempre a sproposito. In realtà è una bella espressione, con una storia interessante dietro (vedi Bordone), però a un certo punto Feltri l'ha trovata in un cassetto della scrivania di Montanelli e adesso non ce ne liberiamo più, ormai mio padre, artigiano autoriparatore, se la sera al circolo Acli tira fuori una battuta su Berlusconi rischia forte di sentirsi dare del radical chic – capisco io col mio sontuoso stipendio di statale, ma mio padre radical chic insomma davvero no.

Detto questo, il radical chic è esistito, anche in Italia. Non lo coltivavano gli autoriparatori, né gli insegnanti statali: era gente che se la passava un po' meglio, possiamo anzi concludere che se la siano spassata abbastanza. Se avessimo a disposizione soltanto dieci righe per descriverli, forse quelle righe le ha scritte Simonetta Fiori ieri, siringando molta, troppa, ironia (involontaria?) in un pezzo che era oggettivamente difficile da scrivere: il resoconto della morte di Lucio Magri, come lo hanno vissuto nella sua casa i suoi amici distanti. In teoria, una situazione agghiacciante. E invece leggete:

A casa di Lucio Magri, in attesa della telefonata decisiva. È tutto in ordine, in piazza del Grillo, nel cuore della Roma papalina e misteriosa, a due passi dalla magione dove morì Guttuso, pittore amatissimo ma anche avversario sentimentale. Niente sembra fuori posto, il parquet chiaro, i divani bianchi, i libri sulla scrivania Impero, la collezione del Manifesto vicina a quella dei fascicoli di cucina, si sa che Lucio è un cuoco raffinato. Intorno al tavolo di legno chiaro siede la sua famiglia allargata, Famiano Crucianelli e Filippo Maone, amici sin dai tempi del Manifesto, Luciana Castellina, compagna di sentimenti e di politica per un quarto di secolo. No, Valentino non c'è, Valentino Parlato lo stiamo cercando, ma presto ci raggiungerà. In cucina Lalla, la cameriera sudamericana, prepara il Martini con cura, il bicchiere giusto, quello a cono, con la scorza di limone. Cosa stiamo aspettando? Che qualcuno telefoni, e ci dica che Lucio non c'è più.

La Roma papalina, il parquet chiaro, la scrivania impero, la scorza di limone, i divani bianchi, la cameriera sudamericana, il bicchiere a cono, il Manifesto che è (sublime dettaglio) “collezione” e come tale ben merita di essere accostato ai fascicoli di cucina, io che non so cosa pensare. Cosa stai facendo, Simonetta Fiori? Sei imbarazzata, come i bambini ai funerali, che non sanno dove guardare e cominciano a fissare ogni dettaglio? Oppure lo stai facendo apposta: ci tieni a far notare che Magri, già fondatore del Partito di Unità Proletaria per il Comunismo, sarà anche stato depresso, ma aveva ancora la possibilità di farsi mescere dei Martini come si deve? Cosa mi vuoi dire, esattamente?

Che non è vero che era depresso, cioè era depresso allo stesso modo in cui poteva definirsi Proletario per il Comunismo uno che si fa servire il Martini nel bicchiere a cono dalla cameriera sudamericana: uno che da giovane fregava o si faceva fregare le ragazze da Guttuso, uno che nell'Italia fervida dei '60-'70 si è inventato il mestiere di rivoluzionario parlamentare e gli è andata, diciamolo, alla grande? Ma se capisco così, ovviamente, è tutta colpa mia; tu sei soltanto una lucida cronista.

Io a volte ci penso, al suicidio. In un modo abbastanza astratto, ancora, però ci ho sempre pensato. Soffro di una forma molto fisica di vertigine; ogni volta che mi sporgo da un balcone il flusso di sangue nei capillari mi dà una specie di botta. È sempre stato così fin da bambino, e la mia camera dava su un balcone. Secondo me suicidarsi non è un diritto, è qualcosa che viene addirittura prima del diritto: è una possibilità che ti porti con te per tutta la vita, al di là del fatto che la società te la riconosca o no. È un balcone che dà sulla tua stanza per tutta la vita: ogni giorno che vivi, hai deciso di viverlo, hai scartato l'alternativa. Può darsi che tu sia un asociale se vuoi suicidarti; può darsi che le tue ragioni (“sono depresso”) siano solo scuse; non importa. In realtà non dovresti nemmeno cercare delle scuse. Il mio suicida ideale non chiede scusa a nessuno e non vuole le scuse di nessuno. Il mio suicida ideale non si suicida perché soffre, o è depresso, o frustrato: si suicida perché ne ha voglia, si suicida perché può. Prima della società, coi suoi doveri e i suoi diritti, c'è il corpo, e il corpo è tuo. Devono metterti in una cella, toglierti la cintura, limarti le unghie, nutrirti a forza: a quel punto forse il corpo smette di essere tuo.

Di solito quando pensavo al suicidio pensavo a queste cose, molto astratte come si vede. Invece ultimamente mi è capitato di pensarci più concretamente – non preoccuparti mamma – per via che guardo troppi telegiornali e insistono molto sul fatto che io a settanta, forse anche settantacinque anni, dovrei essere ancora sul mio luogo di lavoro. Io poi lo amo il mio lavoro, e un giorno forse chissà, il mio amore mi corrisponderà – però onestamente, pensare di essere ancora lì tra quarant'anni, con marmocchi dotati della stessa energia, ma meno decifrabili, i nipoti di quelli che ho adesso – uno comincia a fare pensieri molto più concreti, del tipo: è meglio alla tempia o in bocca, la rivoltella? E dove me la procuro? Ma posso ottenere un porto d'armi se ho fatto obiezione di coscienza... e così via. Credo sia così per molti; credo che la questione generazionale, in Italia, potrebbe risolversi con un'epidemia di suicidi grosso modo verso il 2040.

Di fronte a questi pensieri un po' tetri e troppo prosaici, la figura di Lucio Magri, che prima ci pensa, poi va in Svizzera, ne discute, poi torna a casa, ne parla con gli amici (la cameriera serve da bere), poi torna in Svizzera (altre due volte), e gli amici intanto aspettano... la figura di Lucio Magri in questo cupo teatro d'ombre svolazza come una silhouette settecentesca, con una leggerezza che davvero non è più di questi tempi. Si capisce che ha avuto una vita bella, piena di ideali che poi sono falliti ma è quello che capita più o meno sempre; ricca di amici coi quali ha fondato il Manifesto, il PDUP per il Socialismo, DP, il Movimento poi Partito della Rifondazione Comunista, il Movimento dei Comunisti Unitari... E in mezzo a tutto questo viveva in una bella casa, con mobili chiari, tenuta sempre in ordine; una bella compagna che gli faceva pure il bancomat, e che un giorno se n'è andata, e da quel giorno la vita ha perso il senso: come forse è giusto che sia a 79 anni. E così Simonetta Fiori forse tu non volevi scrivermelo, ma io ho capito esattamente questo: il suicidio assistito è un lusso, roba da Svizzera, roba radical chic, insomma. In Italia continueremo a discuterne per anni, diritto o non diritto – come se davvero uno Stato, una società, possano costringerci a vivere se non ne abbiamo più voglia. Alla fine sarà come l'aborto, un orrendo delitto che non vorrebbero assolutamente farci commettere - soprattutto in un ospedale di Stato, a spese dello Stato: con tutte quelle belle cliniche private che ci sono: dalla Svizzera in giù.

28 commenti:

  1. sì, anch'io credo che abbia voluto dire così: non è roba per te impiegatuccio, operaiuccio, casalinguccia. il suicidio assistito è roba per ricchi, stanchi, depressi e annoiati.
    e poi gesù non vuole. non vuole che tu possa stare male, o non stare bene e decidere che ne hai abbastanza e dire tu stesso game over. no, sei un bambinone e decido io quand'è finita. magari ci intruglio un po' sulla retorica del ha sconfitto il tumore o non ce l'ha fatta a sconfiggerlo (?!). sconfitto cosa?
    ha ceduto? s'è lasciato andare? è stato vigliacco?
    no, ha fatto una scelta che chiunque di noi dovrebbe poter fare al momento giusto, col giusto supporto e le possibili alternative.
    ma chissà forse è giusto così: ti metti da parte i soldini o paghi una specie di europe assistance che al momento giusto ti porta in svizzera.
    altrimenti mi immagino chissà, giovanotti in coda alla asl per firmare i documenti necessari a ricoverare la vecchia madre per farla morire (come ora buttano la vecchia dalle scale per farla ricoverare intanto che vanno in ferie)...
    ma in alternativa rimane sempre il balcone: sempre che si abbia l'energia per scavalcarlo e imamginarsi spiaccicato lì giù, invece cha addormentato serenamente in un letto
    ma noi siamo quelli appunto dell'aborto vietato, ma superpraticato clandestinamente dagli stessi obiettori...
    come i preti che si trombano i ragazzini che dovrebbero proteggere o i poliziotti che menano i manifestanti pacifici e lasciano stare gli altri
    l'assitenza sanitaria al convivente del parlamentare sì, alle persone normali no
    si continuerà a praticare l'eutanasia in tante cliniche private (molte dei preti e chissà se pagano l'ici), ma non si dice in giro. che non sia mai diventi un diritto disporre di sé, del proprio corpo, no! appartiene a dio e i preti solo possono autorizzarci a farne cosa!
    e quindi lasciamoci qualche spiccio per andare in svizzera (e non facciamo scadere la carta d'identità o il passaporto!)

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  2. Davvero un'ottimo pezzo, Leonardo.... mi ha fatto e mi farà riflettere. Grazie

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  3. O la svizzera o l'asfalto sotto un bel palazzo alto, chiaramente.
    Dipende dalla classe (sociale)

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  4. http://milnyc.blogspot.com/2007/09/radical-shit.html
    Qui pure io mi occupai di radical chic. Pare che wolfe non fu il primo a usarla con quel senso.
    Icepick

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  5. Il radical chic non è un bravo cuoco, è un cuoco raffinato. Ha amici con il doppio cognome e un soprannome. Ha amici, tanti. Coltiva il bello. Ha cameriere che hanno un nome, ma sono senza nazione. Hanno però un mezzo continente. Lalla, trattata come una di casa, sicuramente. Un compagno di scuola con i poster del Che in cameretta una volta mi invitò a merenda. Sai, la fame post canna radical. La torta venne servita e *tagliata* da Davide, il cameriere del sud est asiatico.

    Icepick

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  6. Ma questa Simonetta Fiori a casa di Lucio Magri c'era anche lei? E ha visto i bicchieri a cono e la scorza di limone? E il parquet? E ha parlato con la cameriera sudamericana? (ma sudamericana di dove? di Santo Domingo? cilena? peruviana?) E, certo, la Roma di Lucio Magri non può che essere misteriosa e papalina (siamo in un film di Luigi Magni?).
    Provincialismo. Cattivo gusto. E' tutto inventato.
    E anche tu non scherzi.

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  7. Ieri mattina, rientrando a casa, due auto della polizia accanto ad un palazzo, un lenzuolo bianco a terra a coprire un corpo, macchiato di sangue. L'edicolante di fronte mi ha detto che si è buttato dal 7°piano, che lo conosceva. Abituiamoci perché non è che la clinica se la possano pagare tutti, e la "dipartita proletaria" (o piccolo borghese) è spesso un po' più splatter...

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  8. No vabbe', io scherzo per definizione.
    Però Anonimo, vedi, tu mi poni un serio problema: tra Simonetta Fiori che scrive sulla Repubblica e un Anonimo che mi dice che è tutto inventato, a chi devo dare retta? Fammici pensare bene.

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  9. Fai quello che vuoi, sei a casa tua. Ma risparmia all'intelligenza di chi legge le banalità sugli Anonimi. E poi scrivi sull'Unità: una di Repubblica non dovrebbe avere niente da insegnarti.

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  10. Se ti stesse proprio a cuore risparmiare intelligenza, forse non verresti qui ad accusare senza prove e senza riferimenti.
    A Parlato e amici non manca spazio per replicare; se la Fiori si è inventata tutto la cosa salterà fuori. Nel frattempo un anonimo che scrive che è inventato non serve a nulla, non aggiunge nulla. Scusa se è una banalità, eh, ma noi provinciali siamo fatto così: insistiamo sui fondamentali.

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  11. Boh. Uno si ammazza e la reazione unanime di tutti i sinistroidi sembra essere affrettarsi a dire che per carità son fatti suoi, dovrebbe solo essere un po' più alla portata di tutti. Un po'squallidotti. O ossessionati dal "nemico": quello che interessa è soprattutto riuscire a polemizzare con il nemico di sempre, mica la disperazione di un personaggio pubblico che si toglie la vita in modo, diciamolo, piuttosto teatrale. Magri non mi piaceva, ma la maniera di strumentalizzare a tutti i costi la sua scelta (lui non ha scelto di farne una battaglia politica come Beppino Englaro, in un situazione per altro del tutto diversa), completamente ignorando la persona che è stata, ma solo per il gusto di togliersi per l'ennesima volta lo stesso sassolino, mi piace ancora meno.

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  12. Il pezzo della Fiori, inventato o no, è terrificante.
    Invece ho apprezzato questo anche perché così ho scoperto altri cui sto trucchetto retorico del radical-chic sta sulle scatole quanto a me: da figlio di operaio comunista, non ho mai pensato che si lottasse per essere poveri né ho mai confuso Marx con san Francesco.
    Se Magri poteva, ha fatto bene e amen.
    Mi dispiace per Monicelli, invece, che l'urgenza o chissà che altro ha condannato a metodi più spicci e "proletari".

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  13. Post da condividere. (non so se ci dobbiamo preoccupare ma Filippo Facci ha scritto una cosa praticamente identica sul Post: Il suicidio come privilegio).

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  14. Leonardo però vediamo di capirci: sei tu che dai ai tuoi commentatori la possibilità di scrivere anonimamente. Poi quando scrivono qualcosa che ti disturba stigmatizzi il loro anonimato, appetto la credibilità di una giornalista mainstream. Mah!
    (Se mi firmassi Mario Rossi, o fatina Isa, la mia credibilità, qui, ne guadagnerebbe? Non credo. Con nome e cognome? Non credo, no)

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  15. Anonimo, guarda che è molto semplice e non c'è nulla di difficile da capire: tu hai la possibilità di scrivere anonimamente cose che, finché non ci dai riferimenti concreti, valgono zero.
    Se ti firmassi Mario Rossi, o fatina Isa, continueresti a valere zero. Se sei un collega della Fiori, e puoi dimostrarci che quel giorno lei era in un fitness center (mostrandoci le ricevute), ecco, allora quel che scrivi può essere interessante. Fino a quel momento io non ho grossi motivi di dubitare di quello che scrive la Fiori.

    Hai capito? Non sto stigmatizzando il tuo anonimato: se hai un'opinione, una considerazione, una teoria, puoi farla da anonimo, anche io sono tecnicamente anonimo qua dentro. Ma se fai un'accusa (Simonetta Fiori si è inventata un pezzo) stai scrivendo una letterina anonima, e le letterine anonime le vai a scrivere cortesemente da un'altra parte che non ti suggerisco.

    @Pellegrina: grazie per aver colto un'altra occasione per toglierti i sassolini contro i "sinistroidi".

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  16. Se la giornalista ha descritto quello che vedeva non vedo dove stia il problema se non, appunto, nell'aver descritto quello che vedeva: un interno e un milieu alto-borghese talmente stereotipato da sembrare una caricatura, come nel film "Caterina va in città". Solo che le caricature, non bisogna dimenticarlo, si fanno a partire dalle facce vere e, nel film come nella realtà come in quella descrizione giornalistica, ci sono persone che non hanno i problemi della gente comune e anche quando li hanno, perché anche loro si ammalano e invecchiano e muoiono, possono risolverli in altro modo, perché, pseudo-rivoluzionari o pseudo-reazionari che dir si vogliano, fanno parte degli stessi ambienti, quelli giusti, da sempre, perché in Italia vi si entra solo per nascita o per cooptazione, mandano i figli alle stesse scuole e, magari, vanno a crepare nelle stesse cliniche.
    Perché in Italia i diritti, potendoseli permettere, sono tranquillamente disponibili, i propri come quelli altrui, come quelli delle tante 'cameriere sudamericane' delle famiglie bene, come conclusero quelli del Manifesto alla fine di un acceso dibattito di una ventina di anni fa: la serva serve, altrimenti come volevate che trovassero il tempo, loro, per fare gli intellettuali pensosi, come avrebbero potuto spiegarvi come cambiare il mondo, se avessero dovuto dedicarsi a basse incombenze come passare l'aspira o pulirsi il cesso?

    tibi

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  17. Si trova il tempo: le giornate hanno 24 ore e basta sapersele gestire. Dove hanno trovato i russi il tempo di rovesciare lo zar? Avevano la filippina anche loro? Non credo che avessero orari di lavoro più leggeri di quelli del Manifesto.
    D'altronde, se uno E' un intellettuale non dovrebbe avere problemi: il tempo per essere ciò che si è lo trovi.
    Anche quello di rispondere all'ennesimo che attacca i radical-chic unendoci quell'altro SIMPATICISSIMO attacco, che è quello anti-intellettuale.

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  18. Però se state prendendo questo pezzo come un attacco ai radical-chic, o agli intellettuali, secondo me avete la tendenza a vedere attacchi dappertutto (o voglia di essere attaccati, non lo so).

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  19. A me il pezzo di Leo sembra un contro-attacco, in risposta all'attacco (percepito) di Simonetta Fiori, che in realtà era semmai troppo sussiegoso e melenso, nel tentativo di celebrare nostalgicamente il defunto, di fissarne un ritratto da "bellissimo e ancora giovane, un'espressione tra il malinconico e il maledetto".
    Tentativo tanto maldestro da risultare involontariamente comico: d'altra parte, ogni élite frivola ha i cantori che si merita, chi Parini, chi Gozzano, chi Simonetta Fiori.

    tibi

    P.S. Poi ci si potrebbe anche chiedere perché Leo, che pure rivendica le sue origini proletarie e di quell'élite non fa parte se non di straforo, si senta in dovere di difenderla dalla presunta ironia (in realtà del tutto involontaria) dell'articolo; ma di questa 'falsa coscienza' gli chiederà semmai conto la sua vecchia coscienza di materialista dialettico.

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  20. "Devono metterti in una cella, toglierti la cintura, limarti le unghie, nutrirti a forza: a quel punto forse il corpo smette di essere tuo."

    Oh, ma non è affatto necessario, anzi, sarebbe controproduttivo. Vi sieti già infilati in una cella senza sbarre, se poi ogni tanto il sistema fallisce non è un dramma; la vita dell'individuo non è una necessità, la morte non è una perdita.

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  21. Ma no, Leo: mi riferivo al post prima del mio: pensavo di essere stato chiaro nei 2 interventi.
    Ribadisco: ho apprezzato il pezzo, really

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  22. cito da
    http://www.exit-geneve.ch/

    Rappel des conditions pour une assistance au suicide :

    1.


    Il faut être membre de l'association EXIT Suisse romande

    2.


    Etre domicilié en Suisse romande

    3.


    Avoir son discernement

    4.


    Faire une demande sérieuse, manuscrite, avec un dossier médical

    5.


    Etre atteint d'une maladie incurable, avec un pronostic fatal ou une invalidité importante

    6.


    Avoir des souffrances physiques importantes



    http://www.exit-geneve.ch/
    però una volta conobbi una tipa di bologna che era associata ad exit pur non essendo domiciliata in svizzera. Forse era un'altra exit. bah.

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  23. Trovo il tuo commento all' articolo così divertente(...si, anche se parla di morte) e liberatorio, in un certo senso, perchè quando ho finito di leggere il servizio sul suicidio di Magri e l "attesa" della notizia, in casa sua, dell'avvenuto decesso, ho creduto per qualche tempo ad uno scherzo.Di cattivissimo gusto, ma uno scherzo. Consideriamo anche il particolare che è stato servito, di fatto, come fosse uno scoop! Nessuno dei quotidiani che ho sfogliato quel mattino, ne riportava la notizia. Un esclusiva di Repubblica. Non credo che sia una invenzione. E' comodo nascondersi dietro una ipotesi di questo tipo. Perchè non accettare semplicemente che le stupidaggini danno fastidio. Anche se pubblicate su un giornale che resta, comunque, credibile e serio.

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  24. beh, leo, se pensi che chiunque ti fa un'osservazione è una persona di destra che viene qui a sfogarsi a prescindere allora sei tu che ecc. ecc. (cfr. tuo commento delle h. 14.00).

    @ mauro Il pezzo della Fiori continuo a trovarlo interessante, per quanto sia fastidioso. E' un bel quadro di un interno più che reale, sia pure in una situazione, diciamo, tacitiana come questa, pur in assenza di Neroni e Tigellini.

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  25. Magri non era un radical chic,raffinato sì.Non credo sia una colpa.Oltretutto spendeva soldi suoi o comunque non avuti con disonestà.So di preciso che ha rinunciato per scelte politiche a situazioni comode e privilegiate,tipo la rinuncia a candidarsi al parlamento negli anni 90.Non era comodo nel 69 farsi cacciare dal PCI per uno che era al vertice,rimase senza stipendio anche nei primi anni 60.Certamente una persona con contraddizioni come tutti.Qusta descrizione sferzante e cinica,di un pauperismo nanale è nasconde in fondo dell'invidia per una persona intelligente che si è esposto,ha sbagliato molte analisi cercando di modificare la storia e la politica.Giusto evidenziare modelli di vita non corrispondenti a teorie professate ma fatelo con stile,cogliendo anche gli aspetti positivi senza cadere in commenti da rotocalco.

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  26. Fulvio, con tutte le persone al mondo che posso invidiare nel mio pauperismo nanale, francamente Lucio Magri no. A me non interessa nemmeno molto che avesse modelli di vita non corrispondenti a teorie professate, succede a tutti. Mi interessa chi è ancora vivo e ci racconta una storia, in questo caso la Fiori; il mio giudizio se c'è riguarda il suo racconto, non Magri che ha fatto una scelta che non ritengo nemmeno giudicabile.

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