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mercoledì 19 dicembre 2012

V per vendetta, B per Benigni

Posto che Benigni è un grande artista, e che lo sarebbe anche se non riuscisse a calamitare il 40% di share con niente più che una lezione frontale sulla Costituzione, vorrei provare a spiegare perché ieri sera io non sono riuscito a guardarlo più di qualche minuto - un fenomeno per nulla eccezionale, ma ultimamente c'è twitter che rende più visibili minoranze fino a ieri poco interessanti, ad esempio quelli che in teoria rientrerebbero nel target degli estimatori di Benigni (over 40 "de sinistra") e invece non lo sopportano; magari con tanto affetto per quando bestemmiava e inneggiava al corpo sciolto, ma è successo secoli fa. E poi c'è un'altra minoranza curiosa, ovvero quelli che non se ne capacitano: non capiscono come si possa malsopportare un genio come Benigni che fa il 40 di share parlando di una cosa come la costituzione. Al punto di scomodare il demone dell'Invidia: saremmo tutti Invidiosi, ecco perché non riusciamo più a guardare Benigni e goderne come ne godono vecchi e bambini. L'Invidia ci ha rosicchiato il cuore. Il che tra l'altro è vero.

Almeno nel mio caso: certo che invidio Roberto Benigni, mi sembra il minimo. Ha fatto di tutto, compresi i milioni; ha vinto un Oscar; ma soprattutto riempie le piazze spiegando Dante, io giusto stamattina spiegavo Dante e me ne accorgevo da solo che non sono altrettanto bravo. Me ne accorgevo per esempio perché sul più bello, con il conte Ugolino chiuso nell'orribil torre che sente inchiodare l'uscio, c'è sempre qualcuno che chiede di andare in bagno. Ci fosse al mio posto Roberto Benigni sono sicuro che non succederebbe, nessuno oserebbe perdersi la scena in cui si morde le mani e i figli gli propongono di addentare piuttosto le loro misere carni: se la farebbero addosso sul posto per sapere se alla fine li mangia o no. Quindi l'Invidia c'è, e gioca un ruolo. Ma non credo che sia decisiva.

Anche perché se invidiassi tutte le cose che non mi piacciono più... per esempio ieri sera a un certo punto ho cambiato canale e mi sono reso conto che Italia1 controprogrammava V per Vendetta, una scelta tanto sottile che forse è casuale: al campione dei democratici progressisti, Roberto Benigni, il settore giovanile mediaset opponeva il campione degli anarco-antipolitici grillini, il V con la maschera di Guy Fawkes. In effetti se avete l'età per apprezzare Benigni magari neanche sapete chi è 'sto V... ma la maschera l'avete vista in giro senz'altro, ecco: pochi film negli ultimi anni si sono infilati nell'immaginario collettivo occidentale come questo, che come sempre in questi casi non è nemmeno un gran film... eppure evidentemente funziona. Proprio come Benigni, a un certo punto bisogna arrendersi: toccano le corde giuste, corde che tu non sai toccare e forse nemmeno vedere, ma ci sono e fanno vibrare per simpatia milioni di persone.

Ora io ho un problema. Forse faccio parte di una generazione di mezzo. Forse sono io che sono sempre stato in mezzo. Questa cosa ormai mi si ritorce contro nel momento in cui mi rendo conto che non solo non riesco più a guardare Benigni, che è bravo per carità... ma neanche Natalie Portman che prepara il funerale vichingo a V: neanche lei riesco più a prendere sul serio. Sarà il doppiaggio, i troppi break pubblicitari, ma mi sembra un'autoparodia; quando lui le dice "sto morendo" e lei una cosa del tipo "no, non puoi lasciarci adesso" istintivo mi ricorre Supergiovane che piange Catoblepa, o rido o cambio canale, e questo cosa vorrebbe dire? Che invidio Natalie Portman? Che non sopporto che sia più bella di me, o in generale più brava a recitare? Può anche darsi ma forse il problema è un altro.

Il problema è che vedo due generazioni l'una contro l'altra armate, e non so scegliere: stare in mezzo non si può ma soprattutto non è la mia posizione. Per stare in mezzo bisogna apprezzare e comprendere gli uni e gli altri e invece è il contrario: non li capisco e non li apprezzo entrambi. La generazione che si beve con entusiasmo una lezione frontale di due ore sulla costituzione "più bella del mondo" ha un'età media di 55 anni, chi ha preso sul serio il messaggio politico di V per Vendetta difficilmente ha superato i 30. Non credo che siano in grado di capirsi: già Benigni è indigesto per me, dopo di me vengono i barbari baricchiani, gente fisicamente incapace di restare immobile davanti a uno schermo se sullo schermo c'è un tizio che parla per due ore. E lo so che c'è qualcosa di commovente in questa resistenza della parola sull'immagine, del discorso sul montaggio serrato: ma so anche che non può durare. Certo, siamo in Italia, Benigni ha ancora 15 anni a disposizione per entusiasmare il suo pubblico e, quel che più importa, è quello il pubblico che ti fa vincere le elezioni. Ma ti fa vincere anche Sanremo, se per una volta in mezzo ai vari concorrenti di Talent si presenta un Vecchioni. Lo stesso Renzi, nei suoi comizi, mi sembra segua ancora strategie retoriche simili a quelle messe in atto da Benigni: la dialettica tra rottamabili e rottamatori è tutta interna all'insieme di gente che ieri sera si poteva guardare lo spettacolo sulla Costituzione. E che V per Vendetta non sa cosa sia: roba per ragazzini, un film d'azione con un tizio mascherato che rotea coltelli al ralenti, un Matrix aggiornato all'epoca della paranoia sulla febbre aviaria.

V per Vendetta è tutto ciò, ma è anche un oggetto più complesso. Lasciamo perdere le nobili origini (all'inizio era un fumetto di uno dei geni letterari ahimè del secolo scorso, Alan Moore, nato dall'inquietudine di quel decennio che adesso invece sembra essere stato tutto giocoso e colorato, gli anni Ottanta: chi li ha vissuti lo sa, quanto invece si prestassero bene a fantasie di apocalisse). Moore questo film non l'ha mai voluto, già lo script dei fratelli Wachowski (gli stessi di Matrix) non gli piaceva. Per guardarlo bisogna davvero scordarsi il fumetto, così come probabilmente per apprezzare la lezione di Benigni bisogna temporaneamente dimenticare eventuali mesi trascorsi a studiare diritto costituzionale. Come nel caso di Matrix, è molto difficile per me capire cosa abbia reso proprio questi due film d'azione due testi sacri, fonti di ispirazione filosofica, esistenziale, addirittura politica per tanti membri di una generazione alla quale evidentemente non appartengo. Mi è solo chiaro che i Wachowski ragionano per immagini, molto più di quanto lo facesse un autore già visionario come Moore. E che nella costruzione del loro linguaggio visivo non si vergognano minimamente di riutilizzare immagini (ma anche discorsi) che la mia sensibilità 'vecchia' rifiuta immediatamente come banali, scontati, risaputi, kitsch; se il mio senso estetico avesse una spia sonora, questa bipperebbe in continuazione: pericolo kitsch / attenzione! populismo da due soldi in avvicinamento / procedere con prudenza, qualcuno sta trasformando i totalitarismi del Novecento in cattivi da operetta / stooop! qui usano un terrorista come deus ex machina, invertire la marcia immediatamente!!!! / warnung, dietro l'angolo stuprano Orwell per due spicci. E così via.

Ma questo significa semplicemente che la mia sensibilità non riesce ad aggiornarsi, perché V per Vendetta funziona, porta migliaia di persone in piazza in tutto il mondo. Quelle che io interpreto come continue cadute di stile fanno parte di una strategia retorica che non riesco a cogliere, trasmessa su una frequenza che le mie antenne non captano, ma d'altro canto già in Matrix quando chiedevano di scegliere la pillolina blu o quella rossa io ridevo e pensavo soltanto ad Alice nel Paese delle Meraviglie e mi stavo perdendo la metafora più potente dei tardi anni Novanta. E non c'è niente da fare, in V riesco a vedere solo un film d'azione con ralenti e dialoghi stucchevoli, allo stesso modo come in due ore di Benigni riesco solo a vedere un insegnante di mezza età che cerca di fare il simpaticone, e ci riesce per carità, ma non viene anche a voi voglia di alzare la mano e fare una qualsiasi domanda stupida, prof ma quale giuria esattamente ha deciso che la nostra costituzione era "la più bella del mondo", e quando è successo? Perché nascono nazioni nuove tutti gli anni, chissà se il Sud Sudan non ne abbia una più bella della nostra; probabilmente no ma qualcuno si è preso la briga di leggerla e fare un confronto? E poi, prof, il fatto che sia la più bella, e il fatto che sia anche la meno applicata; non le è mai venuto in mente di collegare le due cose? Ma anche più semplicemente

posso andare in bagno?

Che è un messaggio che secondo me li contiene tutti: i ragazzi, è una delle poche cose che ho imparato negli ultimi anni, protestano con la vescica. È l'unico strumento che gli consente di controbattere alla retorica degli adulti, dei professionisti.

Ecco, se c'è qualcosa che hanno in comune, V e Benigni, è che non ti autorizzano ad andare in bagno: devi guardarli con un'adeguata partecipazione emotiva, ridere quanto ti viene chiesto di ridere, piangere quando si toccano i tasti del pianto: e niente battutine. Sono due spettacoli del tutto privi di ironia. Benigni non è mai stato molto ironico, anche quando faceva il comico mi sembra che ricorresse all'ironia solo occasionalmente, magari con il tocco del maestro. Da quando è salito in cattedra anche queste brevi frecciate sono sparite; l'approccio che Benigni adopera con Dante o con la Costituzione è sempre estremamente empatico: ed è poi questo che mi rende faticoso restare a lungo sul suo canale. Non è una questione di contenuti, sempre abbassati il più possibile, ma avete fatto caso al tono? È una specie di musica ossessiva, la voce di un tizio che ti invita continuamente a commuoverti, ma lo capisci che ti sto dicendo qualcosa di commovente, ma lo capisci che ti sto spiegando qualcosa di nobile, di grande, come la costituzione scritta dai nostri nonni, ma lo capisci che te lo sto spiegando con parole semplici, e che anche questo è nobile e grande, ma lo capisci che mentre ne parlo mi commuovo io stesso, ma lo capisci, e allora perché non ti commuovi, ma lo capisci, ma lo capisci, ma perché non piangi? se non piangi adesso, ma di cosa? e piangi su.

"Prof, posso andare in bagno?"

No adesso tu piangi.

"Preferirei piangere in bagno".

Non mi fido piangi qui.

"Ma non è un po' anticostituzionale questa cosa?"

Allora cambi canale e c'è V coi suoi discorsi bisbigliati sotto la maschera, ma ti viene il dubbio che anche lui, con molta più azione e molte meno parole, voglia solo farti piangere o ridere a comando; la sua grande idea di palingenesi rivoluzionaria consiste nel fare esplodere il Parlamento dopodiché la Gente festeggerà e si autogovernerà; buffo, se la terrorizzi con le epidemie la stessa Gente va in confusione e vota i fascisti cattivi; invece se gli fai saltare in aria il parlamento la Gente si sveeeeeegliaaaa!!!11! capisce e festeggia. E io resto in mezzo, un po' perplesso. Da una parte vedo la civiltà dei Benigni, dei Bei Discorsi, dei Padri Nobili, che ha ancora un buon decennio davanti, ma poi inevitabilmente sfumerà. Dall'altra arriva una generazione che si esalta per cose che non riesco a capire. Ci penso e mi sento un peso dentro.

Per fortuna che posso andare in bagno.

35 commenti:

  1. Anche l'altra volta iniziò che rasero al suolo la Bastiglia. Il Parlamento è la Bastiglia della nostra epoca. Comunque, coraggio! Ancora due giorni e poi è finita.

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  2. Sono d'accordo con Lei.Buone Feste.Carlo di Novara

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  3. Forse del post non m'è piaciuta la retorica della generazione di mezzo, ma è anche la spiegazione più verosimile. E' che odio l'idea stessa di "generazione di mezzo", forse perché non riesco a liberarmene. E' da quando sono nato che sento d'aver sbagliato generazione, vuoi vedere che è una balla? Come quando i (miei) prof delle medie dicevano che la classe dell'anno precedente era più brava, più educata, più partecipativa... Non c'è niente da fare, sono sempre capitato nell'anno sbagliato, appartengo ad una generazione che non è mai sbocciata e che sta già appassendo. Dire che "V per vendetta" (the movie) l'ho trovato anch'io roba da sbarbatelli esagitati fa di me cosa? E dire che l'altra sera, pur apprezzando Benigni e l'idea stessa della trasmissione (un po' di educazione civica di massa non fa male), sentivo anch'io l'esigenza di maggior interazione? Qualcosa da dire, ad esempio, sulla parola "razza" dell'art. 3, o sulla nozione di paesaggio dell'art. 9, o sul fatto che "la più bella del mondo" è nazionalistico o, quanto meno, etnocentrico. Ma come esprimerla questa necessità? Dopo due giorni tra i commenti di un blog? (un blog, mi spiego?). Forse è proprio questo il segno dell'appartenenza ad una generazione di mezzo, ma non nel senso anagrafico o cronologico, bensì politico: sono palude, sono fango, sono indecisione, sono mentalità del rinvio. E questo, al di là di qualche giustificazione storica che pure c'è, è sostanzialmente colpa mia. Nostra, se posso.

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  4. Scusa/te per l'anonimato. Mi chiamo Giovanni e ho pubblicato il commento qui sopra.

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    1. Caro Giovanni, sono Giovanni anche io e posso dirti che non sei solo. Forse siamo tutti generazione di mezzo? forse questo sentimento è comune o siamo noi ad aver sbagliato anno di nascita? (io sono classe 1967)
      Saluti, Giovanni

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  5. Secondo me V for Vendetta non ha davvero funzionato (in termini di conquista dell'immaginario) da fumetto perché era troppo ricco e complesso per diventare un best seller, e non ha funzionato nemmeno come film, perché era una porcheria assoluta. Ha funzionato solo l'invenzione della maschera di Guy Fawkes, che è diventata un oggetto di marketing. L'analisi su Benigni la trovo perfetta.

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    1. Bella l'idea del film ridotto a gadget (la maschera). A me è parso che funzionasse fino alla (seconda) scena delle uova. Poi si perdeva totalmente e riprendeva verso la fine, grazie allo scioglimento dell'azione. Ma lasciava in sospeso le questioni cruciali.

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  6. Sono contento di sapere che non sono stato l'unico sul mio blog a ridimensionare i meriti della trasmissione di Benigni (in altri luoghi ho rischiato il linciaggio)...

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  7. Ehm...una piccola precisazione. Il conte Ugolino non sente il rumore della chiave che gira nella toppa. "Ed io sentii chiavar l' uscio di sotto" significa che sente che stanno inchiodando la porta della torre.

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    1. In effetti la porta della Muda venne inchiavardata e inchiodata, però la frase dantesca rimanda, allude, accenna ambiguamente, oscilla fra chiavi e chiodi.
      Sebbene infatti i termini latini "clavis" e "clavus" siano assai simili, nel 1300 la gilda dei chiavaroli a Firenze si occupava di chiavi e non di chiodi, mentre a Pisa tale professione era rappresentata dall'ars toppaiolorum, espressione che costituisce un'interessante miscela latino-toscana.
      Quindi si hai ragione, inchiodar la porta senza dubbio alcuno, ma la frase ha come un retrogusto di chiave...

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    2. che sono infatti i dubbi dai quali tredicenni e sedicenni sono puntualmente assillati quando leggono "chiavar l'uscio di sotto"

      (cmq sì, ahinoi, Leonardo, questo giro hai toppaiolato. Lo dico per invidia.)

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    3. Non so se anche nel tuo dialetto sia la stessa cosa, ma nel dialetto toscano odierno le parole derivate dai chiavaroli e dai toppaiolari sono rientrate nella sfera semantica dell'accoppiamento: mirate la potenza delle metafore popolari che partono dalla chiave nella toppa ed arrivano... ehm... altrove ;)

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    4. miriamo, miriamo.
      non solo nel toscano, né nella sola Italia mediana cui mi onoro di.

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    5. che vergogna, sbagliare a scrivere il proprio nicknome (e non assolve la tastiera nuova e ostile)

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  8. Anche Britney Spears funziona (ammesso che si scriva così)!
    Ma è un po' complicato guardare tra i giovani e inquadrarli come "quelli che guardano V per vendetta". Altrettanto impreciso come guardare tra gli over 50 ed etichettarli con "quelli che guardano benigni".
    Piuttosto dovremmo chiederci se dietro questa scelta, apparentemente di palinsesto, di mediaset, non ci sia piuttosto un cervello politico.
    Non parlo di Berlusconi, tra i tanti cervelli che secondo me possiede, quello politico deve averlo proprio perso.

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    1. Alcuni anni fa Umberto Eco scrisse che la sinistra perde perché di fronte alla precisa strategia mediatica di Berlusconi, si stringe nelle spalle e dice "Ma chi vuoi che creda a queste fandonie? Quest'uomo è allo sbando!".
      (cfr: "A passo di gambero" Bompiani, 2006)
      Quindi occhio che a Berlusconi il cervello funziona benissimo ed è ancora molto pericoloso sia per l'Italia che per la costituenda Europa.

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  9. Io avevo capito che il domino era gia pronto e V non fa altro che spingere il giusto mattoncino, facendo un po' di casino e mandando le maschere a tutta la citta'. Far saltare il parlamento è solo una necssita' teatrale di V che è cresciuto guardando a ripetizione Il Conte di Montecristo.

    Forse il problema della generazione di mezzo è voler cercare il messaggio politico piu' del necessario, che in questo caso sarebbe "La dittatura pone da sola la base per la propria autodistruzione" (che concordo e' alquanto banalotto). Ma perche? A questo punto anche il primo Batman di Tim Burton fa schifo perchè il messaggio politico e' sballato.

    asdert

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  10. No, direi decisamente che non sei invidioso. Stai solo invecchiando. Inizi a commuoverti per poco e la cosa ti spaventa.
    E cerchi di pensare che sei di una generazione di mezzo, che tu sei a metà strada tra matusalemme e bimbiminkia. Che solo i veri fighi possono guardare con egual disprezzo Benigni e V per Vendetta. Che noi siamo troppo intelligenti e colti per credere alle balle di questi due. Tutto giusto... ma il tempo passerà. E se non c'è più una terra di mezzo dove rifugiarsi, ben presto anche l'età di mezzo svanirà. Auguri.

    Marco

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  11. - WARNING - COMMENTO TROPPO LUNGO, HO DOVUTO DIVIDERLO IN DUE... CHE LO SI CASSI PURE, SE NECESSARIO -
    Immagino che il senso d'ebollizione che ho sentito per tutta la lettura del post, sia anche frutto del fatto che leggo sempre Leonardo come quando si entra in una nuova valle... allarga il respiro (come diceva mia nonna).
    Stavolta mi son sentito un pochino stretto, sto ancora cercando di capire perché.
    Credo che grossa parte del disturbo sia data dalle generalizzazioni (tutte le generalizzazioni sono sbagliate... eheh). Non ho più di 50 anni e mi son visto tutto il Benigni, non ho nemmeno meno di 30 anni, ma mi son comprato V per Vendetta perché ricordo d'aver sentito immensamente quel film.
    C'è da dire che sono di parte (entrambe le parti... eheh), quindi il parere di un fan è sempre annebbiato dall'amore e l'amore non lo si può spiegare o ridurre, è un po' come lo scarto di fede dei religiosi.
    Ma vorrei puntualizzare un paio di cose.
    Pensando allo spettacolo di Benigni, quale spettacolo, ho giustificato una buona parte degli escamotage che qui vengono segnalati come quasi unica arma ("perché non piangi? Piangi"). In uno spettacolo si tenta sempre di commuovere (in tutti i sensi), altrimenti il pubblico s'annoia e va in bagno (consiglierei di rendere più spettacolari le lezioni, così da cogliere meglio l'attenzione delle vesciche degli studenti... pur conscio sia difficilissimo prepararle e che, purtroppo, la comunicazione è sempre più sbilanciata dalla parte dell'ascoltatore). Una delle cose su cui concordo con l'articolo è l'abbassare gli standard: ho sempre odiato il fatto che per far capire alla massa, sia chi insegna a doversi abbassare e non la massa a far lo sforzo di alzarsi un pochino; ma penso che il cambiare canale (non certo di chi ha scritto questo articolo ragionato, ma di chi ha preferito qualcosa che addirittura non fosse nemmeno V) sia il segnale di quanto pigre possano essere le menti di quegli under 30 che dovrebbero preferire l'informarsi impacchettato da spettacolo, al filmone generazionale che "fa figo" conoscere e/o fingere d'apprezzare e invece preferiscono qualcosa di ancora meno impegnativo.
    Una cosa che ho pensato guardando Benigni è la strana necessità della "parte comica", e sì che l'ho trovato migliore delle ultime apparizioni, in cui sembrava molto invecchiato. Non ha i tempi comici moderni, fa battute semplici e un po' scontate, ha sempre un po' lo stesso tono, ma tutto questo è giustificabile, dal mio punto di vista, con il semplice fatto che: è lui.
    Sono convinto che le persone non cambino e che al massimo imparino, quindi credo fermamente che se Benigni dovesse mai cambiare il proprio stile o il proprio modo di essere, allora sì che potremo e dovremo lamentarci e "abbandonarlo". Ha già imparato a non parlar più soltanto o anche di cacca e sesso, un po' come i bambini; è cresciuto. Nel crescere ha preso questa vena: "ti sto parlando di una cosa splendida", che, ammetto e condivido, è un po' irritante e da spocchiosi; l'altra piega che mi ferisce alquanto, inoltre, è la senile fede ritrovata. Non che non parlasse di religione o che fosse mai stato ateo, ma ultimamente svacca troppo spesso nell'essere fedele e nel dare per scontato che tutti, un po', la pensino come lui. Questo, per ogni comunicatore, è un errore grave, ma anche un piccolo trucco per accaparrarsi consenso. Non funziona sempre, a me irrita, ma c'è.

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  12. Non attribuirei la colpa alla generazione (non attribuirei NULLA alla generazione, è un po' come dire "è così perché è così" e la mia logica mi ha sempre portato a diffidare od odiare queste cose), ma all'abitudine. Le generazioni da Benigni descritte nell'articolo, sono abituate a Benigni e a tutto quello che è stato, a tutto quello in cui è ora e al modo in cui viene presentato. In quest'ottica, sono un po' d'accordo sullo stereotipare con "gente di sinistra" questo pubblico, perché è un po' sempre di quegli intellettuali che si beano di esserlo, il godere di uno spettacolo ed essere di parte. Se la cantano e se la suonano, gli altri "non li capiscono". Ammantare di intellettualità un annusarsi le proprie scorregge come il più becero dei leghisti, svuota anche il minimo barlume di reale intellettualità. Perché secondo me è questo il punto: Benigni l'ha fatto.
    Parlare a così tante persone di una cosa che tutti diamo per scontata, non è facile, ma è addirittura improbabile. Qualche anno fa, durante la dittatura B, c'era gente che faceva incontri per leggere la costituzione; sì, c'era qualcuno, ma non c'erano le masse... c'erano i flatulofili di cui sopra. Che poi lo faccia infarcito di battute loffie e con la presunzione di saperne una più di tutti (che sia la più bella, lo dice lui, come lo dicono i pubblicitari che hanno deciso il titolo, magari), è tutto campo aperto alle critiche. Ma l'ha fatto. Rallegriamoci di questo.
    L'ha fatto con errori un po' palesi (primati non proprio reali della costituzione, apprezzamenti azzardati che avrebbero potuto passare per denigratori e sviste pesanti passate come leggere), ma l'ha fatto.
    Così come i Wachowsky c'hanno reso accessibile (o, per alcuni, storpiato) un fumetto che è cultura.
    Bisogna trovare il giusto equilibrio tra apprezzare l'apertura di un canale che potrebbe permettere a chi non conosce qualcosa, di scoprirlo, e l'annacquamento di quel qualcosa, per incontrare l'apprezzamento del pubblico, del più ampio pubblico possibile.
    Ogni opera d'arte va incontro a questo pericolo, deve possedere un significato profondo e il più alto possibile, deve possedere una forma comunicativa e la capacità di trasmettere (tranne quelli come Berio o chi decide di non voler comunicare... e allora stai nel tuo orticello e non piangere se nessuno ti capisce) e dovrebbe avere la medesima possibilità di essere fruita, di tutte le altre. Purtroppo sappiamo che questo non è un mondo perfetto, ma è perfettibile. Queste particolarità sono labili e variabili, ci son ciofeche conosciute mondialmente, ci son pochezze apprezzate da molti, ci son capolavori di nicchia.
    Il mondo è perfettibile e gli sforzi di renderlo migliore, secondo me, andrebbero apprezzati.
    Cambiar canale è andare in bagno, tutti avevano la possibilità di farlo e pare che il 60% delle persone l'abbia fatto. Non c'è da lamentarsi e non c'è da gioire, c'è da capire e impegnarsi perché cresca un nuovo Benigni più apprezzabile e più intelligente e più spettacolare e più bravo; c'è da scrivere altri capolavori in grado d'insegnare e aiutare a crescere ancora più persone.
    C'è da smettere di rompere i coglioni con papiri inutili come questo mio...
    Chiedo scusa, mi son lasciato prendere dal fatto d'esser fan di Leonardo e di non poterlo sostenere del tutto, stavolta.

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  13. Leonardo, forse sarò di bocca buona, forse sarò un po' anziano, ma a me la lectio di Benigni mi è parsa non solo apprezzabile, ma anche doverosa ...
    Doverosa perchè forse a chi ha una cultura politica o una cultura in generale le cose dette da Benigni appaiono una ripetizione, a volte un po' banale ed enfatica, di concetti ben conosciuti, ma ho l'impressione che una larghissima fetta degli ascoltatori non abbia la minima idea di quando, come e perchè è nata la Costuituzione e quale sia la sua funzione e i suoi contenuti.
    Sono troppo pessimista?
    Fripp

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  14. Credo che il problema con Benigni e con certa cultura astrattamente piddina sia questo: che il fine giustifica i mezzi, che la società è di massa, e dunque bisogna banalizzare e scendere di livello per far penetrare determinati valori. Donde il discorso sull'inno d'Italia al Sanremo di due anni fa, grondante nazionalismo e retorica risorgimentale da sussidiario delle medie del '36, ma da sostenere in funzione antileghista; donde il pippone sulla Costituzione, da sorbirsi come vaccino contro l'antilegalismo trionfante.
    Dimenticando che il ruolo della cultura, se ce n'è uno, è di problematizzare, e a volte (spesso) demistificare; ché di miti fondativi ne abbiamo avuti tanti, e il più delle volte sono serviti ad armare e far partire. E se di miti fondativi c'è bisogno, beh, allora fa assai meglio Wu Ming (o lo faceva meglio, sessant'anni fa, Carlo Levi) a cercarli in quei momenti di frattura, di possibilità abortita, di rivoluzione incompiuta in cui nasce l'Italia quale è oggi (e non come i miti istituzionali vogliono dipingerla).
    In fondo, il parallelo con V for Vendetta funziona per questo: come nel caso della Costituzione per Benigni, un oggetto testuale complesso, il fumetto di Moore, viene anche lì banalizzato e reso icona. Rispettivamente, per una larga fetta di popolazione che legge Saviano e Zagrebelsky, e per la Gente che il potere ci temono. Non credo sia un caso che nel film l'obbiettivo di V sia il Parlamento: nel fumetto faceva saltare i ripetitori delle televisioni (e forse, se Moore lo riscrivesse oggi, anche i server internet). La differenza non è da poco, perché il V del fumetto avrebbe messo il silenziatore anche a Benigni e a Grillo - alla fine, del resto, lo mette anche a se stesso.

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  15. Incredibile, concordo su tutto quel che hai scritto e non mi succede mai con nessuno.

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  16. epperò quando Neo si sveglia nella branda sopraelevata e si rende finalmente conto del mondo di merda nel quale lui realmente vive, beh, da quarantenne non posso non riconoscere ai wacionschi che hanno segnato punto in termini rappresentativi.
    davide

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  17. L'ho già detto e lo ripeto: si prenda il buon Leonardo in quel 10% di candidati che l'ottimo Bersani vuol per sé...

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  18. Vorrei spendere due parole su V.

    Francamente dopo essere stato abituato dalla letteratura dispotica - con cui sono cresciuto - a regimi straordinariamente potenti e protagonisti tentennanti, pieni di dubbi che finiscono col concludere poco o niente, vedere V introdotto con una demolizione è stato elettrizzante.

    Ecco, di fronte a quanto è fico e V - talmente fico che può indossare la maschera di un bombarolo cattolico come se nulla fosse - il regime perde ogni pretesa di onnipotenza e si rivela un manipolo di persone squallide senza molto spessore intellettuale che cercano di tenere insieme i pezzi.

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  19. A me sembrava che V mantenesse un concetto fondamentale del fumetto: mantenere quei pochi centimetri di libertà interiore, che ti permettono di sfuggire a forme di dittatura che, prima che alle armi, ricorrono all'invasione del tuo immaginario, all'ignoranza indotta: lo faceva americanizzando e spettacolarizzando, ma lo faceva.
    E non è da snob dire che bisogna semplificare per far capire: quando esistono studi che rivelano come una percentuale alta di cittadini non sia in grado di comprendere una frase anche leggermente complessa, purtroppo una necessità lo è davvero.
    E poi da adolescenti capita di essere attratti verso qualcosa di complesso da una sua riduzione semplice: sacrosanta, a questo punto.

    Quanto a Benigni: il monologo sull'inno era carente come tempi comici e peccava di nazionalismo, quello di lunedì non l'ho visto ma, se pur scegliendo come bersaglio satirico quello facile del solito Silvio invece che quello di un ministro del lavoro che non considera il lavoro un diritto, ha comunque ribadito che la bellezza della Costituzione è di non essere un regolamento di condominio fatto di divieti ma ha una grande natura propulsiva (cosa che nel dibattito politico degli ultimi anni si tendeva a nascondere), beh allora ha fatto una cosa utile.
    Poi sì, ultimamente è troppo caricato, più di un tempo e peggio, è anche antipatico come vate, ma non è colpa sua se i tempi sono tanto grami da rendere utili certi spettacoli come i suoi.

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  20. "già Benigni è indigesto per me, dopo di me vengono i barbari baricchiani, gente fisicamente incapace di restare immobile davanti a uno schermo se sullo schermo c'è un tizio che parla per due ore."
    Ma non dicevi che i ragazzini rimangono ipnotizzati dai film lenti?

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    1. Ma infatti V è un film abbastanza lento in certi momenti. Benigni non è mai lento, è concitato.

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  21. Leonardo, ti leggo da anni con piacere e senza commentare, ma quel "Preferirei piangere in bagno"-"Non mi fido piangi qui" è di tale sublime umorismo che dovevo fartelo sapere. Avercene di insegnanti come te ! Barbara

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  22. Io invece lo spettacolo di Benigni l'ho trovato profondamente politico e nient'affatto banale. Certo retorico, ma una retorica volta a mandare un messaggio forte: solo con il lavoro usciremo da questa crisi.
    E a corroborare questa ipotesi, ha studiato la Costituzione e ha lavorato per renderla comprensibile. E ha lavorato sodo e l'ha anche detto quando ha affermato che non c'è cosa più bella che amare il proprio lavoro.
    Poi concordo sulla retorica, ma forse di un po' di retorica delle istituzioni non farebbe male. Ridurre a giochi di potere istituzioni per le quali sono morte migliaia di persone (scusate la retorica a mia volta), è di quanto più pericoloso per le istituzioni stesse possa capitare. Annoiamo i cittadini così che si disinteressino totalmente di quel che succede nei palazzi.

    Io ho sentito un gran bisogno di un giullare che racconta i primi 12 articoli che regolano il nostro vivere civile.

    Poi magari sono io che, essendo under 30 e avendo apprezzato sia Benigni che V per Vendetta, sono strano...

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    1. "un messaggio forte: solo con il lavoro usciremo da questa crisi.". Ah, ecco. Ora si spiega il retoricissimo pezzo di Leonardo: Benigni non è abbastanza piddino, anzi meglio, bersaniano. Uscire dalla crisi con il lavoro? sia mai. A dar retta a uno così, si rischia di mettere in forse le "decisioni impopolari" (parole di L.) che Bersani "dovrà" prendere (continuare in sostanza l'agenda Monti, la polarizzazione tra ricchi e poveri, la svendita dei servizi pubblici, lo smantellamento del diritto del lavoro, le politiche recessive ecc.).
      Nei prossimi mesi vedremo questo blog in campagna elettorale, sul reale e sull'immaginario e magari prima o poi vedremo l'autore anche altrove. Si intuiva già dal livore stupefacente con cui ha trattato la questione primarie. Altro che i pezzi arguti su Veltroni. Non tifavo minimamente per Renzi, ma la violenza di certi interventi (spalleggiati opportunamente da qualche commentatore dai toni diciamo ultimativi) faceva pensare che gli volesse quantomeno portar via la donna o la carriera, non so...

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  23. C'è qualcuno qui che non esulterebbe vedendo il parlamento italiano esplodere in seduta plenaria? Magari durante l'elezione del presidente della repubblica...boom. Classe dirigente rinnovata, riduzione dello stipendio dei politici, non sentire mai più parlare di Berlusconi, Gasparri, La Russa, Giovanardi, Buttiglione, Letta, Calderoli (questo include anche un incentivo alla diffusione della cultura), possibilità di creare una bella piazza con spazi per bambini, o una biblioteca pubblica, una scuola...oppure un grande pisciatoio pubblico del Cattelan, ad imperitura memoria dell'agglomerato di persone più corrotto, ignorante, egoista che si possa ricordare a memoria d'uomo.

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  24. no, la citazione di Catoblepa è magnifica...

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  25. Sono Roberto, ho 28 anni, non so di che generazione faccio parte, se è di mezzo o no, e neanche mi pongo il problema a dir la verità. Ho molto apprezzato lo spettacolo di Benigni così come ho molto apprezzato V Per Vendetta. Trovo il tuo articolo interessante e pieno di spunti su cui invitare alla riflessione, ma allo stesso tempo un po' pessimista e disfattista. E' come se, visto che ti infastidisce il fatto che oltre al commuoverti i due (Benigni e V) non ti suscitano altro (magari di più concreto) allora tu tenda a voler sminuire il loro valore. Io invece sono convinto che, seppur in modo diverso (Benigni col suo "politically correct" e V col suo voler fare il rivoluzionario) entrambi ci mandino però un messaggio positivo, e indispensabile. Anche a me da fastidio che Benigni quasi ometta (a parte una piccola battuta) di urlare al suo pubblico che la nostra costituzione magari è davvero "la più bella del mondo" ma è anche la meno rispettata, e non mi piace neanche il suo esagerato "sano" patriottismo ma non possiamo non dargli atto che lui è il primo (e lo ha detto chiaramente durante il discorso) a condannare il nazionalismo: "Il vero patriota non ritiene mai il suo paese il migliore di tutti, è pericoloso!". Insomma il loro intento è quello di "svegliarci", magari incantandoci con la loro dialettica o ammaliandoci con le loro maschere...e perché no anche cercando di farci commuovere. Il punto è che anche a me fanno venire un peso allo stomaco, ma la mia reazione istintiva non è quella di andare in bagno, bensì quella di sfruttare la forza di questo peso per fare qualcosa di concreto, in primis nelle scelte che faccio nella mia vita.

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