The Grand Budapest Hotel (Wes Anderson, 2014).
Tutto questo succedeva molti anni fa nella vecchia Europa, un continente di cui alcuni di voi avranno sentito parlare. Era popolato da romanzieri e dalle loro sindromi capricciose; da ereditiere insaziabili, braccate da parenti senza scrupoli e nobili avventurieri; una guerra era sempre sul punto di scoppiare; ogni tanto in un campo d'orzo un treno si fermava assalito da uomini neri senza gentilezza. Qualche massacro qua e là, e pasticcerie artigianali impagabili. Avremmo tutti avuto il diritto di viverci, almeno lo spazio di un'avventura.
Dev’essere bello vivere in un film di Wes Anderson: per gli attori, intendo. Credo sia riposante passare qualche giorno presso la sua troupe, godere dei servigi di un personale qualificato che si capisce il volo, e farsi truccare e vestire da un autore che non ti chiederà di spremere l’anima in favore dell’obiettivo. Devi solo indossare abiti buffi e fare la marionetta, non è meraviglioso? Anche la signora seduta di fianco a me si è divertita molto. Ogni volta che appariva un attore famoso, lo salutava con un No! di sincero godimento. “No! c’è Jude Law! No! Edward Norton! No! Jeff Goldblum! Ma no ma Dafoe, guarda com’è conciato Dafoe! No! Harvey Keitel?” E così via. In altre occasioni mi sarei innervosito, ma devo dire che mi è stata molto utile, sono la persona meno fisionomista del mondo e alcuni me li sarei davvero persi.
E poi come ci si può arrabbiare davanti a un dolce squisito come The Grand Budapest Hotel? Chi è che si mette a fare la punta davanti al teatro dei burattini? Su un fondale 4:3 come al solito studiato fino nel dettaglio più lezioso, il burattinaio Wes Anderson muove i suoi pupazzi che si amano e si uccidono al ritmo infinitesimalmente accelerato di un film in stopmotion. Chi lo ha sempre trovato superficiale troverà ulteriori riscontri alla sua tesi; ma potrebbe ugualmente godersi un film che riempie gli occhi come un cartone animato. In controluce c’è, come quasi sempre, il tema della paternità: ma stavolta WA non ci gira intorno in estenuanti traiettorie concentriche alla Steve Zissou, o alla Darjeeling Lmtd. Forse la maturità è quella cosa che ti capita quando l’ansia di esprimersi cede finalmente il passo alla gioia di raccontare. Nel grande albergo della tua storia, lo spazio per i tuoi personali sentimenti deve restare piccolo, segreto, come quella stanza in fondo al corridoio che occupa meno posto di un ascensore. Tutto il resto sarà movimento, musica e colore: la vita, o la sua migliore imitazione. Forse tutto è finito da un pezzo, anche il cinema; forse nella grande hall è rimasta solo qualche zitella che vive di ricordi. Non ha nessuna importanza: Ralph Fiennes, meraviglioso e profumato, è a loro completa disposizione, e le amerà con tutta la passione che meritano.
The Grand Budapest Hotel è al Fiamma di Cuneo alle 20:20; al Cityplex di Alba alle 17:00, alle 20:00 e alle 22:30; al Multisala Impero di Bra alle 20:20 e alle 22:30. Buona visione.
Io non l'ho mai trovato superficiale..
RispondiEliminaLeonardo, si dice stopmotion.... stepmotion forse per gli ultimi film dance... a meno che non volevi fare una sottile critica....
RispondiEliminafilm divertente, ma il mio preferito rimane I tenenbaum x ben stiller
RispondiElimina...e credo si dica fisionomista. Fisiognomica è il nome della disciplina...ed entro incontrastato nel mondo dei cagacazzi correttori online nullafacenti. yuhuhuh
RispondiEliminaQuesto film è un capolavoro. E te sei un povero analfabeta.
RispondiEliminaLo schermo non è 4:3, è 1:1, o come mai si dirà. E' un perfetto quadrato, utilizzato per esaltare l'ossessiva ricerca della simmetria nelle inquadrature.
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