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venerdì 21 novembre 2014

L'Emilia è una regione della mente

Terra ortogonale. 

L'Emilia-Romagna non dovrebbe essere così difficile da capire. Tutte le regioni (eccetto le isole) sono astrazioni, e l'E-R più di altre; un assortimento di territori che hanno in comune la bizzarria di una conformazione ortogonale, così peculiare in Italia. Quasi al centro di una penisola di golfi e seni e montagne e colline e valli intorte e ricurve, l'Emilia è tutt'un'altra Italia possibile: larga e orizzontale in una penisola stretta e verticale. Ancora prima che i Romani la incasellassero con la centuriazione, fiumi e crinali sembravano assecondare un'idea del territorio euclidea, razionale, che è una contraddizione nei termini, ma anche un progetto interessante. L'E-R peraltro non ha nulla di così bizzarro; diciamo che è tutto il resto dell'Italia a non somigliarle e così le capita suo malgrado di essere la regione alla rovescio - quella dove l'Alto sta a sud e la Bassa a nord, e i comunisti governano da 70 anni, come succede soltanto nelle fiabe di Berlusconi e a Modena e Reggio.

L'egemonia di un partito che sin da Togliatti aveva di comunista poco più del nome ci ha resi appena un po' diversi - diversi in un modo molto più sottile di quello che si immagina oltre il Po e sotto l'Appennino. Non siamo tutti stati "comunisti", neanche nell'accezione molto vaga in cui lo si era da noi. Nemmeno tutti figli di comunisti; a più della metà degli emiliani viventi non è capitato. Ma anche chi non ha mai lavorato per la ditta e si è sempre tenuto lontano dalle feste dell'unità, non poteva mandar giù i tormentoni dell'anticomunismo che altrove hanno invece funzionato così bene. Il PCI non ci ha mai dato da mangiare dei bambini; eppure siamo ingrassati anche noi, e più di altri (e anche noi da un certo punto in poi abbiamo cominciato a dare il benessere per scontato). Le chiese non sono diventate fienili; questi ultimi piuttosto sono diventati abitazioni, polisportive, biblioteche, centri culturali. Essere anticomunista in Emilia era possibilissimo, ma significava misurarsi contro il sindaco della propria cittadina, non contro Stalin: era molto spesso una sfida più difficile perché il PCI credeva più nella buona amministrazione che allo stalinismo, e finché funzionò riuscì a selezionare una classe dirigente di buona qualità - anche e soprattutto nei centri piccoli e medi.

Mezzo secolo di esercizio del potere avrebbe stroncato Pericle, figuriamoci il PCI. Ma anche questo è un carattere peculiare dell'esperienza emiliana. Non è una regione difficile da capire, ma non puoi leggerla, per esempio, con l'autobiografia della nazione che oggi va per la maggiore forte oggi, quella di Piccolo e dei suoi "Tutti". Il comunista da salotto che si affeziona al partito come alla squadra sfigata che vince poco ma quando nessuno se l'aspetta, ecco, questo magari era il PCI ovunque: ma in Emilia no. Da noi il PCI era già Bundesrepublik, un grosso e grasso ingranaggio che macinava giovani virgulti dal ginnasio non per risputarli intellettuali disincantati, ma burocrati noiosi e inossidabili, poco necessari a Roma ma imbattibili nel loro elemento. Il cursus honorum culminava nel Municipio di nascita o di adozione: due mandati da sindaco senza sgarrare, e poi un posto tranquillo in una municipalizzata o al limite nel consiglio provinciale. I nostri comunisti non avevano diversità da marcare o coltivare: li vedevi a cena con gli imprenditori e col vescovo. Non cercavano sconfitte dietro le quali nascondersi: in effetti non perdevano mai, non era previsto.

Poi cos'è successo.

Potrebbe anche non essere stato il muro di Berlino; nell'89, perlomeno, il sistema non registrò particolari squassoni: se fu l'inizio della fine fu un inizio molto lento. Ancora: se non è difficile capire l'imbarazzo di molti comunisti italiani nell'89 (soprattutto dopo il massacro di piazza Tienanmen), e apprezzare il coraggio di Occhetto, bisogna mettersi nei panni di quei particolari italiani che a Bologna, ad esempio, sostenevano il sindaco Imbeni: il muro poteva anche non essere più un muro, e l'URSS squagliarsi in una Comunità di Stati Indipendenti: ma Imbeni restava Imbeni, che c'entrava il muro di Berlino con Imbeni, siamo seri. Siamo pratici. Un mio muretto personale crollò al tempo del suo successore, Walter Vitali. Non saprei dire se sia stato un buono o cattivo sindaco: ma con lui era improvvisamente svanito un timore riverenziale che più che con la politica aveva a che fare con le dinamiche famigliari. Vitali era più giovane di mio padre, forse è tutto qui.

Quel che si è registrato, un po' dopo l'89, non è il crollo di questa o quella ideologia, ma un mancato passaggio di competenze tra due generazioni di amministratori. O forse siamo cresciuti noi e guardandoci attorno abbiamo visto per la prima volta una quantità imbarazzante di mezze pippe arrivate al Municipio o alla Provincia o alla Regione non si sa bene per quale congiunzione d'astri o scambio di favori. La persistenza in regione di Vasco Errani per più di due mandati - contro il buon senso e a un certo punto anche contro la legge - testimonia la difficoltà di una classe dirigente che fino a un certo punto ha saputo trovare e formare i migliori sulla piazza (Errani incluso), e dopo di lui, niente. Il diluvio.

Forse perché era troppo avvinghiata ai poteri che aveva coltivato per mezzo secolo; forse perché l'Italia stava cambiando più velocemente e i vecchi ingranaggi del partito non funzionavano più. Giravano ancora, producevano ancora quadri e amministratori; ma davano spesso l'impressione di girare a vuoto, scaricando sul territorio più detriti che leader.

La soluzione più logica era l'alternanza, ma chi ci ha provato non può in coscienza dirsi soddisfatto. Parma è stata la prima a provare il centrodestra: neanche dieci anni e si è ritrovata la giunta sotto inchiesta e il commissario prefettizio. Il caso di Bologna forse è più deprimente perché dimostra come neanche una sconfitta elettorale riesca a rigenerare un partito. Gli attuali notabili emiliani sono personaggi particolarmente opachi che nemmeno Renzi riesce a far luccicare. Il loro renzismo, peraltro, è sincero; com'era sincero il loro bersanismo, e il veltronismo, e il dalemismo e il togliattismo. È gente pratica, indossa i leader come le cravatte.

Domenica si vota e sono terrorizzati. Hanno paura che la gente non lo sappia. Non che non voti per loro; che non lo sappia. Certo loro non sarebbero stati in grado di far notizia, neanche se ci si fossero provati: hanno dovuto invitare Renzi ai comizi, come se non avesse niente di meglio da fare. La loro mancanza di carisma non sarebbe un dramma, se soltanto fossero buoni amministratori. Ma li conosciamo anche da quel punto di vista: sappiamo quel che hanno fatto fin qui e soprattutto quello che non sanno fare. Nel frattempo il territorio sprofonda, per una serie di abusi e negligenze che loro stessi hanno commesso o visto commettere dai predecessori. Non sono davvero un granché, ma i loro avversari sono talmente pittoreschi che nessuno si può augurare di ritrovarseli nel palazzo della Regione per cinque anni. Il M5S emiliano è quello che ha perso l'occasione più ghiotta di mandare affanculo il suo leader e diventare qualcosa di serio; la Lega, in quanto pallida e velleitaria imitazione di quella al di là del Po, mi pare la peggior Lega possibile.

Queste strane di novembre sono forse un anticipo di come saranno d'ora in poi tutte le elezioni: scarsa affluenza, scarsa attenzione, una scelta secca tra un centrosinistra discutibile e avversari semplicemente impresentabili. La scelta sarà quasi obbligata, ma se stavolta mi riservo di pensarci su non è a causa di Renzi. Renzi, nella crisi emilianoromagnola, c'entra poco o niente. Non è né merito né colpa di Renzi se il centrosinistra si è inceppato in una posizione di potere, dove non riesce quasi più a produrre buona politica, ma nemmeno a consentire ai concorrenti di evolversi e proporre alternative serie. È un problema di inerzia, di povertà di visione, forse di scarso coraggio. Non se ne esce di certo con un voto di protesta; ma in un qualche modo se ne dovrà uscire prima o poi.

L'Emilia mi è sempre sembrata più una regione della mente che della Repubblica: un luogo tranquillo, plasmato da un tetragono buon senso, dove nulla di terribile potrebbe mai accadere; e in generale tutti gli eventi straordinari dovrebbero avere la cortesia di avvisare per tempo. Alla prova dei fatti non è mai andata così. Ormai tutto è possibile ovunque; e come andranno stavolta le elezioni non lo sa davvero nessuno. Potrebbe essere l'occasione per tagliare un cordone ombelicale. Il problema è che forbici pulite in giro non se ne vedono, nessuno ha imparato a sterilizzarle.

28 commenti:

  1. Insomma Bologna sarebbe Tucboro, già mezza sui colli, e Hobbiton dalle parti di Mantova.

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  2. Vedo che a qualcuno non è ancora andata giù la Bolognina...

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    1. Leo, un po' come il discorso che facevi sul fatto che abbiamo i politici che ci meritiamo, credo che ogni blog abbia, al netto, i troll che si merita....

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    2. No, voi siete scarsi scarsi scarsi. Scuola FQ, vi manca il nerbo. Ci meritiamo tutti di meglio.

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    3. Ho capito.
      I politici vanno bene così.
      I troll invece, vero problema di questo paese, possono e devono essere meglio

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    4. se posso mettere bocca, il politico non sceglie chi lo vota, e il blogger non sceglie chi lo legge.

      il contrario invece si.

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    5. Ti dicono che sei scarso, rispondi che i politici sono il vero problema. È esattamente il motivo per cui sei scarso.

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    6. Ma non è troppo facile cancellare i commenti che vanno contro quello che dici tu.
      Però in questo modo tu hai sempre l'ultima parola, bravo Leo, sei furbo!
      Cancella anche questo mi raccomando!

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    7. Chi è che "contro quello che dico io"? Non ha senso quel che scrivi.
      Non sai nemmeno cosa sto dicendo.

      Non ti cancello perché la pensi diversamente da me (tutti la pensano diversamente da me). Ti cancello perché sei scarso.

      Puoi consolarti pensando che i politici rubano. Ma non è il motivo per cui sei scarso.

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    8. Il mio è italiano, se tu non lo capisci fatti aiutare.

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    9. Non te la prendere così. Non è colpa mia se sei così scarso.
      È da molti mesi che vieni qui, e da quel che scrivi non par di rilevare una grossa consapevolezza linguistica, né una gran maturità sessuale.

      In parole che tu possa capire: lo si capisce benissimo chi è che non tromba fisso, qui.

      Adesso calmati, fa un grosso respiro, esci e fatti un giro, su.
      Non ce l'hai davvero con me, ce l'hai col mondo. Vaglielo a dire.

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  3. Te invece sei un frustrato sfigato e non trombi.

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    1. Buffo, queste cose me le scrivi sempre nel weekend.
      Probabilmente è inutile spiegarti perché sei scarso.
      Non sta funzionando, non ti cancello perché sei fastidioso. Fai solo un po' pietà, non è l'effetto che vorresti ottenere.
      Ci devi lavorare di più, non ci siamo.

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    2. Cosa vuol dire che scrivo sempre nel week end?

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    3. Lascia perdere, non la capiresti in milioni di anni.

      Lo sai perché?
      Perché sei scarso.

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    4. Io sono scarso ma tu non sai motivare quello che scrivi.
      Preoccupante.

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    5. "Io sono scarso, però i politici..."
      "Io sono scarso, ma anche tu..."

      Lascia perdere le avversative. Tu sei scarso. È tutto quello che ti serve sapere.
      Adesso esci, fatti un giro.

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    6. Io sono scarso, e non trombo mai, ma

      ma

      boh

      scusa eh ma il sabato davvero io mi annoio tanto

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  4. Discutere con certi anonimi è come giocare a scacchi con un piccione. Tu puoi anche essere il campione del mondo ma il piccione fará cadere tutti i pezzi, cagherá sulla scacchiera e poi se ne andrá camminando impettito, come se avesse vinto lui.

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    1. Gli sto dando appunto un'occasione di andarsene impettito, ma non la coglie.

      (È troppo scarso).

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    2. Leo, come spesso ti accade fai di tutta l'erba un fascio e confondi i diversi anonimi.
      Io non sono un troll, semplicemente mi piace leggere quello che scrivi e talvolta commentare. Poche volte sono d'accordo con te ma non per questo ricorro all'insulto. Sono sicuro che lo scarso era riferito ad altri anonimi.
      La prossima volta però ti chiederei di fare maggiore attenzione e provare a distinguere i diversi interlocutori per evitarti brutte figure.
      Grazie

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    3. Non ho la minima idea di chi tu sia, ma se non vuoi essere confuso con quell'altro poveretto, trovati un nick.

      Se continui a scrivere da anonimo, resterai confuso con quell'altro poveretto.

      Distinguerti dipende unicamente da te: perché dovrei "provare a distinguere" gente che non si firma? Purtroppo funziona così: per me siete uno solo, ed è un tizio veramente molto scarso.

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    4. Ciao, sono un altro anonimo che conosce l'anonimo delle 19:20 e ti garantisco che è più troll di me.

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    5. Quindi sarei io il poveretto. Solo perché scrivo cose contro l'establishment?
      Contento di essere un poveretto con la schiena dritta.

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    6. A giudicare dalla quantità di tempo che passi a scrivere qui e controllare qui secondo me una schiena così dritta non ce l'hai - ma mi fai un esempio di "cose contro l'establishment" che avresti scritto qui dentro?
      Perché non me ne ricordo una, sai.
      Poi immaginare l'establishment che viene qui a leggere "schiena dritta", "madama la marchesa", "papà di renzi" e ci rimane male, mah, come dire, le tue cose contro l'establishment potresti anche tenertele per la letterina a Babbo Natale.

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    7. Tondelli, quello qui sopra deve essere un mitomane.. non so perché ma si è preso colpe non sue.
      Sono io il poveretto e chiedo scusa a tutti.
      Da ora in poi cercherò di fare pochi interventi e mirati.
      Buona domenica.

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  5. l'argomento è interessante, vivendo nel lazio non ho mai avuto dubbi su chi votare, fio a un certo anno: bastava votare contrariamente al presidente di regione, quindi ho votato il piccì e poi quel che ne è seguito (dopo storace e polverini potrei ri-votare perfino per marrazzo...)
    riguardo il sindaco è diverso: quando fu eletto argan (avevo per lui un'ammirazione sconfinata, adoravo i suoi volumi di storia dell'arte) e poi petroselli fu una vera rivoluzione per roma e poi... be' siamo nella situazione emiliana: il centrodestra fa davvero pena e costringe a votare per gente strana...

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