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martedì 24 febbraio 2015

Il piccione in realtà sonnecchiava

Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza (Roy Andersson, 2014).

Il babbuino è in computergrafica, credo.

Due commessi viaggiatori disadattati si aggirano per Goteborg cercando di smerciare scherzi di carnevale che non fanno ridere. Un capitano non riesce mai ad arrivare puntuale ad appuntamenti che forse non ha mai preso. Anche questo non fa ridere. In una palestra l'insegnante di tango ci prova con l'unico studente, in un ambulatorio torturano un babbuino (non fa ridere), nella taverna di Lotte la zoppa un bicchierino costa mezza corona o un bacio. Un tizio ha un infarto mentre cerca di stappare una bottiglia. Ogni tanto passa re Carlo XII, deciso a umiliare il Russo: smonta da cavallo, chiede dov'è il bagno, un'acqua minerale per favore, ci prova col barista. Questo effettivamente fa un po' ridere. Tutto rigorosamente in sfumature cinerine, e in camera fissa, perché la vita è assurda. In un cinema del cosiddetto circuito festivaliero, un pubblico insolitamente folto assiste alla proiezione di Un piccione seduto su un ramo eccetera. C'è molta attesa per un regista quasi del tutto sconosciuto a queste latitudini, ma premiato a Venezia con Leone d'oro. Il film è una serie di gag lentissime, quasi ipnotiche. Le poche che funzionano vengono ripetute finché non smettono di essere divertenti. Il pubblico ogni tanto ride. La prima mezz'ora.

Poi riaccendono il telefono.

In un angolo, il critico di Cuneo e provincia sgranocchia amaro i suoi pistacchi. Pensa: per questa questa roba mi sono perso il finale di stagione di Gomorra su rai3, coi sottotitoli. E dire che un film lo avevo già visto questa settimana, uno bellissimo, trascinante, un'esperienza per gli occhi, le orecchie e il cuore. Whiplash. Si chiama così, è l'opera autobiografica di un regista esordiente ha sbancato al Sundance e la notte successiva porterà a casa tre meritatissimi Oscar. Whiplash ha un montaggio che non ti lascia tregua, i suoi attori per farlo funzionare si sono presi a schiaffi e hanno suonato fino a perdere sangue dalle mani. È uscito due settimane fa, e avrei voluto recensirlo questa settimana, ma a Cuneo non si è ancora visto. In compenso Un piccione seduto eccetera è già al cinema Fiamma, dove potete recarvi alle 21:15 per scoprire, se ancora avevate dubbi, che la vita è assurda e che anche certe giurie della Mostra di Venezia non scherzano. In concorso, se vi ricordate, c'era Birdman. Secondo i giurati dell'Academy è il miglior film del 2014. La migliore regia del 2014. La migliore sceneggiatura originale. La migliore fotografia. D'altro canto è solo Hollywood, cosa vuoi che ne sappiano. Un film costruito come un unico piano sequenza, mah, troppo artificioso, troppo tecnico. Vuoi mettere con la camera fissa, quella sì che è artistica. Incidentalmente, è anche l'espediente adottato dalle sit-com televisive per semplificarsi la vita e tenere basso il budget, ma che c'entra? Roy Andersson non è mica Camera Cafè, lui fa tutta una ricerca sulla prospettiva, inoltre è molto più... lento, e... fa meno ridere, quindi... è Cinema d'Autore.


Un bar all'aperto. Passa una tizia e si sfila una scarpa. La sbatte contro il bancone e se ne va.
COMMESSO VIAGGIATORE: aveva un sasso nella scarpa.
ALTRO CLIENTE SEDUTO AL TAVOLINO: già.
COMMESSO VIAGGIATORE: è stato bello.
ALTRO CLIENTE: cosa c'è di bello in un sasso nella scarpa?
COMMESSO VIAGGIATORE: è stato bello quando se l'è tolto.
ALTRO CLIENTE: ...
COMMESSO VIAGGIATORE: mi scusi, non vorrei essere importuno, ma non le interessa per caso acquistare degli scherzi di carnevale? Ho qui dei pezzi molto interessanti che le posso cedere a metà prezzo.
ALTRO CLIENTE: no, grazie.
COMMESSO VIAGGIATORE: grazie a lei, mi scusi.
(L'altro cliente si alza dal tavolino e se ne va).

Un piccione ricorda inevitabilmente il teatro di Beckett, più o meno come un'aranciata a base di colorante può ricordare una spremuta... (continua su +eventi!) Beckett aveva un gran senso del ritmo, Andersson rallenta a piacere. Beckett aveva un raro umor nero, Andersson tira avanti con le stesse tre trovate per un’ora e mezza. Sembra persuaso che un Beckett rallentato e rarefatto funzionerà il doppio, e i giurati di Venezia gli danno pure ragione. Le gag non sono intrinsecamente più sottili o intelligenti di quelle di un film di Neri Parenti: sono solo molto più lente. Si ride (poco) perché la gente è brutta, perché la gente è stupida, perché i vecchi sono sordi, si ride persino di una bambina down che recita una poesia assurda. Ma è la vita a essere assurda, no? Quindi, insomma, vale tutto.



“Ed ecco un altro mercoledì”.

“Come? Non è giovedì?”

“No, è mercoledì”.

“Eppure stamattina mi sentivo che fosse un giovedì”.

“Ma come si possono sentire i giovedì? I giorni non si sentono. I giorni si contano: dopo lunedì c’è il martedì, e poi il mercoledì, e poi il giovedì…”

“Eppure mi sentivo che fosse un giovedì”.

(Altri cinque minuti se ne vanno così).



Sono molto contento di come sono andati gli Oscar. Tifavo per Birdman e Whiplash. Forse non sono capolavori, ma sono film che mi sono piaciuti immensamente mentre li guardavo. Non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo, volevo capire cosa sarebbe successo, soffrivo per la sorte dei personaggi. In entrambi i film questo coinvolgimento si interrompe bruscamente nel finale, come se stessi ascoltando due sinfonie che si chiudano sulla nota sbagliata. Comincio a domandarmi se dopotutto sono d’accordo con quel che ho visto. Mentre li vedevo ci credevo, ora che ho visto dove sono andati a parare – forse non ci credo più. Credo che sia tutto quello che si può domandare a un film: prima la partecipazione emotiva, poi lo straniamento critico. Birdman e Whiplash ci arrivano con espedienti diversi e forse ci arrivano per sbaglio, ma ci arrivano, e questo è quel che conta.



Un piccione non arriva da nessuna parte. Approfitta dell’ideologia più comoda possibile: il mondo è assurdo, quindi perché darsi la pena di concatenare cause ed effetti per raccontarti una storia? Perché muovere la macchina da presa? Ci sarà sempre qualche critico che vedrà il coraggio dove a volte c’è solo pigrizia, e surrealismo dove invece non c’è nemmeno più molta fantasia. Un piccione è al Fiamma di Cuneo, alle 21: 15.
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1 commento:

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