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giovedì 7 maggio 2015

No, non siamo la Gran Bretagna

Va bene, parliamo della Gran Bretagna - se non oggi, quando?

Perché è vero quello che molti mi hanno fatto presente: in Regno Unito si possono ottenere robuste maggioranze parlamentari anche con percentuali di suffragi molto inferiori al 50%. Non è il caso del governo bicolore di Cameron, ma è stato il caso, ad esempio, di Tony Blair nel '97 (più del 60% dei seggi con appena il 43% dei suffragi), tanto osannato per aver conquistato i voti al centro, anche se il suo New Labour ottenne appena due milioni di voti in più di quello vecchio che perdeva le elezioni con un'astensione più bassa. Gira e rigira si ritorna sempre lì: come facciamo a lamentarci di un premio al 40%, se in Gran Bretagna si può saldamente mantenere la maggioranza parlamentare con percentuali anche inferiori?

Già che ci siamo, spieghiamo come funziona. Non ha nulla a che vedere con l'italicum. Non è proporzionale, non è previsto un premio per favorire la governabilità (che questi premi la favoriscano, peraltro, resta da dimostrare). Il sistema elettorale britannico è un limpido esempio di maggioritario. Oggi si vota in 650 distretti elettorali, e in ogni distretto il candidato che prende più voti viene eletto. Per vincere - questo è cruciale - gli basta la maggioranza relativa. Che significa?

L'ultima volta (il Labour sulle cartine
risulta sempre un po' sottodimensionato
perché tende a vincere in distretti più piccoli
e densamente popolati).
Significa che puoi vincere un seggio col 30% e perderne un'altro col 40%. Significa che - teoricamente - puoi vincere la maggioranza assoluta dei seggi anche se prendi meno voti in percentuale di un altro partito. Significa anche che il tuo voto, se sei un Tory in una città a stragrande maggioranza Labour o viceversa, non vale assolutamente nulla, e questo forse può influire sulla percentuale di astensione, che da loro è storicamente più alta (del resto anche se sei Labour in una città a stragrande maggioranza Labour il tuo voto diventa pleonastico). Nel Regno Unito non ha nessun senso calcolare i voti assoluti in percentuale: contano soltanto il numero di seggi che un partito riesce a vincere. Ed è meglio concentrare gli sforzi sui distretti incerti che perder tempo in quelli relativamente 'sicuri': se in uno stai già vincendo 60-40, è inutile spendere risorse per conquistare altri indecisi, ecc. Questo è l'uninominale secco britannico. A me ovviamente non piace e - se qualcuno mi proponesse di adottarlo - protesterei con veemenza. Ma è il sistema inglese.

E non mi metto a dar lezioni di rappresentanza agli inglesi. È un loro prodotto: se lo sono praticamente reinventato in casa loro, dopo aver iniziato a tagliar teste coronate, già nel Seicento. È lo stesso discorso delle presidenziali americane. Hanno un meccanismo obsoleto con magagne evidenti (vedi la prima elezione di Bush, che prese meno voti di Gore), però funziona da due secoli, puntuale come un orologio, e nel frattempo le tredici ex colonie sono diventate il Paese più potente della terra. Hai voglia a dirgli che potrebbero trovarne uno migliore. È il loro sistema, e ha il prestigio che gli deriva dalla consuetudine - che soprattutto tra gli anglosassoni è la fonte del diritto.

Non è un meccanismo messo insieme dall'oggi al domani da un leader che intende andare alle elezioni appena può e si scrive le regole su misura. Non è stato imposto con un voto di fiducia a un parlamento eletto con un altro sistema dichiarato incostituzionale dalla corte suprema. È Il Sistema; è sempre stato così e i politici si regolano di conseguenza. Non è il sistema ad adeguarsi ai politici.

La nostra democrazia è figlia di un momento storico preciso e convulso. Il '46, il trionfo dell'antifascismo, la guerra fredda. La stessa ossessione per l'alta affluenza proviene da lì: nel '46 e nel '48 la vittoria della Dc era una questione di vita e di morte. Si concesse rapidamente il voto alle donne, si aprirono seggi negli ospedali e negli ospizi. I britannici non ci sono mai passati. Votano da così tanto tempo che non ci fanno neanche più caso, come alle pecore nei pascoli. Il dibattito politico li può occasionalmente appassionare, ma non diventa la sostanza stessa dei talk show televisivi. Ho poi la sensazione che siano in generale più sportivi di noi, più educati a riconoscere le performance degli avversari, e meno inclini al campanilismo che ci trasciniamo dall'epoca dei Comuni - ma è solo una sensazione, non ne conosco abbastanza. La proposta di cambiare il sistema elettorale per evitare le distorsioni dell'uninominale deve suonare un po' stridula, come quella di inserire fotocellule tra i pali negli stadi: magari è utile, ma ne hanno fatto a meno da secoli e se la sono cavata abbastanza bene.

(Tra le altre cose, hanno resistito a Hitler. Che - come Mussolini - era andato al potere col proporzionale e un governo di coalizione. Così abbiamo inverato anche la legge di Godwin, non ci facciamo mancare niente).

6 commenti:

  1. ot: LA LEGGE DI GODWIN HA (un po') COTTO IL RAZZO

    ...se si parla di politica il riferimento ad hitler è quasi sempre inevitabile. hitler ha fatto un sacco di politica in un sacco di modi con un sacco di mezzi e un sacco di fini e ha introdotto un sacco di elementi che sono tutt'ora di stretta attualità, come ad esempio il bombardamento a tappeto.

    (altra cosa è la reductio, magari. essa in effetti si applica legittimamente solo agli ex fumatori)

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  2. Per la verita' nelle elezioni del 1994, 1996 e 2001 abbiamo usato un sistema (il cosiddetto "Mattarellum") piuttosto simile a quello inglese: tre quarti dei seggi venivano attribuiti in collegi uninominali, come quelli inglesi. Il restante quarto dei seggi veniva attribuito su base proporzionale, cosa che garantiva che un partito col 2-3% mandasse qualcuno in parlamento, anche se non era alleato con nessuno.

    Aveva dei difetti (ad es. avrei preferito che nei collegi ci fose un ballottaggio, come in Francia; e poi c'era lo "scorporo", che generava casini) ma a mio parere e' la miglior legge elettorale che abbiamo avuto.

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  3. Piccolissima correzione. All' epoca di Mussolini vigeva ancora lo Statuto Albertino e il Senato era di nomina regia

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