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sabato 23 settembre 2017

Dal vivo col Morto

Dylan and the Dead (1989, ma registrato nel 1987!)
(Il disco precedente: Down in the Groove
Poi c'è una cosa che non è esattamente un disco di Bob Dylan).

Erano anni che il pubblico veniva regolarmente rifornito di mie registrazioni su disco, ma le mie esibizioni dal vivo non riuscivano mai a catturare lo spirito intimo delle canzoni. Non riuscivo a dar loro il giro giusto. Un certo senso di intimità, insieme a molte altre cose, era sparito. Per gli ascoltatori doveva essere stato come arrancare tra i campi abbandonati ed erba morta. [...] Sempre prolifico ma mai preciso, troppe distrazioni avevano trasformato il mio sentiero musicale in una giungla di viticci. Avevo seguito regole ben consolidate, e non avevano funzionato. Le finestre erano rimaste inchiodate per anni, coprendosi di ragnatele, e io ne avevo piena coscienza.  (Chronicles I).
Mentre stavamo lavorando a Dylan and the Dead, avemmo un'esperienza davvero strana. Andammo a casa sua a Malibu... dove lui aveva sette od otto di questi enormi cani, credo fossero mastini o roba del genere. Appena arrivati, i cani circondarono le mostre auto, e lui venne a prenderci e ci portò in questa enorme casa che sembrava un castello - sai, un grande caminetto, pareti in legno, un soffitto altissimo... Su un tavolo c'era uno stereo a cassette portatile, di quelli da trentanove dollari, nel quale ficcò la cassetta del disco, la fece andare e quindi disse: "Non pensate che la voce sia mixata un po' troppo alta in quel brano? Così ce ne restammo lì ad ascoltare quello che sarebbe diventato uno dei nostri dischi che suonava su quell'aggeggio da due soldi, e lui proseguì dicendo che, a suo parere, ci volevano un po' più di bassi". (Jerry Garcia, leader dei Grateful Dead, citato in Jokerman da Clinton Heylin (che non sopporta né lui né i Dead).
Tra tanti forse è il più ricco di citazioni dei musicisti, quelle che alla fine ci interessano davvero.
Tra tanti forse è il più ricco di citazioni dei musicisti, quelle che alla fine ci interessano davvero.
(È da un anno ormai che ascolto Dylan in macchina. Solo i bassi di Dylan and the Dead mi hanno fatto vibrare il cruscotto).
Non si esce vivi dagli anni Ottanta. Dopo aver mangiato la polvere, dopo esser sceso nella buca, c'è un'ultima tappa che Dylan deve percorrere, e noi con lui. Come Ulisse prima di noi, come Dante Alighieri, scenderemo nel mondo sotterraneo, incontreremo... la Morte!
Ah ah ah, capito la battuta? I "Grateful Dead" sono... la Morte!
"Il morto".
"Eh?"
"Dead vuol non vuol dire Morte, al massimo vuol dire il morto".
"Vabbe', dai, quasi".
Cercavo di trovare una soluzione ma sembrava che nessuna formula fosse disponibile. Forse, se avessi capito cosa stava per succedere, avrei aggiustato le cose finché ero in tempo, ma non mi ero accorto di niente. L'epoca in cui ogni mio concerto era occasione di grandi sommovimenti aveva subìto una brusca frenata, e ormai si era quasi fermata. Troppe volte mi ero dato da solo la zappa sui piedi. È bello sapere che sei una leggenda, e la gente è disposta a pagare per vederla, ma per la maggior parte della gente una volta è abbastanza. Bisogna saper onorare gli impegni, non sprecare il proprio tempo e quello degli altri. Non ero sparito dalla scena ma la strada si era ristretta, si era quasi interrotta e invece avrebbe dovuto essere ben larga. Non me ne ero ancora andato, stavo solo gironzolando giù all'ingresso. Dentro di me c'era una persona che io dovevo ritrovare. (Chronicles, I).
No, sul serio, pensavate che non saremmo scesi più in basso di Down in the Groove? Anch'io per un attimo - poi ho dato un'occhiata al calendario e ommioddio, c'è il live coi Grateful Dead. Ma è proprio il caso? Non si può far finta di niente? No eh? beh, almeno stavolta il titolo si scrive da solo.Verrà la Morte e... farà un disco di Dylan! Dylan suona a Morto! Ti va di suonare con Dylan? Manco morto! Forse non tutti sanno che i Grateful Dead scelsero quel loro nome così caratteristico, che attira tutti questi simpatici giochi di parole, aprendo due volte a caso un dizionario: il che dimostra che la scaramanzia non è proprio una caratteristica culturale degli americani (del resto è gente che da duecento anni tiene 13 strisce nella bandiera, respect. Gli europei la bandiera a 13 stelle non la vollero).
I Grateful Dead ai tempi del misfatto.
I Grateful Dead ai tempi del misfatto.
Insomma questi aprirono il dizionario a caso, uscì "morto" e dissero "ok, perché no?" E venticinque anni più tardi incontrarono un Dylan nel momento più difficile della sua carriera, gli propose di fare una mezza di concerti assieme e di nuovo dissero "ok, perché no?" Anche se da lì in poi le versioni non combaciano. Per Garcia - che aveva anche lui i suoi problemi di salute - si trattò di una cosa abbastanza estemporanea: Dylan era in giro dall'anno prima con gli Heartbreakers di Tom Petty; avevano anche fatto qualche data insieme ai Dead, che avevano già da anni pezzi di Dylan in scaletta. Era la cosa più naturale del mondo che ogni tanto Dylan uscisse coi Dead per i bis. L'estate successiva, prima di partire con gli Heartbreakers per le città del vasto mondo (Tel Aviv, Gerusalemme, Modena), Dylan fece una mezza dozzina di date in America con i soli Grateful in luglio, una specie di estensione dei bis del True Confession Tour. I biglietti si vendettero facilmente - i Dead erano una certezza, da questo punto di vista; le recensioni non furono cattive; l'unico problema è che come al solito Dylan non riusciva a fissarsi su una scaletta breve, e così a Garcia e alla sua squadra di onesti operai del rock da stadio impose di provare un centinaio di canzoni. Tanta fatica, per ritrovarsi poi a jammare senza fantasia sulle solite All Along the Watchtower e Knockin' on Heaven's Door ("like so many times before", canta nel ritornello un Dylan ormai esasperato). Fu una storia abbastanza breve e non così insoddisfacente, né per Dylan, né per i Grateful Dead, né per il pubblico. Il disco invece uscì solo nel 1989 ed è terribile.
Non riuscivo a superare gli ostacoli, tutto era a pezzi. Le mie stesse canzoni mi erano divenute estranee. Non avevo la capacità di toccare i loro nervi scoperti, non riuscivo a scendere sotto la loro superficie. Il mio momento era passato. Nel mio intimo, il mio canto mi risuonava vuoto e io non vedevo l'ora di ritirarmi e piegare le tende. 
Esistono dischi inutili (Dylan ne ha fatti) ed esistono dischi dannosi. Dylan and the Dead fu un danno inestimabile per la sua carriera. Pubblicato quando ormai quelle sei date erano un lontano e non irrinunciabile ricordo, non si può certo dire che contribuì a ripristinare la credibilità dell'autore. Ma soprattutto finì per andare comunque in classifica e togliere spazio alla promozione del vero disco che Dylan avrebbe fatto uscire da lì a poco, Oh Mercy: il disco che doveva rappresentare il rilancio e che vendette molto meno di quanto previsto. Il disastro lasciò il segno al punto che dopo Dylan and the Dead la Columbia non avrebbe più commercializzato live di Dylan - fatta eccezione per l'Unplugged della serie MTV e qualche oggetto di repertorio per collezionisti. Quasi si fosse davvero ritirato, come pensava seriamente di fare dopo il tour con gli Heartbreakers. Mentre sappiamo che è successo il contrario: già l'anno successivo, con una band ridotta all'osso, avrebbe fatto ottanta date: e da lì in poi non ha più smesso. Ma se dal 1988 in poi si è trasformato in un vero e proprio artista itinerante, senza più accusare quell'insofferenza cronica che lo aveva accompagnato sin dalle prime fasi della carriera, in un qualche modo lo deve ai Grateful Dead e a quel piccolo tour che fecero nel luglio 1986. Se fu il punto più basso della sua carriera, fu il momento in cui finalmente toccò il fondale e riuscì a trovare la forza per risalire. È più o meno quel che racconta in Chronicles, dopo aver tratteggiato in un paio di pagine di schiettezza disarmante l'autoritratto di un divo alla frutta, in crisi di mezza età. "Molte volte, prima di uno spettacolo, a un passo dal palco, mi sorprendevo a pensare che non stavo tenendo fede alla promessa che avevo fatto a me stesso. Che promessa fosse non lo ricordavo con precisione, ma sapevo che stava da qualche parte nel passato". Credo che valga anche per la gente comune: quel momento a metà dei quaranta in cui ci guardiamo allo specchio e non ci domandiamo più: "sto tenendo fede alla mia promessa?", ma piuttosto: "che promessa era?" (continua sul Post)

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