Lavoro nella scuola dell’obbligo. Fino a qualche anno fa, quando la gente lo scopriva, tradiva una smorfia di compassione: poveraccio, chissà quali incidenti di percorso, quali peccati deve espiare. Ultimamente ho notato che qualcosa sta cambiando; nelle smorfie più recenti ho infatti intravisto una sfumatura di ammirazione. Pare che il mio mestiere stia diventando qualcosa di eroico. Sempre più spesso mi chiedono se sono stato testimone di colluttazioni o fatti di sangue. Si direbbe che insegnare ai preadolescenti sia sempre più pericoloso: scherzi pesanti, botte, coltelli; e se ti lamenti con i genitori pare che vada ancora peggio (ancora più botte, ancora più coltelli). Perlomeno è quello che la gente mi racconta, quando le spiego che lavoro a scuola: è quello che si sente dire.
Chissà se è poi vero.
Può anche darsi che gli adolescenti e i preadolescenti italiani, negli ultimi anni, siano diventati più violenti – non è un’ipotesi che si possa escludere a priori. Ma non abbiamo i numeri per dirlo. Non c’è un aumento di denunce (e anche se ci fosse, non coinciderebbe necessariamente con un aumento della violenza). È il solito discorso dell’albero che cade e della foresta che cresce. Magari avete sentito parlare di un’insegnante accoltellata al volto a Caserta: un fatto gravissimo che ha fatto scattare immediate sanzioni penali. Ma in Italia ci sono 9 milioni di studenti che vanno tutti i giorni a scuola e la quantità di accoltellatori è veramente troppo esigua per poter individuare un trend; un episodio, in sé, non significa niente. Ricordo ancora la prima volta che fui convocato in presidenza: il dirigente che mi aveva appena assunto aprì il cassetto della sua cattedra ed estrasse un coltellaccio da cucina da quattro dita, appena sequestrato dalla classe in cui sarei andato a insegnare. È successo più di dieci anni fa. Significava qualcosa? Non significava niente. Non mi è più capitato di vedere una lama a scuola. E anche questo non significa niente, domani un mio studente potrebbe estrarne una. Sono giovani, sono imprevedibili, e sono 9 milioni. Non è statisticamente così strano che qualcuno tiri fuori un coltello ogni tanto, è uno dei motivi per cui ci assicuriamo. Sapete, i rischi del mestiere.
Però ultimamente potreste aver provato la sensazione che questo lavoro stia diventando più rischioso. Magari avete sentito parlare di un professore picchiato dai genitori durante un colloquio. O di una professoressa presa a pugni perché aveva osato chiedere a un ragazzo di metter via il cellulare. O di una supplente legata alla sedia e picchiata da una classe di “bulli”. Se avete sentito parlare di tutte queste cose, più o meno al ritmo di un fatto di cronaca a settimana... anche questo non significa niente (continua su TheVision).
(C'è anche la versione audio su Radio 3, con infinite grazie a Silvia Bencivelli).
O meglio: non significa che gli allievi italiani stiano diventando più violenti e pericolosi per gli insegnanti. Significa semplicemente che i giornalisti hanno deciso di raccontarla così. Alcuni fatti di cui avete sentito parlare non risultano proprio. In molti casi invece un singolo fatto viene raccontato nella versione più fantasiosa che può essere partorita da un team di creativi che abbia accesso a una chat di genitori.
Il caso della supplente di Alessandria “legata e picchiata” dai suoi studenti è un classico esempio, dal momento che non è stata né legata né picchiata. “Particolarmente timida e un po’ impacciata [è la versione del preside], ha chiesto ad alcuni ragazzi di scrivere alcune frasi alla lavagna. Ne hanno un po’ approfittato. C’è stata qualche risata di troppo e qualcuno le ha messo dello scotch nella borsetta dell’insegnante. Nessun l’ha legata e, tanto meno, presa a calci”. Il vero problema è che la scena sarebbe stata ripresa da qualche studente col cellulare, anche se i fantomatici filmati sono spariti dai social così presto da far dubitare che siano mai stati condivisi: di sicuro non mostravano insegnanti legati e imbavagliati, e così i giornalisti si sono dovuti arrangiare con l’immaginazione. Qualche organo di stampa ha comunque corredato la notizia con una foto di mani legate – polsi sottili avvinti da pesanti funi da ormeggio.
E dire che a scuola ci siamo andati tutti. L’abbiamo avuto tutti un compagno che avrebbe potuto tirar fuori un coltellino; magari qualche volta in tasca l’avevamo pure noi. Ma la corda per legare un’insegnante neanche nei cartoni animati – com’è che ci beviamo cose del genere e che anche dopo aver sentito la spiegazione del dirigente continuiamo a invocare punizioni esemplari? Gli studenti che hanno scherzato con la supplente di Alessandria sono stati sospesi con obbligo di frequenza: è una sanzione molto grave. Niente, non basta: gli stessi opinionisti che si lamentano della perdita d’autorità dell’istituzione scolastica, se la prendono con l’istituzione scolastica che non condanna gli studenti a… cosa? Espulsione immediata? Qualche settimana di gogna in aula magna potrebbe secondo loro lavare l’onta di aver gettato un rotolino di scotch nella borsetta di un’insegnante. La stessa insegnante che, raggiunta dai giornalisti, rilascia un’intervista brevissima in cui ogni risposta sembra gridare lasciatemi perdere: sembra anche lei vittima dell’omertà. Di quella particolare forma della sindrome di Stoccolma che ti impedisce di chiedere la lapidazione per chi ti infila un rotolo di scotch nella borsetta a tradimento. E così via.
Lavoro nella scuola dell’obbligo. Ho naturalmente paura dei coltellini, dei tirapugni e di tante altre cose che non vi sto nemmeno a raccontare, ma ho ancora più paura quando mi passano il telefono e invece del temuto dirigente, o del temutissimo rappresentante dei genitori, mi si presenta un giornalista. Magari non è nulla. Magari è l’inizio di un lungo romanzo d’appendice in cui una pallina di stagnola diventa una calibro 22. Non è neanche tutta colpa dei giornalisti – alla fine hanno un pubblico da sfamare. Evidentemente c’è chi ha fame di notizie del genere: scuole violente, studenti brutali, genitori ancor più brutali, dirigenti omertosi e così via.
Gli stessi insegnanti che ripostano questo genere di notizie sanno benissimo che la realtà è sempre molto più complessa: che il genitore che mena è uno su mille, il genitore che non collabora uno su cento, e il genitore che non sa che pesci pigliare e chiede aiuto agli insegnanti è molto più frequente (e più faticoso da gestire: noi insegniamo italiano, insegniamo matematica, ma a fare i genitori non t’insegna nessuno). Gli stessi insegnanti che commentano: “DOVE ANDREMO A FINIREEE????” in calce all’ennesimo pezzo sulla prof legata in classe con fantomatiche funi fetish sanno benissimo che quello che arriva ai giornali di solito è la punta dell’iceberg. Di solito prima di tirare fuori il coltello uno studente ha già lanciato diversi segnali: di solito prima dell’incidente fatale c’è una lunga storia di difficoltà famigliari, sociali, economiche, a volte psichiatriche; di solito, prima di chiamare i carabinieri gli insegnanti hanno avvisato i servizi sociali e gli psicologi. Di solito, insomma, prima e dopo il coltello c’è tutta una storia che ai giornalisti non racconteremo mai. Loro vogliono sapere solo cosa è successo in quel momento. Vorrebbero il sangue; raccontare che la scuola italiana non è un semplice spicchio della società italiana, ma un inferno di anarchia e prevaricazione. E anche noi a volte vogliamo sentirci raccontare una scuola del genere. È un modo per reclamare attenzione, alla fine. Forse anche per farci sentire un po’ eroi quando ci chiedono che mestiere facciamo. Se poi passa il messaggio che la scuola pubblica sta fallendo, allora, ci lamenteremo anche di chi chiede finanziamenti per la concorrenza.
c'è qualcosa di molto peggiore degli studenti violenti: gli insegnanti volenterosi carnefici del capitale. Proprio dalle sue parti.
RispondiEliminahttp://www.linkiesta.it/it/article/2018/04/05/6-in-condotta-per-unopinione-la-scuola-non-e-buona-se-serve-solo-a-cen/37672/
'mmazza oh: insegnanti volenterosi carnefici del capitalismo?
RispondiEliminami piace pensare che gli insegnanti siano mediamente stronzi cone tutti, i ferrovieri, gli autostoppisti, i disoccupati, i bancari, i blogger, ecc.
ho lavorato (facendo altro nel frattempo) per una decina d'anni "insegnando" 300 ore l'anno nell'ambito della cosiddetta terza area. ho conosciuto insegnanti e studenti di vari tipi, non ho mai ricevuto minacce o intimidazioni da studenti, ma se mi fosse capitato non avrei esitato minimamente a farla pagare cara all'eventuale intimidatore. in maniera legale, ovvio. i primi anni andavo perfino da budelli e vicepreside per far entrare i ritardatari, gli ultimi anni mi raccomandavo di non far entrare nessuno dopo l'orario consentito e mettevo note sul registro per alcuni comportamenti (tipo scaricare illegalmente musica utilizzando computer della scuola, ecc.)
in buona sostanza: gli insegnanti vanno - all'occorrenza - denunciati, gli studenti vanno sempre educati, credo
c'è una bella differenza tra sanzionare un alunno violento e colpire un alunno che si oppone a un sistema schiavistico quale è far lavorare gratis gli studenti.
RispondiEliminaIl primo è un delinquente in erba, il secondo ha l'unica colpa di non essere una pecora, come gli insegnanti che si sono subito prestati all'abominevole decisione
"sistema schiavistico quale è far lavorare gratis gli studenti"...
RispondiEliminanel sistema della terza area 9di cui parlo nell'altro commento) erano previsti in ognuno dei 2 anni 40 ore du stage in azienda. in questo caso non ristoranti e alberghi, ma studi grafici, tipografie, service, ecc.
ogni anno si faticava (e si riusciva quasi mai) a trovare aziende disposte a sopportare ragazzotti impreparati, inaffidabili e inefficienti (praticamente dei bamboccioni) per una intera settimana
un anno volevo organizzare lo stage per i 2 migliori studenti nell'azienza per cui lavoravo... arrivato a metà anno ho realizzato che l'ultima cosa che volevo era combattere per una settimana con 2 di loro, i migliori, figuriamoci gli altri
non so com'è organizzata l'alternanza scuola lavoro, sicuramente ci sono millanta casi di abusi e sfruttamento, ma penso che andrebbe fatta funzionare, non abolita
per dire: nonostante il codice della strada, le multe salate, ecc. ogni anno muoiono migliaia di persone e centinaia di migliaia rimangono ferite, a volte in modo irreparabile, eppure nessuno pensa che abolire le automobili sia praticabile
non credo che lo scopo del trasporto su gomma sia quello di inquinare e uccidere e storpiare e non credo che lo scopo dell'alternanza scuola lavoro sia quella di far lavorare gratis gli studenti, quella semmai è un effetto collaterale (a volte o quasi sempre, come preferisci)
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RispondiEliminanon credo che lo scopo dell'alternanza scuola lavoro sia quella di far lavorare gratis gli studenti
RispondiEliminaInvece è proprio l'UNICO scopo: far abituare i giovani all'idea che sia normale lavorare gratis. Altrimenti non ci sarebbero spedizioni punitive come quel consiglio di classe, che ha voluto rimproverare il reao di non accettare l'idea che il ritorno alla servitù è normale.
Anche voi però state parlando di niente (un "voto di condotta"? esiste? a marzo?) http://www.voce.it/it/articolo/1/scuola/alternanza-scuola-lavoro-nessun-sei-in-condotta-i-docenti-della-quarta-a-dellitis-chiudono-la-polemica-il-plauso-dellassessore-gasparini
RispondiEliminanoi si parla per darti soddisfazione, te scrivi un post e noi ci s'accapiglia un po'...
RispondiEliminaquessti sono i virgolettati del preside, è LUI che parla dei sei in condotta come rappresaglia contro lo studente reo di lesa maestà. Anzichè scrivere comunicati di pura fuffa in burocratese stretto, dicano apertamente che il preside mente. Se mente, ovviamente. Altrimenti farebbero bene a tacere.
RispondiElimina«Nel post - spiega il preside dell’Itis, Paolo Pergreffi - lo studente faceva riferimento all’alternanza scuola lavoro come condizione di sfruttamento. Lamentava di non essere pagato per mansioni che considerava ripetitive. Questo proprio il primo giorno in azienda, quando le imprese, tra le prime caratteristiche che chiedono c’è la buona educazione, al di là delle competenze tecniche. Evidentemente la presa di posizione è dovuta a convinzioni ideologiche sull’alternanza scuola lavoro, probabilmente antecedenti rispetto all’inizio del periodo in azienda".
"E, del resto, non avrebbe potuto essere messo a svolgere mansioni particolarmente qualificanti il primo giorno che entrava in azienda. La decisione presa dal consiglio di classe del 6 in condotta è stata un segnale che si è voluto dare al giovane, che peraltro va bene a scuola, nell’ambito di una valutazione non definitiva. Gli scrutini, infatti, ci sono stati a gennaio, il periodo di alternanza scuola lavoro affrontato dallo studente si è svolto in febbraio. E la valutazione del 6 in condotta è stata espressa in marzo. Si tratta, dunque, di un giudizio intermedio. Non pregiudicherà la promozione del ragazzo, ma abbiamo voluto dare un segnale per un’inversione di rotta nel comportamento. Le affermazioni riportate in quel post sono state inappropriate sia verso l’azienda, sia verso gli insegnanti che si prodigano per portare avanti l’alternanza scuola lavoro"
Guarda, ne sto discutendo da 4 giorni, non posso esprimermi con troppa chiarezza a causa della mia vicinanza ai fatti. Ma un giudizio intermedio non significa nulla, i voti li danno gli insegnanti e non il dirigente, e per come ci si comporta durante le attività didattiche, non per quel che uno studente scrive per i fatti suoi su facebook.
Eliminae infatti il preside non dice che il sei l'ha dato lui, ma che l'ha fatto il consiglio di classe. E attribuisce quella decisione alle opinioni personli di uno studente (che peraltro sono assolutamente condivisibili, solo in uno stato da terzo mondo come l'Italia c'è l'obbligo di lavorare gratis per gli studenti, e so che non è il primo caso in cui chi li fa lavorare pretende esplicitamente di mettere becco sui voti SCOLASTICI degli studenti).
Eliminaguarda, come è stata raccontata è oggettivamente indifendibile. Ma ecco, appunto, forse è stata un po' raccontata.
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RispondiEliminacerto a 'sto punto sarebbe interessante leggere cosa ha scritto esattamente lo studente, magari qualcosa di molto incazzoso per l'azienda che - invece di querelarlo - s'è incazzata col preside, vallo a sape'
RispondiEliminapersonalmente non mi fido (non mi fidavo) mai della versione di uno studente, ma neanche di quella di un preside: il primo spesso si aggiusta il racconto dei fatti, il secondo pure