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lunedì 9 novembre 2020

Gli statali vi aiuteranno. Vi stanno già aiutando.

È ora che noi statali facciamo la nostra parte. Lo sento dire sempre più spesso, e nei giorni scorsi in particolare da un ex collega – nel senso che anche Cacciari è stato un funzionario dello Stato, mi pare: certo molto meglio tutelato della media della categoria. L'argomento in sé è inoppugnabile, non era necessario scomodare un filosofo per scoprirlo: nell'emergenza non si può dare più nulla per scontato. Certe categorie sono state esposte molto più di altre, mentre fin qui il pur fatiscente ombrello dell'impiego statale ha retto egregiamente, distribuendo ogni mese il 100% dello stipendio. Avrà ancora un senso, questa cosa, se l'emergenza si protrae, costringendo lo Stato a indebitarsi ulteriormente?

Orizzonte scuola

Probabilmente no, del resto siamo tutti sulla stessa barca. È giusto che facciamo la nostra parte, come del resto abbiamo sempre fatto, e non c'è nemmeno bisogno di spiegarcela un po' più chiara. Lo strumento per farcela pagare esiste già, funziona che è una meraviglia e lo farà anche nei prossimi mesi: si chiama "tasse". Il meccanismo è abbastanza semplice ma vale la pena di spiegarlo ai membri di altre categorie che magari non ne hanno sentito spesso parlare, e anche forse a funzionari di alto livello e filosofi degni di più alati argomenti. Si tratta insomma di una percentuale del proprio stipendio che ogni statale lascia allo Stato, ogni mese. Sì, sì, ogni mese lo statale paga tutte le tasse e non sgarra di un centesimo, anzi quando una volta all'anno si fanno i conti si scopre quasi sempre che ne ha pagati di più, che ne dovrebbe avere indietro. Ecco, magari l'anno prossimo non riuscirà ad averne indietro. Tutto qui: basterebbe un lieve aumento della pressione e il gettito sarebbe già importante, proprio per via di quella straordinaria caratteristica che hanno gli statali di pagarle subito, le tasse. Le stanno pagando anche in questi giorni: la benzina delle ambulanze, lo stipendio dei medici in corsia e anche di alcuni di quelli che in tv spiegano che non è poi così grave, e degli amministratori che con tutto quello che c'è da amministrare trovano anche il tempo per spiegare le loro strategie su Twitter o Instagram: tutto questo lo stiamo pagando, anche in questo momento. Se volete farcelo pagare di più, magari protesteremo: ma neanche tanto. E il prossimo anno pagheremo di più. 

Buffo però. Io, oltre a essere un impiegato statale, sono un insegnante. Negli ultimi mesi il mio ruolo è stato fortemente rivalutato. Ho scoperto che un sacco di gente reputa importantissimo il mio lavoro, e soprattutto reputa essenziale che io lo faccia in presenza. Gente che fino a tutto il 2019 era abbastanza convinta che io fossi un mangiapane a tradimento, uno che lavorava 18 ore alla settimana, ora mi sta spiegando che senza quelle 18 ore alla settimana i figli sbroccano, crescerà una generazione di psicopatici eccetera eccetera. Ora, sono il primo a trovare tutto questo un po' esagerato. Inoltre ho letto che i bambini dai 12 anni in su sono il doppio più contagiosi di quelli dai 12 anni in giù. Io lavoro con quelli dai 12 in su, e quindi rischio di contrarre il contagio più o meno come se lavorassi con gli adulti (che magari sono un po' più contagiosi, ma anche più disciplinati). Il mio presidente di regione però ritiene necessario che io continui a lavorare in presenza per tutte le mie 18 ore alla settimana – che in realtà sono un po' di più. Quindi, ricapitolando:

– Io sono un lavoratore essenziale: se non sto al mio posto, i bambini impazziscono eccetera.

– Il mio lavoro è abbastanza pericoloso

– Sono anche un lavoratore insostituibile, nel senso che davvero, se mi ammalo io a questo punto la mia scuola non sa più che fare: sostituti non ce ne sono, i famosi docenti in più non sono arrivati.

Ora non sta a me ricordarvi una delle più basilari leggi del mercato, ma ditemelo voi: faccio un lavoro rischioso, essenziale e insostituibile. Mi rendo conto che non è il momento per chiedere addirittura un aumento, ma in linea di massima non me lo meriterei? Tanto più che ci pagherei le tasse. Ok, non è il momento. Ma tra qualche mese ne riparliamo, prometto.

6 commenti:

  1. Aggiungiamoci anche che ci sono milioni di persone che per non fare nulla prendono più soldi in pensioni di quanti ne guadagni te lavorando... Ma quelli sono intoccabili. E Cacciari è casualmente uno di loro.

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  2. Messa così. è un po' troppo semplice. L'Italia è fondata sul lavoro pubblico, ma pure su quello dei dipendenti privati. I quali, oltre a pagare le tasse in anticipo, si sono sentiti "chiedere dall'azienda" (=imporre) caasintegrazione, obbligo a cpnsumare tutte le ferie, aspettative (si, nella mia IT company è successo). Ok, il cd. terziario sta peggio di tutti. Rinuncio alle mie ferie, che sarà mai. Purchà alle varie imprese, esercizi commerciali e affini travolti dall'emergenza covid venga riconosciuto un "ristoro" non superiore ai ricavi dichiarati nel 2019, al netto delle spese non sostenute nell'anno in corso per ovvie ragioni. Dovrebbe essere un calcolo persino più facile del bonus bici. Hey, ho detto ricavi, non imponibile.

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  3. La penso esattamente come wuming7: io sono un lavoratore dipendente e ho dovuto fare cassa integrazione (pagata in ritardo) e consumare tutte le ferie, e come me molti altri.
    Ho amici dipendenti pubblici che non hanno lavorato per mesi e NON sono stati messi in cassa e hanno potuto disporre delle ferie come meglio credono.
    Molti di loro lavorano ancora da casa e non sono più rientrati in ufficio se non per qualche urgenza.
    Onestamente trovo seccante il costante vittimismo degli insegnanti, tanto più che Cacciari mi pare facesse esplicito riferimento anche a se stesso

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    1. Vittimismo degli insegnanti?

      Poi, scusa, il fatto che ci siano dipendenti che lavorano da casa che problema è per te? Pensi che dovrebbero essere pagati di meno, o che siano meno produttivi?

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  4. In effetti ci sono decine di categorie di dipendenti pubblici che non hanno lavorato. Elenchiamole: bidelli, custodi dei musei, bidelli, custodi dei musei, bidelli, custodi dei musei

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