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giovedì 12 agosto 2021

Il futuro è sempre alle spalle

Noi esseri umani non siamo progettati per capire il futuro che ci attende. Può anzi darsi che sia la cosa che ci riesce meno bene. Procediamo nel tempo come se camminassimo all'indietro (per rispolverare una vecchia allegoria): ogni passo è un rischio, ogni novità un ostacolo; quel poco che avevamo capito si allontana da noi man mano che andiamo avanti e però è anche l'unica cosa che ci fornisca indizi su quello che intanto ci si prepara alle spalle. Nessuna meraviglia che borbottiamo tutto il tempo, specie invecchiando, ma siamo onesti: c'è chi comincia prestissimo, c'è chi a sedici anni ha già nostalgia di situazioni precedenti che non ha vissuto e passerà il resto della carriera o dell'esistenza ad aspettare che tornino, o a maledire chi o cosa ne impedisce il ritorno. 

La Storia ci insegna soprattutto questo, un bel paradosso: che gli storici non sono oggettivi. Ora che ci penso fu proprio durante un corso monografico sui cronisti medievali (in un'aula inspiegabilmente affollata di matricole, a mezzogiorno) che mi appuntai la formula: laudatores temporis acti. Non c'era cronista che non cascasse nello stereotipo, spiegava il professore con quel ritmo placido che assecondava la mia propensione alla sonnolenza: anche se quel che hanno da raccontarci in concreto si riduce a un mezzo secolo di avvenimenti in una città, devono tutti partire da Adamo ed Eva, devono tutti adombrare un'età dell'oro universale rispetto a cui il presente, il loro presente che è il nostro medioevo, rappresenta invariabilmente un periodo di scandalosa decadenza dei costumi. Sarà poi vero? Onestamente non sono mai andato a controllare, magari nel frattempo i colleghi del professore hanno scoperto che tanti cronisti medievali non sono affatto laudatores temporis acti; in compenso mi sono messo a studiare altre cose e posso garantire che laudatores ce n'è dovunque, che siamo tutti laudatores. 

(Mi bastava davvero salire al primo piano del dipartimento di Italianistica, per trovarmi davanti un volantino in cui Pasolini salutava la fine di un'età autentica, adesso non mi ricordo più come la chiamasse, e l'inizio di un'altra età inautentica che neanche a farlo apposta coincideva con il mezzo del cammin della vita di Pasolini; e il volantino restava lì perché ce l'aveva messo il potente sindacato studentesco di Comunione e Liberazione, mica qualche libero pensatore antagonista e dissidente). 

Siamo tutti laudatores, non possiamo farne a meno: tutto quello che conosciamo intorno a noi è già passato, tutto quello che è nuovo fatichiamo a farlo rientrare nel quadro, e questa fatica dopo un po' diventa intollerabile e decidiamo che non è colpa nostra, ma del tempo che non si ferma e neanche ha la compiacenza di girare in tondo. Sono anch'io un laudator, cosa credete. Mando la prole al campeggio e non posso fare a meno di notare che quando ci andavo io, al campeggio, era una cosa più seria, quasi epica, i sacchi a pelo erano pesantissimi e arrotolarli una cosa faticosissima eccetera e in questo modo sono diventato un vero uomo. Si può diventare veri uomini in altri modi? Magari sì, ma l'unico di cui sono sicuro è quello in cui lo sono diventato io, prova ne è che sono qui. Torno a casa, mi annoio, apro quella commovente capsula temporale che è la Settimana Enigmistica, inspiegabile come non sia stata ancora dichiarata monumento nazionale e non si sia mobilitata un'autorità a impedirne qualsiasi ulteriore modifica. Cerco un enigma davvero difficile, qualcosa che mi dia angoscia come da ragazzino, non lo trovo; ne deduco che si stanno rammollendo anche i lettori della Settimana, che anche la redazione più refrattaria alle novità abbia deciso di annacquare la formula perché la gente sta diventando scema. E così via. 

Se non cedo del tutto a questo borbottio interiore, è perché proprio studiando Storia ho trovato qualche antidoto: ho scoperto che tutti i miei simili di ogni epoca borbottano e constatano la fine delle religioni, dei costumi, Agamben aggiungerebbe delle ideologie. Il che non significa, attenzione, che ogni tanto le religioni o le ideologie o civiltà non tramontino davvero: succede quasi continuamente, così non è difficile scoprire laudatores che ci hanno azzeccato, ma è quasi sempre una pura coincidenza: voglio dire che è abbastanza raro che il laudator riesca a mettere a fuoco consapevolmente i motivi di una crisi a cui assiste di persona. Di solito dà più l'impressione di capitare lì per caso: si aspettava la fine dei tempi e il Regno dei Cieli, invece crolla l'impero Romano, ci riflette un po' e decide che è quasi la stessa cosa. Gli storici questa cosa ormai l'hanno capita e si regolano di conseguenza: così come la luce delle stelle e dell'universo ci giunge un po' spostata sul rosso, le testimonianze del passato ci arrivano tutte un po' spostate sull'apocalittico, è una specie di costante storiografica cui bisogna fare la tara. Essa permane in tutto quello che diciamo pensiamo e scriviamo, il che non ci impedisce di dire pensare o scrivere cose intelligenti: ma se i posteri le troveranno intelligenti, sarà malgrado questa nostra propensione a vedere in tutto l'Apocalisse. Poi l'Apocalisse può benissimo arrivare, ma mai da dove uno se l'aspetta. Secondo Agamben e tanti suoi nuovi lettori, il Green Pass è l'anticamera di una nuova formula di regime totalitario. Esagera? Probabilmente, ma se la crisi climatica dopodomani conoscesse una brusca accelerazione, i governi nazionali potrebbero dover imporre con la forza ai cittadini razionamenti draconiani, e quel che scrive oggi Agamben non sembrerebbe più esagerato, anzi: qualcuno dirà che aveva visto lungo. A poco varrà far notare che era stato di spalle, il filosofo, per tutto il tempo (continua).

2 commenti:

  1. Davvero la Settimana Enigmistica si è rammollita? Sono trent'anni che non la faccio più perché troppo semplice :-)

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  2. Eh io la trovo semplice adesso, tutto sommato ci sta

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