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giovedì 10 marzo 2022

Il lacerante dilemma del pacifista occidentale (come se a qualcun altro interessasse)

Tra le tante opinioni che ho letto disordinatamente in questi giorni, il concetto che mi è rimasto più attaccato alla coscienza è quello di "westplaining" – il solito neologismo americano, sì, ma l'idea mi è abbastanza familiare e risuona sulle stesse corde del mio pacifismo (vedi per esempio qui). La sensazione che la responsabilità della guerra in Ucraina sia da attribuire all'espansionismo Nato e Ue non sarebbe soltanto quella che più piace raccontarci a Putin e al suo ufficio stampa, ma anche "westplaining", ovvero una spiegazione che serve soprattutto a noi occidentali e ci conforta sul fatto che qualsiasi cosa succeda in Europa o altrove sia comunque causata da noi (qui un'invettiva molto più sanguigna). Il mondo, com'è noto, pesa sulle nostre spalle: non solo su quelle dei nostri governanti, che in effetti partecipano ai summit della più grande alleanza militare della storia dell'umanità; il mondo ricade anche sulle spalle di noi pacifisti, che allo scoppiare di ogni guerra ci scopriamo lacerati da dilemmi dolorosi: sostenere l'Ucraina o chiedere la cessazione illimitata delle ostilità? Zelensky eroico difensore del suo popolo o pazzo scriteriato che sta portando l'Ucraina alla rovina? Come se all'atto pratico a Zelensky interessasse la nostra opinione: come se davvero dipendesse da noi se all'Ucraina arriveranno armi o solo belle parole. In questo non siamo poi molto diversi, noi pacifisti occidentali, dai nostri acerrimi nemici sin dai tempi della prima guerra in Iraq: gli interventisti casco-in-testa, i neocon sempre con un po' di democrazia in tasca che vorrebbero esportare da qualche parte dove abbia ancora un valore, gli appassionati di scontro delle civiltà. Per loro non siamo intervenuti abbastanza, non siamo intervenuti in tempo; noi invece magari temiamo di essere intervenuti troppo, ma insomma il dibattito rimane una cosa tra noi. Agli ucraini e ai russi è inutile chiedere, anche perché sappiamo tutti che razza di propaganda c'è laggiù, ogni fazione tira acqua al suo mulino eccetera.  

E però la guerra dura da due settimane ormai (ed è credo la più grande alla quale ho assistito in vita mia, questo va detto: sì, ci sono state molte altre guerre e alcune si combattono tuttora, ma l'invasione di un Paese grande e popoloso come l'Ucraina è un fatto nuovo, non solo per la vicinanza, ma per la mera quantità: milioni di profughi sono qualcosa che non prevedevamo e non sappiamo come gestire). Dicevo: la guerra dura da due settimane ormai, e se mi è concesso trarne una conclusione provvisoria, direi che gli ucraini non vogliono arrendersi. Può darsi che convenga a loro e sicuramente converrebbe a noi: se non sta succedendo, non è per la tigna di un presidente guitto (chi siamo noi, tra l'altro, per giudicare i guitti presidenti). È probabile che la Nato avrebbe dovuto accostarsi col piede più cauto alla frontiera russa, ma indipendentemente da tutto ciò, se c'è una costante nella storia del popolo ucraino dall'indipendenza in poi, è che loro coi russi non ci vogliono più stare. Magari da un punto di vista geopolitico hanno torto – lo aveva anche Mazzini nel 1830, l'Italia della Restaurazione era davvero un'espressione geografica e mancava dei requisiti minimi per diventare una repubblica unitaria. Non sono un fanatico dell'autodeterminazione dei popoli, ma insomma direi che la volontà complessiva del popolo ucraino a questo punto mi risulta abbastanza evidente: se persino molti russofoni preferiscono combattere sotto le insegne gialle e azzurre, questa cosa devo accettarla. Forse anche ammirarla.  

Questa è la mia opinione provvisoria che non intendo imporre a nessuno. Non è la prima volta che una guerra mi crea problemi di coscienza, anzi mi sembra di ricordare che questo succeda in tutte le guerre: solo quella in Iraq mi sembrò assurda sin dall'inizio, magari ci ho azzeccato per caso. Il modo in cui di solito reagisco alla mia personale confusione è rimarcare che intorno a me c'è gente che opinioni persino più confuse: potrei farlo anche stavolta, si legge roba talmente assurda in giro. Ma è un trucchetto, in realtà la maggior parte delle opinioni che vedo sono ragionevoli e ragionate: il dilemma ognuno cerca di risolverlo come può. Mi manca, questo sì, un dibattito che forse non c'è mai stato, ma una volta almeno si fingeva che fosse possibile: ora è tutto molto più polarizzato. Una cosa che forse si è un po' persa, dal 2020 in poi, è che chi ha opinioni diverse dalle nostre non è necessariamente un nemico del popolo – cioè dipende: diciamo che se continui a sostenere che il covid non esiste, che le bare di Bergamo sono una montatura, che la mascherina fa male al naso e che i vaccini sono un complotto di Bill Gates a un certo punto varchi un confine oltre il quale sei pericoloso per la mia salute. Anche in questo caso in un Paese relativamente libero non sarai perseguitato per le tue idee: al massimo allontanato per qualche tempo dai luoghi in cui metti a rischio la salute tua e degli altri, attraverso una serie di provvedimenti che lasciano perplesse anche molte persone che il covid sanno cos'è e il vaccino lo hanno fatto. Perché siamo relativamente liberi, appunto, perché crediamo che si possano coltivare idee anche molto diverse, perlomeno finché non mandano chi hai vicino a te in terapia intensiva. Dal 2020 ci siamo abituati a questa cosa.

Ora invece di covid si parla di Ucraina, e siccome siamo in un Paese relativamente libero, c'è chi non la pensa come noi: ebbene, non succede niente. Le idee altrui, anche se ci sembrano demenziali, non ci passeranno nessuna malattia. Un pacifista tout court che chiede il disarmo mentre un dittatore rade al suolo città intere ci può sembrare un utopista fuori dal mondo: glielo diremo, sei un utopista fuori dal mondo, ma possiamo stare calmi: non ci contagerà con la sua utopia. (Magari le utopie fossero contagiose).

Invece un tizio serenamente convinto che la Nato possa esportare armi a un Paese non Nato e che questo non verrà interpretato dalla Russia come un atto di belligeranza, per cui avremo una guerra mondiale o perlomeno europea senza neanche avere portato truppe nostre in prossimità del confine, solo tonnellate di armi messe in mano a ragazzini irregimentati in un esercito che tecnicamente non è nostro alleato (e se passa alla Russia?), un tizio del genere potrà sembrarci un atlantista della domenica: ebbene glielo diremo, sei un atlantista della domenica, ma è tutto qui, non ci contagerà col suo atlantismo domenicale.

Un tizio, infine, convinto di essere fuori dal coro perché sta mangiando pane e Sputnik News da dieci anni: uno che esercita il suo fuoricorismo scrivendo esattamente quello che Putin desidera che egli scriva, ebbene un tizio così lo spernacchieremo; gli affibbieremo nomignoli come bimba di Putin che turberanno la sua orgogliosa e rivendicata eterosessualità, e questo è quanto: lo debunkeremo per quanto possibile. Ma non è un infetto, non ci passa la putinite: è solo un tizio che ha opinioni russofile mentre la Russia schiaccia una nazione indipendente. Questo è fastidioso ma siamo in un Paese relativamente libero, si può relativamente fare. Quando non si potrà più, io sarò preoccupato, non relativamente.

12 commenti:

  1. Da, tendenzialmente, non pacifista, e pur pensando il peggio possibile della Russia, mi preoccupa abbastanza che ultimamente in Italia e in altri paesi in occidente si prendano misure molto importanti con scorciatoie che se non violano formalmente la legge e' solo per cortesia.

    Dall'adozione entusiasta (campione non scientifico tra amici) della censura privata all'americana, quella che c'e' liberta' di parola ma non liberta' dalle conseguenze, lol se ti licenziano non e' censura,
    al governo canadese che ignora per giorni i facinorosi in camion che bloccano illegalmente le autostrade salvo poi invocare le leggi sul finanziamento del terrorismo e congelargli arbitrariamente i conti correnti, (immagino sia meno eclatante di una manganellata, ma e' anche dieci volte piu' fascista),
    ai metodi paraculi e ricattatori con cui l'obbligo vaccinale, che e' una cosa sacrosanta, puo' non venire chiamato obbligo vaccinale,
    ai metodi forse "legali", se la legge e' una fisarmonica, ma di certo pretestuosi e arbitrari con cui vengono sequistrati i beni di privati cittadini russi;

    mi sembra che tutte queste cose abbiano in comune la giustificazione giuridica fantasiosa, il fare le cose di traverso perche' e' piu' facile che farle in modo palese e dichiarato,
    e l'atteggiamento disonesto.

    Non so cosa farci, ma lo vedo dappertutto. Fine rant.

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  2. Bellissimo post, ma c'è un'obiezione da fare, secondo me, riguardo la frangia più estrema di queste divergenze di opinioni. I complottismi non sono, per così dire, impermeabili l'uno con l'altro: come certamente abbiamo notato tutti, chi l'anno scorso sosteneva che il Covid non esiste adesso sostiene (con gli stessi meme, ripostando le medesime pagine Facebook) che la Russia ha le sue ragioni e che l'Ucraina sia un covo di nazisti, e sei anni fa sosteneva che Hillary Clinton fosse chissà quale criminale da incarcerare. Non si tratta soltanto di procedimenti mentali simili, che fanno presa sugli stessi soggetti, è una destabilizzione e polarizzazione della popolazione inseguita come progetto politico da parte di chi vuole indebolire la fiducia nella democrazia.
    Ora, non saranno da vietare, ma queste opinioni hanno già mostrato il loro potenziale distruttivo. Un po' più che semplicemente "fastidioso".

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  3. In effetti un attacco a un paese di 40 milioni di abitanti non si è mai visto, fatta eccezione per l'Afghanistan, l'Iraq, il Vietnam, cioè tutto tranne Grenada.

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  4. Come già altri ha sottolineato nei commenti, questa guerra non presenta molti elementi di novità rispetto al passato ed anzi può suscitare stanchezza nel suo riproporre vecchi elementi.
    Questa guerra nasce dalla filosofia della guerra preventiva teorizzata da Bush jr: uno stato forte ne attacca uno più debole prima che questi possa nuocere al forte (Iraq 2002).
    La strategia è quella della guerra lampo: l'attaccante è convinto di far capitolare il nemico in pochi giorni grazie alla propria schiacciante superiorità (Belgio 1914).
    Il principio di legittimazione è quello di proteggere una minoranza linguistica da un governo oppressore e tanto gli altri stati abbozzeranno (Sudeti, 1937).
    Ma soprattutto, mai e poi mai il conflitto si estenderà (Polonia 1939), né le popolazioni locali, seppure inferiori militarmente, potrebbero rivelarsi più tignose del previsto (Belgio, Vietnam, Iraq, Afghanistan, ecc, ecc, ecc...).

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    1. Tante belle statistiche, però al di là di vecchie guerre, direi che il modo in cui ci si accanisce contro i profughi durante questa guerra ha pochi precedenti.
      Che senso ha bombardare i profughi, gli ospedali, la gente in fuga?
      Proprio non ce la faccio a rimanere in silenzio!
      Walter

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    2. Purtroppo di precedenti ce ne sono a carriolate :(
      Tanto per non andare lontani, durante le guerre di Cecenia degli anni 90 i Russi hanno cinto le città d'assedio impededendo alla gente di andarsene e poi le hanno bombardate massicciamente, concentrandosi su obiettivi che facessero particolarmente male (scuole, ospedali...) : tale tecnica di guerra ha come scopo quello di fiaccare il morale del nemico onde spingerlo alla resa incondizionata.

      A proposito di esempi "scolastici", suggerirei di rileggersi il De Bello Gallico e la battaglia di Alesia, con la morte per fame dei profughi stretti fra i due valli.

      La guerra è una cosa brutta, per definizione.

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    3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    4. Ma è una cosa ripugnante! Bisognerebbe che paesi i civili facessero qualcosa non solo per fermare queste atrocità, ma anche evitare che si ripetano in futuro!
      Walter

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    5. Buona idea! Avrei anche un nome da dare a un'iniziativa di questo tipo.
      "Convenzioni di Ginevra"
      Suona bene?

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  5. Walter, ad ora, quanto a profughi e vittime civili, in questa guerra non c'è nulla di nuovo; di nuovo c'è che non si riesce a rimanere in silenzio; io mi chiederei perchè tutte le altre volte ci si riesce benissimo.

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    1. E che cosa potremmo fare per non rimanere in silenzio?
      Mi sento così arrabbiato ed impotente!
      Walter

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    2. A me non sembra proprio che stai rimanendo in silenzio, tutt'altro: stai mandando giavellini a chissà chi, hai cacciato persino i gatti russi dalle gare di gatti, pagherai quasi tutto chissà quanto in più, stai facendo esattamente quello che ti è richiesto di fare. Gli ucraini non li puoi mica salvare, è necessario che muoiano per creare il nuovo Afghanistan che metta fine ai deliri di Putler; però puoi mettere la bandierina gialloblù accanto al tuo nick o persino sul balcone, anzi ti viene concesso di poter sciorinare odio contro i russi e amore per i neonazisti ucraini.

      Il silenzio c'è stato in altre occasioni; la guerra in Iraq avrà fatto chissà quante centinaia di migliaia di morti, e su per giù una decina di milioni di profughi; e c'è una guerra in corso in Yemen con numeri simili; ma la stampa libera è stata libera di stampare più articoli sulla guerra in Ucraina in due settimane che su tutte le guerre di pace occidentali in 20 anni.

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