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lunedì 25 luglio 2022

73. L'ira funesta dei profughi afgani

[Questa è la Gara delle canzoni di Franco Battiato, oggi con due brani importanti con due code importanti. Fin qui tutti i brani della Voce del padrone e di Patriots hanno vinto contro tutti gli altri: stavolta no, uno solo può vincere, chi sarà? Seh vabbe' non è che accetterei scommesse].

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1980: Le aquile (Battiato/Pio/Jaeggy, #68)

"È una scrittrice e poetessa sublime. Il suo libro recente I beati anni del castigo ha avuto una accoglienza trionfale da parte della critica. Si è gridato al miracolo. Il suo stile assomiglia a quello che per un musicista è la musica pura. La sua letteratura è così illuminante, così ripulita da qualsiasi ridondanza. Ogni aggettivo è perfetto. Una bellezza di scrittura meditativa, pur non essendolo apparentemente". Battiato non ha parlato spesso di Fleur Jaeggy, ma quando lo ha fatto (Tecnica mista sul tappeto, 1992) ha espresso un entusiasmo da stamparci fascette editoriali per due o tre uscite. 

Una cosa particolare dei pezzi pop primi anni Ottanta è la coda. Non so esattamente come andò, ma a un certo punto tutti i compositori di canzonette decisero che ci stava bene la coda, così improvvisamente arrivarono queste lunghe code che sfumavano non prima di aver trasformato la canzone in qualcos'altro (che è poi la poesia particolare delle code: farti intravedere che la canzone potrebbe diventare qualcos'altro). Anche Battiato, tra le regole che aveva introiettato per "avere successo", c'era evidentemente questa cosa delle code soprattutto tra Patriots e L'arca di Noè, già in Orizzonti cominciano a sembrargli orpelli inutili. Una delle sue code migliori è quella delle Aquile, che poi a ben vedere è una riproposizione del ritornello, in cui Giusto Pio cambia completamente marcia al violino che aveva scandito velocissimo la strofa e Battiato intona i suoi canti "mantrici" (Zuffanti) uno dei rari momenti in cui riusciamo a riconoscere nel Battiato pop di quegli anni una traccia dei vocalismi bizzarri di Juke Box o di dischi ancora precedenti.


1981: Cuccurucucù (Battiato/Pio, #4)

"Penso sia una canzone dotata di una certa poesia" (Tecnica mista, 1992). Si parlava di code: nel caso di Cuccurucucù la coda diventa veramente un'altra canzone, segnalata dalla progressione I-V-vi-IV che ritorna qui per la seconda volta nella Voce del padrone dopo gli Uccelli: e come negli Uccelli, Battiato si guarda bene dall'usarla massicciamente, come stavano cominciando a fare un po' tutti (e come farà Camisasca in Nomadi), ma la alterna al secondo giro con una più struggente I-V-ii-ii. Quest'alternanza tra vi e ii, fa diesis minore e si minore, che si avverte già nell'introduzione vocale e prosegue nelle strofe, è credo quello che rende Cuccurucucù la canzone straziante che riesce a essere malgrado sia suonata a razzo e freddamente concepita per far sbracciare i trentenni in discoteca. Il fa diesis minore introduce la gravità, la tragedia del tempo che passa, l'ira funesta, Lady Madonna e Ruby Tuesday; il si minore la tempera con la dolcezza, le ore di ginnastica, le gesta erotiche di Squaw Pelle-di-Luna, il twist.  

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