Pages - Menu

giovedì 22 settembre 2022

Non sei neanche fascista: non sei niente

È dall'inizio della campagna elettorale che l'approccio di molti interlocutori aa Meloni è chiederle se per caso è ancora fascista. Si capisce che qualcuno meno scaltro a questo punto sarebbe sbottato: sì perdio certo che son fassista, vincere e vinceremo, eja eja alalà, basta che mi facciate anche qualche altra domanda. Aa Meloni, invece, resiste: del resto è una vita che non fa altro, con strategie varie che dimostrano se non altro una certa creatività, ad esempio l'ultimo eufemismo è stato una cosa del tipo quando Fini disse che il fascismo era il Male Assoluto io non mi dissociai, e inoltre io aggiungerei che a piazza San Sepolcro lei non c'era (sul serio: non risulta dall'appello), se solo due indizi facessero una prova... insomma è dall'inizio della campagna elettorale che i giornalisti riescono a farle prendere le distanze dal fascismo senza alienarsi la base fascista, il che ci pone il solito problema: è brava lei o sono fresconi i giornalisti? O forse si sono messi d'accordo, a questo punto il dubbio è lecito.


È dall'inizio della campagna elettorale che mi sorprendo a pensare (sbagliando): se fosse fascista, aa Meloni, almeno sarebbe qualcosa. Mentre invece cos'è? Una che è fascista se tu sei fascista, draghiana se ti preoccupi dell'economia, putiniana se odi la Nato, ma invece riflettendo bene la Nato ti piace e allora ecco che aa Meloni ci riflette pure lei per un istante ed è atlantista, anzi lo è sempre stata. Ora questo in effetti è un carattere del fascismo italiano, che prima di essere un'ideologia era una banda di gente che cercava di arrivare al potere puntellandosi su qualsiasi ideologia fosse disponibile in quel momento: partivano socialisti (più soreliani che marxisti), si ritrovarono nazionalisti perché il quel momento il settore era un po' sguarnito ma promettente, avevano la loro dottrina sociale ma dovevano anche tenersi buoni gli industriali che li foraggiavano, eccetera eccetera. Insomma una certa perversa coerenza la tizia ce l'ha, ma chissà se ne è al corrente – voglio dire, parliamo di una che qualche anno fa era convinta che il 24 maggio fosse l'anniversario del Piave: ad associarla al fascismo storico si rischia di conferirle una profondità culturale che non merita. E un'etichetta antisistema paradossale: parliamo di una tizia che appunto, era già capocorrente AN quando Fini lo traghettava nel Polo delle Libertà e Salvini toglieva le rotelle alla bicicletta (e potrebbe averle tolte troppo presto), una che è stata già ministro, in particolare ministro daa gioventù e nessuno si ricorda cos'abbia fatto in quel dicastero – non l'ha fatto squattare ai tizi di Casapound e sorcerie consimili, è già qualcosa. Il meccanismo di fascinazione collettiva per cui a un certo punto ci convinciamo tutti che il tal personaggio tv è la Cosa Nuova della politica, anche se lo conosciamo da trent'anni e da trent'anni le paghiamo qualche stipendio qua, qualche gettone là, è davvero singolare – o forse si sono messi d'accordo i giornalisti, davvero. 

È dall'inizio della campagna elettorale che ci ripetiamo che aa Meloni vincerà: pare lo dicano tutti i sondaggi, che sbagliano sempre ma non possono sbagliare così tanto. Quello che sorprende di più è che non sembra dilagare al Sud, dove il M5S tiene, ma al Nord, dove molti ex elettori berlusconiani e leghisti dovrebbero spostarsi sulla faccia nuova (salvo che nuova non è affatto, ma si vede che è la più nuova che gli è rimasta: che la nostra voglia di facce nuove sorpassa di molto la nostra capacità di produrne). Ora, è pur vero che il centrodestra italiano dal 1994 ha sempre funzionato in questo modo, sviluppando etichette diverse che si adattassero al territorio a dispetto della coerenza interna: per cui i leghisti federalisti andavano tranquillamente in coalizione con i finiani centralisti anche se nessuno li vedeva mai nella stessa stanza. È persino possibile che una volta mandati questi fratelliditalia al potere, gli elettori del Nord non notino nessuna differenza con le gang berlusconiane e leghiste che ci avevano mandato fino alla scorsa legislatura, tanto sovrapponibili sono la maggior parte dei temi: prima gli italiani, morte al politicamentecorretto, abortire è un po' morire e così via. Certo, c'è il federalismo ma è sempre stata una carota che gli stessi leghisti mostravano all'asino che cavalcavano: un orizzonte sempre promesso, sempre differito, anche perché poi quando ci arrivi scopri che si tratta di spostare due o tre edifici ministeriali a Monza, e insomma forse è molto meglio sognarlo che realizzarlo. E non escludo che i fratelliditalia si scoprano anche loro federalisti, se gli fa comodo. Eppure: sul serio manderete in parlamento gente che non conoscete, di cui non avete mai sentito parlare, di un partito che fino a ieri da Bologna in su era il classico banchetto di quattro gatti, tra i Testimoni di Geova e i FirmaControlaDroga: sul serio avete deciso che questo è il partito che meglio può rappresentare le vostre istanze in parlamento? Certo, è chiaro che a questo punto Salvini vi ha deluso (per gli stessi motivi per cui vi avrà deluso aa Meloni tra sei mesi: perché non ha la bacchetta magica per riportare l'Italia al 1982): ma sul serio basta questo per travasare il voto settentrionale da un partito che è comunque radicato nel territorio, che può vantare migliaia di amministratori (tra i quali qualche personaggio valido e competente deve pur esserci, per statistica) all'involucro vuoto che sta sotto a una tizia famosa perché in un comizio ha detto sono una madre sono cristiana? Sul serio basta così poco

Siamo insomma già diventati presidenzialisti dentro, come gli americani? O persino peggio degli statunitensi che almeno tra un presidente e l'altro votano anche un Congresso che possa fare da contrappeso: mentre per noi alla fine ormai il parlamento non è che la cassa di risonanza del Leader che scegliamo tra una rosa di leader che non hanno ancora fatto in tempo a deluderci: Berlusconi via, Renzi via, Salvini via, Conte via, tocca aa Meloni: è così che funziona? Perché questo, vedete, è davvero il fascismo: che partiva socialista, diventò nazionalista, ma quando si trasformò in una forma di governo prevedeva esattamente questo: l'identificazione della volontà popolare nella figura di un leader, da acclamare di tanto in tanto attraverso plebisciti: il parlamento a quel punto diventava pleonastico e infatti a un certo punto venne chiuso. Il leader poi aveva un bel da fare ad accontentare la monarchia che lo aveva appoggiato, gli industriali che (non mi stancherò mai di ripeterlo) lo foraggiavano, e nel frattempo mimare una sensibilità sociale, con un'abilità che ai tempi ingannò molte persone e continua a illuderne un secolo dopo: il suo trono era sempre traballante e la necessità di puntellarlo portò a scelte scellerate. Allo stesso modo aa Meloni, una volta vinte queste elezioni, si troverà molte gatte da pelare, ma almeno potrebbe contare su un parlamento di perfetti sconosciuti che pigino tutti i tasti che vuole lei. Come siamo arrivati a questo? Il fondatore del fascismo almeno dovette penare un po', fondare dei giornali, bussare alle porte di industriali che li finanziassero, litigare coi socialisti, andare in guerra e ci poteva lasciare le penne, organizzarsi una marcia su Roma: tutto gli si può essere rimproverato (veramente tutto) ma non l'intraprendenza. E quando si trattò di scriversi una legge elettorale su misura, la dovette far scrivere ai suoi – non agli avversari. Guardando aa Meloni, ecco, non pare che abbia sudato tutte queste camicie: certo, sopravvivere da donna in mezzo a bande di ratti di fogna per più di vent'anni, lasciarsi esibire come foglia di fico di un fascismo dal volto umano dove il volto era proprio il suo, non dev'essere stata una passeggiata e glielo riconosciamo. Ma se bastasse questa fatica a trasformare un'arrivista in una statista, ecco, a questo punto ce ne saremo accorti. 

lunedì 19 settembre 2022

Prendi i Romanov, loro non disturbano

(Domenica scorsa avevo persino provato a vedere un tg1 perché avevo sentito dire che l'Ucraina stava vincendo la guerra e beh, mi sembrava una notizia abbastanza grossa ma evidentemente mi sbagliavo, la notizia grossa era che la regina d'Inghilterra era ancora morta, come del resto da tre giorni, c'era un reporter d'assalto che intervistava inglesi per strada che potevano confermarlo, continuava a essere morta e loro continuavano a dispiacersene, ottimo. Poi un breve aggiornamento sull'Ucraina dove effettivamente qualcosa sta succedendo ma non si è fatto in tempo a capire perché bisognava passare all'altro scoop ovvero c'è un ex calciatore che si è lasciato con una presentatrice e volano gli stracci, al che ho proprio detto: No senti piuttosto di quei due di cui sopra a Viterbo non è mai fregato niente a nessuno, piuttosto di quei due ricomincia pure a parlarmi della regina che è morta e la cosa incredibile è che il tg1 mi ha preso in parola e si è collegato di nuovo con la Gran Bretagna per uno scoop straordinario, la regina stava viaggiando in autostrada (quantunque morta, la scorrazzavano da qualche parte dell'Isola) e c'erano le riprese di elicottero, capite, in esclusiva, perché noi contribuenti non badiamo a spese e vogliamo assolutamente vedere la panoramica di un'autostrada scozzese con un catafalco scortato dalla polizia, grazie tg1 del tuo alto senso delle mie priorità, grazie ancora).

Il suicidio programmato del Pd

Questo blog, per quanto ormai catatonico, finché è acceso resta un pungolo – c'è sempre la remota possibilità che qualche discendente lo ritrovi e si domandi: ma insomma, lui dov'era mentre la catastrofe si compiva? Dopo aver dettagliato per mesi e per anni ogni singola sciocchezza di Berlusconi e ogni ingenuità dei suoi avversari, cosa stava facendo quando i nodi vennero al pettine e una legge elettorale scritta dalla sinistra regalò due terzi dei seggi a una destra immorale e immonda? Ascoltava Battiato, compulsava i padri bollandisti, si era rincitrullito? Non aveva niente da dire, come Kraus nel '33? Sì, beh, in parte è così. Il disastro che sta arrivando è così prevedibile, così effettivamente previsto, che non me ne dovete volere se negli ultimi secondi prima della collisione preferisco distogliere lo sguardo: non ho un fetish per questo tipo di spettacolo. La rabbia che provo per tutti gli errori che sono stati fatti, in particolare da chi in teoria mi rappresentava: errori che ho segnalato, al tempo, con tutta la voce che avevo (poca), su tutte le testate in cui mi facevano scrivere (ma non mi leggevano)... questa rabbia non posso non provarla anche nei confronti di me stesso: se davvero avevo tutte queste ragioni, avrei dovuto gridarle più forte, trovare parole più convincenti, unirmi al coro di chi ne aveva di simili. E dovevo farlo qualche anno fa, adesso è tardi. 


Tutto quello che sta succedendo, per quanto così nuovo, non è che l'esito di mosse sbagliate che sono state fatte anni fa, al punto che a volte mi domando se la sinistra non abbia perso la partita più o meno nel 2008, se tutta la disfatta non sia alla fine l'eredità che ci lascia Walter Veltroni: una bomba a tempo concepita per decimare il progressismo italiano e magari porre fine alla repubblica parlamentare. Veltroni ovviamente ignorava la reale conseguenza delle sue azioni, quando chiudeva con la sinistra e battezzava quella "vocazione maggioritaria", che come avremmo capito più tardi consisteva nel cercare disperatamente la legge elettorale più adatta a far vincere le destre: quindici anni dopo, Enrico Letta lo avrà capito di essere una specie di esecutore testamentario, il tizio incaricato di staccare la spina? Il fatto che lo siano andati a prendere a Parigi, quando lui ormai faceva tutt'altro, è un indizio molto forte.

Il Pd poi è il partito della ragionevolezza, anche a discapito dei fatti, ed è in effetti ragionevole che ritengano necessario perdere queste elezioni: in fondo fin qui ha funzionato così, il Pd perde e dopo un po' torna al governo lo stesso, quindi perché darsi la pena? E se stavolta il giochetto non riuscisse, perché aa Meloni e compagnia potrebbero dilagare in virtù di una legge elettorale demenziale che Letta non aveva la possibilità politica (ma forse nemmeno la volontà) di cambiare... beh, per i maggiorenti Pd questa non sarebbe tutto sommato una tragedia, bensì una conferma che il sistema maggioritario funziona e ci regala quell'alternanza all'americana che Veltroni tanto sognava. Alla fine la ragionevolezza del Pd, che tanti vantaggi gli ha portato in questi anni, rischia di essere il suo difetto finale, in quanto basato su idee astratte di democrazia e alternanza che i dirigenti democratici tendono a scambiare con la realtà: l'idea tanto veltroniana delle elezioni come disfida leale ad armi pari, oggi vinco io e tra cinque anni vinci tu, li porta a correre verso la disfatta con un entusiasmo accelerazionista: prima perdiamo meglio è, si dicono sottovoce, prima perdiamo prima vinciamo. Che la sconfitta possa essere così pesante da annichilirli, da togliere i pochi spazi che gli sono rimasti, non lo sospettano nemmeno. A ogni tornata perdono pezzi e fanno finta di niente, convinti che prima o poi vinceranno loro e recupereranno tutto, come se le regole del gioco lo prevedessero; e intanto perdono spazio sulla Rai, i quotidiani nazionali piuttosto di tifare per loro si inventano fenomeni discutibili come Calenda e compagnia. Non hanno nemmeno i soldi per i manifesti, e non li hanno anche grazie a Enrico Letta che profittò del breve periodo in cui governava per tagliare i finanziamenti ai partiti e sostituirli col demenziale due per mille: stava segando il ramo su cui si sedeva, al tempo lo scrissi, ma forse non lo scrissi abbastanza bene, non lo scrissi abbastanza forte, insomma non è servito a niente. 

Ho scritto anche tante volte a proposito del voto utile, e intendiamoci: non rinnego una parola. Un voto in sé non è che possa cambiare più di tanto le cose, ma non ha altra utilità. Il voto di protesta non protesta un bel niente, così come l'astensione che non ha mai, ribadisco mai, creato le premesse per sollevazioni popolari. Il voto identitario è una sciocchezza, anche solo per il fatto che il voto è segreto: l'identità puoi esprimerla in tanti luoghi reali e digitali, ma quando voti stai semplicemente mettendo un +1 e a nessuno interessa se il tuo 1 è più lungo o più corto: vale comunque 1, cerca di metterlo dove è più utile. Ma che sia più utile continuare a darlo a questo Pd, un partito che ogni volta che ha avuto la possibilità di scrivere le regole le ha scritte favorevoli per l'avversario; ecco, questo è discutibile. Chi da quindici anni non fa che provare a impiccarsi dovrebbe almeno smettere di chiederci la corda in prestito. Può darsi che alla fine io lo voti comunque, semplicemente per la credibilità dei candidati che hanno espresso nella mia circoscrizione: così come in altre circoscrizioni non lo voterei mai, proprio perché non riterrei utile mandare certi candidati alle camere. E forse anch'io di nascosto da me stesso spero che la sconfitta, se proprio sconfitta dev'essere, sia così travolgente da chiarire anche ai sordociechi che il Pd va rifatto da capo, o sostituito con qualcos'altro magari un po' meno ragionevole e un po' più, come dire, furbo. Sempre ammesso che resti qualche spazio, che una destra supermaggioritaria non decida di riscrivere un po' di costituzione, che Corriere e Repubblica non decidano che il progressismo è qualche altro ex portaborse di industriali, eccetera. Comunque vada, ci vediamo di là.

mercoledì 14 settembre 2022

Ma se tutto invece andasse bene (che incubo)

Si diceva che non abbiamo la minima idea di cosa succederà quest'autunno, e quindi mi è venuta in mente questa eventualità: metti che tutto vada bene.

Non sarebbe incredibile?

Eh.

Il covid, ad esempio: ha continuato a colpire, nel suo piccolo, per tutta l'estate (e le vittime, a contarle, non sono poi così poche), però la curva è in declino. Certo, ora comincia la scuola. Da me sono bastate le riunioni preliminari dei docenti per contare i primi tamponi positivi, ma magari è una coincidenza. Ma... mettiamo invece che tutto vada bene; mettiamo che il covid non colpisca più. Sarebbe bello, vero? Già.

E la guerra? Per quel che sembra di capire, l'esercito russo ha preso una bella batosta. Questo a dire il vero non significa che la guerra stia per finire, anzi potrebbe succedere esattamente il contrario; che i russi si irrigidiscano, intensificando i bombardamenti di ritorsione e che gli ucraini non siano interessati a scendere a compromessi. Ma... mettiamo invece che tutto vada bene; mettiamo che la guerra finisca all'improvviso con un cambio di regime a Mosca, con i successori di Putin ansiosi di venderci il loro gas a prezzi di sconto. Sarebbe bello, vero? Già.

Ma non solo. Sentite che altro potrebbe succedere. Potremmo avere un autunno eccezionalmente mite, e quindi nemmeno tutta questa necessità di bruciare gas. Potremmo avere a questo punto una ripresa economica, galvanizzata dai provvedimenti già presi dai governi Conte e Draghi. Non sarebbe fantastico? 

Sì, in teoria sarebbe fantastico, sì, senonché...

...tutto questo succederebbe proprio all'indomani di una vittoria elettorale di Giorgia Meloni, sulla carta l'oggetto più a destra della storia d'Italia dopo il 1945. Cioè se tutto andasse così bene, la più miracolata sarebbe lei (già fin qui favorita da fin troppe circostanze, e dall'insipienza di avversari e alleati concorrenti). 

Per cui succede questa cosa terribile: non solo non credo che tutto andrà bene (è mai successo che tutto sia andato bene? Sarebbe la prima volta), ma nemmeno riesco ad augurarmelo. Cioè tre anni di pandemia e poi arriva aa Meloni proprio quando finisce la pandemia? Una guerra che rischiava di diventare mondiale e poi arriva aa Meloni e all'improvviso si sgonfia? Sarebbe... immeritato, ecco. E soprattutto non credo che ci converrebbe, nel medio-lungo termine. 

Così, se proprio volete sapere come mi sento in questi giorni: odio la guerra, e ho persino paura che finisca. Ho orrore per la pandemia, che però se finisce proprio adesso mi fa incazzare. E mi detesto per i discorsi che mi ascolto fare. 

(Certo, se proprio volessi sperare che tutto vada bene, dovrei ipotizzare anche una sconfitta daa Meloni; ma razionalmente non ci riesco: mi sembra più facile una resa di Putin. Tanto vantaggiosa risulta la legge elettorale che i suoi avversari le hanno regalato).

(Che poi in effetti, anche se per assurdo vincessero i suoi avversari, dopo una simile prova di ottusità strategica, siamo onesti: se lo meriterebbero? Probabilmente comincerebbero a discutere una legge elettorale ancor più demenziale affinché almeno vinca le prossime elezioni: e sappiamo che ne sarebbero capaci).

martedì 13 settembre 2022

I santi ribelli a Faenza il 23 settembre!

 


Buonasera a tutte e tutti, solo una breve segnalazione: sono stato invitato dalla redazione del Post a Talk, nell'ambito del quale avrò il privilegio, ma diciamo pure il piacere, di presentare a Faenza il Catalogo dei santi ribelli con Laura Tonini venerdì 23 settembre alle ore 18 nel cortile piccolo. È un evento a iscrizione e quindi... sì, potreste persino non trovare posto se non vi prenotate (diciamo che è un'eventualità) (non lo so quanto sia piccolo il cortile piccolo). Finisce tutto alle 19 perché poi ci sono Concita De Gregorio ed Erica Mou quindi non è che possiamo prendercela comoda. 

Detto questo... ma poi chi ha vinto la Gara? Ebbene si tratta di Summer on a Solitary Beach: vittoria non banale ma sostanzialmente appropriata a un torneo così estivo. Questo il podio:

1. Summer on a Solitary Beach (Battiato/Pio, #7)

2. Centro di gravità permanente (Battiato/Pio, #1)

3. Voglio vederti danzare (Battiato/Pio, #3)

E così l'Era del cinghiale bianco, dopo la soddisfazione di aver azzannato Cuccurucucù, rimane al quarto posto. Grazie a tutti per la partecipazione e la compagnia. 

Ps: lo so che succedono tante cose nel mondo (guerre, elezioni), e mi piacerebbe pure scriverne, ma cose non banali che per adesso non mi vengono (e settembre comunque per me è un mese durissimo). Il blog ritornerà, prima o poi ritorna sempre. 

domenica 4 settembre 2022

128. Di tanto in tanto un grido copriva le distanze

Ed eccoci alla Finalissima della Gara delle canzoni di Franco Battiato, che ci ha tenuto compagnia per tutta l'estate, anzi dai giorni di maggio, e che finisce così all'improvviso com'è cominciata: del resto sono già tornate le piogge, presto riapriranno le scuole, cadranno foglie lungo i viali, e ancora un altro inverno che probabilmente non porterà la neve, ma in ogni caso a quel punto la Gara sarà solo un ricordo lontano, chi aveva vinto poi? Una di queste due:

1981: Summer on a Solitary Beach (Battiato/Pio, #7)

1981: Centro di gravità permanente (Battiato/Pio, #1)

Si vota qui – il tabellone

È il quarto derby della Voce del padrone, il disco che ha portato ai quarti cinque canzoni su sette (le due che non ce l'hanno fatta erano state eliminate da altri brani della Voce). Un disco che comincia con Summer on a Solitary Beach, la cui canzone più conosciuta è Centro di gravità permanente. Non era sinceramente la finale che mi aspettavo: pensavo che Cuccurucucù avesse una marcia in più. Ma è una finale abbastanza logica. Centro è sempre stato il brano favorito, e lo è diventato sempre di più quando si è capita la netta preferenza della giuria popolare per gli anni Ottanta, e in particolare per la Voce. Può darsi che insomma si ripeta quanto successo con il torneo delle canzoni dei Beatles, ovvero che il risultato sul campo confermi il pronostico del ranking, che in quel caso indicava A Day in the Life. Anche se il ranking dei Beatles era molto più 'tecnico', il risultato di una media delle classifiche delle testate musicali. E come nel caso dei Beatles, a guardarla da vicino questa Canzone Numero Uno non sembra così migliore di tutte le altre: vince ma non stravince. Ha solo quel qualcosa in più che fin qua l'ha fatta preferire a ogni altro pezzo che le si è parato davanti. Può darsi che quel Qualcosa In Più, in entrambi i casi, sia una certa ecletticità. A Day in the Life è di John, ma c'è anche un po' di Paul. È una ballata, ma è anche molto sperimentale. È in Sgt. Pepper, ma c'entra poco col concept del disco. È ironica e stralunata, ma anche straziante: un funerale sotto acidi. Centro di gravità permanente non somiglia in nessun modo ad A Day in the Life, ma per una singolare coincidenza manifesta un analogo eclettismo. Anch'essa sembra due canzoni in una; una strofa criptica, un ritornello di esibita cantabilità. C'è Gurdjieff e c'è il twist. La puoi ballare da bambino e ne puoi riscoprire i sottotesti da adolescente. E puoi trovare ridicoli i sottotesti da adulto e rimetterti a ballarla come da bambino (ma in senso ironico). 

Alla doppia e tripla chiave di lettura di Centro di gravità, si contrappone l'immediatezza di Summer on a Solitary Beach. Qui non ci sono ironie che tengono: c'è solo l'epifania di una spiaggia solitaria che Battiato evoca con sofisticata precisione. Se Centro è due canzoni in una, Summer è un mantra di due soli accordi ripetuti per cinque minuti: una fissità lievemente increspata da qualche variazione ritmica. Mi domando se non sia stata favorita, nella sua lunga ascesa al podio, dalla scelta di giocare alla Gara nei mesi estivi, quando il desiderio o la nostalgia di una spiaggia è più cocente: e d'altro canto avremmo potuto disputarla in qualsiasi altra stagione? Battiato è stato davvero il Cantante dell'Estate, Summer ne è la prova più vivida. È il risultato di un lungo studio di marine che Battiato aveva cominciato ad abbozzare ai tempi di Sulle corde di Aries, se non già coi suoi tentativi cantautoriali degli anni '60. Lo sguardo verso il mare, la tensione verso un orizzonte metafisico, si proietta già verso i temi dei decenni successivi. Sceglierete Centro di gravità se amate il Battiato ironico e soprattutto autoironico; voterete per Summer se lo preferite quando naufraga in cerca dell'assoluto. 

Si vota qui – il tabellone

Potete votare fino alla mezzanotte tra il 5 e il 6 settembre, dopodiché... la Gara sarà finita, tutto qui, non si vince niente, non so nemmeno se scriverò ancora un pezzo per segnalare il vincitore. Su Battiato, vi prevengo, ne scriverò altri nei prossimi mesi, per riorganizzare il materiale che ho scritto qui un po' per volta alla carlona in qualcosa di più sistematico. Lo so che sembra che io stia parlando di FB da una vita (e immagino che alcuni non ne possano più), eppure certe cose mi sembra di cominciare a capirle soltanto adesso. Vi ringrazio di avermi tenuto compagnia su facebook e su questo blog moribondo, mentre fuori proseguiva la guerra, finiva la scuola, prendevo il covid, guarivo, assistevo alla crisi di un governo e al suicidio programmato delle forze di centrosinistra, andavo al mare, tornavo, mi rimettevo a lavorare: ma almeno avevo qualcosa da scrivere tutti i giorni che non c'entrava quasi nulla con la guerra, col governo, coi fascisti, col covid, col mare – anzi no, col mare un po' c'entrava. Mi ha fatto bene, sul serio, e spero che ne abbia fatto un po' anche a voi. A presto. 

sabato 3 settembre 2022

127. Coppie di anziani che ballano

Finale 3°-4° posto

Si vota qui – il tabellone

1979: L'era del cinghiale bianco (Battiato/Pio, #12)

1982: Voglio vederti danzare (Battiato/Pio, #3)

È andata così. Il più grande mistero della Gara resterà, per quanto mi riguarda, dove sono finiti almeno metà dei cento elettori che dovevano assolutamente mandare il Cinghiale in semifinale (eliminando così una favorita come Cuccurucucù), ma una volta che il Cinghiale è passato gli hanno fatto mancare il loro sostegno – non hanno votato per Centro di gravità: non hanno proprio votato. Forse erano più voti anti-Cuccurucucù che pro Cinghiale, ma insomma la corsa sorprendente dell'ultimo pezzo anni '70 finisce qui, alla finalina di consolazione. Forse sorprende di più il cedimento di Voglio vederti danzare, superata da Summer per una manciata di voti. Stabilire quale delle due canzoni meriti il podio è una questione ancora più fatua del solito, ma ormai siamo qui.   

Cos'hanno in comune i due brani? Un riff strumentale virtuosistico e trascinante – in effetti, se il Cinghiale è un po' un unicum della produzione di Battiato, con quel violino così in evidenza, Voglio vederti è il brano post-Cinghiale che più ce lo ricorda. I quattro album che cominciano col violino del Cinghiale e terminano col valzer di Voglio vederti rappresentano la fase più intensa della collaborazione con Giusto Pio (il cui contributo comincerà a ridimensionarsi a partire dal 1983), da cui il felice paradosso per cui i suoi dischi più pop, Battiato li ha scritti mentre collaborava con un violinista classico. 

Che cos'hanno di diverso? Potremmo dire che in Voglio vederti Battiato si ritrova alle prese con lo stesso problema dell'Era del cinghiale – un brano di quattro minuti che ha il suo punto di forza nel riff strumentale – ma grazie all'esperienza acquisita non commette lo stesso errore del Cinghiale, un rondò la cui prevedibilità degli elementi, dopo i primi ascolti, rischia di annoiare. In Voglio vederti FB la fa tutte per non annoiare l'ascoltatore: cambia la tonalità (sempre più in alto!), modifica la melodia della strofa, perfino il riff viene modificato, arabescato, man mano che la canzone va avanti: fino all'imprevedibile valzer finale. Ma ripeto, forse il fascino del Cinghiale sta nella sua meccanica prevedibilità. Voterete per il Cinghiale se mezzo secolo dopo ne siete ancora succubi; preferirete Voglio vederti danzare se il vostro Battiato preferito è quello che danza intorno al mondo. In ogni caso dovete votare a partire da oggi; il sondaggio scade la mezzanotte tra il 4 e il 5 settembre.   

Si vota qui – il tabellone

giovedì 1 settembre 2022

126. E nel pomeriggio, mentre il sole ci nutriva

1981: Summer on a Solitary Beach (Battiato/Pio, #7)

1982: Voglio vederti danzare (Battiato/Pio, #3)

Benvenuti alla seconda semifinale della Gara delle canzoni di Franco Battiato (si vota qui), un po' più prevedibile della prima: entrambi i brani hanno vinto con un buon margine ai quarti, e in generale non si sono mai scontrati con brani di ranking superiore. Summer ha sconfitto As Tears Go By, Le sacre sinfonie del tempo, Shock in My Town, Tozeur, Gli uccelli; invece Voglio vederti danzare, che dopo la caduta della Cura era il brano col ranking più alto di tutto il lato destro del tabellone, si è trovata davanti Meccanica, Ermeneutica, Frammenti, Up Patriots Bandiera bianca, insomma questa semifinale se la sono largamente meritata entrambi. Chi vincerà? Non saprei proprio: certo, Voglio vederti gode di una popolarità largamente superiore anche presso un pubblico extra-battiatesco: ma non è certo il pubblico che continua a votare per la Gara, e che viceversa potrebbe, con deliberato snobismo, concentrare il voto sul brano un po' meno noto (che poi è comunque famosissimo, ma ha un titolo che non si lascia memorizzare: l'avesse chiamata Mare mare, sarebbe in tutte le playlist estive, e a Carboni non sarebbe rimasto che comporre I've Even Bought a Motocycle).  

Cos'hanno in comune i due brani? C'è un'ora di musica in tutto, che Battiato ha composto in una ventina di mesi tra 1980 e 1982, e che da sola sarebbe sufficiente a farcelo considerare uno dei più grandi autori della canzone italiana. Quest'ora comprende i due dischi usciti tra 1981 e 1982 – 14 brani in tutto: il primo è Summer on a Solitary Beach, l'ultimo Voglio vederti danzare: gli estremi della sezione aurea (e cominciano e finiscono con un sentore di valzer). Nel primo sta prendendo il sole al mare, nell'ultimo sta ballando: più pop di così non poteva essere, non sarà mai più (eppure, che differenza con tutti i sottoprodotti di generatori di canzonette estive successive, ma anche precedenti). C'è anche tutto il suo gusto per l'esotismo, che in Summer gli suggerisce una strofa in anglo-francese, e in Voglio vederti si scatena con radio Tirana e le cavigliere del Katakali. Con la musica si possono fare tante cose: in questi due brani FB ci vuole soprattutto mandare in un altro spaziotempo: un'estate infinita e remota (come sono tutte le estati già al primo settembre), o una balera romagnola, ma anche irlandese e tzigana o derviscia.  

Che cos'hanno di diverso? Se si considera che le hanno scritte gli stessi autori nel giro di pochi mesi, c'è da strabiliare per quanto siano diverse (e comunque straordinariamente efficaci). Summer è un brano di due accordi, i due accordi più simili e facili da mettere assieme, I e vi: l'unico espediente per contrastare la monotonia è la sospensione ritmica nel (primo) ritornello. La progressione di Voglio vederti danzare è un'allegra sarabanda di accordi, ripetuti in quattro tonalità diverse, e c'è in giro ancora gente che dice che Battiato non avesse una gran voce. Voterete Summer se nella vostra testa Battiato è quello che prende il sole in occhiali scuri su una sedia a dondolo; preferirete Voglio vederti danzare se lo vorreste veder danzare un'ultima volta con i dervisci tourneur o con le z******* del deserto. In ogni caso dovete votare a partire da oggi; il sondaggio scade la mezzanotte tra il 2 e il 3 settembre.   

Si vota qui – il tabellone