Pages - Menu

Collaborazioni

domenica 5 ottobre 2025

Santi di fiume e di laguna

5 ottobre: San Placido, monaco e martire (VI secolo)

San Benedetto ordina a San Mauro di salvare San Placido.
Matteo di Pacino (sec. XIV)

A dire il vero, se avete in casa qualche calendario moderno, è più facile che il 5 ottobre nomini Santa Maria Faustina Kowalska; ma prima che il connazionale Giovanni Paolo II la canonizzasse nel 2000, era Placido la vedette del 5 ottobre; malgrado alla fine di lui non è che sappiamo più di tanto. Gregorio Magno ce lo presenta come uno dei due discepoli più intimi di San Benedetto, il quale lo aveva praticamente adottato da bambino, e che un giorno nella sua cella chiamò improvvisamente l'altro discepolo (San Mauro) dicendogli: presto! Ho visto Placido cadere nel fiume mentre cercava di riempire un secchio d'acqua, ora è alla deriva, corri, va a salvarlo! San Mauro si precipita fuori, verifica che le cose stanno proprio come il maestro ha spiegato, si mette a inseguire San Placido, lo riacciuffa e lo porta a riva; solo a quel punto si rende conto che per aver fatto tutto così presto non può che aver camminato sulle acque, alla Gesù. È tutto merito della tua obbedienza, gli dice San Benedetto: io ti ho detto di correre e tu l'hai fatto, anche se non c'era suolo su cui correre. No gli risponde il discepolo Mauro: è tutto merito della tua fede, e a quel punto sarebbero potuti andare avanti per ore a scaricarsi il merito a vicenda, un'estenuante gara di umiltà che fortunatamente viene interrotta dallo stesso Placido, il quale spiega che mentre veniva salvato aveva visto su di sé il mantello di Benedetto: caso chiuso. Tutto questo ci risulta appunto dai Dialoghi di Gregorio Magno, e come dubitare di tanto autorevole fonte? Ma era comunque un po' poco, al punto che più tardi si provvide ad aggiungere un destino di martire: inviato da Benedetto a Messina per fondarvi un monastero, Placido sarebbe incappato in una banda di pirati vandali che avrebbe massacrato lui, i fratelli Eutichio, Vittorino e Flavia e altri trenta monaci. Questo consente all'Ordine dei Cavalieri di Malta di custodirne le reliquie nella chiesa di San Giovanni di Malta (a Messina). C'è anche una fonte d'acqua miracolosa. 


6 ottobre: San Magno (VII secolo), vescovo di Oderzo ed Eraclea, e di Venezia, in un certo senso.


Quando diciamo "Venezia" di solito intendiamo una città precisa, dalla geografia unica al mondo ma proprio per questo invariabile, irrigidita nel ruolo che dovrà recitare da qui in poi per i turisti, ancora per quanto? Per più tempo possibile, il Mose garantisce le mareggiate sotto i quattro metri, poi si vedrà. E lo stesso Mose, che sembra così innovativo, a ben vedere serve proprio a mantenere artificialmente in vita un ambiente lagunare che in natura è tanto effimero. In effetti per secoli Venezia non è stata nulla di tutto questo. Non era nemmeno una città, piuttosto una provincia, un'espressione geografica, il luogo dei Veneti, insomma un territorio amministrativamente bizantino, quel che restava delle riconquiste di Giustiniano sul litorale adriatico dopo l'arrivo dei Longobardi nell'entroterra. Nemmeno la parola "territorio" rende l'idea, visto che si trattava perlopiù di isole affioranti da un vasto paesaggio lagunare che riceveva l'acqua di tutti i fiumi veneti e la portava al mare, estendendosi da Grado a Comacchio. Tanto è irrigidita la Venezia di oggi, tanto era mobile e cangiante quella dell'Alto Medioevo, perché la laguna non è un ambiente in equilibrio; col tempo o si interra o cede il suo spazio al mare, nel frattempo i fiumi spostano gli estuari e disegnano nuovi delta. Con le forme della natura cambiano le rotte degli abitanti umani, che si spostano di isola in lido a seconda delle loro convenienze. Il punto fermo è che i barbari, con la laguna, non vogliono averci a che fare, e questo per secoli vi spinge i veneti della terraferma. In linea di massima quando un isolano parla di "terraferma" sta un po' esagerando, anche le isole sono terre emerse abbastanza ferme: ma per il veneziano medievale la situazione era diverso, la terra che aveva sotto i piedi poteva inabissarsi e riaffiorare. Qui gli eserciti di Goti e Longobardi non arrivano mai, il che non impedisce ai veneziani di farsi la guerra da soli, tra un isolotto e l'altro, per motivi economici e persino religiosi. 

Magno è il vescovo di Opitergium – oggi Oderzo (TV) – che per sfuggire ai Longobardi decide di mettersi a capo di una migrazione di massa, dalla sua città a un borgo fiorente nella zona settentrionale della laguna, che fino a qualche anno prima portava il nome greco di Melidissa ("dolce come il miele") e poi era stata battezzata Eraclea per festeggiare la vittoria dell'imperatore Eraclio sui persiani. Magno potrebbe anche non essere mai esistito: perlomeno è il sospetto che mi lasciano tutti i vescovi che si chiamano così, dato che nelle liste a volte "Magno" compariva di seguito a un nome, come un appellativo: "Il Grande"; a volte però chi copiava la lista si sbagliava ad andare a capo e trasformato un appellativo in un nome di vescovo. Il fatto che di questo vescovo non si sappia nulla scatena la fantasia degli agiografi, che ne approfittano per appioppargli qualche leggenda. In questo caso la leggenda prevede che Magno ottenga dal papa di mantenere il titolo di vescovo di Oderzo; così per la prima volta in uno dei più di cento insediamenti sulla laguna si stabilisce un vescovo, qualcosa che dà lustro al centro abitato che successivamente diventerà la capitale provvisoria del ducato bizantino di Venezia. Per questo motivo i resti di Magno furono a lungo conservati nella chiesa di San Raffaele, come quelli di un protovescovo. Ai suoi tempi però la città che noi chiamiamo Venezia ancora non c'era; solo qualche isolotto abitato presso il canale più profondo, quindi più navigabile, della pianura, che al tempo non si chiamava Canal Grande, ma forse già Rialto, dove "alto" significa anche profondo. Eraclea avrebbe perso rapidamente la sua centralità, venendo rimpiazzata come capitale prima da Malamocco, su quello che oggi è il Lido, e poi appunto da Rialto. Nel XII secolo sarebbe rimasta interrata dopo una violenta alluvione. Oggi è un piccolo borgo di terraferma, ma i resti di Magno, dopo un lungo soggiorno a Venezia, sono tornati lì. 

Nessun commento:

Posta un commento

Puoi scrivere qualsiasi sciocchezza, ma io posso cancellarla.