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lunedì 12 marzo 2001

Fuori i corto, il giorno dopo
(appunti in dissolvenza incrociata)

Stamattina sotto la doccia ho avuto l'illuminazione: il corto brevissimo, tutto traffico accelerato ambientato in Veneto (si capiva che era il Veneto dalle targhe Treviso) e una voce incazzata fuori campo, e la carrellata finale in un supermarket, forse parlava di Unabomber.
Di colpo mi è quasi piaciuto, anche se...

...per decreto, il bianco e nero è stato dichiarato più poetico dei colori, e ora non c'è niente che possiamo fare per evitare certe inquadrature poetiche da telecamera a circuito chiuso (almeno in tre corti su dieci). Dev'essere anche una forma di pudore nei confronti della realtà – e magari con certe handycam i colori vengono tanto male che…

...poi c'è il corto tutto sparatorie, inseguimenti e ostaggi ambientato a Pontassieve , che a un certo punto degrada in un lentissimo primo piano al rapinatore, che visibilmente non sa più che fare, ma non si capisce se non sappia cosa fare in quanto rapinatore intrappolato in una sala congressi o in quanto regista e interprete principale intrappolato in un cortometraggio involuto. Si sfila la pistola, s'infila la pistola, guarda la ragazza, che guaio, diomio in che guaio mi sono cacciato...

(A me sta bene mettere la telecamera in mano a un minorato: perché però inquadrarlo con un'altra telecamera?)

...ma è consolante pensare che se si ha davvero una storia da raccontare, anche i filmini delle vacanze, girati e montati alla benemeglio, possono diventare stupendi...

...A un certo punto c'è un tale che parla dei cazzisuoi fuori sincrono. "Questa è vecchia", pensiamo, "va' là, buffone…"; poi tornando a casa c'imbattiamo in un messaggio alla nazione di Ghezzi e ci chiediamo, forse per la prima volta nella vita:

C'è vita oltre Ghezzi?
[continua]

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