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venerdì 22 giugno 2001

È stato un fallimento, diciamolo, il "blackout volontario" previsto per ieri 21 giugno, solstizio d'estate (vedi mercoledì 6 giugno). In Italia non se n'è parlato (ho trovato giusto un cenno su www.carta.org).
Quanto a me, dalle 17 alle 22 in casa proprio non ci sono stato. Giusto per una doccia (fredda? No, mi è passato di mente).
Proviamo con un'altra iniziativa, un po' più radicata (non radicale).

Qualche giorno ho buttato lì, un po' alla leggera, che c'erano mille buoni motivi e cento buone associazioni per andare a Genova. Lasciando stare l'approssimazione per difetto o per eccesso (il Genoa Social Forum conta più di 600 associazioni, non tutte per forza 'buone'), forse è meglio indicare almeno un buon motivo e una buona associazione.

All'attacco!
Domani a Bologna, Viale Berti Pichat 6, avrà luogo la prima assemblea o convegno di Attac Italia.
Attac in francese sta per Association pour une Taxation des Transactions financières pour l'Aide aux Citoyens. L'associazione è nata in Francia nel '98, grazie a un'iniziativa dei redattori di "Le Monde diplomatique". Nel giro di un paio d'anni, con la collaborazione di ONG, sindacati e altre associazioni, è diventata una rete internazionale, che oggi tocca più di una ventina di Paesi. Tra questi l'Italia arriva un po' in ritardo, pare su iniziativa dei delegati italiani al forum sociale di Porto Alegre in gennaio.
È facile tradurre Attac in italiano: Associazione per una Tassazione delle Transazioni finanziarie per l'Aiuto ai Cittadini. Si punta al concreto già dal nome.
Fateci caso: di solito i nomi delle associazioni si mantengono sul vago. Associazione per la Pace. Movimento per i diritti umani. Eccetera. Siamo tutti d'accordo a chiedere più pace, più rispetto per i diritti umani: ma a chi dobbiamo chiedere? E con che strumenti? Attac entra subito nello specifico delle proposte concrete, con una parola assai poco 'cool' o 'friendly': "tassazione".
Al giorno d'oggi, quando non c'è politico in campagna elettorale che non sia ansioso di ridurci le tasse, l'idea che si possa risolvere qualche problema mondiale introducendo un'imposta è veramente un'idea originale.
Bisogna dire però che non è venuta a qualche sognatore o intellettualoide di sinistra, bensì a un premio Nobel per l'economia, James Tobin, che sin dalla fine degli anni '70 cominciava a preoccuparsi per la piega che stava prendendo l'economia mondiale. Gli speculatori avevano già invaso i principali mercati finanziari, secondo una tendenza arrivata fino ai nostri giorni (pare che oggi le attività meramente speculative rappresentino più del 90% delle contrattazioni effettuate a livello internazionale).
Tutti, dal nostro amato Presidente del consiglio in giù, diamo ormai per scontato il vecchio assunto che più denaro gira, più lavoro e ricchezza c'è per tutti. In realtà il denaro gira ormai troppo rapidamente, e il 90% degli affari li fanno gli speculatori, comprando e vendendo azioni a una velocità che non ha più niente a che fare con i tempi dell'economia reale.
Un caso eclatante è la speculazione sulle transazioni valutarie, che sono esentasse. Sì: se compro una mela devo pagare le tasse, se compro un dollaro no. Che male c'è? Ma se ho, poniamo, una ventina di miliardi da parte e ci compro dei dollari, e il giorno dopo li rivendo e ci compro degli yen, e il giorno dopo degli euro, e così via per un anno, alla fine dell'anno io avrò sempre più o meno una ventina di miliardi, ma non avrò pagato le tasse a nessuno: né a Bush, né a Berlusconi. Che, bontà loro, mi hanno promesso di abbassarcele. Ma più basse di così, scusate…
La proposta di Tobin andava proprio a toccare questo meccanismo. Si trattava di introdurre (a livello internazionale) una tassa sulle transazioni valutarie. Un'imposta non elevata (Tobin proponeva lo 0,05-0,01%), ma sufficiente per non scoraggiare gli investimenti a media e lunga durata (quelli che hanno ancora a vedere con l'economia reale) e rendere invece sconveniente gli investimenti-flash, vale a dire le speculazioni. E comunque un'aliquota così bassa sarebbe sufficiente per raccogliere tra i 90 e i 100 miliardi di dollari l'anno: il doppio di quanto oggi viene speso nel mondo per progetti di cooperazione e sviluppo…
La Tobin tax è diventata il cavallo di battaglia di Attac. Col tempo si sono affiancate altre proposte, tutte interessanti e, quel che conta, concrete. Ma oggi volevo parlare di un solo argomento, ed eccolo qui. Se interessa, lascio qualche link, e magari ci vediamo a Bologna domani.

La campagna per la Tobin tax di Mani Tese (da cui ho tratto i miei dati).
Il documento di Attac al vertice alternativo di Ginevra (2000); parla di Tobin tax e tanto altro.
Il programma dell'Assemblea di Bologna su www.carta.org.

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