Sulla Repubblica è a pagina 26… anche sul Corriere è indietro, indietro…
ma c'è stata una manifestazione ieri, a Napoli.
Sì, lo so anch'io che c'è ben altro di cui parlare. La guerra prima di tutto. Le gaffes del nostro presidente del consiglio, purtroppo, e lo sdegno di tutto il mondo, dalla Lega Araba all'Economist.
E poi le mille cose che nel frattempo accadono in Italia. La legge Bossi-Fini sull'immigrazione. La "finanziaria di guerra". La legge sulle rogatorie, impallinata dai franchi tiratori del centrodestra. Tutto questo è senz'altro molto interessante, merita di essere discusso, approfondito, certo, però, scusate, c'era anche una manifestazione, ieri, a Napoli.
Certo, non era nulla di straordinario. La questura dice 20.000 persone. Caruso 40.000. Facciamo pure trenta: è una bella cifra, ma non impressionante. A Genova eravamo forse dieci volte tanti (pacifici).
Non era più la manifestazione contro un vertice internazionale. Non era nemmeno una mobilitazione nazionale. Però era una buona notizia, forse la migliore della giornata: e le buone notizie sono come le buone persone: anche quando sono piccole andrebbero un po' incoraggiate, vezzeggiate. Altrimenti finiamo per dar ragione ai blecbloc: se non spacchi vetrine non fai notizia. In più era una buona notizia per tutti, pro-Nato e anti-Nato, globbal e no-globbal, anarchici e polizia. C'è stata una manifestazione, a Napoli, in piazza Plebiscito, e nessuno si è fatto male. C'erano studenti, operai, disoccupati. Il corteo è passato davanti a un mcdonald e gli studenti hanno fatto un cordone con le manine. Questa è una notizia stupenda, commovente.
Nulla di straordinario, non è straordinario? Rinfreschiamoci un po' la memoria: il vertice OCSE a Bologna, due inverni fa. Pochi mesi dopo i disordini a Ventimiglia, quando i manifestanti di Nizza furono respinti a una frontiera che non c'era più. E poi i contusi del Global Forum di Napoli, nel marzo di quest'anno. Sembra passata una vita, ma è stato solo sei mesi fa. Io avevo già questo sito, e scrissi una cosa che mi dà un po' fastidio rileggere.
Avevo visto sugli striscioni un simbolo strano: un pulcinella incazzato con una maschera antigas e un manganello. Il fatto è che a me i manganelli proprio non piacciono. Ma sulle tute bianche mi sbagliavo: loro a Napoli neanche c'erano. Il Pulcinella ne era una versione taroccata, ma in maniera piuttosto scadente, a mio vedere: sbagliava i simboli (le tute bianche portano scudi, non manganelli) esagerava con la retorica, cadeva in trappole terribili, come appunto Piazza Plebiscito quel pomeriggio. Lì qualcuno (ma chi?) aveva alzato ancora un po' il livello dello scontro. E io – e tanti altri come me, che mancavamo alle manifestazioni ormai da qualche anno – cominciavo a temere che il processo fosse irreversibile. Ancora un po' e non si sarebbe più potuto manifestare pacificamente.
Poi c'è stata Genova e vorrei dire che tutto si è chiarito, ma non è proprio così. Tornati a casa, non avevamo ancora finito di contare i feriti e medicarci quando abbiamo sentito dire che bisognava andare a Napoli in settembre. E non è che non ne avessimo voglia, anzi. Genova è un conto rimasto in sospeso, questo lo sanno tutti quelli che ci sono stati. Quando qualcuno cerca di farti paura, se sei un uomo non ti tiri indietro (e anche se sei una donna, credo). Magari te la fai addosso, ma in piedi. Perciò io a Napoli ci sarei anche andato. Fino a una settimana fa.
Una settimana fa - sabato sera – mi sono accucciato su un treno. Andavo a una riunione preparatoria. Della città, che mi dicono bellissima, conosco soltanto la stazione e il mercatino in fondo a piazzale Garibaldi. E una saletta della camera del lavoro, dove ho ascoltato discorsi per cinque ore, neanche il tempo per mangiarsi una pizza.
Andavo a dire che nella mia città nessuno moriva dalla voglia di venire. Che il mio comitato prima di Genova non esisteva, che è nato da lì: è l'espressione di una società civile che ha ignorato gli appelli dei partiti e delle istituzioni ed è venuta a difenderci nelle piazze il 21 luglio. Che la Nato è una pessima cosa, che la guerra è alle porte, ma che la situazione è molto delicata e l'ultima cosa che servirebbe ora è un'altra guerriglia urbana. Che non si può attendere sempre le forze dell'ordine al varco, aspettandosi che di colpo divengano civili, quando civili non lo sono e l'hanno già debitamente dimostrato – aspettiamo almeno un po' di tempo, qualche processo, qualche condanna.
Andavo a dire queste cose, e alla fine aggiungevo: se poi si decide di andare tutti, noi qualcuno lo mandiamo. Perché un po' di voglia di andare mi era rimasta. Dimostrare che sono un uomo. L'intestino è già in subbuglio. Ma non mi tiro indietro…
Sciolta la riunione, quando già cominciavo a chiedermi come sarei risalito a Modena nel bel mezzo dello sciopero, mi ha fermato un compagno. Si è presentato: scusa, mi chiamo Gennaro. Non c'è niente da scusarsi, gli ho detto io. E lui: Premetto che sono dipendente Nato. Ahi ahi, ho pensato io. E lui: ma lo sai che su alla base l'undici settembre centinaia di persone hanno fatto festa? Festa! Ma tu lo sai cos'è la Nato per Napoli?
La Nato a Napoli. Lo so. È un grosso problema. Ma il vertice era stato spostato a Bruxelles, la mobilitazione era stata ridimensionata… e nel frattempo pensavo al Pulcinella con la maschera a gas. Che è ancora lì, non si è spostato di un centimetro. E non mi piace, non so cosa farci, non mi piace proprio. Come la parola "no-global", trovo che sia un equivoco pericoloso.
Però sono contento che a Napoli sia andata così bene. C'è una parte di me - lo so - che in caso di disordini non si sarebbe perdonata di aver mancato all'appuntamento. Ma è la parte meno ragionevole di me, vuole dimostrare che ha le palle, si crede in guerra, vede battaglie e scoop dappertutto, non dovrebbe mettersi in politica assolutamente (fermatelo).
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venerdì 28 settembre 2001
giovedì 27 settembre 2001
Intercettazione
Ho sognato che volavo nella notte, libero tra le costellazioni del cielo d'autunno. Ero un satellite artificiale e intercettavo, intercettavo.
Intercettazione del mercoledì 26/09/2001, ore 20.45 (meridiano di Torino). Due persone anziane, dai toni distinti. Si identificano a vicenda come "Giuvà" e "Venato".
VENATO: "Giuvà, io qui mi dimetto".
GIUVA': "Venato, suvvia… non mi sembva né il tempo né il luogo".
V: "Aeeeh… parlammoce chiaro, eh, Giuvà? Da quanto dura 'sta storia? Tre mesi? Quattro?"
G: "Contando dal tvedici maggio… fanno 100 giovni giusti giusti".
V: "Ecco. 100 giorni di figure e'mmierda, Giuvà".
G: "E dai, Venato…"
V: "Che venato e venato… io sono un professionista serio, eh? Mi pagate per questo, no?"
G: "E ti paghiamo anche bene".
V: "Mi pagate per tenere quel matto sotto controllo all'estero… chillo è abituato alle conferenze stampa italiane, dove sa già le domande che gli fanno… che tanto sono tutti dipendenti suoi".
G: "Alcuni sono dipendenti miei".
V: "Vabbuò, è la stessa cosa. Giuvà, guarda che io sono disposto a tutto, sai? Vuoi che mi metto o' mantello nero e o'passamontagna'n coppa e vado a parlare coi bleccheblocche? E io ci vado! Non tengo paura io… ho lavorato al WTO, altro che bleccche blocche… ma questo no, no, non è cosa. Chillo è incontrollabbile, hai capito? In-con-trol-lab-bi-le. Non posso voltarmi un attimo che lui…".
G: "Non ti evi semplicemente voltato un attimo, Venato. Fovse eva meglio se lo seguivi a Berlino, invece di fave un salto a New Yovk…"
V: "Ma ero solo andato a salutare Rudolph… con chillo che ha passato, poveretto… 'nu poco di solidarietà per i vecchi amici, no? Ma tu ce l'hai, un cuore, tu?"
G: "Non cvedo".
V: "Però avevo preparato tutto alla perfezione, Giuvà! Il discorso gliel'avevo fatto leggere una decina di volte! Davanti a me, come al collegio. Sapessi che fatica per fargli di' "«Credo che un attacco debba essere molto ponderato e mirato. Chirurgicamente mirato». S'impappinava… però alla fine ha detto bene, no? La lezione la sapeva, o no?"
G: "Sì. L'avevi scvitta tu?"
V: "Noo… era 'na velina da Washington… le fanno personalizzate per tutti i capi dei governi occidentali".
G: "Che ovganizzazione. C'è ancova molto da impavave".
V: "E poi gliel'avevo cantata chiara: a Si', gli avevo detto, niente chiacchierate. Reciti la tua parte e poi zitto, eh? mi raccomando. Sennò poi lo senti, Giuvà. Gli aggio detto anche questo".
G: "Come se a me desse vetta…"
V: "Lo vedi? Lo ammetti anche che è incontrollabbile… adesso poi che è euforico perché si è fatto sospendere le rogatorie… chi lo ferma cchiù…".
G: " Venato…"
V: "E addesso mi dici che devo portarlo a trovare i Bbush, uè, ma ti pare il caso?"
G: "E insomma, ci sono già andati tutti i leadev occidentali... che figuva ci facciamo?".
V: "Che figuva? Ma la solita figura e'mmierda, Giuvà! Ma tu l'hai vista la faccia di Colin, o' consigliere a' difesa, quando ha sentito la proposta di fare un nuovo G8? Ruggierou - m'ha detto - ringrazia il tuo capou da parti mia. I was so fucking sad.. they blow out my office, you know... And then he came, whoa! I just got down on my knees and started to laugh...
G: "Venato..."
V: "Non insistere, Giuvà! Io non so… uno nella mia posizione… mo' mi faccio prendere a torte in faccia davanti ai Bbush… ma tu lo sai da quanto tempo li conosco i Bbush, io? Li conosco dapprima di Binladden! Anzi, capace che gliel'aggio presentato io, Binladden".
G. "Venato, scusa, non potvemmo continuave in inglese? Il tuo accento è vidicolo".
V: "A Giuvà, lo so da me… è per depistare le intercettazioni… Figurati mo' se possono pensare che un ministro degli esteri parli così".
G: "Aaaah… vecchia volpe".
V: "Tu, piuttosto, la tua erre moscia, ma chi ci crede?"
G: "Quella è pev non favsi tvovave da Echelon, cvetino"…
V: "aaaah,dicevo io".
Scusate.
Uno si tira su il morale come può.
Ho sognato che volavo nella notte, libero tra le costellazioni del cielo d'autunno. Ero un satellite artificiale e intercettavo, intercettavo.
Intercettazione del mercoledì 26/09/2001, ore 20.45 (meridiano di Torino). Due persone anziane, dai toni distinti. Si identificano a vicenda come "Giuvà" e "Venato".
VENATO: "Giuvà, io qui mi dimetto".
GIUVA': "Venato, suvvia… non mi sembva né il tempo né il luogo".
V: "Aeeeh… parlammoce chiaro, eh, Giuvà? Da quanto dura 'sta storia? Tre mesi? Quattro?"
G: "Contando dal tvedici maggio… fanno 100 giovni giusti giusti".
V: "Ecco. 100 giorni di figure e'mmierda, Giuvà".
G: "E dai, Venato…"
V: "Che venato e venato… io sono un professionista serio, eh? Mi pagate per questo, no?"
G: "E ti paghiamo anche bene".
V: "Mi pagate per tenere quel matto sotto controllo all'estero… chillo è abituato alle conferenze stampa italiane, dove sa già le domande che gli fanno… che tanto sono tutti dipendenti suoi".
G: "Alcuni sono dipendenti miei".
V: "Vabbuò, è la stessa cosa. Giuvà, guarda che io sono disposto a tutto, sai? Vuoi che mi metto o' mantello nero e o'passamontagna'n coppa e vado a parlare coi bleccheblocche? E io ci vado! Non tengo paura io… ho lavorato al WTO, altro che bleccche blocche… ma questo no, no, non è cosa. Chillo è incontrollabbile, hai capito? In-con-trol-lab-bi-le. Non posso voltarmi un attimo che lui…".
G: "Non ti evi semplicemente voltato un attimo, Venato. Fovse eva meglio se lo seguivi a Berlino, invece di fave un salto a New Yovk…"
V: "Ma ero solo andato a salutare Rudolph… con chillo che ha passato, poveretto… 'nu poco di solidarietà per i vecchi amici, no? Ma tu ce l'hai, un cuore, tu?"
G: "Non cvedo".
V: "Però avevo preparato tutto alla perfezione, Giuvà! Il discorso gliel'avevo fatto leggere una decina di volte! Davanti a me, come al collegio. Sapessi che fatica per fargli di' "«Credo che un attacco debba essere molto ponderato e mirato. Chirurgicamente mirato». S'impappinava… però alla fine ha detto bene, no? La lezione la sapeva, o no?"
G: "Sì. L'avevi scvitta tu?"
V: "Noo… era 'na velina da Washington… le fanno personalizzate per tutti i capi dei governi occidentali".
G: "Che ovganizzazione. C'è ancova molto da impavave".
V: "E poi gliel'avevo cantata chiara: a Si', gli avevo detto, niente chiacchierate. Reciti la tua parte e poi zitto, eh? mi raccomando. Sennò poi lo senti, Giuvà. Gli aggio detto anche questo".
G: "Come se a me desse vetta…"
V: "Lo vedi? Lo ammetti anche che è incontrollabbile… adesso poi che è euforico perché si è fatto sospendere le rogatorie… chi lo ferma cchiù…".
G: " Venato…"
V: "E addesso mi dici che devo portarlo a trovare i Bbush, uè, ma ti pare il caso?"
G: "E insomma, ci sono già andati tutti i leadev occidentali... che figuva ci facciamo?".
V: "Che figuva? Ma la solita figura e'mmierda, Giuvà! Ma tu l'hai vista la faccia di Colin, o' consigliere a' difesa, quando ha sentito la proposta di fare un nuovo G8? Ruggierou - m'ha detto - ringrazia il tuo capou da parti mia. I was so fucking sad.. they blow out my office, you know... And then he came, whoa! I just got down on my knees and started to laugh...
G: "Venato..."
V: "Non insistere, Giuvà! Io non so… uno nella mia posizione… mo' mi faccio prendere a torte in faccia davanti ai Bbush… ma tu lo sai da quanto tempo li conosco i Bbush, io? Li conosco dapprima di Binladden! Anzi, capace che gliel'aggio presentato io, Binladden".
G. "Venato, scusa, non potvemmo continuave in inglese? Il tuo accento è vidicolo".
V: "A Giuvà, lo so da me… è per depistare le intercettazioni… Figurati mo' se possono pensare che un ministro degli esteri parli così".
G: "Aaaah… vecchia volpe".
V: "Tu, piuttosto, la tua erre moscia, ma chi ci crede?"
G: "Quella è pev non favsi tvovave da Echelon, cvetino"…
V: "aaaah,dicevo io".
Scusate.
Uno si tira su il morale come può.
mercoledì 26 settembre 2001
Silvio Berlusconi ha esaltato la "superiorità" della "civiltà occidentale" su quella dei Paesi musulmani e ha affermato che l'Occidente è destinato a continuare ad "occidentalizzare e a conquistare i popoli". (CNN)
Ma allora sei un co******! Ma devi proprio farlo capire a tutti che sei un co******?
Ti faccio un quadro della situazione:
C'è un'organizzazione terroristica che ha già dato prova delle sue capacità ridicolizzando i sistemi di difesa della più grande potenza mondiale (gli Stati Uniti).
Esperti del settore giudicano 'possibile', magari anche 'probabile' che questa organizzazione sia in possesso di armi chimiche o batteriologiche. Per ora comunque con il solo uso di qualche cutter e qualche bomba finta hanno abbattuto i due grattacieli più alti di New York e un'ala del Pentagono (il Ministero della Difesa americano).
Non è stato ancora provato, ma gli americani sono convinti che questa organizzazione faccia capo a un ricco nobile saudita rifugiato in Afganistan, Osama bin Laden, già copertosi di gloria nella guerra tra Afganistan e URSS (quando pare fosse spalleggiato dagli USA… ma è un'altra storia).
Bin Laden da parte sua ha respinto gli addebiti, ma ha approfittato della popolarità per lanciare via fax una guerra santa contro "i crociati" – che sarebbero i cristiani.
Esperti del settore giudicano possibili e anche probabili attentati in tutti i Paesi occidentali – Paesi di cultura e civiltà non solo occidentale, ma cristiana.
Ci sono ovviamente Paesi e città che rischiano più di altri: si è già notata una propensione dei terroristi a colpire obiettivi simbolici.
Uno di questi 'obiettivi simbolici' è senz'altro una delle capitali della cristianità: Roma. La residenza papale. E anche la tua residenza attuale, sì, perché tu sei il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, e la capitale d'Italia è Roma. Che "singolare coincidenza", eh?
Concludendo:
Tu, che sono due mesi che pianti grane per spostare dalla capitale un vertice FAO (spaventato dall'eventualità che frantumino qualche vetrina dell'EUR), stai facendo di tutto per attirare su di te e su tutti noi gli irritabilissimi terroristi islamici, che hanno dichiarato guerra santa all'occidente cristiano e che forse dispongono di armi batteriologiche.
Tu – sì proprio tu, coi tuoi discorsi da bar dello sport, siamo i meglio e per gli altri non ce n'è – ti stai rivelando un pericoloso co*****.
Ma allora sei un co******! Ma devi proprio farlo capire a tutti che sei un co******?
Ti faccio un quadro della situazione:
C'è un'organizzazione terroristica che ha già dato prova delle sue capacità ridicolizzando i sistemi di difesa della più grande potenza mondiale (gli Stati Uniti).
Esperti del settore giudicano 'possibile', magari anche 'probabile' che questa organizzazione sia in possesso di armi chimiche o batteriologiche. Per ora comunque con il solo uso di qualche cutter e qualche bomba finta hanno abbattuto i due grattacieli più alti di New York e un'ala del Pentagono (il Ministero della Difesa americano).
Non è stato ancora provato, ma gli americani sono convinti che questa organizzazione faccia capo a un ricco nobile saudita rifugiato in Afganistan, Osama bin Laden, già copertosi di gloria nella guerra tra Afganistan e URSS (quando pare fosse spalleggiato dagli USA… ma è un'altra storia).
Bin Laden da parte sua ha respinto gli addebiti, ma ha approfittato della popolarità per lanciare via fax una guerra santa contro "i crociati" – che sarebbero i cristiani.
Esperti del settore giudicano possibili e anche probabili attentati in tutti i Paesi occidentali – Paesi di cultura e civiltà non solo occidentale, ma cristiana.
Ci sono ovviamente Paesi e città che rischiano più di altri: si è già notata una propensione dei terroristi a colpire obiettivi simbolici.
Uno di questi 'obiettivi simbolici' è senz'altro una delle capitali della cristianità: Roma. La residenza papale. E anche la tua residenza attuale, sì, perché tu sei il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, e la capitale d'Italia è Roma. Che "singolare coincidenza", eh?
Concludendo:
Tu, che sono due mesi che pianti grane per spostare dalla capitale un vertice FAO (spaventato dall'eventualità che frantumino qualche vetrina dell'EUR), stai facendo di tutto per attirare su di te e su tutti noi gli irritabilissimi terroristi islamici, che hanno dichiarato guerra santa all'occidente cristiano e che forse dispongono di armi batteriologiche.
Tu – sì proprio tu, coi tuoi discorsi da bar dello sport, siamo i meglio e per gli altri non ce n'è – ti stai rivelando un pericoloso co*****.
martedì 25 settembre 2001
Era da un po' di tempo che non davo un'occhiata a Diario.
Male, molto male.
Lo apro e in un colpo solo ci trovo:
- L'articolo definitivo sull'affaire Milingo-Moon, che ridimensiona notevolmente la 'chiesa munista' (le trattative con la fiat, per esempio, erano solo un bidone), ma allo stesso tempo la ricollega alla CIA e alla famiglia Bush.
- Un bell'articolo sul "primo giorno di scuola alle Diaz". Dove finalmente si spiega la differenza tra la scuola Diaz, la Pertini e la Pascoli: tre nomi per due edifici, una confusione terminologica che pesa un po' su tutti i resoconti genovesi, e soprattutto il mio.
Lì si riporta anche un dettaglio a cui mi pare non sia stato dato giusto risalto: ricordate la mazza e i picconi che furono mostrati in questura il giorno dopo l'irruzione? Non erano solo un trofeo, erano la prova che il Genoa Social Forum "copriva i violenti".
Beh la ditta che stava ristrutturando gli edifici ha chiesto alla polizia se quella mazza e quel piccone glieli ridanno indietro, grazie.
- L'articolo più esauriente sui primi 80 giorni del governo Berlusconi, spesi soprattutto (dati alla mano) a risolvere a colpi di decreti i propri problemi giudiziari. È agghiacciante, ed è di venti giorni fa! Nel frattempo cosa sarà successo? (Niente di soprendente. Per esempio: Tremonti ha offerto agli evasori italiani che trasportano capitali all'estero di reciclare tutto in BOT).
Ora, il problema non è neanche più Berlusconi: lo abbiamo eletto e ce lo teniamo. Ma le scappatoie legali escogitate dai suoi avvocati, promossi a legislatori, funzionano anche per i malandrini qualsiasi, quelli che fanno falsi al bilancio o esportano capitali all'estero senza che nessuna maggioranza d'italiani li abbia votati!
A questo punto che Nando Dalla Chiesa, senatore, ha annunciato la presentazione di una proposta di legge di un solo articolo, più o meno così
il presidente del Consiglio e dieci persone da lui nominate sono esenti dal rispetto del codice penale
Potrebbe essere un'idea per le campagne d'autunno: Depenalizziamo Berlusconi!
Più vado avanti, più mi convinco che Diario è una gran bella rivista.
Quasi quasi - uno di questi giorni, chissà - vado in edicola e la compro.
Male, molto male.
Lo apro e in un colpo solo ci trovo:
- L'articolo definitivo sull'affaire Milingo-Moon, che ridimensiona notevolmente la 'chiesa munista' (le trattative con la fiat, per esempio, erano solo un bidone), ma allo stesso tempo la ricollega alla CIA e alla famiglia Bush.
- Un bell'articolo sul "primo giorno di scuola alle Diaz". Dove finalmente si spiega la differenza tra la scuola Diaz, la Pertini e la Pascoli: tre nomi per due edifici, una confusione terminologica che pesa un po' su tutti i resoconti genovesi, e soprattutto il mio.
Lì si riporta anche un dettaglio a cui mi pare non sia stato dato giusto risalto: ricordate la mazza e i picconi che furono mostrati in questura il giorno dopo l'irruzione? Non erano solo un trofeo, erano la prova che il Genoa Social Forum "copriva i violenti".
Beh la ditta che stava ristrutturando gli edifici ha chiesto alla polizia se quella mazza e quel piccone glieli ridanno indietro, grazie.
- L'articolo più esauriente sui primi 80 giorni del governo Berlusconi, spesi soprattutto (dati alla mano) a risolvere a colpi di decreti i propri problemi giudiziari. È agghiacciante, ed è di venti giorni fa! Nel frattempo cosa sarà successo? (Niente di soprendente. Per esempio: Tremonti ha offerto agli evasori italiani che trasportano capitali all'estero di reciclare tutto in BOT).
Ora, il problema non è neanche più Berlusconi: lo abbiamo eletto e ce lo teniamo. Ma le scappatoie legali escogitate dai suoi avvocati, promossi a legislatori, funzionano anche per i malandrini qualsiasi, quelli che fanno falsi al bilancio o esportano capitali all'estero senza che nessuna maggioranza d'italiani li abbia votati!
A questo punto che Nando Dalla Chiesa, senatore, ha annunciato la presentazione di una proposta di legge di un solo articolo, più o meno così
il presidente del Consiglio e dieci persone da lui nominate sono esenti dal rispetto del codice penale
Potrebbe essere un'idea per le campagne d'autunno: Depenalizziamo Berlusconi!
Più vado avanti, più mi convinco che Diario è una gran bella rivista.
Quasi quasi - uno di questi giorni, chissà - vado in edicola e la compro.
lunedì 24 settembre 2001
Lo metto qui perché voglio che passi alla Storia:
L'altro giorno ho scritto su una busta l'indirizzo più lungo della mia vita:
All'attenzione del dott. XXX YXXXX
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali
Ufficio V - politiche giovanili
Via Veneto 56
00187 Roma
E poi dicono che sono logorroico io... ma è la vita.
Sono un cliccatore, e ci tengo: per me copiare un antiquato indirizzo analogico su un antiquato pezzo di carta è già un'umiliazione. Ogni volta che mi reco in un ufficio postale e copio tre volte lo stesso indirizzo per ottenere una misera ricevuta di ritorno mi sorprendo a pensare che ben presto questo mondo analogico finirà, spianeranno quell'ufficio e ci faranno un internetcafè, e i dipendenti non troveranno altro lavoro che in certe miniere di sale.
Però un indirizzo così lungo è quasi un trofeo. Improvvisamente mi sono sentito più importante. Ho una vertenza con un ministero, io. Anzi, con vari ministeri, perché si trascina da tre anni e sono cambiati tre governi. E ogni volta si cambia ufficio, denominazione, indirizzo (sempre in Via Veneto, però). Ma io resto sempre lì, a chiedere soldi.
In sostanza si tratta di un documento che devo mandare. Ogni volta la formula non va bene, mi telefona una ragazza gentile e mi detta la formula giusta. Il problema è che... mi vergogno un po' a dirglielo, insomma... sarà che abbiamo accenti diversi... o che si mangia un poco le parole... io mi faccio ripetere le formule un paio di volte... prendo nota... niente da fare.
Ieri riordinando la mia cameretta riflettevo. Per non essere nessuno, io, sarò socio di almeno cinque-sei associazioni e presidente di una. E poi lavoro, faccio concorsi, pago bollette, ricevo gli estratti di tre conti diversi (più le lettere minatorie di una banca francese incazzata perché non ho mai chiuso il mio conto). Tutto questo si concreta in una marea di fogli e documenti e buste che non ho neanche più il coraggio di aprire, né di buttare via.
E quando provo a dare un'occhiata, tra abbozzi di poesie scarabocchiate, appunti per un comunicato o per uno statuto o qualcosaltro, numeri di telefono di chissachì, ogni tanto m'imbatto in una copia della famosa dichiarazione. "Chissà", mi dico, "magari è quella giusta". In giro devo averne decine, ognuna è diversa dall'altra in un punto o una virgola.
Tutto questo perché sono timido e non ho mai avuto il coraggio di prendere il telefono, chiamare il ministero e dire: Signorina, scusi, ma lei ce l'ha internet? Perché non mi manda un'e-mail e buonanotte?
L'altro giorno ho scritto su una busta l'indirizzo più lungo della mia vita:
All'attenzione del dott. XXX YXXXX
Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali
Ufficio V - politiche giovanili
Via Veneto 56
00187 Roma
E poi dicono che sono logorroico io... ma è la vita.
Sono un cliccatore, e ci tengo: per me copiare un antiquato indirizzo analogico su un antiquato pezzo di carta è già un'umiliazione. Ogni volta che mi reco in un ufficio postale e copio tre volte lo stesso indirizzo per ottenere una misera ricevuta di ritorno mi sorprendo a pensare che ben presto questo mondo analogico finirà, spianeranno quell'ufficio e ci faranno un internetcafè, e i dipendenti non troveranno altro lavoro che in certe miniere di sale.
Però un indirizzo così lungo è quasi un trofeo. Improvvisamente mi sono sentito più importante. Ho una vertenza con un ministero, io. Anzi, con vari ministeri, perché si trascina da tre anni e sono cambiati tre governi. E ogni volta si cambia ufficio, denominazione, indirizzo (sempre in Via Veneto, però). Ma io resto sempre lì, a chiedere soldi.
In sostanza si tratta di un documento che devo mandare. Ogni volta la formula non va bene, mi telefona una ragazza gentile e mi detta la formula giusta. Il problema è che... mi vergogno un po' a dirglielo, insomma... sarà che abbiamo accenti diversi... o che si mangia un poco le parole... io mi faccio ripetere le formule un paio di volte... prendo nota... niente da fare.
Ieri riordinando la mia cameretta riflettevo. Per non essere nessuno, io, sarò socio di almeno cinque-sei associazioni e presidente di una. E poi lavoro, faccio concorsi, pago bollette, ricevo gli estratti di tre conti diversi (più le lettere minatorie di una banca francese incazzata perché non ho mai chiuso il mio conto). Tutto questo si concreta in una marea di fogli e documenti e buste che non ho neanche più il coraggio di aprire, né di buttare via.
E quando provo a dare un'occhiata, tra abbozzi di poesie scarabocchiate, appunti per un comunicato o per uno statuto o qualcosaltro, numeri di telefono di chissachì, ogni tanto m'imbatto in una copia della famosa dichiarazione. "Chissà", mi dico, "magari è quella giusta". In giro devo averne decine, ognuna è diversa dall'altra in un punto o una virgola.
Tutto questo perché sono timido e non ho mai avuto il coraggio di prendere il telefono, chiamare il ministero e dire: Signorina, scusi, ma lei ce l'ha internet? Perché non mi manda un'e-mail e buonanotte?
venerdì 21 settembre 2001
È già su vita, su attac modena, su molilli… ma mettiamolo anche qui.
Disarmiamo il terrore
Migliaia di persone sono rimaste barbaramente uccise negli attentati di New York e di Washington. Gli attentatori e chi si nasconde dietro la loro organizzazione sono nostri nemici. Esprimiamo sincero dolore per le vittime ed incondizionata solidarietà alla popolazione colpita. Siamo con loro. Perciò desideriamo che i criminali siano individuati e consegnati alla giustizia. Non sappiamo chi siano e non sappiamo perché abbiano ucciso, ma crediamo che chiunque senta l'angoscia del lutto abbia il dovere di porsi queste domande senza dare risposte affrettate. Lo si deve ai morti e a chi hanno lasciato. Lo si deve sempre a tutti i cittadini del mondo, contro chi li terrorizza e li uccide. Contro il circolo vizioso del terrorismo e delle rappresaglie.
Vogliamo disarmare il terrore. Quello delle organizzazioni terroristiche, di chi le arma e delle banche in cui depositano i loro capitali. Il terrore dei governi antidemocratici e integralisti e quello delle strategie geopolitiche che li insediano. Il terrore delle disuguaglianze, degli embarghi, delle cosiddette 'guerre umanitarie'. Il terrore dei dirottamenti e quello del riarmo.
Crediamo che il terrorismo cresca dove la disperazione ha preso il posto della politica. Crediamo che la rappresaglia militare sia un'arma da sottrarre alla sua forza di propaganda e di consenso. E siamo più che mai convinti che per disarmare il terrore sia indispensabile disarmare i mercati, porre un freno alla dittatura internazionale della grande finanza, di qualunque bin Laden o di qualunque consorzio petrolifero che, come nel caso dell'Unocal americano, contribuisca all'ascesa dei talebani per motivi di opportunità economica.
Non vogliamo più attentati e tenteremo di disarmare chiunque abbia una responsabilità più o meno diretta nel circuito di violenze e di interessi che ha condotto alle stragi dell'11 settembre. Lo faremo studiando e informando, è il nostro modo di portare il lutto. Lo facciamo chiedendo più forza e più democrazia per l'Onu e proponendo - qualora venissero arrestati - di consegnare i nemici dell'umanità a una Corte Penale Internazionale.
Siamo l'espressione di una coscienza politica e civile che tra Porto Alegre e Genova ha costruito la sua nuova geografia. Quelli convinti che un mondo migliore sia possibile.
Attac Modena
Un grazie al nostro piccolo, valoroso timoniere, che alla fine di tanta riunione invece d'intanarsi in birreria o riaccompagnare a casa le attiviste più carine, è tornato a casa, ha aperto il suo portatile e ha buttato giù la prima bozza.
(Io intanto riaccompagnavo a casa un'attivista, mi slanciavo invano su di lei, e poi andavo al Parigi2 a vantarmi cogli amici).
Stasera - ore 21 alla libreria della Festa dell'Unità, se qualcuno vuole venire – devo far presenza a un reading di poesia di Alberto Bertoni e poi prendere un treno per Napoli.
Spero che me la cavo.
Disarmiamo il terrore
Migliaia di persone sono rimaste barbaramente uccise negli attentati di New York e di Washington. Gli attentatori e chi si nasconde dietro la loro organizzazione sono nostri nemici. Esprimiamo sincero dolore per le vittime ed incondizionata solidarietà alla popolazione colpita. Siamo con loro. Perciò desideriamo che i criminali siano individuati e consegnati alla giustizia. Non sappiamo chi siano e non sappiamo perché abbiano ucciso, ma crediamo che chiunque senta l'angoscia del lutto abbia il dovere di porsi queste domande senza dare risposte affrettate. Lo si deve ai morti e a chi hanno lasciato. Lo si deve sempre a tutti i cittadini del mondo, contro chi li terrorizza e li uccide. Contro il circolo vizioso del terrorismo e delle rappresaglie.
Vogliamo disarmare il terrore. Quello delle organizzazioni terroristiche, di chi le arma e delle banche in cui depositano i loro capitali. Il terrore dei governi antidemocratici e integralisti e quello delle strategie geopolitiche che li insediano. Il terrore delle disuguaglianze, degli embarghi, delle cosiddette 'guerre umanitarie'. Il terrore dei dirottamenti e quello del riarmo.
Crediamo che il terrorismo cresca dove la disperazione ha preso il posto della politica. Crediamo che la rappresaglia militare sia un'arma da sottrarre alla sua forza di propaganda e di consenso. E siamo più che mai convinti che per disarmare il terrore sia indispensabile disarmare i mercati, porre un freno alla dittatura internazionale della grande finanza, di qualunque bin Laden o di qualunque consorzio petrolifero che, come nel caso dell'Unocal americano, contribuisca all'ascesa dei talebani per motivi di opportunità economica.
Non vogliamo più attentati e tenteremo di disarmare chiunque abbia una responsabilità più o meno diretta nel circuito di violenze e di interessi che ha condotto alle stragi dell'11 settembre. Lo faremo studiando e informando, è il nostro modo di portare il lutto. Lo facciamo chiedendo più forza e più democrazia per l'Onu e proponendo - qualora venissero arrestati - di consegnare i nemici dell'umanità a una Corte Penale Internazionale.
Siamo l'espressione di una coscienza politica e civile che tra Porto Alegre e Genova ha costruito la sua nuova geografia. Quelli convinti che un mondo migliore sia possibile.
Attac Modena
Un grazie al nostro piccolo, valoroso timoniere, che alla fine di tanta riunione invece d'intanarsi in birreria o riaccompagnare a casa le attiviste più carine, è tornato a casa, ha aperto il suo portatile e ha buttato giù la prima bozza.
(Io intanto riaccompagnavo a casa un'attivista, mi slanciavo invano su di lei, e poi andavo al Parigi2 a vantarmi cogli amici).
Stasera - ore 21 alla libreria della Festa dell'Unità, se qualcuno vuole venire – devo far presenza a un reading di poesia di Alberto Bertoni e poi prendere un treno per Napoli.
Spero che me la cavo.
giovedì 20 settembre 2001
Where it had been left
hundreds of years ago
extract from the depth
is but a setting sun
The free design
No, vi siete sbagliati, io non faccio bombe al plastico.
Molti anni fa, è vero, aiutai mio cugino a realizzare una bottiglia *olotov, così, tanto per provare. Quando cresci in un'officina la benzina fa parte dei tuoi divertimenti. Però non credo che la tirammo, a differenza di D'Alema. Comunque è stato nell''87… o nell''88… sabato mio cugino si è sposato e queste cose non se le ricorda più. Io non v'ho detto niente.
Non sono neanche un anarchico, anche se nei circoli anarchici puoi stare sbracato e la birra costa veramente poco. Io comunque per ribadire che non sono anarchico, ma neanche un po', tiro sempre a scroccare le patatine.
Chiedo scusa, mi rendo conto che questo ormai è un blog importante… ci trovi informazioni su bin *aden e blecblòc… ma posso farmi un poco i fatti miei, un giorno almeno? O risulto invadente?
Guardate che io non passo mica i miei giorni a pensare al terrorismo e a Berlusconi. Io in fondo sono un ragazzo alla buona, che si diverte con poco.
Per esempio, negli ultimi giorni ho dovuto cambiare il frigo; nel frattempo però tutti i tubi del lavello in cucina hanno iniziato a perdere (seguendo l'esempio del bidè e della caldaia) e la padrona ha detto che dobbiamo pagare noi; la polstradale mi ha fatto il battesimo dell'autovelox: dalla disperazione mi sono distratto, ho infilato una corsia preferenziale al termine della quale mi ha fermato un vigile che voleva dirmi: siamo bravi anche noi a dare le multe, cosa credi? La ragazza mi ha preso e scaricato, la mia collega si è licenziata, il mio capo sta facendo causa al mio boss, la festa del lambrusco di Sorbara è stato un fiasco perché pioveva, e… che altro c'è…
Beh, ci sono stati gli Stereolab. A Modena, ieri sera.
L'unica cosa che mi fa ogni anno desiderare che venga autunno, che piova e che sia tempo di metter su cobra and phases group play voltage in the milky night.
Forse un giorno qualcuno si renderà conto che è stato il migliore album… non so… degli anni '90… degli anni '00… del secolo… che importa. Lo so io e mi basta.
some held it in sight
for scattered it may have been
they're ready to fight
in a priceless inkling
the request is here
ready to resurrect
what else can we do but recover the project
Gli Stereolab fanno musica come gli riesce, e non hanno l'aria di voler dare lezioni a nessuno. Pure, potrebbero insegnare che si può fare 'jazz' suonando un solo accordo di seguito per 5 minuti; che si può fare 'elettronica' con un equipaggiamento rigorosamente analogico (compionatori anni '70, chitarre graffiate e scheggiate, marimbe e tromboni); che si può innovare e inventare per dieci anni di seguito senza riuscire a essere né alla moda né fuori. Che, insomma, uno può fare assolutamente quello che gli pare. Basta non aspettarsi nient'altro che la gioia di farlo. La libertà secondo me consiste in questo.
Dopodiché si allaghi pure il bagno e la cucina, si appostino i vigili, venga la stagione dei rincari alle bollette, non m'interessa. Ho il mio angolo di libertà, sono felice.
our earthly design
can we be so detached
what crushes our desire
not to be trapped?
(The free design)
hundreds of years ago
extract from the depth
is but a setting sun
The free design
No, vi siete sbagliati, io non faccio bombe al plastico.
Molti anni fa, è vero, aiutai mio cugino a realizzare una bottiglia *olotov, così, tanto per provare. Quando cresci in un'officina la benzina fa parte dei tuoi divertimenti. Però non credo che la tirammo, a differenza di D'Alema. Comunque è stato nell''87… o nell''88… sabato mio cugino si è sposato e queste cose non se le ricorda più. Io non v'ho detto niente.
Non sono neanche un anarchico, anche se nei circoli anarchici puoi stare sbracato e la birra costa veramente poco. Io comunque per ribadire che non sono anarchico, ma neanche un po', tiro sempre a scroccare le patatine.
Chiedo scusa, mi rendo conto che questo ormai è un blog importante… ci trovi informazioni su bin *aden e blecblòc… ma posso farmi un poco i fatti miei, un giorno almeno? O risulto invadente?
Guardate che io non passo mica i miei giorni a pensare al terrorismo e a Berlusconi. Io in fondo sono un ragazzo alla buona, che si diverte con poco.
Per esempio, negli ultimi giorni ho dovuto cambiare il frigo; nel frattempo però tutti i tubi del lavello in cucina hanno iniziato a perdere (seguendo l'esempio del bidè e della caldaia) e la padrona ha detto che dobbiamo pagare noi; la polstradale mi ha fatto il battesimo dell'autovelox: dalla disperazione mi sono distratto, ho infilato una corsia preferenziale al termine della quale mi ha fermato un vigile che voleva dirmi: siamo bravi anche noi a dare le multe, cosa credi? La ragazza mi ha preso e scaricato, la mia collega si è licenziata, il mio capo sta facendo causa al mio boss, la festa del lambrusco di Sorbara è stato un fiasco perché pioveva, e… che altro c'è…
Beh, ci sono stati gli Stereolab. A Modena, ieri sera.
L'unica cosa che mi fa ogni anno desiderare che venga autunno, che piova e che sia tempo di metter su cobra and phases group play voltage in the milky night.
Forse un giorno qualcuno si renderà conto che è stato il migliore album… non so… degli anni '90… degli anni '00… del secolo… che importa. Lo so io e mi basta.
some held it in sight
for scattered it may have been
they're ready to fight
in a priceless inkling
the request is here
ready to resurrect
what else can we do but recover the project
Gli Stereolab fanno musica come gli riesce, e non hanno l'aria di voler dare lezioni a nessuno. Pure, potrebbero insegnare che si può fare 'jazz' suonando un solo accordo di seguito per 5 minuti; che si può fare 'elettronica' con un equipaggiamento rigorosamente analogico (compionatori anni '70, chitarre graffiate e scheggiate, marimbe e tromboni); che si può innovare e inventare per dieci anni di seguito senza riuscire a essere né alla moda né fuori. Che, insomma, uno può fare assolutamente quello che gli pare. Basta non aspettarsi nient'altro che la gioia di farlo. La libertà secondo me consiste in questo.
Dopodiché si allaghi pure il bagno e la cucina, si appostino i vigili, venga la stagione dei rincari alle bollette, non m'interessa. Ho il mio angolo di libertà, sono felice.
our earthly design
can we be so detached
what crushes our desire
not to be trapped?
(The free design)
mercoledì 19 settembre 2001
Y a pas de soupçons, et pourtant ils existent;
Et s'il faut commencer par les coups d'pieds au cul…
Tu intanto sgombera
Uno sente dire: stanno sgomberando i circoli anarchici. Ma quali? Ce n'era uno nuovo in città e non si sapeva. Ma è uno sgombero generale, nazionale: a sentire D'Ambrosio non c'entra col "Giro di Vite" contro il terrorismo internazionale (quello che ci costerà cinquecento miliardi), e nemmeno con le inchieste anti G8: parte tutto dalle bombe nelle chiese di Milano dello scorso inverno.
Il mattino dopo la civetta della Gazzetta tira fuori il G8, senza mezzi termini: "piani anti g8" trovati da qualche parte. Dove? Sul sito della Gazzetta non se ne parla. Su quello del Carlino nemmeno.
C'è invece questo articolo interessante:
Blitz contro gli anarchici
Un'équipe di ricercatori dell'università di Modena e Reggio, coordinata dal professor Antonello Pietrangelo (nella foto), ha annunciato di aver scoperto il gene responsabile di una particolare forma di emocromatosi. La malattia (ereditaria) porta a un eccessivo assorbimento di ferro da parte dell'intestino, con conseguente accumulo di questo metallo in altri organi e tessuti, come fegato, pancreas e cuore.
Servizio a pag. VII
"Ma che c'entrano gli anarchici con l'emocromatosi", uno dice.
Ingenuo. Gli anarchici qualcosa c'entrano, sempre.
Scusate se ci scherzo su, ma è più forte di me, gli errori degli altri mi fanno ridere. E poi è il classico lapsus… gli anarchici sono un po' come la moglie del proverbio: tu picchiala, magari non sai il perché, ma lei sì.
Così gli anarchici: intanto sgomberiamoli, vedrai che poi, una volta dentro, qualche motivo per farlo lo troviamo.
Per esempio: chi ha detto che non siano poi veramente implicati nella faccenda dell'emocromatosi...
Anche nel vero articolo del Carlino non si trova più traccia di "piani anti g8". Si dice pur sempre che Alcune delle persone coinvolte in queste perquisizioni hanno anche partecipato alle manifestazioni a Genova nel corso del G8.
Bella forza, a Genova c'ero anch'io – e altre due, trecentomila persone.
Questo non fa di me un sospetto, spero…
…Faudrait pas s'oublier:
Ça descend dans la rue,
Les anarchistes
Léo Ferré, Les anarchistes (Avrò scritto bene?)
Et s'il faut commencer par les coups d'pieds au cul…
Tu intanto sgombera
Uno sente dire: stanno sgomberando i circoli anarchici. Ma quali? Ce n'era uno nuovo in città e non si sapeva. Ma è uno sgombero generale, nazionale: a sentire D'Ambrosio non c'entra col "Giro di Vite" contro il terrorismo internazionale (quello che ci costerà cinquecento miliardi), e nemmeno con le inchieste anti G8: parte tutto dalle bombe nelle chiese di Milano dello scorso inverno.
Il mattino dopo la civetta della Gazzetta tira fuori il G8, senza mezzi termini: "piani anti g8" trovati da qualche parte. Dove? Sul sito della Gazzetta non se ne parla. Su quello del Carlino nemmeno.
C'è invece questo articolo interessante:
Blitz contro gli anarchici
Un'équipe di ricercatori dell'università di Modena e Reggio, coordinata dal professor Antonello Pietrangelo (nella foto), ha annunciato di aver scoperto il gene responsabile di una particolare forma di emocromatosi. La malattia (ereditaria) porta a un eccessivo assorbimento di ferro da parte dell'intestino, con conseguente accumulo di questo metallo in altri organi e tessuti, come fegato, pancreas e cuore.
Servizio a pag. VII
"Ma che c'entrano gli anarchici con l'emocromatosi", uno dice.
Ingenuo. Gli anarchici qualcosa c'entrano, sempre.
Scusate se ci scherzo su, ma è più forte di me, gli errori degli altri mi fanno ridere. E poi è il classico lapsus… gli anarchici sono un po' come la moglie del proverbio: tu picchiala, magari non sai il perché, ma lei sì.
Così gli anarchici: intanto sgomberiamoli, vedrai che poi, una volta dentro, qualche motivo per farlo lo troviamo.
Per esempio: chi ha detto che non siano poi veramente implicati nella faccenda dell'emocromatosi...
Anche nel vero articolo del Carlino non si trova più traccia di "piani anti g8". Si dice pur sempre che Alcune delle persone coinvolte in queste perquisizioni hanno anche partecipato alle manifestazioni a Genova nel corso del G8.
Bella forza, a Genova c'ero anch'io – e altre due, trecentomila persone.
Questo non fa di me un sospetto, spero…
…Faudrait pas s'oublier:
Ça descend dans la rue,
Les anarchistes
Léo Ferré, Les anarchistes (Avrò scritto bene?)
martedì 18 settembre 2001
Il costo della vita (continua da ieri)
Gli inconvenienti di una Vita Umana supervalutata sono evidenti, dicevo, soprattutto in caso di guerre.
Tra gli anni '60 e '70 del secolo ormai scorso il Valore della Vita Occidentale ha probabilmente doppiato la curva esponenziale. Gli USA erano in guerra già da diversi anni contro il Vietnam quando, improvvisamente, dare la Vita per la propria Patria divenne, per i giovani cittadini USA, intollerabile. La loro Vita cominciava a valere troppo– specie in rapporto a quella dei piccoli Vietkong che morivano come mosche. Gli USA si ritirarono dal Vietnam perché il prezzo in Vite Umane era troppo alto. E da allora non sono più riusciti a combattere una guerra che fosse realmente tale. Le truppe di terra sono intervenute soltanto quando la sproporzione col nemico era tale da non poter veramente impensierire (Granada, Panama, per certi versi anche Somalia e Mozambico); quando invece il nemico aveva un esercito vero e proprio, USA e NATO hanno sostituito la guerra con la cosiddetta "operazione chirurgica": tonnellate di tritolo su Iraq e Serbia.
Non è mancato a noi occidentali 'illuminati' il tempo di criticare la viltà di queste operazioni. Ma anche manifestando contro i bombardamenti non mancavamo mai di proclamare che mai e poi mai saremmo andati in guerra contro serbi e iracheni. Ribadivamo in questo modo che le nostre Vite Umane valevano troppo: che non potevano essere spese per sollevare un Saddam Hussein o un Milosevic. Che si sollevassero da soli, i tiranni. Noi non avremmo dato un capello. (Anche se, naturalmente, eravamo tutti solidali con le povere Vite di curdi o cossovari).
Vorrei chiedere un esercizio di fantasia, sia ai miei amici sempre e comunque nonviolenti, sia a chi considera gli USA il baluardo della democrazia e della civiltà.
8 settembre 1943: l'Italia è nel caos. Il re fugge, Mussolini liberato dai tedeschi diventa il capo di uno stato fantoccio. I giovani italiani, cresciuti nella retorica del Ventennio, devono decidere da che parte stare. E a questo punto gli Alleati… bombardano l'Italia al tappeto, senza risparmiare ospedali, né ambasciate, né siti archeologici, nulla, per tre, quattro, sei mesi: poi, quando l'Italia è allo sfascio, negoziano una resa con lo stesso Mussolini, negandogli comunque qualsiasi tipo di aiuto economico, anzi stringendolo in un embargo internazionale, in attesa che il dittatore passi a miglior vita o si rovesci da solo.
Potete immaginare uno scenario simile? Bene, è quello che noi, Alleanza Atlantica, abbiamo fatto in Iraq e in Serbia. In teoria ci battevamo contro una tirannia, non contro un popolo: ma abbiamo preferito lasciare i tiranni ai loro posto e massacrare il popolo dall'alto, perché sapevamo che questo ci sarebbe moltissimo meno in termini di Vite Umane (Occidentali). E abbiamo lasciato curdi e cossovari in ostaggio dei tiranni e dei loro eserciti inferociti.
Le guerre degli anni Novanta sono state terribili. Ma noi Occidentali – che pure le abbiamo combattute – non ci siamo accorti di nulla. Nel frattempo il costo della Vita Umana in certe regioni del mondo precipitava. Oggi una vita afgana, o palestinese, vale veramente poco. Oggi a un giovane del Sud del mondo, con una speranza di vita ridicola, cresciuto nella dittatura, nella povertà, nell'ignoranza, nel fanatismo, costa relativamente poco arruolarsi nella Jihad come kamikaze. Costa una Vita: la sua. Ben poca cosa. I kamikaze abbondano quando e dove la Vita non costa più nulla.
E siamo a oggi. Bush ha dichiarato guerra contro il "Male", anche da parte nostra, a quanto pare. Non sappiamo ancora che tipo di guerra sarà (ribadiamo comunque la nostra scarsa attitudine a marciare e a sparare contro altre Vite Umane, per quanto poco possano valere). Speriamo tuttavia che non si tratti dell'ennesima vigliacca 'operazione chirurgica', che farebbe precipitare ancora di più il valore della Vita in una regione del globo, contribuendo così a creare migliaia di potenziali kamikaze.
Certe dichiarazioni dell'entourage della Casa Bianca ("sarà una guerra lunga"…) fanno ben sperare. Se gli americani sono convinti che il loro nemico è Bin Laden, o l'intero Afganistan, paghino il loro prezzo in Vite Umane, rovescino l'inumana dittatura dei talebani, arrestino Bin Laden. E se hanno bisogno dell'aiuto degli alleati, ci chiedano un prezzo in vite umane: vedremo poi noi, italiani, ed europei, se siamo ancora così entusiasti di far parte della Nato.
Le guerre sono cose veramente orribili. Specie se si mandano i missili a combatterle in vece nostra. Ma noi, che siamo cittadini di una Repubblica, abbiamo il dovere di ricordarci che non lo siamo diventati gratis: che migliaia di Vite Umane, di italiani, americani, inglesi… sono state spese affinché noi potessimo nascere liberi. E oggi la nostra vita vale così tanto anche per questo. Non scordiamolo. Non facciamo finta di niente.
Gli inconvenienti di una Vita Umana supervalutata sono evidenti, dicevo, soprattutto in caso di guerre.
Tra gli anni '60 e '70 del secolo ormai scorso il Valore della Vita Occidentale ha probabilmente doppiato la curva esponenziale. Gli USA erano in guerra già da diversi anni contro il Vietnam quando, improvvisamente, dare la Vita per la propria Patria divenne, per i giovani cittadini USA, intollerabile. La loro Vita cominciava a valere troppo– specie in rapporto a quella dei piccoli Vietkong che morivano come mosche. Gli USA si ritirarono dal Vietnam perché il prezzo in Vite Umane era troppo alto. E da allora non sono più riusciti a combattere una guerra che fosse realmente tale. Le truppe di terra sono intervenute soltanto quando la sproporzione col nemico era tale da non poter veramente impensierire (Granada, Panama, per certi versi anche Somalia e Mozambico); quando invece il nemico aveva un esercito vero e proprio, USA e NATO hanno sostituito la guerra con la cosiddetta "operazione chirurgica": tonnellate di tritolo su Iraq e Serbia.
Non è mancato a noi occidentali 'illuminati' il tempo di criticare la viltà di queste operazioni. Ma anche manifestando contro i bombardamenti non mancavamo mai di proclamare che mai e poi mai saremmo andati in guerra contro serbi e iracheni. Ribadivamo in questo modo che le nostre Vite Umane valevano troppo: che non potevano essere spese per sollevare un Saddam Hussein o un Milosevic. Che si sollevassero da soli, i tiranni. Noi non avremmo dato un capello. (Anche se, naturalmente, eravamo tutti solidali con le povere Vite di curdi o cossovari).
Vorrei chiedere un esercizio di fantasia, sia ai miei amici sempre e comunque nonviolenti, sia a chi considera gli USA il baluardo della democrazia e della civiltà.
8 settembre 1943: l'Italia è nel caos. Il re fugge, Mussolini liberato dai tedeschi diventa il capo di uno stato fantoccio. I giovani italiani, cresciuti nella retorica del Ventennio, devono decidere da che parte stare. E a questo punto gli Alleati… bombardano l'Italia al tappeto, senza risparmiare ospedali, né ambasciate, né siti archeologici, nulla, per tre, quattro, sei mesi: poi, quando l'Italia è allo sfascio, negoziano una resa con lo stesso Mussolini, negandogli comunque qualsiasi tipo di aiuto economico, anzi stringendolo in un embargo internazionale, in attesa che il dittatore passi a miglior vita o si rovesci da solo.
Potete immaginare uno scenario simile? Bene, è quello che noi, Alleanza Atlantica, abbiamo fatto in Iraq e in Serbia. In teoria ci battevamo contro una tirannia, non contro un popolo: ma abbiamo preferito lasciare i tiranni ai loro posto e massacrare il popolo dall'alto, perché sapevamo che questo ci sarebbe moltissimo meno in termini di Vite Umane (Occidentali). E abbiamo lasciato curdi e cossovari in ostaggio dei tiranni e dei loro eserciti inferociti.
Le guerre degli anni Novanta sono state terribili. Ma noi Occidentali – che pure le abbiamo combattute – non ci siamo accorti di nulla. Nel frattempo il costo della Vita Umana in certe regioni del mondo precipitava. Oggi una vita afgana, o palestinese, vale veramente poco. Oggi a un giovane del Sud del mondo, con una speranza di vita ridicola, cresciuto nella dittatura, nella povertà, nell'ignoranza, nel fanatismo, costa relativamente poco arruolarsi nella Jihad come kamikaze. Costa una Vita: la sua. Ben poca cosa. I kamikaze abbondano quando e dove la Vita non costa più nulla.
E siamo a oggi. Bush ha dichiarato guerra contro il "Male", anche da parte nostra, a quanto pare. Non sappiamo ancora che tipo di guerra sarà (ribadiamo comunque la nostra scarsa attitudine a marciare e a sparare contro altre Vite Umane, per quanto poco possano valere). Speriamo tuttavia che non si tratti dell'ennesima vigliacca 'operazione chirurgica', che farebbe precipitare ancora di più il valore della Vita in una regione del globo, contribuendo così a creare migliaia di potenziali kamikaze.
Certe dichiarazioni dell'entourage della Casa Bianca ("sarà una guerra lunga"…) fanno ben sperare. Se gli americani sono convinti che il loro nemico è Bin Laden, o l'intero Afganistan, paghino il loro prezzo in Vite Umane, rovescino l'inumana dittatura dei talebani, arrestino Bin Laden. E se hanno bisogno dell'aiuto degli alleati, ci chiedano un prezzo in vite umane: vedremo poi noi, italiani, ed europei, se siamo ancora così entusiasti di far parte della Nato.
Le guerre sono cose veramente orribili. Specie se si mandano i missili a combatterle in vece nostra. Ma noi, che siamo cittadini di una Repubblica, abbiamo il dovere di ricordarci che non lo siamo diventati gratis: che migliaia di Vite Umane, di italiani, americani, inglesi… sono state spese affinché noi potessimo nascere liberi. E oggi la nostra vita vale così tanto anche per questo. Non scordiamolo. Non facciamo finta di niente.
lunedì 17 settembre 2001
Il costo della vita.
Noi aspettiamo ancora – non un raid aereo, stavolta no: questo Bush sembra avere i tempi di suo padre, che prima di bombardare l'Iraq attese sei mesi buoni. Aspettiamo la riapertura di Wall Street e del Nasdaq: andranno bene? O sprofonderanno, e noi con loro?
(L'economia – ho sentito dire – è come un dirigibile: la speculazione è il pallone gonfiato, la cabina è l'economia reale. Ma se si sgonfia il pallone è la cabina a farsi male).
Andrà come andrà. Nel frattempo dobbiamo registrare che un bene importante, un bene di consumo (benché non sia quotato in nessuna borsa) è già stato notevolmente svalutato in questi giorni. Parlo della Vita Umana. In particolare, della Vita Umana americana.
Spero di non disturbare nessuno con un discorso un po' cinico, mi rendo conto. Come sarebbe a dire: la Vita Umana è un bene? Sì, secondo me è un bene. Di consumo? Beh, che si consumi dopo un certo tempo non è un mistero. Quindi la Vita si potrebbe vendere? Di solito no, perché costa troppo, (in Occidente). Ma anche qui tutti noi affittiamo porzioni della nostra Vita per campare, e non c'è nulla di male in questo.
Quanto vale, di solito, una Vita Umana? Non è chiaro. L'economia della Vita Umana è una questione un poco delicata. Il modo più semplice, e forse anche il più giusto, di risolvere la questione, è considerare che una Vita Umana vale, sempre e comunque, una Vita Umana. Sembra una banale tautologia, ma quando cominciamo a riflettere che ci sono Vite americane, Vite italiane, ma anche Vite afgane, Vite palestinesi, e che quest'ultime dovrebbero valere esattamente quanto le Vite israeliane, ci accorgiamo che no, non lo è affatto. È l'uguaglianza di tutti gli uomini. È l'applicazione universale del precetto evangelico: "Amerai il Prossimo Tuo come Te Stesso" (né più né meno, bada bene).
Se applicata consapevolmente, questa regola, che associa a ogni Vita Umana il valore "1", ci risolverebbe molti problemi di coscienza. Ci potrebbe dare la misura della nostra indignazione per quanto è successo negli ultimi giorni. A NY sono morte 4000 persone: dovremmo indignarci come se fossero stati commessi 4000 barbari assassini.
Un anno di "Seconda Intifada" ha lasciato sul campo 800 vittime, tra israeliani e palestinesi: dovremmo indignarci 'soltanto' 800 volte. Non quanto dovrebbe indignarci l'altissimo tasso di mortalità infantile che ha consumato l'Iraq nei dieci anni dell'embargo… e, a proposito, quanto avremmo dovuto indignarci per le bombe di Clinton su un complesso chimico in Sudan, rivelatosi poi un'innocua fabbrica di aspirine? Non si sa, l'inchiesta ONU è stata bloccata dall'inquilino moroso, gli USA.
Per tutte queste stragi, orribili, ingiuste, avremmo potuto dichiarare il lutto nazionale. Non lo abbiamo fatto, perché? Perché non è questo il modo in cui misuriamo una Vita Umana. Una Vita americana vale molte, molte vite sudanesi, irachene e palestinesi, e lo sappiamo tutti benissimo.
Scordiamoci il Vangelo, siamo nel 2001. Per misurare il valore di una Vita Umana abbiamo strumenti ben più sofisticati. Un indice importante è quello della speranza di vita: un americano vive 80 anni, un africano 40: vi sembra ragionevole sostenere che la loro vita ha lo stesso valore? In ciascuno di quegli 80 anni un americano consuma fino a 1000 volte più zuccheri, più energia elettrica, più prodotti: il suo peso sul mercato globale è incomparabilmente più alto del suo 'prossimo' africano. Un altro fattore secondario, ma importante: in quegli 80 anni di vita quel cittadino americano ha svariate possibilità di incidere sulle decisioni politiche del suo Paese. Il suo amico africano probabilmente no.
In conclusione: una Vita Americana vale molto di più di una vita africana, irachena, afgana (e un po' di più di una Vita Italiana). Il danno economico e politico prodotto dagli attentati a New York e Washington è incredibilmente più pesante di quello prodotto da qualsiasi bombardamento su Baghdad o su Belgrado. Questo lo sappiamo tutti. È per questo che siamo indignati e spaventati. È per questo che i piloti di formula 1 litigano e gareggiano senza sponsor. È per questo che i programmi tv e le partite iniziano con uno o più minuti di silenzio.
La Vita Americana (ma mettiamoci in mezzo anche noi, diciamo pure: la Vita Occidentale) ha un valore alto, altissimo. Questa non è necessariamente una fortuna: se siete Occidentale, e il vostro tempo costa 20.000 lire all'ora, può darsi che il vostro padrone decida di trasferirsi in Romania, dove il vostro Prossimo costa cinque, dieci volte meno.
Ma gli inconvenienti di una Vita supervalutata sono evidenti soprattutto in caso di guerre. [continua... ]
Noi aspettiamo ancora – non un raid aereo, stavolta no: questo Bush sembra avere i tempi di suo padre, che prima di bombardare l'Iraq attese sei mesi buoni. Aspettiamo la riapertura di Wall Street e del Nasdaq: andranno bene? O sprofonderanno, e noi con loro?
(L'economia – ho sentito dire – è come un dirigibile: la speculazione è il pallone gonfiato, la cabina è l'economia reale. Ma se si sgonfia il pallone è la cabina a farsi male).
Andrà come andrà. Nel frattempo dobbiamo registrare che un bene importante, un bene di consumo (benché non sia quotato in nessuna borsa) è già stato notevolmente svalutato in questi giorni. Parlo della Vita Umana. In particolare, della Vita Umana americana.
Spero di non disturbare nessuno con un discorso un po' cinico, mi rendo conto. Come sarebbe a dire: la Vita Umana è un bene? Sì, secondo me è un bene. Di consumo? Beh, che si consumi dopo un certo tempo non è un mistero. Quindi la Vita si potrebbe vendere? Di solito no, perché costa troppo, (in Occidente). Ma anche qui tutti noi affittiamo porzioni della nostra Vita per campare, e non c'è nulla di male in questo.
Quanto vale, di solito, una Vita Umana? Non è chiaro. L'economia della Vita Umana è una questione un poco delicata. Il modo più semplice, e forse anche il più giusto, di risolvere la questione, è considerare che una Vita Umana vale, sempre e comunque, una Vita Umana. Sembra una banale tautologia, ma quando cominciamo a riflettere che ci sono Vite americane, Vite italiane, ma anche Vite afgane, Vite palestinesi, e che quest'ultime dovrebbero valere esattamente quanto le Vite israeliane, ci accorgiamo che no, non lo è affatto. È l'uguaglianza di tutti gli uomini. È l'applicazione universale del precetto evangelico: "Amerai il Prossimo Tuo come Te Stesso" (né più né meno, bada bene).
Se applicata consapevolmente, questa regola, che associa a ogni Vita Umana il valore "1", ci risolverebbe molti problemi di coscienza. Ci potrebbe dare la misura della nostra indignazione per quanto è successo negli ultimi giorni. A NY sono morte 4000 persone: dovremmo indignarci come se fossero stati commessi 4000 barbari assassini.
Un anno di "Seconda Intifada" ha lasciato sul campo 800 vittime, tra israeliani e palestinesi: dovremmo indignarci 'soltanto' 800 volte. Non quanto dovrebbe indignarci l'altissimo tasso di mortalità infantile che ha consumato l'Iraq nei dieci anni dell'embargo… e, a proposito, quanto avremmo dovuto indignarci per le bombe di Clinton su un complesso chimico in Sudan, rivelatosi poi un'innocua fabbrica di aspirine? Non si sa, l'inchiesta ONU è stata bloccata dall'inquilino moroso, gli USA.
Per tutte queste stragi, orribili, ingiuste, avremmo potuto dichiarare il lutto nazionale. Non lo abbiamo fatto, perché? Perché non è questo il modo in cui misuriamo una Vita Umana. Una Vita americana vale molte, molte vite sudanesi, irachene e palestinesi, e lo sappiamo tutti benissimo.
Scordiamoci il Vangelo, siamo nel 2001. Per misurare il valore di una Vita Umana abbiamo strumenti ben più sofisticati. Un indice importante è quello della speranza di vita: un americano vive 80 anni, un africano 40: vi sembra ragionevole sostenere che la loro vita ha lo stesso valore? In ciascuno di quegli 80 anni un americano consuma fino a 1000 volte più zuccheri, più energia elettrica, più prodotti: il suo peso sul mercato globale è incomparabilmente più alto del suo 'prossimo' africano. Un altro fattore secondario, ma importante: in quegli 80 anni di vita quel cittadino americano ha svariate possibilità di incidere sulle decisioni politiche del suo Paese. Il suo amico africano probabilmente no.
In conclusione: una Vita Americana vale molto di più di una vita africana, irachena, afgana (e un po' di più di una Vita Italiana). Il danno economico e politico prodotto dagli attentati a New York e Washington è incredibilmente più pesante di quello prodotto da qualsiasi bombardamento su Baghdad o su Belgrado. Questo lo sappiamo tutti. È per questo che siamo indignati e spaventati. È per questo che i piloti di formula 1 litigano e gareggiano senza sponsor. È per questo che i programmi tv e le partite iniziano con uno o più minuti di silenzio.
La Vita Americana (ma mettiamoci in mezzo anche noi, diciamo pure: la Vita Occidentale) ha un valore alto, altissimo. Questa non è necessariamente una fortuna: se siete Occidentale, e il vostro tempo costa 20.000 lire all'ora, può darsi che il vostro padrone decida di trasferirsi in Romania, dove il vostro Prossimo costa cinque, dieci volte meno.
Ma gli inconvenienti di una Vita supervalutata sono evidenti soprattutto in caso di guerre. [continua... ]
sabato 15 settembre 2001
lettera
> Buongiorno Luis,
>
> Riguardo alla sua domanda:
> gli attentati di questi giorni sono stati duramente criticati dalle associazioni facenti capo al Genoa Social Forum.
> In questo momento il GSF (che si sta riorganizzando come Forum Sociale Italiano) non è molto attivo: in compenso si sono mossi i coordinamenti
delle principali città italiane, nelle quali sono state anche indette diverse manifestazioni.
>
> L'appello alla manifestazione del Bologna Social Forum:
>> >
> Il comunicato (più breve) della Rete No Global di Napoli:
>
> > Il comunicato di Attac Italia (comunicati simili sono stati rilasciati dalla rete internazionale di Attac e dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre):
>
> "DICHIARAZIONE DI ATTAC ITALIA
>
> Il tremendo attentato che ha sconvolto la città di New York rappresenta un'immane tragedia: nessuna motivazione può giustificare la perdita di migliaia di vite umane; per questo condanniamo l'attentato ed esprimiamo cordoglio e solidarietà al popolo americano così profondamente colpito.
> Ogni atto che sposta il terreno dal conflitto politico allo scontro militare è un atto contro la partecipazione di massa e contro i diritti di tutti ad un mondo più giusto e più equo. Oggi più che mai i destini del mondo devono essere presi in mano dai popoli contro ogni logica di dominio, di sopraffazione e di guerra. Per questo riaffermiamo la volontà di lottare nel nostro paese e in tutto il paese per la costruzione di un altro mondo possibile, contro il primato dell'economia delle multinazionali e contro chi, attraverso la guerra, vuole uccidere la politica e la speranza."
>
> Un discorso a parte merita la rete "Indymedia", che in Italia è presente col sito http://italy.indymedia.org.
> Nei giorni scorsi Indymedia è stato oggetto di una strumentalizzazione quando Bruno Vespa durante Porta a Porta ha citato alcuni commenti apparsi su questo sito per dimostrare come molti 'no global' apprezzassessero gli atti di terrorismo negli USA.
>
> Il fatto è che Indymedia è un sito 'libertario' che offre a tutti la possibilità di pubblicare i loro messaggi (un controllo avviene in un momento successivo). Vi si possono trovare i comunicati del partito maoista così come gli insulti di ultrà fascisti. Ma senz'altro la maggior parte dei messaggi non erano solidali coi terroristi, tutt'altro.
>
> Purtroppo la voglia di identificare il movimento col terrorismo è forte: lo era anche prima dei tragici fatti di questi giorni, figuriamoci in questo momento. La stessa proposta, vagamente surreale, di un nuovo g8 fatta da Berlusconi (e respinta, 'cortesemente' da Colin Powell) a mio parere era una (goffa) mossa mediatica: suggerire che il G8 è contro il terrorismo, e quindi chi ha manifestato col G8 è con il terrorismo.
>
> Leonardo
> Buongiorno Luis,
>
> Riguardo alla sua domanda:
> gli attentati di questi giorni sono stati duramente criticati dalle associazioni facenti capo al Genoa Social Forum.
> In questo momento il GSF (che si sta riorganizzando come Forum Sociale Italiano) non è molto attivo: in compenso si sono mossi i coordinamenti
delle principali città italiane, nelle quali sono state anche indette diverse manifestazioni.
>
> L'appello alla manifestazione del Bologna Social Forum:
>> >
> Il comunicato (più breve) della Rete No Global di Napoli:
>
> > Il comunicato di Attac Italia (comunicati simili sono stati rilasciati dalla rete internazionale di Attac e dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre):
>
> "DICHIARAZIONE DI ATTAC ITALIA
>
> Il tremendo attentato che ha sconvolto la città di New York rappresenta un'immane tragedia: nessuna motivazione può giustificare la perdita di migliaia di vite umane; per questo condanniamo l'attentato ed esprimiamo cordoglio e solidarietà al popolo americano così profondamente colpito.
> Ogni atto che sposta il terreno dal conflitto politico allo scontro militare è un atto contro la partecipazione di massa e contro i diritti di tutti ad un mondo più giusto e più equo. Oggi più che mai i destini del mondo devono essere presi in mano dai popoli contro ogni logica di dominio, di sopraffazione e di guerra. Per questo riaffermiamo la volontà di lottare nel nostro paese e in tutto il paese per la costruzione di un altro mondo possibile, contro il primato dell'economia delle multinazionali e contro chi, attraverso la guerra, vuole uccidere la politica e la speranza."
>
> Un discorso a parte merita la rete "Indymedia", che in Italia è presente col sito http://italy.indymedia.org.
> Nei giorni scorsi Indymedia è stato oggetto di una strumentalizzazione quando Bruno Vespa durante Porta a Porta ha citato alcuni commenti apparsi su questo sito per dimostrare come molti 'no global' apprezzassessero gli atti di terrorismo negli USA.
>
> Il fatto è che Indymedia è un sito 'libertario' che offre a tutti la possibilità di pubblicare i loro messaggi (un controllo avviene in un momento successivo). Vi si possono trovare i comunicati del partito maoista così come gli insulti di ultrà fascisti. Ma senz'altro la maggior parte dei messaggi non erano solidali coi terroristi, tutt'altro.
>
> Purtroppo la voglia di identificare il movimento col terrorismo è forte: lo era anche prima dei tragici fatti di questi giorni, figuriamoci in questo momento. La stessa proposta, vagamente surreale, di un nuovo g8 fatta da Berlusconi (e respinta, 'cortesemente' da Colin Powell) a mio parere era una (goffa) mossa mediatica: suggerire che il G8 è contro il terrorismo, e quindi chi ha manifestato col G8 è con il terrorismo.
>
> Leonardo
venerdì 14 settembre 2001
I debiti dei ricchi
Sarebbe un paradosso, se non fosse universalmente attestato: i poveri pagano i loro debiti meglio che i ricchi. Chi ha avuto un po' di soldi, o un po' di debiti, può confermarvi che è vero, a tutte le età e a tutte le latitudini.
Ecco una notiziola che nessuno riporta. Ma non è una bufala; forse semplicemente non interessa nessuno. Il futuro rappresentante USA presso le Nazioni Unite, John Negroponte, ha dichiarato che il debito americano con l'ONU deve essere saldato.
Di quanto si tratta? 2300 milioni di dollari. Il Congresso però se lo era già auto-ridotto a 582 milioni. Ora, cosa direbbe il tuo padrone di casa se un giorno tu ti auto-riducessi l'affitto? Se tu, unilateralmente, decidessi di pagare un quarto di quanto pattuito?
Dipende. Se il tuo padrone ha l'acqua alla gola, se è tormentato dai creditori, e tu comunque sono anni che non lo paghi, può anche darsi che ti ringrazi calorosamente. Questo è appunto il caso del padrone di casa ONU e dell'inquilino americano.
È un vecchio ritornello quello dell'ONU che non risolve niente, che non conta niente, che tanto vale convocare subito la Nato o, secondo Berlusconi, il G8 (e Colin Powell è ancora lì che ride). Nessuno si prende però mai la briga di spiegarci i motivi di tanta impotenza. Ma se l'ONU non ha soldi per pagare i caschi blu (ed è costretta a contrarre debiti coi governi) è anche perché il suo ricco debitore da anni non vuole saldare.
Se ora le cose cambieranno, appena un po', sarà una buona notizia, tra tante tragiche. Anche perché Negroponte è un diplomatico vicino ai repubblicani (era ambasciatore in Honduras quando Reagan finanziava i contras in Nicaragua), e i repubblicani fino a ieri quel debito non intendevano proprio pagarlo.
Cos'è cambiato tra ieri e oggi? I repubblicani devono essersi detti che per "guidare il mondo alla vittoria", come intende fare il loro Presidente, non si può essere insolventi verso lo stesso Mondo per centinaia di milioni di dollari.
È un bene? È un male? È un bene che l'Onu recuperi un po' della sua dignità. È un male se l'Onu diventa economicamente succube degli USA. È un bene che la grande superpotenza cominci a calare le arie. È un male pensare che senza le migliaia di vittime dell'11 settembre il debito non sarebbe mai stato saldato. È un bene, allora? È un male. Non so. Sono i bambini che ragionano in termine di "bene" e di "male" – ah, e i Presidenti.
giovedì 13 settembre 2001
Niente guerra per adesso (per favore)
Paul Virilio, filosofo eminente, ha paura che Bush reagisca ordinando un attacco atomico all'Afghanistan.
È una paura comprensibile, che Virilio divide col sottoscritto e probabilmente anche con la signora della bottega sotto casa mia.
La differenza è che io e la mia bottegaia queste paure non le confessiamo: siamo i primi a non trovarle molto razionali. Preferiamo accendere la tv appena possiamo e scoprire che non c'è stato ancora alcun attacco.
Anzi, che fra tanto retorico strombazzare di guerra e non guerra, la reazione americana per ora è una brillante e del tutto naturale indagine di polizia. La FBI sta rintracciando i terroristi e individuando i mandanti. E nessuno parla di atomica, mai.
Un'altra differenza è che all'indomani di una catastrofe come questa nessun quotidiano pretende di sapere cosa ne pensa la mia bottegaia: e lei preferisce così, perché non sempre si può avere un'opinione bella pronta.
Virilio invece è esposto a questo pericolo, e malgrado sia un teorico della velocità non può cavarsela sempre su due piedi. Stavolta poteva soltanto confessare le sue comprensibili paure. Che trascritte su un quotidiano del mattino rischiano di strozzare molti lettori nel cappuccino.
Per Virilio è l'inizio di una guerra mondiale. Sì, come le due guerre del Novecento: però, (ti pareva) radicalmente diversa.
Viene in mente la grande domanda, quella che ci portiamo con noi dalle elementari: a che serve studiare la Storia? La Storia c'insegna qualcosa? Non si sa. Ogni volta che succede qualcosa sfogliamo la Storia alla ricerca di precedenti… per poi soggiungere subito che comunque la situazione è radicalmente diversa.
Che senso ha oggi parlare di "terza guerra mondiale"? Nessuno, tranne il gusto di épater le lecteur – di strozzarlo nel cappuccino, appunto. Come se ce ne fosse bisogno, dopo tutte le "Apocalissi" nelle testate di questi giorni.
(E i ripetuti paragoni con Pearl Harbour. Si vede che siamo stati tutti al cinema di recente… Zucconi, che non manca di verve poetica, ma forse si è perso l'ultimo kolossal, ha paragonato Manhattan al Titanic, e le Torri erano le ciminiere).
E poi questi filosofi, questi storici, che aprono e chiudono continuamente le epoche come fossero porte girevoli… è finito il Novecento, è finito il dopoguerra, è finita la Guerra Fredda… Tutto questo aprire e chiudere ci dice veramente qualcosa? A parte l'ansia di esserci, di segnare il proprio nome sul calendario della Storia?
Quando lo sappiamo benissimo che non inizia e non finisce mai niente, ma che c'è una complicata serie di avvenimenti che si susseguono…
(A volte io m'immagino cosa avrebbero pensato i Reali di Spagna se Colombo fosse arrivato dicendo: Maestà, ho trovato le Indie! È la fine del Quattrocento! Credo che si sarebbero messi a ridere. Noi invece questi discorsi li prendiamo sul serio…).
La mia bottegaia comunque si tiene informata, sa che in Afghanistan passano gasdotti importanti (senza i quali i talibani non sarebbero mai andati al potere) e che bisognerebbe essere pazzi... anche se...
Paul Virilio, filosofo eminente, ha paura che Bush reagisca ordinando un attacco atomico all'Afghanistan.
È una paura comprensibile, che Virilio divide col sottoscritto e probabilmente anche con la signora della bottega sotto casa mia.
La differenza è che io e la mia bottegaia queste paure non le confessiamo: siamo i primi a non trovarle molto razionali. Preferiamo accendere la tv appena possiamo e scoprire che non c'è stato ancora alcun attacco.
Anzi, che fra tanto retorico strombazzare di guerra e non guerra, la reazione americana per ora è una brillante e del tutto naturale indagine di polizia. La FBI sta rintracciando i terroristi e individuando i mandanti. E nessuno parla di atomica, mai.
Un'altra differenza è che all'indomani di una catastrofe come questa nessun quotidiano pretende di sapere cosa ne pensa la mia bottegaia: e lei preferisce così, perché non sempre si può avere un'opinione bella pronta.
Virilio invece è esposto a questo pericolo, e malgrado sia un teorico della velocità non può cavarsela sempre su due piedi. Stavolta poteva soltanto confessare le sue comprensibili paure. Che trascritte su un quotidiano del mattino rischiano di strozzare molti lettori nel cappuccino.
Per Virilio è l'inizio di una guerra mondiale. Sì, come le due guerre del Novecento: però, (ti pareva) radicalmente diversa.
Viene in mente la grande domanda, quella che ci portiamo con noi dalle elementari: a che serve studiare la Storia? La Storia c'insegna qualcosa? Non si sa. Ogni volta che succede qualcosa sfogliamo la Storia alla ricerca di precedenti… per poi soggiungere subito che comunque la situazione è radicalmente diversa.
Che senso ha oggi parlare di "terza guerra mondiale"? Nessuno, tranne il gusto di épater le lecteur – di strozzarlo nel cappuccino, appunto. Come se ce ne fosse bisogno, dopo tutte le "Apocalissi" nelle testate di questi giorni.
(E i ripetuti paragoni con Pearl Harbour. Si vede che siamo stati tutti al cinema di recente… Zucconi, che non manca di verve poetica, ma forse si è perso l'ultimo kolossal, ha paragonato Manhattan al Titanic, e le Torri erano le ciminiere).
E poi questi filosofi, questi storici, che aprono e chiudono continuamente le epoche come fossero porte girevoli… è finito il Novecento, è finito il dopoguerra, è finita la Guerra Fredda… Tutto questo aprire e chiudere ci dice veramente qualcosa? A parte l'ansia di esserci, di segnare il proprio nome sul calendario della Storia?
Quando lo sappiamo benissimo che non inizia e non finisce mai niente, ma che c'è una complicata serie di avvenimenti che si susseguono…
(A volte io m'immagino cosa avrebbero pensato i Reali di Spagna se Colombo fosse arrivato dicendo: Maestà, ho trovato le Indie! È la fine del Quattrocento! Credo che si sarebbero messi a ridere. Noi invece questi discorsi li prendiamo sul serio…).
La mia bottegaia comunque si tiene informata, sa che in Afghanistan passano gasdotti importanti (senza i quali i talibani non sarebbero mai andati al potere) e che bisognerebbe essere pazzi... anche se...
mercoledì 12 settembre 2001
Ho visto tutto in diretta - racconta poi - e vedevo che non ci si accorgeva di quanto grande fosse la tragedia. Io mi sono accorto subito. Ho pensato anzitutto ai passeggeri degli aerei, e poi, conoscendo bene il World Trade Center, mi sono detto "Ma qua si è bloccato tutto, sono bloccati gli ascensori".
Repubblica di stamattina
Per fortuna che c'è lui
Powell non sa bene con chi prendersela. Bush non sa dove atterrare. Per fortuna c'è uno che in qualsiasi emergenza sa sempre cosa dire e fare. Uno che il World Trade Center lo conosce bene, palmo a palmo.
Dicono che il vertice Nato non vale più la pena? E lui rilancia: rifacciamo un bel G8! Così "non lasciamo soli gli alleati americani"!
Bin Laden dice che non è finita qui? Ma cosa volete che ne sappia Bin Laden... Credete invece a Lui: il peggio è passato. Non si prevedono ulteriori azioni di terrorismo - dice il premier - visto purtroppo lo spettacolare e tragico successo dell'azione terroristica . Questa sì che è logica: siccome è stato un successo, perché mai dovrebbero ripeterlo?
Mi resta la triste consolazione di avere indovinato: la tentazione di strumentalizzare era veramente troppo forte. A che può servire un G8 in queso momento? Assolutamente a nulla. L'America grida vendetta e non ha senz'altro intenzione di delegarla a qualche organismo o convegno internazionale più o meno informale.
Ma Berlusconi è fatto così: qualsiasi cosa succeda, lui la valuta secondo il suo interesse. Una tragedia internazionale gli interessa soltanto nella misura in cui può servirgli a riscattare una brutta figura internazionale.
Il problema è che da anni nessuno gli fa più notare la differenza tra una bella e una brutta figura.
Il gigante è ferito, il gigante è furioso, e Berlusconi trova il tempo di invitarlo a prendere un te' e pasticcini coi suoi amici: vedrà che nessun monello stavolta infrangerà la cristalleria.
Repubblica di stamattina
Per fortuna che c'è lui
Powell non sa bene con chi prendersela. Bush non sa dove atterrare. Per fortuna c'è uno che in qualsiasi emergenza sa sempre cosa dire e fare. Uno che il World Trade Center lo conosce bene, palmo a palmo.
Dicono che il vertice Nato non vale più la pena? E lui rilancia: rifacciamo un bel G8! Così "non lasciamo soli gli alleati americani"!
Bin Laden dice che non è finita qui? Ma cosa volete che ne sappia Bin Laden... Credete invece a Lui: il peggio è passato. Non si prevedono ulteriori azioni di terrorismo - dice il premier - visto purtroppo lo spettacolare e tragico successo dell'azione terroristica . Questa sì che è logica: siccome è stato un successo, perché mai dovrebbero ripeterlo?
Mi resta la triste consolazione di avere indovinato: la tentazione di strumentalizzare era veramente troppo forte. A che può servire un G8 in queso momento? Assolutamente a nulla. L'America grida vendetta e non ha senz'altro intenzione di delegarla a qualche organismo o convegno internazionale più o meno informale.
Ma Berlusconi è fatto così: qualsiasi cosa succeda, lui la valuta secondo il suo interesse. Una tragedia internazionale gli interessa soltanto nella misura in cui può servirgli a riscattare una brutta figura internazionale.
Il problema è che da anni nessuno gli fa più notare la differenza tra una bella e una brutta figura.
Il gigante è ferito, il gigante è furioso, e Berlusconi trova il tempo di invitarlo a prendere un te' e pasticcini coi suoi amici: vedrà che nessun monello stavolta infrangerà la cristalleria.
Scrive Francesca
La mail la puoi lasciare, pero` l’ho scritta mezzora dopo che le torri sono state colpite, quando davvero non si capiva niente ed eravamo un po’ tutti presi dal panico.
Oggi si inizia a parlare dei morti, si fanno i primi commenti.
Poche le discussioni politiche: si parla soprattutto di sicurezza, di quanto la nazione si sia dimostrata vulnerabile, di quanto gli americanbi vogliano sentirsi di nuovo sicuri e forti. Pochissimi (e tra di noi, all’universita` e al telefono, non su canali “pubblici”, cioe` non ho sentito nessuno in tv sollevare questi dubbi) abbiamo notato e fatto notare ad amici quanto Bush sia stato assente e quanto la sua reazione sia stata inadeguata, la sua fuga ecc.
Non si parla dell’odio che ha provocato questo attentato (nessuno ha messo in relazione Durban con quello che e` successo, almeno nei commenti che ho sentito fino ad ora), si parla di colpire, di ristabilire, di mostrare, eccetera. Si parla di una guerra scagliata contro civilizzazione e contro democrazia. (Che tipo di civilizzazione e democrazia, possiamo chiederci...). I toni raggiungono livelli metafisici, che sono comprensibili quando si fa politica da bar, ma diventano spaventosi quando arrivano dal governo e da altri rappresentanti dello stato. I portavoce della Casa Bianca, Bush, hanno parlato di Evil, del Male, che si e` concretizzato all’improvviso una tersa mattina a NY. Credo che tutti abbiamo molta paura delle conseguenze, della possibile guerra mondiale contro le nazioni islamiche, qui Powell chiama a raccolta gli alleati e promette che le nazioni, anche amiche, che protegono i terroristi non saranno risparmiate. Non ho sentito una voce, una, di un politico di governo alla radio o in tv che invitasse alla ragione. L’unica che sembrava avere ancora la testa sulle spalle era la Albright, ma cosa conta la Albright adesso? (non e` una domanda retorica, davvero non so).
Politici concitati, che iniziano a fare la voce grossa, che dimostreranno la potenza degli usa. E` molto preoccupante, per tutti, chi sta qui in mezzo al casino, e per voi in Europa... Ho ricevuto la dichiarazione del FSM, che ti allego. In un momento come questo sarebbe davvero importante che chi crede in un mondo diverso facesse sentire la propria presenza, perche` gli attentati non faranno altro che rafforzare la politica di Bush e le ragioni del (mi fa veramente specie usare questa parola) neoliberismo.
La mail la puoi lasciare, pero` l’ho scritta mezzora dopo che le torri sono state colpite, quando davvero non si capiva niente ed eravamo un po’ tutti presi dal panico.
Oggi si inizia a parlare dei morti, si fanno i primi commenti.
Poche le discussioni politiche: si parla soprattutto di sicurezza, di quanto la nazione si sia dimostrata vulnerabile, di quanto gli americanbi vogliano sentirsi di nuovo sicuri e forti. Pochissimi (e tra di noi, all’universita` e al telefono, non su canali “pubblici”, cioe` non ho sentito nessuno in tv sollevare questi dubbi) abbiamo notato e fatto notare ad amici quanto Bush sia stato assente e quanto la sua reazione sia stata inadeguata, la sua fuga ecc.
Non si parla dell’odio che ha provocato questo attentato (nessuno ha messo in relazione Durban con quello che e` successo, almeno nei commenti che ho sentito fino ad ora), si parla di colpire, di ristabilire, di mostrare, eccetera. Si parla di una guerra scagliata contro civilizzazione e contro democrazia. (Che tipo di civilizzazione e democrazia, possiamo chiederci...). I toni raggiungono livelli metafisici, che sono comprensibili quando si fa politica da bar, ma diventano spaventosi quando arrivano dal governo e da altri rappresentanti dello stato. I portavoce della Casa Bianca, Bush, hanno parlato di Evil, del Male, che si e` concretizzato all’improvviso una tersa mattina a NY. Credo che tutti abbiamo molta paura delle conseguenze, della possibile guerra mondiale contro le nazioni islamiche, qui Powell chiama a raccolta gli alleati e promette che le nazioni, anche amiche, che protegono i terroristi non saranno risparmiate. Non ho sentito una voce, una, di un politico di governo alla radio o in tv che invitasse alla ragione. L’unica che sembrava avere ancora la testa sulle spalle era la Albright, ma cosa conta la Albright adesso? (non e` una domanda retorica, davvero non so).
Politici concitati, che iniziano a fare la voce grossa, che dimostreranno la potenza degli usa. E` molto preoccupante, per tutti, chi sta qui in mezzo al casino, e per voi in Europa... Ho ricevuto la dichiarazione del FSM, che ti allego. In un momento come questo sarebbe davvero importante che chi crede in un mondo diverso facesse sentire la propria presenza, perche` gli attentati non faranno altro che rafforzare la politica di Bush e le ragioni del (mi fa veramente specie usare questa parola) neoliberismo.
Cosa facciamo qui? Aspettiamo la rappresaglia.
Ieri notte, tornando a casa, parlavano già di bombe su Kabul. Si è saputo poi che gli americani non c'entravano, e di Kabul non parla più nessuno. (Ma c'è stato un bombardamento anche là, sarebbe interessante saperne qualcosa!).
Poi mi sono addormentato sul divano, davanti a rainews. Stamattina alle sei ancora niente rappresaglia. Il conto dei morti, invece. Di fronte al quale è difficile dire qualcosa.
Ric giustamente non trova divertente la mia ironia sulle Borse: non ho niente di più intelligente da dire, chiede? Temo di no.
Devo dire che sono perfettamente consapevole che quando una Borsa precipita ci rimettiamo anche noi pesci piccoli – e a ogni buon conto farò il pieno dell'auto oggi stesso.
(Se mai mi spiace che l'autorità europea non abbia sospeso le contrattazioni, come negli States oggi. Perché si può speculare anche al ribasso, ed è facile pensare che a Wall Street ci si stesse dedicando proprio a questo, prima dell'evacuazione).
Nella tragedia, sono positivamente sorpreso che in Italia nessuno si sia ancora lasciato andare a strumentalizzazioni del tipo: "no-globbal conniventi dei terroristi", ecc..
Del resto: si può fare confusione tra chi sostiene il diritto di protestare contro la NATO e le sue politiche e chi programma con freddezza il massacro di decine di migliaia di civili?
Secondo me sì. Secondo me c'è chi in Italia è in grado di farla, questa confusione: e non in buona fede, ma per malizia e per calcolo.
Per questo motivo credo sia indispensabile dare un segnale subito. Dobbiamo dire, a voce alta e senza possibilità di fraintendimenti, che siamo contro ogni tipo di terrorismo. Che le vittime del WTC e del Pentagono, i passeggeri degli aerei dirottati, i 300 pompieri che erano già accorsi in una torre quando l'altra scoppiando li ha falciati – che queste decine di migliaia di persone non erano nemici di nessuno, e sicuramente non erano nemici nostri.
E forse vale la pena di sospendere la mobilitazione prevista in occasione del famoso vertice di Pozzuoli (se mai si terrà): credo che a questo punto non protestare contro un incontro Nato sia un gesto persino più clamoroso di qualsiasi iniziativa di protesta. Questa la mia opinione e cercherò di portarla avanti dove potrò (stasera nasce il Modena Social Forum).
Ma tutto questo lo dico mentre aspetto la rappresaglia. Che può essere un'ecatombe anche peggiore. O l'ennesima, falso-rassicurante "operazione chirurgica". Che magari sarà targata NATO. E che in ogni caso cambierà di nuovo le carte in tavola. In peggio, temo.
Ieri notte, tornando a casa, parlavano già di bombe su Kabul. Si è saputo poi che gli americani non c'entravano, e di Kabul non parla più nessuno. (Ma c'è stato un bombardamento anche là, sarebbe interessante saperne qualcosa!).
Poi mi sono addormentato sul divano, davanti a rainews. Stamattina alle sei ancora niente rappresaglia. Il conto dei morti, invece. Di fronte al quale è difficile dire qualcosa.
Ric giustamente non trova divertente la mia ironia sulle Borse: non ho niente di più intelligente da dire, chiede? Temo di no.
Devo dire che sono perfettamente consapevole che quando una Borsa precipita ci rimettiamo anche noi pesci piccoli – e a ogni buon conto farò il pieno dell'auto oggi stesso.
(Se mai mi spiace che l'autorità europea non abbia sospeso le contrattazioni, come negli States oggi. Perché si può speculare anche al ribasso, ed è facile pensare che a Wall Street ci si stesse dedicando proprio a questo, prima dell'evacuazione).
Nella tragedia, sono positivamente sorpreso che in Italia nessuno si sia ancora lasciato andare a strumentalizzazioni del tipo: "no-globbal conniventi dei terroristi", ecc..
Del resto: si può fare confusione tra chi sostiene il diritto di protestare contro la NATO e le sue politiche e chi programma con freddezza il massacro di decine di migliaia di civili?
Secondo me sì. Secondo me c'è chi in Italia è in grado di farla, questa confusione: e non in buona fede, ma per malizia e per calcolo.
Per questo motivo credo sia indispensabile dare un segnale subito. Dobbiamo dire, a voce alta e senza possibilità di fraintendimenti, che siamo contro ogni tipo di terrorismo. Che le vittime del WTC e del Pentagono, i passeggeri degli aerei dirottati, i 300 pompieri che erano già accorsi in una torre quando l'altra scoppiando li ha falciati – che queste decine di migliaia di persone non erano nemici di nessuno, e sicuramente non erano nemici nostri.
E forse vale la pena di sospendere la mobilitazione prevista in occasione del famoso vertice di Pozzuoli (se mai si terrà): credo che a questo punto non protestare contro un incontro Nato sia un gesto persino più clamoroso di qualsiasi iniziativa di protesta. Questa la mia opinione e cercherò di portarla avanti dove potrò (stasera nasce il Modena Social Forum).
Ma tutto questo lo dico mentre aspetto la rappresaglia. Che può essere un'ecatombe anche peggiore. O l'ennesima, falso-rassicurante "operazione chirurgica". Che magari sarà targata NATO. E che in ogni caso cambierà di nuovo le carte in tavola. In peggio, temo.
martedì 11 settembre 2001
Una p. manager giapponese ha trovato un sito nipponico che funziona. Si vede una torre che fuma mentre dall'altra parte arriva un altro aereo.
I clienti scrivono che probabilmente non riusciranno a consegnare niente oggi. Probabilmente i server andranno giù. Luis dice che mancano all'appello sei o sette aerei nello spazio aereo americano, e che a questo punto l'aviazione è mobilitata per abbatterli.
Bush è diretto in Alaska, dove terrà una conferenza stampa. Dirà che si sospetta un attentato terroristico.
Ed ecco il peggior presidente davanti alla peggiore crisi. Domanda: è una coincidenza?
Su Virgilio mostrano la twin tower che cade. Io sono stato in cima alle T.T., due anni dopo il vecchio attentato. Da sopra s'intuiva che il mondo è rotondo. Si vedevano le piscine sulle cime di altri grattacieli enormi, azzurre e piccolissime.
E continuano a dire che crollano le borse. Dovrebbe interessarci? Dovrebbe preoccuparci? Pensavamo fosse più importante il conteggio delle vittime, che devono essere moltissime. Pensavamo che le tragedie si misurassero ancora in vite umane.
Però intanto crollano le borse. E' un fatto.
E' anche la principale differenza tra Washington e Belgrado.
I clienti scrivono che probabilmente non riusciranno a consegnare niente oggi. Probabilmente i server andranno giù. Luis dice che mancano all'appello sei o sette aerei nello spazio aereo americano, e che a questo punto l'aviazione è mobilitata per abbatterli.
Bush è diretto in Alaska, dove terrà una conferenza stampa. Dirà che si sospetta un attentato terroristico.
Ed ecco il peggior presidente davanti alla peggiore crisi. Domanda: è una coincidenza?
Su Virgilio mostrano la twin tower che cade. Io sono stato in cima alle T.T., due anni dopo il vecchio attentato. Da sopra s'intuiva che il mondo è rotondo. Si vedevano le piscine sulle cime di altri grattacieli enormi, azzurre e piccolissime.
E continuano a dire che crollano le borse. Dovrebbe interessarci? Dovrebbe preoccuparci? Pensavamo fosse più importante il conteggio delle vittime, che devono essere moltissime. Pensavamo che le tragedie si misurassero ancora in vite umane.
Però intanto crollano le borse. E' un fatto.
E' anche la principale differenza tra Washington e Belgrado.
Scrive Francesca, da Philadelphia
Cari amici,
Non si sa ancora quanti morti ci possano essere, dicono che la gente si gettava dalle torri questa mattina per sfuggire alle fiamme. La situazione la` e` inimmaginabile, e` una tragedia spaventosa. Da Philadelphia ascolto la radio, una delle due torri e` crollata, pare, hanno evacuato la Casa Bianca, un aereo si e` schiantato contro il Pentagono e hanno evacuato piu` di ventimila persone, pare ci siano molti morti anche la`. Non ci si riesce a collegare a internet, il sito della Repubblica e` l’unico che si prende, a tratti, ovviamente la CNN non e` disponibile. Io ascolto NPR, ci sono centinaia di persone intrappolate nella zona delle due torri, che non riescono ad essere evacuate. Sono tutti molto cauti e non si sbilanciano sui mandanti eccetera. Hanno chiuso gli aerporti, non si capisce niente.
Dio, sembra di essere in un film di Gozzilla.
La cosa piu` incredibile e` che c’e` una diretta continua dai posti piu` impensati (l’appartamento di una giornalista che vive a un isolato dalle torri e non puo` a lasciare la propria casa perche` le uscite di sicurezza si sono bloccate, un ristorante a tre isolati dalle torri poco prima che fosse evacuato). A quanto pare i servizi di intelligence americani erano completamente impreparati.
La cosa assurda e` che oggi e` la giornata mondiale per la Pace.
Franc.
Cari amici,
Non si sa ancora quanti morti ci possano essere, dicono che la gente si gettava dalle torri questa mattina per sfuggire alle fiamme. La situazione la` e` inimmaginabile, e` una tragedia spaventosa. Da Philadelphia ascolto la radio, una delle due torri e` crollata, pare, hanno evacuato la Casa Bianca, un aereo si e` schiantato contro il Pentagono e hanno evacuato piu` di ventimila persone, pare ci siano molti morti anche la`. Non ci si riesce a collegare a internet, il sito della Repubblica e` l’unico che si prende, a tratti, ovviamente la CNN non e` disponibile. Io ascolto NPR, ci sono centinaia di persone intrappolate nella zona delle due torri, che non riescono ad essere evacuate. Sono tutti molto cauti e non si sbilanciano sui mandanti eccetera. Hanno chiuso gli aerporti, non si capisce niente.
Dio, sembra di essere in un film di Gozzilla.
La cosa piu` incredibile e` che c’e` una diretta continua dai posti piu` impensati (l’appartamento di una giornalista che vive a un isolato dalle torri e non puo` a lasciare la propria casa perche` le uscite di sicurezza si sono bloccate, un ristorante a tre isolati dalle torri poco prima che fosse evacuato). A quanto pare i servizi di intelligence americani erano completamente impreparati.
La cosa assurda e` che oggi e` la giornata mondiale per la Pace.
Franc.
11 settembre 2001
Crolla il Future
È un brutto momento.
Siccome è difficile connettersi a un giornale, persino da qui, vale la pena di spiegare che due aerei (dirottati) partiti da Boston hanno investito le due torri gemelle di New York (una delle due è crollata); un altro è caduto sul (o vicino al) Pentagono, dove c’è un incendio; poi si parla anche della Casa Bianca o del Campidoglio, ma non so niente di sicuro. Bush -– per dirla con Luis – ha tagliato la corda: Casa Bianca evacuata.
C’è la rivendicazione di un Fronte per la Liberazione Palestinese che però ha smentito.
Noi – con tutto che siamo dall’altra parte del mondo -– lavoriamo in un palazzo tutto vetrate, e guardiamo il cielo nervosi, e ci chiediamo: Cos’è, uno scherzo?
Cerchiamo di saperne di più, ma i giornali sono lenti e comunque ne sanno poco. Sono costretto a ricorrere al Nuovo, ma mi pento subito. Apocalisse negli Stati Uniti, giusto per tenerci tranquilli. E poi: WALL STREET EVACUATA, CROLLANO I FUTURE.
Crollano i Future
Forse è l’apocalisse davvero.
Si vede che evacuando non hanno avuto tempo di chiudere le contrattazioni.
Crolla il Future
È un brutto momento.
Siccome è difficile connettersi a un giornale, persino da qui, vale la pena di spiegare che due aerei (dirottati) partiti da Boston hanno investito le due torri gemelle di New York (una delle due è crollata); un altro è caduto sul (o vicino al) Pentagono, dove c’è un incendio; poi si parla anche della Casa Bianca o del Campidoglio, ma non so niente di sicuro. Bush -– per dirla con Luis – ha tagliato la corda: Casa Bianca evacuata.
C’è la rivendicazione di un Fronte per la Liberazione Palestinese che però ha smentito.
Noi – con tutto che siamo dall’altra parte del mondo -– lavoriamo in un palazzo tutto vetrate, e guardiamo il cielo nervosi, e ci chiediamo: Cos’è, uno scherzo?
Cerchiamo di saperne di più, ma i giornali sono lenti e comunque ne sanno poco. Sono costretto a ricorrere al Nuovo, ma mi pento subito. Apocalisse negli Stati Uniti, giusto per tenerci tranquilli. E poi: WALL STREET EVACUATA, CROLLANO I FUTURE.
Crollano i Future
Forse è l’apocalisse davvero.
Si vede che evacuando non hanno avuto tempo di chiudere le contrattazioni.
lunedì 10 settembre 2001
I mostri di Mantova
Ho sempre pensato che i nostri scrittori siano gente veramente tosta.
Vite spericolate, ma spericolate veramente: sesso, droga, carne umana, pedofilia, indumenti di cuoio.
Forse è per questo che mi sono sempre tenuto a debita distanza dal festival di Mantova. Come diceva un tale: “il coraggio uno non se lo può dare” … Magari a un buffet ti scappa una frecciatina e l’indomani ti ritrovi sempre lì, ma sotto forma di ripieno delle tartine. Meglio stare a casa, a immaginarsi orge e violenze inenarrabili…
Un pezzo dalla Repubblica on line dell’altro giorno riporta di un incontro tra due tipacci veramente poco raccomandabili: Ammaniti e la Tamaro. In estrema sintesi:
AMMANITI: Io sono cattivo.
TAMARO: Io sono più cattiva di te. Ho un rapporto molto forte col demoniaco.
AMMANITI: Guarda che io sono veramente cattivo. Da piccolo sognavo file di tombe lunghissime con i nomi dei miei amici.
TAMARO: Sì… ma io sono ancora più cattiva! Da piccola amavo raccogliere i ciclamini sulle foibe, perché sono più belli, nutriti dai morti che stanno li sotto!
AMMANITI: Sì? E io da bambino a scuola da bambino disegnavo mio padre crocifisso!
Fin qui è tutto vero… ma dopo aver letto un dialogo così, come si fa a mettere un freno all’immaginazione?
TAM.: Tuo padre crocefisso mi fa una ****. Io il mio l’ho sepolto nella nuda terra, e ogni primavera mi fa delle begonie superbe.
AMM.: Ah sì? Ma io da bambino ho sognato che impalavano mia madre con un passaggio a livello, poi a scuola la maestra ci ha chiesto di disegnare un sogno che avevamo fatto, e io ho preso benino.
TAM.: Non mi impressioni neanche un po’ con la tua infanzia difficile. Io i bimbi come te li aspetto fuori dall'asilo, poi li porto a casa e li uso come concime per le orchidee.
AMM.: Guarda che se mi fai arrabbiare io chiamo mio papà e ti picchia.
TAM.: E io chiamo mio zio, che è più grosso di tuo papà.
AMM.: Non è vero.
TAM.: Sì è vero.
AMM.: No.
TAM.: Sì.
AMM.: Uaaaaaaaaaaaaaaah! Maestra… c’è la Tamaro che mi fa arrabbiare…
TAM.: Ha cominciato lui.
AMM.: Non è vero!
TAM.: Sì è vero.
AMM.: No.
TAM.: Sì.
AMM.: Uaaaaaaaaaaaaaaah!
Per stasera basta. Vado a eccitarmi con foto di scrittrici nude.
Ho sempre pensato che i nostri scrittori siano gente veramente tosta.
Vite spericolate, ma spericolate veramente: sesso, droga, carne umana, pedofilia, indumenti di cuoio.
Forse è per questo che mi sono sempre tenuto a debita distanza dal festival di Mantova. Come diceva un tale: “il coraggio uno non se lo può dare” … Magari a un buffet ti scappa una frecciatina e l’indomani ti ritrovi sempre lì, ma sotto forma di ripieno delle tartine. Meglio stare a casa, a immaginarsi orge e violenze inenarrabili…
Un pezzo dalla Repubblica on line dell’altro giorno riporta di un incontro tra due tipacci veramente poco raccomandabili: Ammaniti e la Tamaro. In estrema sintesi:
AMMANITI: Io sono cattivo.
TAMARO: Io sono più cattiva di te. Ho un rapporto molto forte col demoniaco.
AMMANITI: Guarda che io sono veramente cattivo. Da piccolo sognavo file di tombe lunghissime con i nomi dei miei amici.
TAMARO: Sì… ma io sono ancora più cattiva! Da piccola amavo raccogliere i ciclamini sulle foibe, perché sono più belli, nutriti dai morti che stanno li sotto!
AMMANITI: Sì? E io da bambino a scuola da bambino disegnavo mio padre crocifisso!
Fin qui è tutto vero… ma dopo aver letto un dialogo così, come si fa a mettere un freno all’immaginazione?
TAM.: Tuo padre crocefisso mi fa una ****. Io il mio l’ho sepolto nella nuda terra, e ogni primavera mi fa delle begonie superbe.
AMM.: Ah sì? Ma io da bambino ho sognato che impalavano mia madre con un passaggio a livello, poi a scuola la maestra ci ha chiesto di disegnare un sogno che avevamo fatto, e io ho preso benino.
TAM.: Non mi impressioni neanche un po’ con la tua infanzia difficile. Io i bimbi come te li aspetto fuori dall'asilo, poi li porto a casa e li uso come concime per le orchidee.
AMM.: Guarda che se mi fai arrabbiare io chiamo mio papà e ti picchia.
TAM.: E io chiamo mio zio, che è più grosso di tuo papà.
AMM.: Non è vero.
TAM.: Sì è vero.
AMM.: No.
TAM.: Sì.
AMM.: Uaaaaaaaaaaaaaaah! Maestra… c’è la Tamaro che mi fa arrabbiare…
TAM.: Ha cominciato lui.
AMM.: Non è vero!
TAM.: Sì è vero.
AMM.: No.
TAM.: Sì.
AMM.: Uaaaaaaaaaaaaaaah!
Per stasera basta. Vado a eccitarmi con foto di scrittrici nude.
giovedì 6 settembre 2001
Buonanotte, bambini (ovunque voi siate)
“Good night children, everywhere…”
(The Prisoner, episode 15: The girl who was Death)
Quando ero un bambino – uno strano bambino – mi facevo molti problemi.
Questa cosa della bomba atomica, per esempio, non riuscivo a mandarla giù. Così se era una bella giornata e uscivo a fare una corsa, a un certo punto m’incantavo a guardare le scie dei jet e pensare: adesso quello è un missile e ci uccide tutti.
Allora tornavo in casa e mi mettevo di fronte alla tv – peggio ancora. C’erano alieni veramente orrendi alla tv quand’ero bambino, alieni cattivi e basta, cattivi proprio senza redenzione, con poteri spaventosi. Non era semplicemente che volessero conquistare la terra – fin lì, d’accordo -– ma volevano conquistare proprio noi, i nostri corpi, e renderli mostruosi come i loro. L’unica era affidarsi alle capacità di qualche robot d’acciaio giapponese di cui però, istintivamente, non sono mai riuscito a fidarmi. Erano mostri pure loro, in fin dei conti, avevano una faccia ma non facevano un sorriso o una smorfia mai, e si muovevano con malagrazia. “Ma perché non ci montano le ruote”, mi chiedevo, “o un bel cingolato”? Vivevo pur sempre in un autofficina…
Cambia canale, c’è un film di fantascienza. Trama: dopo una guerra nucleare le scimmie prendono il potere. Oppure: dopo una guerra nucleare i giovani prendono il potere, e chi ha 25 anni viene terminato (ti montano una lucina gialla nel palmo della mano, che quando ne compi 24 diventa rossa). Oppure: dopo una guerra nucleare… continuate voi.
Forse ero io un po’ apprensivo di natura. O forse era davvero terrorizzante, la tv della mia infanzia. C’era un’angoscia che non era soltanto nelle storie, le bombe atomica e i relativi dopobomba, ma nei dialoghi, nelle immagini, in tutto. Molte trame naturalmente non le capivo nemmeno. Per forza: ero un bambino – ma le trame dei telefilm di oggi le capirebbe anche un bambino. No, erano trame aggrovigliate, difficili, impegnative, e non si capiva mai chi era il buono o chi il cattivo.
Poi l’infanzia è terminata, e non mi manca. All’altezza di Heidy e Candycandy la tv italiana è stata prima irrigata, poi inondata da un fiume di melassa che oggi ha rotto ogni diga. Oggi l’angoscia non c’è in tv, e non si capisce nemmeno perché dovrebbe esserci. La gente è stanca, la gente fa otto ore e poi ha voglia di sentire gente che ride, ragazzine che sculettano.
E poi sono venute meno le ragioni stesse della nostra angoscia, no? Bombe atomiche, guerre spaziali, chi ci pensa più?
A volte mi chiedo come verranno su i bambini. A volte mi chiedo come sarei venuto su io, se invece di Goldrake mi fossi trovato in mano i pokemon. Nessuna ansia di difendere la terra dai nemici, solo il problema di collezionare un sacco di esserini per essere più bravo degli altri… beh… forse anche la mia generazione guarda i pokemon di nascosto.
Però abbiamo visto anche Goldrake e Daitan3, una certa angoscia metafisica di salvare il mondo dagli alieni spersonalizzanti ce l’abbiamo, e questo mi fa pensare che Cacciari, quando rimprovera Casarini di usare un lessico da Guerre stelari, punge nel vivo.
Tutto questo parlare perché? Perché navigando mi sono ritrovato di fronte a uno dei miei peggiori shock infantili, quasi del tutto dimenticato. Un telefilm assurdo di cui conservavo pochissime immagini – una sigla inquietante in cui la faccia del protagonista si allarga come per uscire dallo schermo, finché all’ultimo momento non compare una sbarra di ferro a fermarla. Si chiamava (non me lo ricordavo) Il prigioniero. Il protagonista -– un musone terribile – è prigioniero di una comunità perfetta dove tutti sono felici, tranne lui, che si ostina a non voler farsi chiamare “Numero 6”. Il lavaggio del cervello, l’assunzione di droghe, la deformazione della personalità, sono ordinaria amministrazione in ogni puntata. “Paranoie da anni Sessanta”, direi adesso. Solo che allora non sapevo neanche che cosa fossero, gli anni Sessanta, e mi bevevo tutte le paranoie senza nessun filtro culturale.
(Adesso che ci penso negli ultimi anni abbiamo usato la cultura per difenderci da tutto. Ogni cosa che ci succedeva, era “Anni Sessanta”, “Anni Novanta”, “Postmoderna”, “Dentro il Novecento”, “Fuori dal Novecento”… come se il problema di Genova sia essere o no nel Novecento… sai cosa ci frega di essere o no nel Novecento, quando c’inseguono per pestarci nelle nostre stesse strade…)
La cosa più terribile comunque erano quelle enormi palle bianche che circondavano il villaggio perfetto e ti ‘inglobavano’ se cercavi di scappare. (E cioè: non solo morire, ma diventare parte del nemico, che per giunta è un mostro disumano-meccanico. Come i meganoidi).
E poi c’era questo protagonista. Ho scoperto che era un divo britannico, e che tutto il serial era un parto della sua fantasia. Bene. Ecco, aveva lo stesso problema dei robot giapponesi. Sosteneva di essere un essere umano, non un numero. Ma con che argomenti? Con quel muso, con quell’ostinazione a lasciare il Villaggio, non sembrava affatto più umano dei suoi nemici, i Numeri Due che sconfiggeva con raffinata crudeltà.
Rileggendo le trame ho scoperto che devo aver guardato tutti gli episodi della serie. Magari senza capire (anzi, sicuramente senza capire). Magari mentre armeggiavo coi mattoncini lego sul tappeto, ma li ho visti tutti, e da qualche parte dentro di me sono rimasti. Compresa l’ultimo episodio, incomprensibile, che mi fece una paura terribile, anche a causa di una canzone angosciante, stonata, che ogni tanto saltava fuori.
Scopro (ma lo sapevo già, in fondo) che si tratta di All you need is love dei Beatles. Certo. Se ci riflettete è una delle canzoni più strane che abbiate mai sentito. (Né quattro quarti né tre quarti). Tutto Quel Che Vi Serve è l’Amore. Con quel tono beffardo che ci metteva Lennon, e l’orchestrina di George Martin…L’ideale accompagnamento per un lavaggio del cervello. Pensate che oggi la usa Castagna…
Ma in fondo è giusto così, no? Il Villaggio del Prigioniero assomiglia tanto alla capitale della Repubblica Italiana, Milano Due. La città del Grande Fratello. La città del nostro Presidente, che ci scala le tasse e ci fa vedere la televisione. Che ci dà Tutto Quello Che Ci Serve… Tutto Quel Che…
…scusate, passava un aeroplano. Mi piace guardare gli aeroplani, la striscia che fanno nel cielo.
“Good night children, everywhere…”
(The Prisoner, episode 15: The girl who was Death)
Quando ero un bambino – uno strano bambino – mi facevo molti problemi.
Questa cosa della bomba atomica, per esempio, non riuscivo a mandarla giù. Così se era una bella giornata e uscivo a fare una corsa, a un certo punto m’incantavo a guardare le scie dei jet e pensare: adesso quello è un missile e ci uccide tutti.
Allora tornavo in casa e mi mettevo di fronte alla tv – peggio ancora. C’erano alieni veramente orrendi alla tv quand’ero bambino, alieni cattivi e basta, cattivi proprio senza redenzione, con poteri spaventosi. Non era semplicemente che volessero conquistare la terra – fin lì, d’accordo -– ma volevano conquistare proprio noi, i nostri corpi, e renderli mostruosi come i loro. L’unica era affidarsi alle capacità di qualche robot d’acciaio giapponese di cui però, istintivamente, non sono mai riuscito a fidarmi. Erano mostri pure loro, in fin dei conti, avevano una faccia ma non facevano un sorriso o una smorfia mai, e si muovevano con malagrazia. “Ma perché non ci montano le ruote”, mi chiedevo, “o un bel cingolato”? Vivevo pur sempre in un autofficina…
Cambia canale, c’è un film di fantascienza. Trama: dopo una guerra nucleare le scimmie prendono il potere. Oppure: dopo una guerra nucleare i giovani prendono il potere, e chi ha 25 anni viene terminato (ti montano una lucina gialla nel palmo della mano, che quando ne compi 24 diventa rossa). Oppure: dopo una guerra nucleare… continuate voi.
Forse ero io un po’ apprensivo di natura. O forse era davvero terrorizzante, la tv della mia infanzia. C’era un’angoscia che non era soltanto nelle storie, le bombe atomica e i relativi dopobomba, ma nei dialoghi, nelle immagini, in tutto. Molte trame naturalmente non le capivo nemmeno. Per forza: ero un bambino – ma le trame dei telefilm di oggi le capirebbe anche un bambino. No, erano trame aggrovigliate, difficili, impegnative, e non si capiva mai chi era il buono o chi il cattivo.
Poi l’infanzia è terminata, e non mi manca. All’altezza di Heidy e Candycandy la tv italiana è stata prima irrigata, poi inondata da un fiume di melassa che oggi ha rotto ogni diga. Oggi l’angoscia non c’è in tv, e non si capisce nemmeno perché dovrebbe esserci. La gente è stanca, la gente fa otto ore e poi ha voglia di sentire gente che ride, ragazzine che sculettano.
E poi sono venute meno le ragioni stesse della nostra angoscia, no? Bombe atomiche, guerre spaziali, chi ci pensa più?
A volte mi chiedo come verranno su i bambini. A volte mi chiedo come sarei venuto su io, se invece di Goldrake mi fossi trovato in mano i pokemon. Nessuna ansia di difendere la terra dai nemici, solo il problema di collezionare un sacco di esserini per essere più bravo degli altri… beh… forse anche la mia generazione guarda i pokemon di nascosto.
Però abbiamo visto anche Goldrake e Daitan3, una certa angoscia metafisica di salvare il mondo dagli alieni spersonalizzanti ce l’abbiamo, e questo mi fa pensare che Cacciari, quando rimprovera Casarini di usare un lessico da Guerre stelari, punge nel vivo.
Tutto questo parlare perché? Perché navigando mi sono ritrovato di fronte a uno dei miei peggiori shock infantili, quasi del tutto dimenticato. Un telefilm assurdo di cui conservavo pochissime immagini – una sigla inquietante in cui la faccia del protagonista si allarga come per uscire dallo schermo, finché all’ultimo momento non compare una sbarra di ferro a fermarla. Si chiamava (non me lo ricordavo) Il prigioniero. Il protagonista -– un musone terribile – è prigioniero di una comunità perfetta dove tutti sono felici, tranne lui, che si ostina a non voler farsi chiamare “Numero 6”. Il lavaggio del cervello, l’assunzione di droghe, la deformazione della personalità, sono ordinaria amministrazione in ogni puntata. “Paranoie da anni Sessanta”, direi adesso. Solo che allora non sapevo neanche che cosa fossero, gli anni Sessanta, e mi bevevo tutte le paranoie senza nessun filtro culturale.
(Adesso che ci penso negli ultimi anni abbiamo usato la cultura per difenderci da tutto. Ogni cosa che ci succedeva, era “Anni Sessanta”, “Anni Novanta”, “Postmoderna”, “Dentro il Novecento”, “Fuori dal Novecento”… come se il problema di Genova sia essere o no nel Novecento… sai cosa ci frega di essere o no nel Novecento, quando c’inseguono per pestarci nelle nostre stesse strade…)
La cosa più terribile comunque erano quelle enormi palle bianche che circondavano il villaggio perfetto e ti ‘inglobavano’ se cercavi di scappare. (E cioè: non solo morire, ma diventare parte del nemico, che per giunta è un mostro disumano-meccanico. Come i meganoidi).
E poi c’era questo protagonista. Ho scoperto che era un divo britannico, e che tutto il serial era un parto della sua fantasia. Bene. Ecco, aveva lo stesso problema dei robot giapponesi. Sosteneva di essere un essere umano, non un numero. Ma con che argomenti? Con quel muso, con quell’ostinazione a lasciare il Villaggio, non sembrava affatto più umano dei suoi nemici, i Numeri Due che sconfiggeva con raffinata crudeltà.
Rileggendo le trame ho scoperto che devo aver guardato tutti gli episodi della serie. Magari senza capire (anzi, sicuramente senza capire). Magari mentre armeggiavo coi mattoncini lego sul tappeto, ma li ho visti tutti, e da qualche parte dentro di me sono rimasti. Compresa l’ultimo episodio, incomprensibile, che mi fece una paura terribile, anche a causa di una canzone angosciante, stonata, che ogni tanto saltava fuori.
Scopro (ma lo sapevo già, in fondo) che si tratta di All you need is love dei Beatles. Certo. Se ci riflettete è una delle canzoni più strane che abbiate mai sentito. (Né quattro quarti né tre quarti). Tutto Quel Che Vi Serve è l’Amore. Con quel tono beffardo che ci metteva Lennon, e l’orchestrina di George Martin…L’ideale accompagnamento per un lavaggio del cervello. Pensate che oggi la usa Castagna…
Ma in fondo è giusto così, no? Il Villaggio del Prigioniero assomiglia tanto alla capitale della Repubblica Italiana, Milano Due. La città del Grande Fratello. La città del nostro Presidente, che ci scala le tasse e ci fa vedere la televisione. Che ci dà Tutto Quello Che Ci Serve… Tutto Quel Che…
…scusate, passava un aeroplano. Mi piace guardare gli aeroplani, la striscia che fanno nel cielo.
martedì 4 settembre 2001
So I followed her to the station
With the suitcase in a hand…
Tutte queste ragazze che mi lasciano.
E io che posso dire?
Lasciatemi, lasciatemi. Prima o poi qualcuna rimarrà…
Mi sono abituato a dire cazzate finché non parte il treno con lei dentro. Mi sono abituato a non prendere niente sul serio. Adesso la mia vita assomiglia a una sitcom, se fai attenzione riesci anche a sentire le risate registrate. Cose tipo: mi manchi – ti penso tutti i giorni – nel copione non ci stanno proprio. Se te le dico non ci credi.
Piuttosto dico: “Vai via? Beh, mi dispiace. Mi lasci il microonde?”
La mia vita è una sitcom di quelle che ripartono a settembre, fuori piove e tu arrivi a casa stanco, ti stendi sul divano, poi ti rialzi di scatto – “Oddio! Mi sono seduto sulla Petra! Qui sotto c’è la sua testa, il resto dov’è?”
La Petra era piccina, e se si tirava sopra una coperta sembrava scomparire: restava soltanto la testa, poggiata a mo’ di cuscino. Ne parlo al passato, ma sta bene, la Petra. Ha solo lasciato questa sitcom. Tutti stanno abbandonando questa sitcom. Resto solo io, il personaggio buffo.
Nessuno mi vuole scritturare. Sono schiavo del mio ruolo. Ogni tanto sento qualche ex collega che se la passa alla grande. Come la Pianca. Pianca, mi ricevi? La linea è disturbata…
"È il vento… sono in spiaggia, sai”.
“Aaah? E quando inizi con le prove? Ah, hai cominciato stamattina?” Beh, in bocca al lupo.
Mi hai lasciato: un PC che non vuole più chiudersi; una pila di manoscritti che nessuno vorrà mai più leggere; una tazza decorata a macchie di leopardo perché un giorno insinuai che era intonata con la tua biancheria.
Va là che ti divertivi, nella mia sitcom.
Tengo il tuo ombelico sul desktop e non mi frega quel che dice la gente.
It’s hard to tell, it’s hard to tell
When all your love’s in vain
All your love’s in vain
With the suitcase in a hand…
Tutte queste ragazze che mi lasciano.
E io che posso dire?
Lasciatemi, lasciatemi. Prima o poi qualcuna rimarrà…
Mi sono abituato a dire cazzate finché non parte il treno con lei dentro. Mi sono abituato a non prendere niente sul serio. Adesso la mia vita assomiglia a una sitcom, se fai attenzione riesci anche a sentire le risate registrate. Cose tipo: mi manchi – ti penso tutti i giorni – nel copione non ci stanno proprio. Se te le dico non ci credi.
Piuttosto dico: “Vai via? Beh, mi dispiace. Mi lasci il microonde?”
La mia vita è una sitcom di quelle che ripartono a settembre, fuori piove e tu arrivi a casa stanco, ti stendi sul divano, poi ti rialzi di scatto – “Oddio! Mi sono seduto sulla Petra! Qui sotto c’è la sua testa, il resto dov’è?”
La Petra era piccina, e se si tirava sopra una coperta sembrava scomparire: restava soltanto la testa, poggiata a mo’ di cuscino. Ne parlo al passato, ma sta bene, la Petra. Ha solo lasciato questa sitcom. Tutti stanno abbandonando questa sitcom. Resto solo io, il personaggio buffo.
Nessuno mi vuole scritturare. Sono schiavo del mio ruolo. Ogni tanto sento qualche ex collega che se la passa alla grande. Come la Pianca. Pianca, mi ricevi? La linea è disturbata…
"È il vento… sono in spiaggia, sai”.
“Aaah? E quando inizi con le prove? Ah, hai cominciato stamattina?” Beh, in bocca al lupo.
Mi hai lasciato: un PC che non vuole più chiudersi; una pila di manoscritti che nessuno vorrà mai più leggere; una tazza decorata a macchie di leopardo perché un giorno insinuai che era intonata con la tua biancheria.
Va là che ti divertivi, nella mia sitcom.
Tengo il tuo ombelico sul desktop e non mi frega quel che dice la gente.
It’s hard to tell, it’s hard to tell
When all your love’s in vain
All your love’s in vain