Lavoratori? Prrrrrrrrrrrrr!
Se penso a Sordi la prima cosa che mi viene in mente non sono i titoli dei suoi film, ma le qualifiche professionali. Sordi è stato vigile urbano, tassinaro, medico della mutua, primario, magistrato, presentatore, impiegato dell'ufficio pensioni, cabarettista, commesso viaggiatore, imprenditore televisivo, e l'elenco potreste continuarlo voi. Da un film all'altro la faccia e la voce (la voce di Oliver Hardy) non cambiavano: quello che cambiava era il mestiere.
Sordi ha indossato tutti gli abiti di lavoro della società del boom, e ha raccontato con partecipazione, e senza pietà, l'età magica in cui i mestieri si inventavano, le fabbriche si aprivano, i servizi arrivavano anche nei centri minori, e un'uniforme, una casacca, un camice bianco avevano il potere di trasformare un ragazzino in un uomo. E di prendergli la mano: è questa in fondo l'eterna trama di tanti "film di Alberto Sordi": un giovane ingenuo e un po' idealista trova un lavoro, crede di realizzarsi, ma progressivamente il lavoro prende il sopravvento su di lui, svuota i suoi ideali, lo spersonalizza. Il medico della mutua diventa una macchina di certificati, il magistrato inquisisce tutti fino a diventare inquisito, eccetera.
Per questo non posso dire che mi mancherà, Alberto Sordi, per il triste motivo che mi mancava (ci mancava) già da tanto: dopo essere stato il ritratto dell'italiano al lavoro, l'età gli imponeva ruoli da pensionato che facevano tristezza a noi e probabilmente anche a lui.
Nessuno ha veramente preso il suo posto: la "storia dell'italiano del Novecento attraverso i mestieri" sembra essere finita con lui. Che mestiere fanno i protagonisti dei film di oggi? E' difficile dirlo. Per esempio, avete capito che lavoro fa esattamente il protagonista dell'ultimo film di Muccino? Nell'ultimo di Bellocchio c'è un pittore, nell'ormai penultimo di Salvatores ("Denti") un professore (di che?). In quello di Calopresti un architetto: ma hanno l'aria di semplici pretesti, quello che conta è un metafisico male di vivere che ha poco a che vedere con l'orario di lavoro. Segno che il lavoro non è più il pretesto per vivere, per cercare di realizzarsi o di dannarsi. E' un semplice contorno, la vita è altrove.
E poi è sempre più difficile capire i lavori che facciamo: mentre in testa abbiamo ancora le categorie dei film di Alberto Sordi (vigile urbano, impiegato, muratore, ecc.), nella pratica nemmeno noi spesso conosciamo la nostra qualifica professionale; se qualcuno ce lo chiede abbiamo grosse difficoltà a trovare un nome al nostro mestiere. Siamo collaboratori, consulenti, bit-worker, operatori, cococò... "sarebbe a dì?", direbbe lui. Un volto che riesca a interpretare le nostre professioni non esiste ancora, e forse non esisterà mai. (E intanto, ai piani inferiori, c'è una folla di gente che continua a fare gli stessi lavori degli anni '50: fornai, camerieri, saldatori... ma non parla la nostra lingua, non ha la nostra pelle, e forse al cinema non ci va; certo non per vedere un film italiano).
Ma che, s'ammazza una persona così? Ahò! Ma che siete matti?
E' la famosa battuta della Grande Guerra, detta da Sordi al colmo della disperazione, quando gli fucilano il compare. E' una frase simbolica: sì, d'accordo, denuncia gli orrori della guerra, ma nel suo contesto è quasi surreale: e infatti il graduato che lo sta interrogando ribatte, con accento tedesco: "E allora?"
I tedeschi, gli austriaci (ma anche gli americani, gli inglesi, i cinesi, gli slovacchi) sanno bene che in guerra le persone s'ammazzano così. Alberto Sordi, no. Lui fa la faccia stupita. Lui fino a qualche minuto prima credeva di essere nella solita commedia all'italiana. E invece era alla prima Guerra Mondiale.
E anche questo è tipico, davvero tipico italiano. Viene da pensare al Ministro Martino, che crede (o vuol farci credere) che gli alpini vadano in Afganistan per aiutare le vecchine ad attraversare la strada (possibilmente senza burqa). Viene da pensare all'incredulità di tanti, che sono persino disposti a sdraiarsi sulle rotaie, ma in forma simbolica, perché per loro è impossibile, i m p o s s i b i l e che le armi passino proprio di lì. Perché non esistono le armi in Italia. Perché non si fanno le guerre in Italia. Perché in Italia siamo tutti brava gente, magari distruggiamo gli stadi, ma mai e poi mai potremmo bombardare o invadere un altro Paese, e magari torturare i prigionieri. Queste cose le fanno gli altri (anche i nostri alleati), ma noi no. Ahò! Ma che, siamo matti?
E allora rendiamo a Sordi quel che è di Sordi: tra i tanti mestieri, negli anni Settanta, aveva voluto essere anche un mercante d'armi, in un film dal titolo eloquente: Finché c'è guerra, c'è speranza. L'industria delle armi è una delle più importanti, in Italia, ma se ne parla poco. Al cinema, a parte Sordi, non se ne parla proprio. Armi noi? Aho! Ma che, siamo matti? Noi siamo brava gente.
Comandante, è successa una cosa incredibile! I tedeschi si sono alleati con gli americani!
Il mio Sordi preferito è quello di Tutti a casa di Comencini, un sottotenente che l'otto settembre cerca di salvare la pelle e, potendo, anche un minimo di dignità. Tiene molto, come al solito, alla sua casacca: se incontra dei sottoposti non perde l'occasione per far notare la sua superiorità di sottotenente. Ed è convinto che la guerra sia finita, semplicemente perché non si fanno guerre in Italia, ahò. Non crede a quel che vede: si ostina a percorrere l'Italia a ritroso, a tornare alla casa, all'infanzia, alla famiglia. Ma la famiglia non c'è più, c'è solo suo padre (Edoardo De Filippo!), che per un pugno di lire lo consegna alla Milizia.
Eppure non è del tutto uno stupido: e quello stesso, maniacale attaccamento alla sua pelle alla fine lo salva. Certo, ne deve fare di strada, per ritrovarsi a Napoli nel bel mezzo dell'insurrezione. E i tedeschi gli devono uccidere anche l'ultimo compagno per fargli capire che c'è una guerra, e che il fronte passa proprio su di lui. Però alla fine capisce, e si mette al pezzo d'artiglieria, non solo perché è un italiano, ma perché quello è il suo mestiere.
Mi rendo conto che non è un esempio di coerenza, per un blog pacifista, ricordare con affetto una scena in cui Alberto Sordi (non Clint Eastwood, non Steve McQueen: Alberto Sordi) imbraccia una mitragliatrice e cerca di stendere più tedeschi che può, però le cose stanno così. C'è un momento per fuggire e un momento per combattere; e poi ci sono gli italiani, che arrivano sempre un po' in ritardo, ma quanto sono simpatici, ahò. Ciao.
Bello, anche questo pezzo.. (si dice per un blog?) Sarà un annetto che ti leggo con regolarità e spesso mi trovo a spulciare l'archivio - benedette tags!- e volevo ringraziarti.
RispondiEliminaLo faccio qui, sarà perché sono Romano e in qualche maniera Sordi lo sento mio...
Ringraziarti dei tanti spunti (lo ammetto non sono sempre d'accordo con te, non sei ancora il mio dio feticcio), delle immagini, notizie o semplicemente sorrisi che in fondo mi hai regalato senza chiedere niente in cambio.
Vivo in Danimarca da qualche anno ormai, un "cervelletto" in fuga, e l'italia vista da qua fa decisamente pena. Nel tuo blog, invece, ho trovato un Italia illuminata da un'aura positiva, una sorta di manto di ottimismo (la parola che ho in mente ha l'odore della pastafrolla cruda di mia mamma, ma non so come metterla per iscritto) che non trovo altrove.
Confrontando i post vecchi con quelli nuovi ho avuto la sensazione che col tempo ti sia irrigidito, sia divenuto più cinico (la pastafrolla si è indurita); vabbè lo capisco, con gli anni capita a tutti, specialmente in 10 anni di Berlusconi (ognuno vale 7 come per i cani, ci fa invecchiare precocemente il bastardo...) ma mi dispiacerebbe se perdessi del tutto quell'aura speciale di cui parlavo prima, non saprei dove ritrovarla... anche la collaborazione con l'Unità, per carità il "tengo famiglia" non si nega a nessuno ma, per piacere, non farti incastrare...
ecco, questo è quanto, in sostanza un grazie bastava, ma mica la prolissità è una prerogativa tua personale no?
Prof., sii clemente se ho scritto qualche strafalcione ortografico, so che sei dalla penna rossa facile, a mia discolpa posso dire che ahimè l'italiano sta scivolando a seconda lingua...
Con stima,
Sorb