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martedì 29 luglio 2003

La democrazia delle tibie
(pezzo macabro, e siete avvertiti)

Poor skeleton, no doubt: one of these days
you can cast outside your human, be free…


Forse dovremmo piantarla, tutti quanti, di argomentare se sia stato giusto iniziarla. Giusta o sbagliata che sia, la guerra è cominciata, amen.
Da un po’ di tempo a questa parte il dibattito si è cristallizzato sulle armi di distruzione di massa, che non si trovano. Il che dà ai pacifisti un insperato vantaggio. Neanche un silos di gas nervino, una barra d’uranio, niente. Chi se lo sarebbe aspettato?
Dal canto loro, i Neoconi ribattono che ok, forse sulle armi di distruzione di massa si è un po’ esagerato, ma almeno così l’Iraq è stato liberato dalla tirannia di un clan di assassini. E giù notizie agghiaccianti sulle torture, le stragi, le fosse comuni, Uday che dava in pasto ai leoni i rivali in amore (via Rolli), ecc.
Tutto sommato si tratta di una posizione rispettabile: ma il problema dei Neoconi è la tendenza a strafare. Potrebbero limitarsi a fare informazione, ma si sentono obbligati a trasformarla in propaganda. Eclatante in questo senso è il caso del dissident frogman, un neocone francese che gode di un discreto seguito anche in Italia.
L’uomo-rana (frogman) è l’autore di quel disgustoso bannerino coi bimbi morti che, riprodotto su alcuni siti italiani, ci aveva orripilato mesi fa (ne parlavo qui). Il senso del bannerino era: voi, pacifisti siete complici delle stragi dei bambini curdi. Il fatto che la maggior parte di queste stragi siano avvenute più di dieci anni fa, quando magari non eravate nemmeno pacifisti, non ha naturalmente nessuna importanza. Assassini!
In un certo senso, chissà, aveva perfino ragione.

Ora il ranocchio è tornato all’attacco con un nuovo bannerino, di tutt’altro tenore: c’è sempre un bambino, ma adesso è vivo e vegeto e bacia la guancia del fiero U.S. Marine. Per me il ranocchio è una rivelazione: ero cresciuto credendo che la Propaganda fosse qualcosa che si impone dall’alto. Ma in questi mesi sto scoprendo che non è vero, che c’è un propagandista in ciascuno di noi, che la classica immagine del bambino in braccio al soldato è radicata evidentemente nel nostro inconscio: e che c’è gente che è disposta a tirarla fuori gratis; gente che nel suo tempo libero, invece di farsi un giro in bicicletta, si diverte facendo la propaganda su internet, e se c'è da mostrare bimbi morti non si tira indietro. La cosa, devo dire, mi spaventa un po’. E mi affascina, anche.

Il bannerino è ben fatto (probabilmente anche quello dei bimbi morti aveva le sue qualità, ma sono riuscito a guardarlo solo di sfuggita), ed è strutturato sul gioco di parole WMD-WDM: “Niente WMD?” (Weapons of Mass Destruction, armi di distruzione di massa)? “We Don’t Mind” (Non ce ne frega niente). A pronunciare questa seconda frase sono… i teschi delle fosse comuni irachene. Dare voce a un teschio non è poi così diverso dall’affidare i propri messaggi a un bimbo morto, ma è senza dubbio meno orripilante. Certo, un teschio è ancora una spoglia mortale, ma è una spoglia con cui siamo abituati a scherzare fin dall’infanzia: un fermacarte, un fumetto, un cartone animato.

Per questo motivo – perdonatemi – quando ho visto gli scheletri mobilitati per applaudire all’invasione, mi è venuto da sorridere. Umor nero, senza dubbio, ma scusate, l’idea che gli americani abbiano fatto questo popò di operazione militare per liberare gli scheletri ingiustamente confinati nel sottosuolo ha un che di buffo. Ora quindi gli scheletri di tutte le vittime del regime sono liberi di ballare la Totentanz per le strade di Bagdad. Bene. Ma non si poteva fare qualcosa per liberarli quando erano, ehm, ancora uomini in carne e ossa?

No, evidentemente non si poteva. C’era la guerra fredda, c’era un regime efferato quanto si vuole, ma che era riuscito a barcamenarsi tra Usa e Urss con ottimi risultati. C’era la rivoluzione khomeinista in Iran che faceva paura a tutti quanti, e non si poteva andare per il sottile. E poi, anche dopo la guerra del Golfo, c’erano una serie di ragioni che spinsero gli Usa a non deporre Saddam Hussein. Sono cose che sappiamo tutti benissimo, no?
E allora perché dovremmo emozionarci per un bimbo morto o per un teschio, quando per dieci o vent’anni li abbiamo tranquillamente ignorati? Quando erano vivi non erano così prioritari. Ora che sono un mucchio di ossa, improvvisamente diventano l’occasione per un conflitto di civiltà. Non è pretendere un po’ troppo dalle nostre coscienze occidentali? Il senso di colpa ce l’abbiamo. Anche retroattivo, se serve. Ma non è che possiamo indignarci a bacchetta, oggi per un tiranno, domani per un altro.

Se almeno la mattanza finisse qui. Ma non finirà. Molti adulti e bambini continueranno a morire o a storpiarsi in Iraq: perché? Perché gli anglo-americani hanno fatto largo uso di cluster bombs, che deflagrano prima di toccare il suolo, disseminando il terreno di detriti esplosivi. In Iraq ne hanno usate trecentomila. Sarebbe come dire che hanno realizzato trecentomila campi minati, in pochi giorni. A giugno le agenzie Onu parlavano già di centinaia di vittime tra morti e feriti.

A fine giugno, poi, c’è stata una conferenza ONU a Ginevra proprio sul problema della bonifica degli ordigni inesplosi. La corrotta ONU, l’insignificante ONU, sta infatti lavorando a un protocollo che preveda l’obbligo da parte dei Paesi belligeranti a ripulire i territori dalle cluster bombs. Ora, indovinate quali sono i due Paesi che a Ginevra facevano le orecchie da mercante? Usa e Regno Unito, esatto. I soldi per le operazioni militari le avevano. I soldi per esportare la democrazia si trovano sempre. I soldi per sminare l’Iraq, no.

(Nel frattempo, chissà, possono anche aver cambiato idea: da giugno in poi non ho aggiornamenti. Ma su notizie come questa non desidero altro che di essere smentito).

Se invece le cose stanno proprio così, i bambini iracheni dovranno rassegnarsi a vivere nella nuova Repubblica Democratica Minata Irachena, dove nessuno ti vieta di andare in giro per strada, tirare distrattamente un calcio a un sasso e perdere un piede o una gamba. Finché… finché non arriverà magari qualche altro esercito liberatore. Non è mai troppo tardi per essere liberati, come i teschi dei vostri padri ben sanno. Perciò su col morale, ragazzi, finché c’è un femore, una tibia, anche solo una misera vertebra, c’è speranza.

Save your dry and joyous shout
For the day poor skeleton steps out…


Landmine Action
Campagna italiana contro le mine

(Un grazie a tutto lo staff di Boffardi.net)

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