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venerdì 10 ottobre 2003

La confraternita dei pirla

(tante scuse, tutte non richieste)


1. I blog non sono un argomento interessante.
Non così interessante, almeno, nel 2003. È crollato il WTO, c’è la guerra infinita, l’inflazione, Fini vuole il voto agli immigrati, Annalena Tonelli è stata uccisa nel Somaliland... Io un po’ mi vergogno.

2. Io vivo offline.
E anche il mio blog è scritto offline, non so se ci avete mai fatto caso. La maggior parte dei tenutori di blog scrive en plein air, può controllare i link al volo, modificare in corsa, tornare ogni tanto a leggersi i commenti. Io scrivo, correggo, e poi mi connetto, una volta al giorno. Mi connetto per aggiornare il blog, scaricare la posta, leggermi i titoli dei giornali e farmi un giro tra i blog. Non ne leggo tantissimi, e probabilmente torno sempre agli stessi. A volte non resisto e commento qualcosa: grave errore. Non si dovrebbero mai scrivere cose d’impulso, e i commenti favoriscono questa cattiva abitudine. Inoltre se scrivi un commento ti aspetti una reazione, per cui i tempi on line si allungano: è un circolo vizioso.

3. Non segnalo mai blog nuovi e interessanti
In linea teorica, se invece di leggere ottusamente gli stessi blog, ogni giorno ne leggessi di nuovi e sconosciuti, senz’altro troverei ottime sorprese. Il guaio è che quando mi connetto non ho voglia di leggere degli sconosciuti: ho voglia di leggere quelli che conosco. Come ogni essere senziente, cerco in ogni modo di risparmiare energia mentale (e come ogni essere umano, alla lunga mi annoio). Forse c’è stata una fase in cui mi piaceva sperimentare link stravaganti, ma col tempo vince sempre la pigrizia. Anche voi, la sera, cosa ordinate? Cambiate aperitivo tutte le sere? No, chiedete il solito. C’è qualcosa di male?

4. Ma intanto la marea monta…
Il fatto che i blog continuino ad aumentare rafforza la mia pigrizia. Qualunque sito pescassi, farei comunque un gesto arbitrario nei confronti delle miriadi di blog interessanti che senz’altro meritavano la mia attenzione. Così resto al bancone e ordino il solito. In fondo lo sapevo che sarebbe finita così: quando tutti avranno un blog, ognuno leggerà il suo e non avrà più attenzione per gli altri. Al massimo lo useremo per comunicare con gli amici, ma difficilmente ce ne faremo di nuovi. È il normale decorso della diffusione di una tecnologia di massa: c’è un periodo epico, in cui alcuni geni (più alcuni pirla che passavano di lì per caso) attirano l’attenzione facendo cose che nel giro di pochi anni tutti diventano in grado di fare. Io mi metto tranquillamente nel novero dei pirla per caso, e sono sicuro che se cominciassi a scrivere oggi otterrei un decimo dell’attenzione che ho ottenuto negli ultimi mesi. Sono stato fortunato, questo è tutto. Ma non ci ho fatto un soldo, anzi ho speso bollette salate, per sentirmi oggi dire che faccio parte di una lobby o una loggia di blog pretenziosi che si citano tra loro. Il che può darsi benissimo: ma di tutte le lobby e le logge che ci sono a questo mondo, santiddio, doveva capitarmi proprio la loggia dei pirla?

5. Granieri ha ragione, tuttavia
Granieri secondo me ha sempre ragione:
quando dice, per esempio, che la blogosfera è un ambiente non competitivo. Il problema è che la blogosfera è occupata da esseri umani, che sono terribilmente competitivi. Forse una blogosfera di calamari sarebbe diversa. Ma siamo umani, e siamo disposti a invidiarci anche le nostre statistiche farlocche. Se non ci fossero, le blogstar, le avrebbero inventate, e infatti è così: le hanno inventate.
Granieri ha ragione quando sostiene che nessuno legge un solo blog. Anche se, adesso che ci penso, io per cinque mesi della mia vita ho fatto proprio questo: ho letto un solo blog, il mio. Non sapevo nemmeno che esistessero altri blog italiani, finché non mi ha scritto la Pizia (e Wile, e Max Boschini). E – credeteci o no – stavo benissimo. Scrivevo solo per me? No. Ma non scrivevo nemmeno per una comunità di lettori e lincatori che, come tutte le comunità, richiede costi di gestione: lincare, ringraziare, rispondere alle mail, rispondere a delle attese nei miei confronti. Scrivevo, esattamente come oggi, per chiarire la mia posizione nei confronti del mondo. Questa è la cosa più importante, per me. Che poi alla lettura del mio quotidiano testamento assistano testimoni, è cosa che indubbiamente fa piacere. Ma di testamenti si tratta, roba scritta da una persona offline che nel frattempo, per quel giorno lì, non ha niente da aggiungere, è come se fosse morta. Non siete d’accordo con me? Neanch’io, spesso, il mattino dopo. Siete d’accordo con me? Troppo tardi, ho cambiato idea. E poi: ma è così importante essere o no d’accordo con me? Chi sono io? Perché una scemenza come “il ’68 ha strasfracellato i coglioni”, se detta da me, diventa una frase importante e scatena addirittura dei dibattiti? Sapete quanta gente ne scrive di cose così, se solo avreste voglia di cercarle. E allora, solo perché io appartengo alla confraternita dei pirla, qualsiasi mio rutto o scoreggia può scatenare il dibattito? E quindi… non ho più il diritto di ruttare e scoreggiare sul mio sito personale?
Prrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!

6. Paesaggisti e soggettisti
Studiando mi sono reso conto che ci sono due tipi di artisti: quelli che disegnano uno spazio e quelli che disegnano una figura. Li ho chiamati, per comodità, paesaggisti e soggettisti. Dopodiché, mi è sempre più sembrato di voler vivere da soggettista in un mondo di paesaggisti. Quasi tutte le persone che conoscevo ragionavano in termini di spazi, sognavano di gestirne uno. Ho partecipato anche a delle riunioni. Di solito si pensava a una rivista che fosse anche un sito internet, che fosse anche un progetto, che fosse inoltre un ambiente polivalente, un circolo, dove ognuno avrebbe espresso qualcosa, e in un angolo il bar. Questi spazi, il più delle volte, rimanevano mentali: in alcuni casi invece si sono concretizzati, per breve tempo: non perché i paesaggisti non fossero entusiasti e competenti, ma perché in quello spazio ben organizzato nessuno sapeva esattamente cosa venirci a fare, e intanto il bar aveva i suoi costi.
Io sono diverso, non nel senso che sono migliore, anzi: stimo molto i paesaggisti, credo che dovrebbero ereditare la terra. Ma io sono un soggettista. Io faccio la mia cosa: scrivo. Se mi date uno spazio, io sono felice. Ma non potete chiedermi di creare uno spazio per gli altri: so che esistono gli altri, ma creare gli spazi non è il mio mestiere.
Io ho sempre scritto, e quando mi hanno dato un blog, ho continuato a scrivere lì. Fine della storia. Invece ci sono persone che appena arrivate si sono messe a ragionare in termini di spazi: come fare a creare uno spazio confortevole, a mettere insieme il più gran numero di link senza offendere nessuno, eccetera. Gente come Strelnik, o Granieri, si sono comportati da veri paesaggisti: entusiasti e competenti.
Dopodiché, lo spazio non serve a nulla se non ci sono dei soggetti dentro. Questo è quello che faccio io: disegno le figure. Può darsi che lo faccia male, in tal caso scrivetemi e cercherò di emendarmi, ma non chiedetemi i paesaggi, sono un disastro. Lo dico perché lo so.

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