All'inferno, e pedalare
Caro Leonardo, è da non crederci.
Il pezzo sui numeri ritardatari del Lotto, 'ribattuto' da me è finito in prima serata, a quanto pare funzionava. Un bel colpo, se l'avessi firmato io: ma tecnicam si trattava di un pezzo di Loreto.
"Almeno te l'avran pagato bene. Mi devi il sessanta per cento, se non sbaglio".
"Mi dispiace, mi hanno fregato".
"Chi? Quelli del Tg?"
"No. Sì. In un certo senso. Cioè, alla fine sei stato tu".
"Io?"
"Il tuo pezzo era così convincente. Così, tornando a casa… Sai quel tabacchino che c'è qui sotto, no?"
"Loreto, mi stai prendendo in giro. Non puoi averlo fatto davvero. O puoi?"
"Pensavo che con un po' di fortuna… e poi più si va avanti più le probabilità aumentano, no? È la legge dei grandi numeri, così…".
"Ti sei giocato il compenso".
"Io che di solito non gioco mai. È la prova che sono stato traviato. E sei stato tu, tu! con che faccia mi chiedi dei soldi, adesso?"
"E hai giocato il 52".
"Ma cos'ha quel numero? Perché non esce mai? Sul serio: Perché?"
Intanto c'è la guerra. Come in ogni decorso bellico, dopo i primi dieci giorni si comincia coi funerali di Stato in pompa magna. Stavolta è toccato a un volontario del Genio Infermieri, un ventiseienne di San Gennaro finito su una mina con l'ambulatorio cingolato. Lascia una bimba di sei mesi, una moglie casalinga e un bis-marito disoccupato: per intercessione pontificia quest'ultimo è stato assunto in una ditta del quartiere. Un ex manifattura pirotecnica riconvertita nel settore bellico, uno di quei sottoscala che sono la gloria produttiva del Nostro Bel Paese, dove realizziamo prodotti che fanno il giro del mondo: tipo le mine anticarro fatte a mano.
È da queste piccole cose che si capisce che Sua Santità è in forma – e dallo stato di agitazione del mio capo, Antonio-Abate. Fino a due settimane fa era il primo a raccontare barzellette sull'Uomo in Coma Vigile, ogni aneddoto di vent'anni fa era buono per far ridere gli utenti. La sera del Messaggio Unificato dev'essersi inghiottito un manico di scopa: ora non fa che girare per l'ufficio con passo militare e occhio clinico. Si aspetta di essere epurato alla minima grana.
"E questo cos'è?"
"Eh? Questo? È uno spot che ho trovato da qualche parte, stavo pensando di proporlo in trasmissione".
"È di vent'anni fa?"
"Precisam".
"Non ci capisco niente. Perché il signore gira su quella bicicletta finta?".
"Si chiama cyclette, signore, era un attrezzo ginnico. Quand'era ragazzino ne avrà ben visto uno…"
"Lo sa che io avuto un'adolescenza difficile…"
"Già, mi scusi"
"…e non è che mi ricordi molto del mondo di prima. Del resto, se ricorderemmo, non avremmo bisogno della sua prodigiosa memoria, Immacolato. Ma insomma, perché costringere un vecchietto a fare ginnastica? eravate così ossessionati con la forma fisica?"
"Non è ginnastica, direttore: sta cercando di produrre energia per l'uso domestico, vede? La cyclette è collegata a una dinamo".
"Aaaah, ingegnoso. Ma era conveniente? Voglio dire, per spingere quei pedali servono tot calorie. Quello che risparmi in luce lo paghi in spese alimentari. Non rischia di finire la tessera mensile prima del…"
"Si tratta di un'esagerazione, direttore. Nessuno ha mai collegato una cyclette a una dinamo per cercare di risparmiare energia, naturalm".
"…naturalm".
"È uno di quegli spot di vent'anni fa che cominciavano a gettare ombre sul benessere acquisito. A quel tempo la maggior parte delle pubblicità ci trasportava ancora in un mondo di macchine di grossa cilindrata, ristoranti di lusso, eccetera. Verso la metà degli anni Zero si impone questo tipo di pubblicità proletarizzante, in cui il consumatore si specchia in un sé stesso un po' più povero: una tendenza incoraggiata anche da molti sondaggi d'opinione del tempo. Ricordo che al tempo trovavo l'idea di impoverire nel futuro molto elettrizzante. Non mi chieda il perché".
"Non te lo chiedo".
"Avevamo un'idea molto romantica della povertà a quel tempo. Consumavamo molto, ma non rinunciavamo alle nostre oasi private di povertà. Prendevamo d'assalto gli outlet, i negozi in saldi. Violavamo la legge, duplicavamo i Cd, ci divertivamo. La povertà era un mondo immaginario in cui riuscivamo a far fruttare il nostro famoso genio nazionale. Come questo vecchietto che pedala per ascoltarsi la partita: lui non è un semplice consumatore, lui è un uomo che si conquista il suo diritto ad ascoltare i gol. È allo stesso tempo buffo, ingegnoso, eroico e ribelle. Noi volevamo essere così".
"Direi che ci siete riusciti, complimenti…"
Touché. In quel momento è passato Pioquinto:
"Io non so fino a che punto possa funzionare in trasmissione. È un frammento di passato che fa subito venire in mente il presente".
"Appunto. Così gli utenti smetteranno di considerare i razionamenti energetici una novità, e si ricorderanno che sono iniziati giusto vent'anni fa!"
"Così presto?"
"Se vogliamo tirarla per i capelli…"
"Tiriamola, tiriamo pure i capelli".
"Vent'anni fa l'Enel aprofittò dell'installazione del contatore elettronico per ridurre la portata energetica delle famiglie. Iniziò in modo soft, abbassando le soglie di tolleranza per i sovraccarichi. Improvvisamente i contatori delle case si misero a saltare, i vhs a perdere le impostazioni (molti di loro non furono reimpostati mai più). Quando il malcontento cominciò a prendere forma, l'Enel fece la sua offerta: duecento euro a chi voleva farsi alzare la soglia da 3 a 4,5 kilowatt".
"A condominio?"
"No, signor direttore, a famiglia".
"A famiglia? E cosa ve ne facevate, di tutti quei kilowatt?"
"Mah, in un modo o nell'altro, riuscivamo sempre a non farcela bastare. In fondo bastava accendere lavatrice e lavastoviglie insieme e..."
"Lavatrice e lavastoviglie? Contemporaneam nello stesso condominio?"
"No, nella stessa casa".
"Sarà stato un caso limite, qualche edonista sfrenato che..."
"No, capitava a tutti. Sarà successo anche a me, probabilm, senza pensarci. L'energia è una droga, lo sa".
"Tre kilowatt a famiglia! Però vi sentivate tanto poveri dentro, eh?"
"Erano altri tempi, direttore".
E Pioquinto: "Roba dell'altro mondo. Tre kilowatt al giorno. Poi uno si chiede perché ci fu la catastrofe. Dio dovrebbe mandarvi tutti a pedalare all'inferno, altroché!"
È buffo, lo so, ma da allora l'immagine di tutti noi cinquantenni, nudi e calvi in un girone di malebolge, incatenati a scomodissime cyclette, costretti a pedalare per mantenere costanti le fiamme dell'inferno… mi è rimasta dentro.
Cristallizzata. Come se l'avessi già vista o sentita da qualche parte. O me la fossi sognata.
Ma è da tanto tempo che non ho più sogni da ricordare.
Sensa parole, estasiata, un po' impaurita.
RispondiEliminaChiara
Quando trovo un libro che mi piace lo leggo in meno di tre giorni, perchè divento ansiosa di sapere cosa succede pagina dopo pagina.
RispondiEliminaPer questo ti odio.
Great post, I enjoyed reading it.
RispondiEliminaAdding you to favorites, Ill have to come back and read it again later.