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venerdì 23 settembre 2005

- 2025

Risciò a idrogeno

Caro Leonardo,
tutto bene? Un po' scosso? È dura, lo so. Vuoi un riassuntino? Ecco: più o meno vent'anni fa gli usastri decisero (sulla base di considerazioni non del tutto campate in aria) che avrebbero continuato a consumare idrocarburi e disseminare diossidi. La cosa inquietava i gialli (detti anche cinesi), da soli più o meno un quarto del consorzio umano: essi temevano che il riscaldamento globale provocato (forse) dall'effetto serra avrebbe ridotto drasticamente i raccolti di riso. Fu così che decisero di passare ad altre fonti d'energia, almeno loro. Tutto chiaro fin qui, no?

Ora si trattava di scegliere l'energia alternativa. L'opzione più immediata era la fissione nucleare; la Cina non aveva nemmeno bisogno di importare materie prime, le regioni centrali erano ricche di uranio: e chi avrebbe mai fatto caso ai tassi di radioattività nelle steppe dell'Asia centrale? Laggiù è ancora pieno dei freaks nati ai tempi dell'atomica sovietica.

Il Grande Balzo Nucleare conobbe però una brusca interruzione quando i primi due noccioli radioattivi sprofondarono in direzione Argentina (l'Argentina è agli antipodi della Rep Pop Cinese, lo sanno tutti). Malgrado l'enfasi operaista, i cinesi hanno una specie di congenita diffidenza nei confronti delle normative di sicurezza, molto utile quando si tratta di far dumping nel settore tessile, ma che con la fissione nucleare non paga.

E poi era anche una questione di mentalità. Il nucleare risponde a una logica centralizzata: c'è un grosso stabilimento (chiamato "centrale") che eroga energia elettrica a un contado. In apparenza l'ideale per una società monocratica e tecnorurale. I gialli però cercavano qlcosa di più. La globalizzazione fin de siècle li aveva contaminati, la modernizzazione post Xiao-Ping aveva creato una classe media di consumatori. Qui non si trattava soltanto di avere luce per le fabbriche e filobus: i gialli volevano le macchine! Come nei film usastri. E nella macchina non puoi metterci una pila a fissione. Bisognava trovare qualcos'altro. Qualcosa in grado di eclissare il fascino dell'oro nero, la fragranza inebriante della benzina appena munta al serbatoio.

Fu a quel punto che qualcuno, un giallo dal nome qualunque, si guardò intorno e disse (con ideogrammi suoi): ok, compagni, proviamo con l'idrogeno.
Le soluzioni migliori sono spesso le più banali. I gialli lo sanno. E non hanno questa fregola tutta occidentale dell'originalità a tutti i costi. Se l'idea migliore è venuta a qualcun altro, loro gliela copiano, che problema c'è. Avevano già copiato il nucleare. Trovarono il modo di scopiazzare anche le celle a combustibile, che da anni alimentavano i sistemi elettrici delle navette spaziali americane. Piazzarono un paio di spie alla Nasa – tanto, chi faceva più caso a un giallo in camice? Riportarono a casa i progetti più avanzati, secondo alcuni li perfezionarono (secondo altri no). Nel giro di cinque anni, ogni nucleo familiare urbano nella Rep Pop aveva la sua brava macchinetta a idrogeno. Col motore che non si scaldava mai. E uno scappamento che sputazzava ossigeno. L'impero di Diesel e Benz era finito.

Naturalm gli usastri non se la raccontano così. Sul supernet esistono un sacco di contenuti tesi a dimostrare che la pila a combustione è una tecnologia rigorosam made in USA. Hanno ragione. E le prime auto miste diesel-idrogeno nacquero in America ed Europa. Ma erano prodotti di nicchia, magari col catalizzatore ancora in platino. Costavano troppo. Erano un gadget per quel tipo di ricchi che si può permettere una coscienza ambientale.

La realtà è che gli usastri avevano sì scoperto la propulsione a idrogeno, ma più o meno come i greci all'apice della civiltà alessandrina scoprirono il vapore: alla stregua di una curiosità, di un optional. Teoricam, un'invenzione del genere avrebbe potuto scuotere la loro economia dalle fondamenta. Ma una civiltà secolare non ha quasi mai voglia di scosse di qsto tipo. Gli alessandrini non furono mai tentati di sostituire la forza lavoro degli schiavi con caldaie e bielle. Quanto agli usastri, avevano un sacro timore di alterare lo status quo, adottando un'energia più pulita. "Le pile a combustibile costano troppo", dicevano i produttori. E sarebbero continuate a costar troppo, finché nessuno programmava di adottarle in larga scala. Il libero mercato le rifiutava. Il regime di libera concorrenza sfavoriva un'innovazione senza prospettive di guadagno immediato. Il liberismo, in questo caso, assecondò l'inerzia e il declino usastro.

Ma i gialli, dall'altra parte del mondo, erano un miliardo e mezzo, guidati da una classe dirigente compatta. E quando un miliardo e mezzo di utenti di utenti passa di botto all'idrogeno, fidati, i costi di produzione precipitano. Dopo aver risolto il problema della locomozione privata, i gialli si avviavano di lì a poco a diventare il primo esportatore mondiale di automobili. A questo punto, capisci, era la guerra…

6 commenti:

  1. la cristallizzazione dei ricordi deve essere andata un po' male, oppure di fisica ne so molta meno di quanto pensassi: ma ero convinto che una cella a combustibile emettesse vapor d'acqua (combinando l'idrogeno con l'ossigeno nell'aria)...

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  2. Ho studiato l'idrogeno come vettore energetico, prima che la ricerca mi buttasse via, e posso dire due cose a riguardo:
    1- sì, come dice il primo commentatore, una fuel cell vomita acqua;
    2- l'economia energetica all'idrogeno è il più grosso bluff della storia dell'umanità.

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  3. E' un bluff perchè l'idrogeno per le fuel cell si deve pur produrre in qualche modo. Per quanto strano possa sembrare, libero in natura non ce n'è.
    Per ora nel futuro c'è solo la fissione nucleare. Yu-huu...

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  4. M'ero sempre chiesto quale fose il cognome. Ora è chiaro. Leonardo Plink.

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  5. i gialli fan paura a tanti, io però mi son innamorata http://www.flickr.com/photos/61623515@N00/sets/776575/
    agota

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