[Nel 2005, mentre il blog viaggiava nel futuro, collaborai tra l'altro alla webzine Sacripante!, di cui in Rete non rimane quasi traccia. Incollo qui i pezzi che scrissi per i sei o sette numeri che uscirono: da qualche parte li devo pur conservare. Non sono affatto sicuro della data in cui uscirono, comunque tra il 2005 e il 2006].
Ciao e complimenti. Volevo chiederti una
cosa per un mio amico. Lui è fissato con
questa cosa, che da grande vuole diventare
uno scrittore, e naturalmente uno grande. Hai
qualche consiglio da dargli? Non so, un corso
da frequentare? Grazie in anticipo.
No.
Perdona la franchezza, ma quando mi è
stata affidata la rubrica, ho fatto giuramento
solenne di non scrivere mai nient’altro che la
nuda e brutale verità, che è questa: io non
ho nessun consiglio da dare al tuo amico, se
non quello banale e sempre valido di fuggire,
più in fretta che può, da consigli del genere e
chi li dispensa.
Vale anche in questo caso, infatti, l’Obiezione
a Wanna Marchi, un semplice principio logicoesistenziale che recita così: se qualcuno è in
grado di prevedere i numeri del lotto, perché
invece di venderteli non se li gioca lui? Per il
gusto di abbassare il montepremi? Allo stesso
modo: se io conoscessi qualche buon numero
per diventare scrittore (uno grande), credi che
in questo momento me ne starei qui, sulla pur
pregevole rivista sacripante!, a dare consigli a
chicchessia? Col rischio che poi chicchessia
se ne esca con un Grande Romanzo prima
di me? Crede, il tuo amico, che il Genio sia
altruista e ben disposto nei confronti del
prossimo? Non lo è. Dia un’occhiata alle
quarte di copertina: più sono grandi più sono
pazzi e solitari, e quasi mai campano tanto
da godersi il copyright. C’è da stupirsi che
tanta gente sogni per sé un simile destino:
tanto più oggi, che non si legge poi molto.
Certo, mica tutti possono sognare di fare i
calciatori. Certo, i libri restano i soprammobili
più a buon mercato, eleganti e comodi da
spolverare; e su nessun altro oggetto viene
dato tanto risalto al nome dell’autore, a parte
forse alcune felpe e mutande. Tutto questo è
vero. E però.
E però, caro amico del tuo amico, è vero
anche che le lettere non danno il pane. Io
te la dico così, in volgare, ma avrei potuto
usare anche una lingua di duemila anni fa:
segno che il problema è un po’ tignoso. Negli
ultimi tempi alcuni scrittori, (mica per forza
mediocri) hanno trovato questa ingegnosa
soluzione: i corsi di scrittura creativa. Non solo
vendono i libri (pochi), ma anche i trucchi del
mestiere. È una cosa che mi riesce difficile
capire, ma del resto io sono sempre quello
che non riesce a capire Wanna Marchi e
l’oroscopo, forse è un problema mio e della
mia testa medievale. Per me Mestiere vuole
ancora dire Mistero: qualcosa che nel borgo
so fare solo io, e peste a chi cerca di rubarmi i
segreti. Il mio vecchio Maestro me li spiegò in
un orecchio, e io forse li passerò a mio figlio,
ma per adesso zitti: il Cantastorie sono io, e
se ce ne fosse anche solo un altro in piazza,
ci sarebbe già troppa confusione.
Oppure, se il medioevo non ti piace, pensa
al bravo scrittore come a un chimico: può
spiegarti come usare le ampolline, ma quello
che ha scoperto il principio della coca cola
non è che si sia subito messo a organizzare
un ciclo di seminari per divulgare la formula,
no. Non è così che funziona. E non mi si
parli di democrazia, il Genio non c’entra: è
un tiranno nato, il suo sogno è di conquistarci
tutti, e non si fa certo scrupolo della nostra
ingenuità.
Infatti, se io fossi davvero un grande scrittore,
ecco cosa organizzerei: seminari fasulli, in
cui spillo denaro ai gonzi spiegando che i
grandi romanzi vanno scritti on the road, su
una Remington Portative del ‘52, bevendo
tot litri di gin tra un autogrill e l’altro. Mi
aggirerei tra i banchi suggerendo cazzate
del tipo: “Partite sempre dai vostri problemi,
c’è tutto un mondo nella vostra cameretta”,
o anche “Il protagonista del noir-all’italianatipo è un ex movimentista con qualcosa da
rimproverarsi”; “usate molta carta carbone”;
“mi raccomando, frasi lunghe e contorte”; “più
avverbi, più avverbi perdio! E meno vocali
tra quelle consonanti!”; “partite dalla fine e
risalite dall’inizio passando dalla prefazione”,
eccetera.
In questo modo, oltre a divertirmi molto,
avrei la possibilità di strangolare nella culla
tutti i miei giovani potenziali rivali, avviandoli
su sentieri inconcludenti, oppure già battuti
e strabattuti, verso un’esistenza umiliante
di malesseri epatici, frustrazioni e incidenti
stradali. Ecco il tipo di consigli che darei al
tuo amico. Se fossi davvero uno scrittore,
uno grande. Nessuna pietà per i mediocri;
le rubriche
e ai bravini, merda. Ma è evidente che tanto
grande non sono.
Sono invece piuttosto piccolo, e tutto quello
che ho imparato dopo tanti sforzi, e tentativi,
e frustrazioni, e manoscritti persi, e consigli
ricevuti e rimandati al mittente, è tanto piccola
cosa che non perdo nulla a condividerla con
te: e decidi tu poi se passarla al tuo amico.
Scrivere serve a poco, e quasi mai vale la
pena: difficile e ingrata è la via al successo,
non c’è pensione né ferie pagate. D’altronde,
ci sono persone che non potrebbero fare
altro. Io li chiamo individui S. Non sono
necessariamente i più bravi, i più ispirati. Ma
se non scrivono, soffrono. Se il tuo amico è
un individuo S, non ha bisogno di consigli.
Continui a scrivere per le persone che lo
apprezzano, o al limite per sé.
Per capire se il tuo amico è un individuo S,
attenda la prossima crisi di emicrania, o di
colite, e provi a mettersi a scrivere. Se non
ce la fa, è sano, e può trovarsi un hobby
meno frustrante. Ma se di colpo l’emicrania
svanisce, e la colite si interrompe, almeno
fino al punto fermo, ecco: il tuo amico è un
individuo S. E che gli posso dire, in bocca al
lupo.
Questo è tutto quello che so, e non ha
prezzo. Nel senso che non ho ancora trovato
qualcuno che me le paghi, queste stronzate.
Ma se smetto sto peggio. È un problema mio,
scusate.
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