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lunedì 2 gennaio 2006

Lettere Vitruviane! #4: il sapore della semiosi

[Nel 2005, mentre il blog viaggiava nel futuro, collaborai tra l'altro alla webzine Sacripante!, di cui in Rete non rimane quasi traccia. Incollo qui i pezzi che scrissi per i sei o sette numeri che uscirono: da qualche parte li devo pur conservare. Non sono affatto sicuro della data in cui uscirono, comunque tra il 2005 e il 2006].

Caro Leonardo, secondo te siamo come i maiali d’allevamento, che masticano le barre dei loro recinti? Ma forse è meglio andare per gradi. Devi sapere che io sono un cinefilo, di quelli che vanno al cinema e poi ne scrivono sui loro siti internet (quei tipi di siti amatoriali che si aggiornano ogni tanto, non so se ne hai mai visto uno). Amo il cinema. Almeno credo. Mi piace ogni tipo di film, ma ho un debole per le saghe. 

Bene, ultimamente è uscito l’ultimo episodio di una grande saga (non importa dire quale), e io mi sono precipitato a vederlo. Ho anni di esperienza alle spalle, per cui entrando in sala sapevo già più o meno quello che sarebbe successo. Sapevo che sarei uscito vagamente insoddisfatto, deluso per la grande occasione persa dal regista di ravvivare una grande saga che ha incantato due generazioni eccetera. Sapevo che avrei messo per iscritto questa delusione sul mio sito amatoriale, e già immaginavo per sommi capi la discussione che ne sarebbe scaturita coi lettori (in questi siti, se uno vuole, i lettori possono risponderti, se uno è tanto bravo da averne almeno un paio). Ma sapevo anche mentre si spegnevano le luci in sala che per 120 minuti avrei visto spade laser, orchi e principesse, e mi sarei divertito, e avrei tremato per le sorti della galassia. Come ai vecchi tempi. 

E invece no. 

È stato verso la fine del primo tempo, credo, durante un combattimento qualunque, che ho avuto una sorta di illuminazione, un’epifania. Prima ho visto baluginare una striscia verde sulla parete laterale della sala: la luce di sicurezza. Poi ho distinto le sagome dei sedili davanti a me, le nuche degli spettatori. E infine mi sono visto. Ero lì, trentaqualcosenne, seduto in un multisala davanti a un fi lm per ragazzini. Potevo fingere che fosse colpa della sceneggiatura non altezza, degli attori inespressivi, degli effetti da lunapark, ma tutto questo non mi aveva mai impedito di divertirmi al cinema. E invece stavolta non mi stavo divertendo. Per quanto mi impegnassi. Era finita. 

Quello che ho provato, è paragonabile a quel che succede ai masticatori compulsivi. Sarà capitato anche a te, una volta, di metterti una gomma in bocca e di non pensarci più: finché a ora di cena, o di dormire, uno non si accorge di aver masticato per ore qualcosa che ha perso tutto il suo sapore nei primi dieci minuti. Questo è quel che mi è successo ieri: mi sono reso conto di aver passato anni a guardare film che non mi divertivano, come si mastica una gomma insapore, per inerzia, o sbadataggine, o per stress. Similmente ai maiali nei recinti, che per stress masticano le sbarre. E qui torniamo all’interrogativo di cui sopra. 
Vostro, 
Critico in crisi ‘71


Caro critico in crisi.

Da chi hai copiato la metafora della gomma che perde sapore? Te lo chiedo perché è molto bella, così pensavo di fregartela: ma se poi salta fuori che l’hai presa da Shakespeare, che figura ci faccio? Io credo che nella tua metafora il sapore della gomma rappresenti il processo di semiosi, vale a dire il magico momento in cui un oggetto (un film, una gomma da masticare, una spada laser; ma anche un gesto, una parola) si legano a un significato. Il significato di una gomma è il suo sapore; il significato di una spada laser è “sarebbe bello esser lassù nello spazio a combattere il Male” (o in alternativa: “sarebbe bello esser bambini di nuovo come quando sognavamo di esser lassù nello spazio a combattere il Male”). Quello che con la metafora della gomma hai inteso perfettamente, è che la semiosi non dura in eterno, ma si consuma con l’uso. Per quanto ci impegniamo, prima o poi le cose perdono il loro significato. La gomma perde il gusto, la spada laser torna a essere un pezzo di plastica.

La maggior parte delle volte, in verità, il significato sopravvive come un guscio vuoto, un rimando mentale a un’esperienza del passato. Passeggiando per il nostro quartiere, noi non vediamo più case né alberi, ma pallidi segni che la nostra memoria interpreta subito come “case”, come “alberi”. Caro critico, fumi? Bevi? E ne trai un vero piacere, o solo una pallida eco di una sigaretta che ti piacque, di un bicchiere che un giorno lontano hai gustato?

Non a caso hai chiamato “epifania” la tua brutta esperienza. L’epifania è il momento in cui le cose ci appaiono senza significati, in tutta la loro nudità. A certi dà la nausea, per altri è uno sballo: per te, mi sembra di capire, è stato solo deludente. Questo vino sa di tappo. Questo film è una puttanata. Viene un bel giorno in cui i ricordi non riescono più a tenere insieme oggetto e significato. Persino le parole, dopo un po’ non vogliono più dire le rubriche niente: così che restiamo a masticare parole a vuoto. Non sapendo che altro fare, nel recinto.

Ma questo, caro critico, non deve buttarti giù. Perché c’è un punto in cui la metafora non tiene. C’è una differenza sostanziale tra un film (e una parola, uno sguardo, una casa, un albero) e un chewing gum. Il chewing gum, una volta perso il suo significato originario, va gettato via.

Un film, un quartiere, un racconto, una parola, una volta nudi del loro primo significato, possono prenderne uno nuovo. Quale? Dipende da te, il critico sei tu. Credo che da questo momento in poi la tua abilità consisterà nel trovare significati originali ai soliti fi lm che girano. Sarai un Adamo alla rovescia: lui se ne andava in giro nudo nell’Eden a dare un nome agli animali; tu passeggerai per il nostro mondo, libero di dare significati nuovi a nude cose che non li hanno più. Semiosi creativa: sarà divertente, forse non divertente come quando maneggiavi una spade laser, ma rassegnati: le spade laser, alla tua età, non esistono più. È un’età di pezzi di plastica, ma non ti scoraggiare. Semiosi creativa, ricorda. E buon divertimento

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