Ci gettino pure nel cestino, come i manoscritti inutili. Noi lo desideriamo!
Tutto era ampiamente prevedibile; non per questo meno fastidioso.
Dopo tre mesi di celebrazioni del Futurismo, in occasione del centenario del primo manifesto del futurismo, durante i quali abbiamo fatto il possibile per partecipare a iniziative mostre happening pubblicazioni futuriste, il futurismo comincia un po' a uscirci dagli occhi. Per usare un eufemismo. Marinetti però non era un eufemista. Lui avrebbe detto semplicemente che il futurismo ha rotto i coglioni.
Sì, lui l'avrebbe fatto. Sarebbe salito sul palco, avrebbe annunciato: "Il futurismo ha rotto i coglioni! Gettateci nel cestino come i manoscritti inutili! Lo desideriamo!", e giù ortaggi e pomodori. Questa è la profonda differenza tra lui e i gerarchetti che giocano all'eterna riscoperta e rivalutazione del futurismo (60 anni di ininterrotta rivalutazione, e ancora non si trova qualcuno in grado di leggersi Zang Tumb Tumb).
Vien voglia, un giorno di questi, di andare a un convegno sul futurismo e dire: Ehi, sapete una cosa? Marinetti non era un gran futurista, dopotutto. Non capiva la scienza moderna, confondeva l'elettromagnetica col magnetismo animale, era convinto che la radioattività fosse un afrodisiaco. Non capiva la fantascienza. In fin dei conti era un luddista, con la scusa di onorarla schiantava la macchina tipografica e pubblicava le macchie d'inchiostro. Sapete che c'è?
C'è che Marinetti v'ha fregato tutti quanti. Non era neanche un italiano. Era un africano d'Alessandria d'Egitto, un infiltrato del Terzo Mondo, un emissario del Cuore di tenebra venuto a minare il razionalismo scientifico europeo coi suoi tatatata bong bong. E' stato il primo bonghista milanese, Marinetti; viveva in via Senato coi tappeti di leopardo alle pareti, e feticci dappertutto. Sì, mi verrebbe voglia di andare un convegno e dire cose del genere, e vedere che faccia fanno.
Anzi, sapete cosa faccio? Ci vado. Venerdì son qui. Se venite portate gli ortaggi.
Pages - Menu
▼
martedì 31 marzo 2009
domenica 29 marzo 2009
Cattiva maestra
Io ero pronto al peggio, come sempre quando si tratta di odontoiatria.
Per dire, una volta mentre trafficava intorno a un premolare, il mio dentista d'allora mi fece ascoltare un album intero di Laura (non Irene), Laura Pausini. Voi l'avete mai ascoltata la Laura per un album intero? È come mangiarsi un'intera busta di gommini alla cocacola, sapete, quelli che vendono alle fiere, però a trent'anni. Hai la sensazione netta di rovinarti per sempre le papille, pensi che non saranno mai più degne di tastare del Brunello, ma in un qualche modo poi ti passa. Quindi, insomma, ero pronto a tutto.
Stavolta però, accomodandomi sulla poltroncina, non orecchiavo alcuna zuccherosa melodia. Mi sembrava invece che qualcuno stesse litigando, forse due assistenti nella sala di fianco? No, le voci erano un po' troppo sguaiate. In sala d'aspetto? Eppure venivo da là, e ci avevo lasciato due vecchine sfoglianti Oggi e Panorama. Che fossero antiche rivali, e avessero aspettato che le lasciassi sole per saltarsi alla gola? Il dentista interruppe le mie indagini chiedendomi quale fosse il problema.
“C'è il molare qui sopra, arcata destra, che fa parecchio male”.
“Ah, è di sopra”.
All'improvviso, come teleguidata da un pensiero, la poltroncina cominciò a ruotare, e la parete coi diplomi che avevo fissato fino a quel momento calò rapida sotto il mio orizzonte. Man mano che il soffitto si rivelava ai miei occhi, le voci del misterioso litigio continuavano ad aumentare d'intensità, finché il mistero non mi fu di colpo svelato.
Fissato al soffitto, a mo' di lampadario, stava un enorme (mi sembrò enorme) televisore al plasma. Sintonizzato su Canale 5. Alle 4 del pomeriggio.
Il gelato del comando
Ecco chi litigava sopra di me: gli Uomini e le Donne di Maria De Filippi si stavano scannando intorno a un tronista. Tutto quello che avevo sempre cercato di non vedere, l'amaro calice televisivo che non avevo mai voluto bere, ora avrei dovuto ingollarlo d'un pezzo, e pagarlo salato. Chiusi gli occhi, cercai di pensare ad altro. Mi concentrai sul rumore del trapano, sul dolore che mordeva i miei nervi, sul mistero della Carie, sullo sfacelo del corpo, sulla vecchiaia e la morte, la mia morte, no fiori ma opere di bene, crematemi – ma nulla riusciva a scacciare quelle voci chiocce e sgraziate dalla mia testa: Passami il gelato, vediamo l'errevuemme, Terry dice che Maicol è un falso, adesso sentiamo cosa dice Maicol.
Ora, mentre cerco di scrivervi cosa penso di Maria De Filippi, quelle voci mi tornano in testa, più fastidiose del mal di denti, e m'impediscono di essere simpatico, ironico e che tu sia maledetta Mariadefilippi, tu e chi ti crede un genio. Intellettuali da caffè che vi si nota di più se la rivalutate – ma l'avete mai vista per una puntata intera, una sua puntata intera di qualsiasi cosa? No, probabilmente a quell'ora state leggendo Heidegger in versione originale. Ma provateci, dai, fatevi legare a una poltrona da dentista, sottoponetevi a questo esperimento, e poi ditemi.
Tutto quello che posso dirvi io è che per quanto si circondi di principianti, la sua professionalità non si nota. Non sa annunciare la pubblicità, che se ci pensate è l'unica cosa che una conduttrice di rumore di fondo pomeridiano dovrebbe saper fare. Questo, e saper creare aspettative nel pubblico – che non è tutta questa fatica, ce la fa persino Dj Francesco, guarda in camera e alza il tono, ma lei no. I casi umani che le arrivano davanti sfilano uno dopo l'altro con lo stesso climax drammatico di una coda in un ambulatorio. Ma voi dite che è un genio, “perché dà alla gente quello che alla gente piace”. Che siate maledetti.
Credete che non sappia anch'io cosa piace alla gente? Alla gente piace il popcorn. Fate scoppiare del mais nel suo amido, ci rovesciate sopra più sale possibile, spruzzate un odore sintetico che vi fa salivare, et voilà, avete dato alla gente quello che alla gente piace. Non per questo vengono a darvi le stelle Michelin. Anzi, molti penseranno che state rubando soldi agli adolescenti che non sono in grado di capire cosa è buono davvero e poi si presentano all'età adulta con un fegato sfondato anzitempo.
Lo sanno tutti cosa piace alla gente. Per esempio, su internet vanno molto le tette e i gatti. Ehi, perché mi ostino a scrivere un temino tre volte alla settimana? Non sarei molto più genio se mi limitassi a lincare youporn e lolcatz?
“Eccolo” – mi sembra di sentirli – “il solito elitista snob”. Fottetevi. Anche a me piacciono le tette e il popcorn, finché potevo mangiarne; non per questo ritengo giusto regalare fritti e giornaletti porno ai bambini. E soprattutto non trovo geniale chi lo fa. Trovo odiosa la mancanza di scrupoli di chi specula sui sogni imbecilli dei preadolescenti, e questo odio è un sentimento istintivo che provo da quando ero preadolescente anch'io, e non sopportavo chi mi prendeva in giro. Chissà poi perché tutti gli istinti dei preadolescenti vanno rispettati e onorati tranne i miei.
“Eccolo, il professorino che pretende che la televisione sia di qualità – e magari educativa”. Già, belle pretese. “E cosa ci metteresti al suo posto, documentari di animali? Superquark?” Ma perché no. “No-o! Tu pensi ancora che la tv debba educare, ma la tv non deve educare!” Che i vostri figli male educati vi strozzino nel sonno.
La tv non è che deve o non deve.
La tv educa, per definizione. Non può fare altrimenti. La tv è verticale, non interattiva: una voce sola che parla a tante orecchie, e non può essere interrotta: vi ricorda qualcosa? Tv = maestro domestico, ficcatevelo in testa. Voi che vi drogate di serie americane, non avete mai fatto caso a quanto siano etiche? A come a ogni azione corrisponda una reazione, a una bugia una rivelazione, alla rivelazione un pentimento? E pensate che i telegiornali stiano lì, e non insegnino a nessuno a identificare i problemi o, meglio ancora, i nemici? Non c'è un solo cartone animato, non un solo spot che non cerchi d'insegnarci qualcosa. Persino Maria? Soprattutto Maria.
Maria è il Dipartimento Scuola Educazione del 2000.
Maria insegna a giovani e vecchi l'arte di vivere al giorno d'oggi; arte che consiste prima di tutto nell'acquattarsi alla corte (di Maria), accettare tutto quello che Maria ti propone o ti ingiunge, ringraziando e umettando, implorando che vi si passi il gelato e tramando dietro gli altri cortigiani. Se obbedite al capo, sorridete ai sottocapi e accoltellate i vostri colleghi alle spalle, Maria vi sarà riconoscente. È tutto chiaro? Forse era meglio prendere appunti.
Quando poi si diventa grandi, e passa la voglia di fare i balletti e cantare le canzoni, magari ci si butta nell'unico campo agonistico accessibile agli adulti, la politica, e che succede? Che si va tutti quanti, giovani e vecchi, ad acclamare presidente di partito a vita un signore che nominerà tutte le cariche di quel partito, tutte, finché campa, e camperà. A quel punto uno si chiede: ma che v'è successo a tutti quanti? La chiamate politica quella? Persino il Partito Nazionale Fascista dei tempi aveva raduni più simili a congressi. Unanimi al 99,9%, tutti in cova sotto il capiente culo del galletto in capo. Ma chi vi ha insegnato a comportarvi così?
I più vecchi non lo so, forse qualche nonnetto gerarca. Ma i più giovani, guardali. Hanno una faccia che dice Maria, Maria, Maria, posso dire una cosa?
Per dire, una volta mentre trafficava intorno a un premolare, il mio dentista d'allora mi fece ascoltare un album intero di Laura (non Irene), Laura Pausini. Voi l'avete mai ascoltata la Laura per un album intero? È come mangiarsi un'intera busta di gommini alla cocacola, sapete, quelli che vendono alle fiere, però a trent'anni. Hai la sensazione netta di rovinarti per sempre le papille, pensi che non saranno mai più degne di tastare del Brunello, ma in un qualche modo poi ti passa. Quindi, insomma, ero pronto a tutto.
Stavolta però, accomodandomi sulla poltroncina, non orecchiavo alcuna zuccherosa melodia. Mi sembrava invece che qualcuno stesse litigando, forse due assistenti nella sala di fianco? No, le voci erano un po' troppo sguaiate. In sala d'aspetto? Eppure venivo da là, e ci avevo lasciato due vecchine sfoglianti Oggi e Panorama. Che fossero antiche rivali, e avessero aspettato che le lasciassi sole per saltarsi alla gola? Il dentista interruppe le mie indagini chiedendomi quale fosse il problema.
“C'è il molare qui sopra, arcata destra, che fa parecchio male”.
“Ah, è di sopra”.
All'improvviso, come teleguidata da un pensiero, la poltroncina cominciò a ruotare, e la parete coi diplomi che avevo fissato fino a quel momento calò rapida sotto il mio orizzonte. Man mano che il soffitto si rivelava ai miei occhi, le voci del misterioso litigio continuavano ad aumentare d'intensità, finché il mistero non mi fu di colpo svelato.
Fissato al soffitto, a mo' di lampadario, stava un enorme (mi sembrò enorme) televisore al plasma. Sintonizzato su Canale 5. Alle 4 del pomeriggio.
Il gelato del comando
Ecco chi litigava sopra di me: gli Uomini e le Donne di Maria De Filippi si stavano scannando intorno a un tronista. Tutto quello che avevo sempre cercato di non vedere, l'amaro calice televisivo che non avevo mai voluto bere, ora avrei dovuto ingollarlo d'un pezzo, e pagarlo salato. Chiusi gli occhi, cercai di pensare ad altro. Mi concentrai sul rumore del trapano, sul dolore che mordeva i miei nervi, sul mistero della Carie, sullo sfacelo del corpo, sulla vecchiaia e la morte, la mia morte, no fiori ma opere di bene, crematemi – ma nulla riusciva a scacciare quelle voci chiocce e sgraziate dalla mia testa: Passami il gelato, vediamo l'errevuemme, Terry dice che Maicol è un falso, adesso sentiamo cosa dice Maicol.
Ora, mentre cerco di scrivervi cosa penso di Maria De Filippi, quelle voci mi tornano in testa, più fastidiose del mal di denti, e m'impediscono di essere simpatico, ironico e che tu sia maledetta Mariadefilippi, tu e chi ti crede un genio. Intellettuali da caffè che vi si nota di più se la rivalutate – ma l'avete mai vista per una puntata intera, una sua puntata intera di qualsiasi cosa? No, probabilmente a quell'ora state leggendo Heidegger in versione originale. Ma provateci, dai, fatevi legare a una poltrona da dentista, sottoponetevi a questo esperimento, e poi ditemi.
Tutto quello che posso dirvi io è che per quanto si circondi di principianti, la sua professionalità non si nota. Non sa annunciare la pubblicità, che se ci pensate è l'unica cosa che una conduttrice di rumore di fondo pomeridiano dovrebbe saper fare. Questo, e saper creare aspettative nel pubblico – che non è tutta questa fatica, ce la fa persino Dj Francesco, guarda in camera e alza il tono, ma lei no. I casi umani che le arrivano davanti sfilano uno dopo l'altro con lo stesso climax drammatico di una coda in un ambulatorio. Ma voi dite che è un genio, “perché dà alla gente quello che alla gente piace”. Che siate maledetti.
Quando Sabina Gregoretti su segnalazione di Maurizio è venuta a lavorare con me, insisteva nel volermi far conoscere degli autori. 'A cosa servono?', chiedevo. 'Hanno le idee', rispondeva lei. E io: 'Non c'è bisogno'.
Credete che non sappia anch'io cosa piace alla gente? Alla gente piace il popcorn. Fate scoppiare del mais nel suo amido, ci rovesciate sopra più sale possibile, spruzzate un odore sintetico che vi fa salivare, et voilà, avete dato alla gente quello che alla gente piace. Non per questo vengono a darvi le stelle Michelin. Anzi, molti penseranno che state rubando soldi agli adolescenti che non sono in grado di capire cosa è buono davvero e poi si presentano all'età adulta con un fegato sfondato anzitempo.
Lo sanno tutti cosa piace alla gente. Per esempio, su internet vanno molto le tette e i gatti. Ehi, perché mi ostino a scrivere un temino tre volte alla settimana? Non sarei molto più genio se mi limitassi a lincare youporn e lolcatz?
“Eccolo” – mi sembra di sentirli – “il solito elitista snob”. Fottetevi. Anche a me piacciono le tette e il popcorn, finché potevo mangiarne; non per questo ritengo giusto regalare fritti e giornaletti porno ai bambini. E soprattutto non trovo geniale chi lo fa. Trovo odiosa la mancanza di scrupoli di chi specula sui sogni imbecilli dei preadolescenti, e questo odio è un sentimento istintivo che provo da quando ero preadolescente anch'io, e non sopportavo chi mi prendeva in giro. Chissà poi perché tutti gli istinti dei preadolescenti vanno rispettati e onorati tranne i miei.
“Eccolo, il professorino che pretende che la televisione sia di qualità – e magari educativa”. Già, belle pretese. “E cosa ci metteresti al suo posto, documentari di animali? Superquark?” Ma perché no. “No-o! Tu pensi ancora che la tv debba educare, ma la tv non deve educare!” Che i vostri figli male educati vi strozzino nel sonno.
La tv non è che deve o non deve.
La tv educa, per definizione. Non può fare altrimenti. La tv è verticale, non interattiva: una voce sola che parla a tante orecchie, e non può essere interrotta: vi ricorda qualcosa? Tv = maestro domestico, ficcatevelo in testa. Voi che vi drogate di serie americane, non avete mai fatto caso a quanto siano etiche? A come a ogni azione corrisponda una reazione, a una bugia una rivelazione, alla rivelazione un pentimento? E pensate che i telegiornali stiano lì, e non insegnino a nessuno a identificare i problemi o, meglio ancora, i nemici? Non c'è un solo cartone animato, non un solo spot che non cerchi d'insegnarci qualcosa. Persino Maria? Soprattutto Maria.
Maria è il Dipartimento Scuola Educazione del 2000.
Maria insegna a giovani e vecchi l'arte di vivere al giorno d'oggi; arte che consiste prima di tutto nell'acquattarsi alla corte (di Maria), accettare tutto quello che Maria ti propone o ti ingiunge, ringraziando e umettando, implorando che vi si passi il gelato e tramando dietro gli altri cortigiani. Se obbedite al capo, sorridete ai sottocapi e accoltellate i vostri colleghi alle spalle, Maria vi sarà riconoscente. È tutto chiaro? Forse era meglio prendere appunti.
Quando poi si diventa grandi, e passa la voglia di fare i balletti e cantare le canzoni, magari ci si butta nell'unico campo agonistico accessibile agli adulti, la politica, e che succede? Che si va tutti quanti, giovani e vecchi, ad acclamare presidente di partito a vita un signore che nominerà tutte le cariche di quel partito, tutte, finché campa, e camperà. A quel punto uno si chiede: ma che v'è successo a tutti quanti? La chiamate politica quella? Persino il Partito Nazionale Fascista dei tempi aveva raduni più simili a congressi. Unanimi al 99,9%, tutti in cova sotto il capiente culo del galletto in capo. Ma chi vi ha insegnato a comportarvi così?
I più vecchi non lo so, forse qualche nonnetto gerarca. Ma i più giovani, guardali. Hanno una faccia che dice Maria, Maria, Maria, posso dire una cosa?
martedì 24 marzo 2009
ἔνθα δ' ἀνὴρ ἐνίαυε πελώριος, ὅς ῥα τὰ μῆλα
La terra dei ciclopi
Adesso forse possiamo dircelo senza scandalo: non sarebbe un Paese migliore, l'Italia, se portasse agli stranieri in attesa di giudizio lo stesso rispetto che offre ai cani rognosi che uccidono donne e bambini?
Ora, è normale che un uomo che stupra e uccide sia più odioso ai suoi simili di un animale selvaggio. Ma com'è che il signore che applaude il linciaggio del primo rumeno intravisto nel luogo di uno stupro è spesso lo stesso pronto a ribadire che l'animale assassino non va abbattuto ma capito, che è vittima di una politica dissennata che provoca il randagismo, e che quindi la colpa alla lunga tocca sempre all'uomo? Il che non è nemmeno sbagliato, in una prospettiva razionale; ma com'è che siete razionali solo quando vi toccano gli animali?
Perché bisogna sempre fare uno sforzo di capire l'animale, anche quando è rabbioso e ringhia? Perché uno sforzo simile non se lo meriterebbe anche lo straniero povero e non integrato? Forse che anche lui non è un po' vittima di un sistema che non funziona, di circostanze sfavorevoli? No, lui no, lui è una bestia feroce. Va interrogato finché non lo ammette.
Ricordiamoci che nessuna delle due emergenze (randagismo e stupri) è un'emergenza vera: gli stupri non sono in aumento, e i cani italiani mordono meno di quelli svizzeri. Sono entrambe fenomeni mediatici, che procedono da fatti orribili e poi, telegiornale dopo telegiornale, diventano qualcosa di più: messaggi in codice, facilmente decifrabili, che ci annunciano che nessuno è al sicuro. Va bene. Ma poi dovreste spiegarci perché l'emergenza rumeni funziona meglio di quella dei cani. Perché nel secondo caso ci sarà sempre un esperto che fa da contraltare, e che ci spiega che in fondo in fondo il cane non è cattivo e non va abbattuto indiscriminatamente; mentre quando è l'ora di linciare il rumeno un esperto del genere non c'è, non si trova, e anche se si trovasse probabilmente non riusciremmo ad ascoltarlo, ci farebbe troppa rabbia.
Invece l'avvocato dei cani riesce sempre a toccare qualche corda giusta, anche nel cuore di chi ai cani è allergico, come me. Se chiudo gli occhi me lo immagino in camicia di fustagno e cappello di paglia, mentre sentenzia: più conosco gli omini, più voglio bene alle bestie. Questa non è la solita lagna animalista o politically correct, la gente così divora tegami di mezze maniche al sugo di cinghiale. È la saggezza contadina, forse, o forse qualcosa di più antico, di quando eravamo poco più di bestie anche noi: pastori.
Viene in mente Omero, che della nostra terra aveva vaghe nozioni, e dei suoi abitanti forti pregiudizi: mostri deformi e pelosi, in grado di badare agli animali e poco più, incapaci della più elementare forma di civiltà: il rispetto per gli ospiti. Quando l'uomo greco, civile e curioso, arriva sulle nostre spiagge e s'infila nella nostra grotta per scambiare un dono, noi lo facciamo a pezzi e lo mangiamo crudo. Le uniche creature che trattiamo con pietà, persino con tenerezza, sono le nostre greggi, e perfino l'astuto Ulisse deve ricoprirsi di un montone per rimediare da noi una carezza. Forse davvero i ciclopi siamo noi.
Adesso forse possiamo dircelo senza scandalo: non sarebbe un Paese migliore, l'Italia, se portasse agli stranieri in attesa di giudizio lo stesso rispetto che offre ai cani rognosi che uccidono donne e bambini?
Ora, è normale che un uomo che stupra e uccide sia più odioso ai suoi simili di un animale selvaggio. Ma com'è che il signore che applaude il linciaggio del primo rumeno intravisto nel luogo di uno stupro è spesso lo stesso pronto a ribadire che l'animale assassino non va abbattuto ma capito, che è vittima di una politica dissennata che provoca il randagismo, e che quindi la colpa alla lunga tocca sempre all'uomo? Il che non è nemmeno sbagliato, in una prospettiva razionale; ma com'è che siete razionali solo quando vi toccano gli animali?
Perché bisogna sempre fare uno sforzo di capire l'animale, anche quando è rabbioso e ringhia? Perché uno sforzo simile non se lo meriterebbe anche lo straniero povero e non integrato? Forse che anche lui non è un po' vittima di un sistema che non funziona, di circostanze sfavorevoli? No, lui no, lui è una bestia feroce. Va interrogato finché non lo ammette.
Ricordiamoci che nessuna delle due emergenze (randagismo e stupri) è un'emergenza vera: gli stupri non sono in aumento, e i cani italiani mordono meno di quelli svizzeri. Sono entrambe fenomeni mediatici, che procedono da fatti orribili e poi, telegiornale dopo telegiornale, diventano qualcosa di più: messaggi in codice, facilmente decifrabili, che ci annunciano che nessuno è al sicuro. Va bene. Ma poi dovreste spiegarci perché l'emergenza rumeni funziona meglio di quella dei cani. Perché nel secondo caso ci sarà sempre un esperto che fa da contraltare, e che ci spiega che in fondo in fondo il cane non è cattivo e non va abbattuto indiscriminatamente; mentre quando è l'ora di linciare il rumeno un esperto del genere non c'è, non si trova, e anche se si trovasse probabilmente non riusciremmo ad ascoltarlo, ci farebbe troppa rabbia.
Invece l'avvocato dei cani riesce sempre a toccare qualche corda giusta, anche nel cuore di chi ai cani è allergico, come me. Se chiudo gli occhi me lo immagino in camicia di fustagno e cappello di paglia, mentre sentenzia: più conosco gli omini, più voglio bene alle bestie. Questa non è la solita lagna animalista o politically correct, la gente così divora tegami di mezze maniche al sugo di cinghiale. È la saggezza contadina, forse, o forse qualcosa di più antico, di quando eravamo poco più di bestie anche noi: pastori.
Viene in mente Omero, che della nostra terra aveva vaghe nozioni, e dei suoi abitanti forti pregiudizi: mostri deformi e pelosi, in grado di badare agli animali e poco più, incapaci della più elementare forma di civiltà: il rispetto per gli ospiti. Quando l'uomo greco, civile e curioso, arriva sulle nostre spiagge e s'infila nella nostra grotta per scambiare un dono, noi lo facciamo a pezzi e lo mangiamo crudo. Le uniche creature che trattiamo con pietà, persino con tenerezza, sono le nostre greggi, e perfino l'astuto Ulisse deve ricoprirsi di un montone per rimediare da noi una carezza. Forse davvero i ciclopi siamo noi.
lunedì 23 marzo 2009
Faccia da libro
...A cosa stai pensando?
Io avrei anche potuto scrivere un pezzo polemico su Facebook
Io avrei anche potuto scrivere un pezzo polemico su Facebook
(non tanto su facebook in generale, quanto sulla mia pagina di facebook, che non mi assomiglia più)
(proprio come successe alla mia posta elettronica più meno intorno al 2001);
(ora voi non ricordate, piccoli, ma prima del 2001 uno poteva anche andare sulla posta elettronica perché aveva voglia di sentire come stavano i suoi amici);
(poi lo sa Dio cos'è successo:
alcuni amici si sono persi,
altri si sono iscritti alle mailing list sbagliate,
altri sono entrati nei gorghi delle catene di Sant'Antonio,
altri sono diventati i tuoi colleghi o peggio, i tuoi capi, e ricevere i loro messaggi ha smesso di essere divertente;
per non parlare di quando ha cominciato a piovere merda, semplicemente, tonnellate di viagra, cialis, penis enlargement e proposte nigeriane su qualsiasi cosa, e qualche casella di posta elettronica l'abbiamo lasciata andare così, sotto tonnellate di merda, e se lì sotto ci arriva ancora qualche imprevista lettera d'amore... è troppo tardi);
alcuni amici si sono persi,
altri si sono iscritti alle mailing list sbagliate,
altri sono entrati nei gorghi delle catene di Sant'Antonio,
altri sono diventati i tuoi colleghi o peggio, i tuoi capi, e ricevere i loro messaggi ha smesso di essere divertente;
per non parlare di quando ha cominciato a piovere merda, semplicemente, tonnellate di viagra, cialis, penis enlargement e proposte nigeriane su qualsiasi cosa, e qualche casella di posta elettronica l'abbiamo lasciata andare così, sotto tonnellate di merda, e se lì sotto ci arriva ancora qualche imprevista lettera d'amore... è troppo tardi);
(così è con tutte le cose, su internet: bisogna arrivare presto, o comunque un po' prima che arrivi il grosso dell'utenza, perché dopo qualsiasi luogo interessante si trasforma nello stadio prima che canti Vasco Rossi o Irene Pausini, un tritacarne senza molto spazio per la tua individualità);
(ché poi io lo sapevo che sarebbe andata a finire così, infatti su FB non ci volevo nemmeno andare, ho aperto un profilo solo perché volevo capire da dove mi arrivavano gli accessi);
(me ne arrivavano parecchi, in effetti, FB è diventato uno dei posti che manda più lettori al blog di Leonardo, ed è il lettore più prezioso, quello occasionale, quello che arriva sull'onda di un passaparola, e mi sarebbe piaciuto capire l'onda da dove partisse; così ho aperto un profilo e ho scoperto, dannazione, che non si può);
(io in effetti potrei sommergere FB delle solite critiche che si sentono in giro, ma la verità è che l'unica cosa che davvero non mi va è questa: non poter sapere chi sta segnalando il mio prezioso blog ai suoi amici);
(questo mi dà una sensazione come di... avete presente quando ancora si usciva di casa e... vi accorgevate che qualcuno parlava di voi ma non riuscivate a sapere chi... come si diceva... ah, sì, “parlare alle spalle”);
(i più vecchi ricorderanno: una volta la gente parlava di te alle tue spalle, non nel senso che gli davi le spalle fisicamente, ma nel senso che parlavano di te male o bene (di solito male) senza che tu li potessi tracciare! Senza che tu potessi sentire quel che si dicevano! Senza che tu potessi intervenire con un commento! Era ben dura la vita fuori dai network, io me la ricordo);
(ecco, con FB questo si è rimesso a succedere; "avevo quasi dimenticato l'eccitazione del non sapere, il piacere dell'incertezza"... beh, non è divertente).
Bene, avrei potuto scrivere un pezzo sul mio profilo di facebook, che non mi somiglia più (forse per colpa della nuova-grafica-che-non-piace-a-nessuno);
(o forse per colpa mia, che ho accettato chiunque volesse essere mio amico, anche se in verità non è che m'interessassero gli stracazzi di ottanta persone);
(e quindi è inutile che me la prenda con facebook se adesso sulla mia homepage ci sono degli sconosciuti che litigano sui preservativi del Papa o giocano al test “a che questionario inutile assomigli?”);
(se volevi che facebook continuasse a somigliare all'aperitivo coi tuoi amici di 10 anni fa dovevi essere più selettivo);
(ma poi chi lo sa cosa volevi veramente).
...ma proprio mentre stavo pensando a un pezzo così Davide Enia, un attore che non conoscevo, mi ha scritto su facebook, perché lui invece conosceva me e veniva a fare uno spettacolo a pochi chilometri da casa mia; così mi ha invitato;
...ma proprio mentre stavo pensando a un pezzo così Davide Enia, un attore che non conoscevo, mi ha scritto su facebook, perché lui invece conosceva me e veniva a fare uno spettacolo a pochi chilometri da casa mia; così mi ha invitato;
e io ho pensato: mah, non è che abbia molto meglio da fare venerdì sera; così ci sono andato e mi sono divertito tantissimo, perché lui è proprio bravo, e alla fine mi sono fermato a ringraziarlo e mi ha ringraziato anche lui.
Per dire che a volte queste cose succedono. Qualche anno fa succedevano grazie ai blog; oggi piuttosto grazie a FB, ma fin che succedono – e ti svoltano la serata – non ha molto senso lamentarsi. Venerdì, a pochi chilometri da casa mia, in un piccolo teatro c'era un bello spettacolo, e io senza FB non l'avrei mai saputo.
E chissà quante altre cose mi sarei perso senza internet, negli ultimi 15 anni, chissà a questo punto chi sarei: magari uno di quelli che va accalcarsi allo stadio per ascoltare male la costosissima copia dal vivo di un disco brutto. Non ce l'ho con loro, però sono così felice di non essere cresciuto così.
E quindi, insomma, io potrei anche aver scritto un pezzo polemico su Facebook, ma soltanto perché sono un terribile ingrato. Certe volte devo ricordarmi di guardare al lato pieno del bicchiere.
mercoledì 18 marzo 2009
Castrarli non basta
“Buongiorno, io sono Battista. Ti avranno già parlato di me”.
“Beh, sì”.
“Quindi sai cosa ti farò”.
“Sì, certo”.
“Ora, un consiglio: muoviti il meno possibile. Meno ti muovi, e prima facciamo. Immagino che tu abbia fretta, no?”
“Beh, prima finiamo e meglio è”.
“Ecco, appunto. Siedi qui. No, non appoggiare subito la testa, aspetta, devo mettere l'asciugamano”.
“Scusi”.
“Niente. Ora, se hai un attimo di pazienza, il signore qui di fianco deve leggerti la sentenza”.
In nome del popolo italiano, la Corte di assise di appello di Terni alla pubblica udienza del 15/03/2019 (rito accelerato) ha pronunciato la seguente sentenza: visti gli art. 5391, 5423, 5922, 6051 c.p.p., dichiara Gheorganu Vladimir colpevole dell'omicidio di Cavatella Cristina e, concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla circostanza aggravante della premeditazione, condanna il predetto imputato alla decapitazione capillizia.
La decapitazione capillizia
“Ti chiami Gheorganu, ho sentito. Rumeno?”
“Moldavo”.
“Ma pensa. Io ho una suocera dei Carpazi. Sta' fermo”.
“Scusi. Io comunque sono di Kishinev, la capitale”.
“E che ci sei venuto a fare a Terni, ad ammazzare le zitelle...”
“Io in realtà sarei innocente”.
“Sì, sì, dicono tutti così. E allora com'è che hai confessato?”
“Ma io veramente avevo semplicemente chiesto ai carabinieri di tenermi in custodia, perché temevo che la folla mi linciasse”.
“Perché, i carabinieri invece...”
“Sì, ma avevo sempre sentito dire che picchiano di meno, cioè, di solito non ti ammazzano. Anzi, se sei fortunato trovi dei professionisti che stanno anche attenti a non lasciarti i segni”.
“Non è il tuo caso, mi pare”.
“No, in effetti no. Il punto è che questo brigadiere, o maresciallo, che ne so... lui insisteva: noi ti proteggiamo, tu però confessa. E io continuavo a dir di no, insomma, mi ha dovuto spaccare il naso”.
“Sei un tipo testardo”.
“Poi sono riuscito anche a sentire l'avvocato, e lui m'ha detto confessa, cosa aspetti? Sei quello che ha trovato il corpo, sei il vicino di casa e sei pure moldavo, tanto vale che confessi e non ne parliamo più”.
“Complimenti all'avvocato”.
“Davvero. È stato sempre lui a consigliarmi il rito accelerato... diceva che più passa il tempo, più si rischia che salti fuori qualche imprevisto, e così... dopo tre giorni eccomi qui”.
“La giustizia italiana è una delle più rapide al mondo”.
“Sì, però non l'ho uccisa io la Cavatelli”.
“E di che ti lamenti? Cinque anni fa saresti stato lapidato sulla pubblica piazza. Dieci anni fa saresti marcito in una cella in attesa di giudizio, con carabinieri e polizia là fuori a dannarsi per inventarsi prove a tuo carico. Oggi sei qui, ti fai una chiacchierata con me, e tra mezz'ora è tutto finito. Ti lamenti pure?”
“È che questa cosa della decapitazione, veramente, io...”
“Lo so, agli stranieri sembra strana. Eppure c'è un motivo per cui l'applichiamo, e il motivo è che funziona. Vedi, tu non hai l'idea di come fosse l'Italia dieci anni fa...”
“Mah, da quel che ho capito era un Paese insicuro, percorso da bande che uccidevano e stupravano gli innocenti”.
“Sì, più o meno questa è l'idea che passava su tv e internet, e soprattutto sui giornali, a quel tempo c'erano ancora i giornali. Ma la realtà era un po' diversa”.
“Ah sì?”
“Non che fosse il Paese più sicuro e ordinato del mondo, questo proprio no. Alcune regioni erano governate direttamente dalla malavita organizzata, per esempio. Ma furti e omicidi non erano affatto all'ordine del giorno, anzi, stavano diminuendo”.
“E allora perché in tv...”
“Una storia lunga. Devi sapere che a quel tempo l'Italia era governata da un Presidente ricchissimo che aveva preso il potere comprandosi tv e giornali, e insistendo molto sull'emergenza criminalità. Per anni i giornalisti si erano abituati a scrivere di cronaca nera, finché i lettori non si erano convinti di vivere in un Paese travolto dalla microcriminalità. A quel punto ormai il Presidente era riuscito a farsi nominare presidente a vita, e non aveva più bisogno di tutta questa cronaca nera sui giornali. Anzi, cominciava a risultargli controproducente, perché alcuni iniziavano a domandarsi come mai venissero tagliati i fondi alle forze dell'ordine, e le volanti della polizia restassero ferme perché non avevano soldi per la benzina, eccetera”.
“Beh, poteva ordinare ai giornalisti di non parlare più di cronaca”.
“Ci provò, ma quelli ormai non erano in grado di obbedire. Erano cresciuti a cronaca nera, e se gliela toglievi, non sapevano più di cosa scrivere, si mettevano a caricare i video buffi da youtube. Nel frattempo c'era sempre qualche politico rivale o alleato del Presidente, che tentava di cavalcare le stesse ondate periodiche di criminalità che avevano portato il Presidente al potere. La cosa cominciava a essere rischiosa, tanto che il Presidente si ridusse a chiedere ai suoi colleghi all'estero: Sentite, io ho questo problema con l'ondata di stupri. I giornalisti si sono fissati con gli stupri e adesso mettono qualsiasi vecchietta o ragazza ubriaca in prima pagina. Voi in questa situazione cosa fareste?”
“Ma quest'ondata c'era davvero?”
“Statisticamente no, ma la gente non sa che farsene delle statistiche. La gente va con chi abbaia più forte, in Italia come in Europa, e infatti qualche eurocollega spiegò al Presidente: Nel nostro Paese c'erano già quelli che chiedevano la castrazione in piazza, e abbiamo risolto inventando una cosa che si chiama castrazione chimica. Il Presidente all'inizio era sbigottito; l'espressione “castrazione chimica” gli suggeriva l'immagine di testicoli sciolti nell'acido, ma l'eurocollega gli assicurò che non era niente di tutto questo: si trattava di una semplice cura ormonale. Una pillolina che faceva calare il testosterone”.
“E chi la prendeva, poi...”
“Sì, presumo che non gli si rizzasse più”.
“Ma se smetteva di prenderla?”
“Oplà! Tutto come prima”.
“Scusi, io sono un moldavo, e malgrado sia laureato in Lingua e Letteratura Italiana e stia seguendo un corso di specializzazione sulla novellistica trecentesca, certe sfumature della vostra bella lingua ancora mi sfuggono”.
“No, mi sembra che parli meglio di molti nativi”.
“Sì, ma per esempio, il termine castrazione... l'ho sempre associato a... come dire, un taglio netto. Qualcosa che non si rimargina”.
“Quella era la castrazione chirurgica. Irreversibile. Invece la castrazione chimica è reversibile quanto vuoi”.
“Confesso che non lo sapevo”.
“Sì, è una cosa che si preferisce non dire molto in giro”.
“E quindi, tutti quei maniaci sessuali che hanno scelto il rito accelerato e sono stati castrati chimicamente e rimessi in libertà...”
“Hanno tutti l'obbligo di prendere la pillolina”.
“Se se smettono di prenderla?”
“Oplà, maniaci come prima”.
“Ma questo è assurdo”.
“No, non è affatto assurdo. Non ti muovere, o finisce che ti faccio male”.
“Scusi. Però deve ammettere che la castrazione chimica non è una soluzione...”.
“... se il tuo obiettivo è diminuire gli stupri”.
“E non lo è?”
“No, dal momento che non esisteva nessuna ondata di stupri. Era solo un fenomeno mediatico, e quindi bisognava rispondere sul piano mediatico. Il vero obiettivo era tranquillizzare le persone, dire: ok, abbiamo un problema, lo stiamo risolvendo nel modo più severo possibile. Sarebbe stato perfettamente inutile tagliare i testicoli ai maniaci, dal momento che gran parte di loro è violenta con o senza i testicoli. Ma andare in tv e dire: Castriamo i maniaci, questo sì, questo funziona, questo tranquillizza. Cominci a capire?”
“Ahi!”
“Scusa, stavolta è colpa mia. Ti disinfetto”.
“Va bene, e quindi avete cominciato a castrare chimicamente le persone. E poi?”
“E poi, quando abbiamo visto che la cosa funzionava, che i giornalisti si calmavano, che perfino qualche stupratore seriale, un po' impaurito, diradava la sua attività, abbiamo pensato di estendere lo stesso principio. Ad esempio, dopo l'ondata stupri ci fu l'ondata scippi. Qualcuno cominciò a chiedere di ripristinare un editto di millecinquecento anni prima, che avrebbe consentito di tagliare le mani ai ladri. Il Presidente colse la palla al balzo e lanciò la Legge del Taglione Ungulare”.
“Ne ho sentito parlare. Se rubi una borsa ti tagliano le dita, credo”.
“Nooo, macché. Le unghie. Ungulare sta per unghie”.
“Già, avrei dovuto capirlo”.
“I risultati superarono ogni più rosea aspettativa”.
“Gli scippi diminuirono?”
“Chi lo sa? Credo che avessimo perfino smesso di contarli. Il problema non è più la criminalità, ma la criminalità percepita, capisci? Se leggi sul giornale che hanno scippato una vecchietta nel tuo quartiere, percepisci una gran microcriminalità intorno a te. Ma se sullo stesso giornale leggi a caratteri cubitali: LEGGE DEL TAGLIONE PER I LADRI, la tua percezione migliora di colpo”.
“Ma avranno pur dovuto scrivere UNGULARE”.
“Sì, ma più in piccolo. E la gente ormai leggeva solo i titoli. Hai capito adesso?”
“Sì, adesso sì”.
“E allora, vuoi stare un po' fermo? Rasare la cute è meno facile di quel che si pensi, specie con le orecchie che ti trovi”.
“Dunque io sono stato giudicato colpevole di omicidio premeditato e condannato alla decapitazione capillizia per dimostrare alla gente che la giustizia è rapida e sommaria, e non per vendicare la povera Cristina”.
“La vendetta è roba da cafoni, da guappi, noi siamo una postdemocrazia sofisticata. E pensa che c'è chi accusa di essere dei barbari. È l'esatto contrario. C'è gente che ti tortura e lo chiama “interrogatorio”, ma noi, noi ti tagliamo i capelli e la chiamiamo “decapitazione”, ti diamo una pillolina e la chiamiamo “castrazione”: questa è la civiltà. Mascherata da barbarie, ma è pur sempre civiltà”.
“Ma quello che non ho capito è... mettiamo che sia stato io. Mettiamo che io abbia suonato il campanello della Signorina Cavatelli per chiederle se aveva un po' di sale, ché non mi ero accorto di averlo finito”.
“Tutto questo non ci interessa più. Io non sono il giudice, sono il boia”.
“Mettiamo che lei abbia pervicacemente negato di avere il sale in casa, e che la sua ostinazione nel confermare questa ridicola bugia mi abbia reso folle di rabbia. Mettiamo che io abbia vissuto in pochi attimi tutta la frustrazione di uno studente straniero in una città lontana in cui nessuno gli rivolge la parola, nessuno si fida di lui, al punto che nessuno è disposto a prestargli nemmeno la cosa più necessaria e meno cara al mondo, nemmeno il sale. E mettiamo che insomma io abbia visto le mie mani alzarsi sul suo collo e strangolarla. Mettiamo che sia successo...”
“Non è così importante”.
“...da oggi sono libero. Pelato, ma libero. Un assassino calvo in libertà. Questa è la vostra giustizia?”
“Cosa vuoi che ti dica. Molti assassini erano in libertà anche prima. Nessuna giustizia è perfetta, la nostra almeno rassicura qualche cittadino in più... e poi, chissà, al mondo c'è bisogno di tutti; guarda me, quando ci fu la crisi il mondo sembrava non aver più bisogno di così tanti parrucchieri per signore, e invece eccomi qui, faccio il boia”.
“Ma questo cosa c'entra”.
“Se il mondo aveva bisogno persino di me, può darsi che gli sia utile anche qualche assassino in libertà. Metti che qualcuno voglia di nuovo vincere le elezioni, metti che gli serva un'altra emergenza criminalità... qualche stupratore e assassino in giro devi pur tenerlo. Ecco, ho finito. Se vuoi un consiglio, i primi giorni mettiti un berretto. Rischi di prenderti un accidente”.
“Grazie”.
“Dovere. L'uscita è in fondo a destra”.
“Senti... io dovrei prendere un autobus, ma mi hanno sequestrato tutto quanto. Non hai un euro, per caso”.
“Mi dispiace, come vedi non ho niente in tasca. Anzi non ho proprio le taschhhcxcccc”.
Ultim'ora
Vlad Gheorganu, il reo confesso dell'omicidio di Cristina Cavatelli, che proprio stamattina doveva essere sottoposto a decapitazione capillizia, è fuggito dal carcere di massima sicurezza di Terni dopo aver tranciato la gola del boia con un rasoio. Mentre il panico si diffonde in città, il Ministro degli Interni rassicura la popolazione: “Casi del genere, sempre più frequenti, dimostrano l'esigenza di severe misure di controllo della criminalità. Del resto era già mia intenzione presentare nei prossimi giorni un progetto di legge che preveda IL ROGO PER GLI ASSASSINI in effigie”.
(Una spiegazione qui).
“Beh, sì”.
“Quindi sai cosa ti farò”.
“Sì, certo”.
“Ora, un consiglio: muoviti il meno possibile. Meno ti muovi, e prima facciamo. Immagino che tu abbia fretta, no?”
“Beh, prima finiamo e meglio è”.
“Ecco, appunto. Siedi qui. No, non appoggiare subito la testa, aspetta, devo mettere l'asciugamano”.
“Scusi”.
“Niente. Ora, se hai un attimo di pazienza, il signore qui di fianco deve leggerti la sentenza”.
In nome del popolo italiano, la Corte di assise di appello di Terni alla pubblica udienza del 15/03/2019 (rito accelerato) ha pronunciato la seguente sentenza: visti gli art. 5391, 5423, 5922, 6051 c.p.p., dichiara Gheorganu Vladimir colpevole dell'omicidio di Cavatella Cristina e, concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla circostanza aggravante della premeditazione, condanna il predetto imputato alla decapitazione capillizia.
La decapitazione capillizia
“Ti chiami Gheorganu, ho sentito. Rumeno?”
“Moldavo”.
“Ma pensa. Io ho una suocera dei Carpazi. Sta' fermo”.
“Scusi. Io comunque sono di Kishinev, la capitale”.
“E che ci sei venuto a fare a Terni, ad ammazzare le zitelle...”
“Io in realtà sarei innocente”.
“Sì, sì, dicono tutti così. E allora com'è che hai confessato?”
“Ma io veramente avevo semplicemente chiesto ai carabinieri di tenermi in custodia, perché temevo che la folla mi linciasse”.
“Perché, i carabinieri invece...”
“Sì, ma avevo sempre sentito dire che picchiano di meno, cioè, di solito non ti ammazzano. Anzi, se sei fortunato trovi dei professionisti che stanno anche attenti a non lasciarti i segni”.
“Non è il tuo caso, mi pare”.
“No, in effetti no. Il punto è che questo brigadiere, o maresciallo, che ne so... lui insisteva: noi ti proteggiamo, tu però confessa. E io continuavo a dir di no, insomma, mi ha dovuto spaccare il naso”.
“Sei un tipo testardo”.
“Poi sono riuscito anche a sentire l'avvocato, e lui m'ha detto confessa, cosa aspetti? Sei quello che ha trovato il corpo, sei il vicino di casa e sei pure moldavo, tanto vale che confessi e non ne parliamo più”.
“Complimenti all'avvocato”.
“Davvero. È stato sempre lui a consigliarmi il rito accelerato... diceva che più passa il tempo, più si rischia che salti fuori qualche imprevisto, e così... dopo tre giorni eccomi qui”.
“La giustizia italiana è una delle più rapide al mondo”.
“Sì, però non l'ho uccisa io la Cavatelli”.
“E di che ti lamenti? Cinque anni fa saresti stato lapidato sulla pubblica piazza. Dieci anni fa saresti marcito in una cella in attesa di giudizio, con carabinieri e polizia là fuori a dannarsi per inventarsi prove a tuo carico. Oggi sei qui, ti fai una chiacchierata con me, e tra mezz'ora è tutto finito. Ti lamenti pure?”
“È che questa cosa della decapitazione, veramente, io...”
“Lo so, agli stranieri sembra strana. Eppure c'è un motivo per cui l'applichiamo, e il motivo è che funziona. Vedi, tu non hai l'idea di come fosse l'Italia dieci anni fa...”
“Mah, da quel che ho capito era un Paese insicuro, percorso da bande che uccidevano e stupravano gli innocenti”.
“Sì, più o meno questa è l'idea che passava su tv e internet, e soprattutto sui giornali, a quel tempo c'erano ancora i giornali. Ma la realtà era un po' diversa”.
“Ah sì?”
“Non che fosse il Paese più sicuro e ordinato del mondo, questo proprio no. Alcune regioni erano governate direttamente dalla malavita organizzata, per esempio. Ma furti e omicidi non erano affatto all'ordine del giorno, anzi, stavano diminuendo”.
“E allora perché in tv...”
“Una storia lunga. Devi sapere che a quel tempo l'Italia era governata da un Presidente ricchissimo che aveva preso il potere comprandosi tv e giornali, e insistendo molto sull'emergenza criminalità. Per anni i giornalisti si erano abituati a scrivere di cronaca nera, finché i lettori non si erano convinti di vivere in un Paese travolto dalla microcriminalità. A quel punto ormai il Presidente era riuscito a farsi nominare presidente a vita, e non aveva più bisogno di tutta questa cronaca nera sui giornali. Anzi, cominciava a risultargli controproducente, perché alcuni iniziavano a domandarsi come mai venissero tagliati i fondi alle forze dell'ordine, e le volanti della polizia restassero ferme perché non avevano soldi per la benzina, eccetera”.
“Beh, poteva ordinare ai giornalisti di non parlare più di cronaca”.
“Ci provò, ma quelli ormai non erano in grado di obbedire. Erano cresciuti a cronaca nera, e se gliela toglievi, non sapevano più di cosa scrivere, si mettevano a caricare i video buffi da youtube. Nel frattempo c'era sempre qualche politico rivale o alleato del Presidente, che tentava di cavalcare le stesse ondate periodiche di criminalità che avevano portato il Presidente al potere. La cosa cominciava a essere rischiosa, tanto che il Presidente si ridusse a chiedere ai suoi colleghi all'estero: Sentite, io ho questo problema con l'ondata di stupri. I giornalisti si sono fissati con gli stupri e adesso mettono qualsiasi vecchietta o ragazza ubriaca in prima pagina. Voi in questa situazione cosa fareste?”
“Ma quest'ondata c'era davvero?”
“Statisticamente no, ma la gente non sa che farsene delle statistiche. La gente va con chi abbaia più forte, in Italia come in Europa, e infatti qualche eurocollega spiegò al Presidente: Nel nostro Paese c'erano già quelli che chiedevano la castrazione in piazza, e abbiamo risolto inventando una cosa che si chiama castrazione chimica. Il Presidente all'inizio era sbigottito; l'espressione “castrazione chimica” gli suggeriva l'immagine di testicoli sciolti nell'acido, ma l'eurocollega gli assicurò che non era niente di tutto questo: si trattava di una semplice cura ormonale. Una pillolina che faceva calare il testosterone”.
“E chi la prendeva, poi...”
“Sì, presumo che non gli si rizzasse più”.
“Ma se smetteva di prenderla?”
“Oplà! Tutto come prima”.
“Scusi, io sono un moldavo, e malgrado sia laureato in Lingua e Letteratura Italiana e stia seguendo un corso di specializzazione sulla novellistica trecentesca, certe sfumature della vostra bella lingua ancora mi sfuggono”.
“No, mi sembra che parli meglio di molti nativi”.
“Sì, ma per esempio, il termine castrazione... l'ho sempre associato a... come dire, un taglio netto. Qualcosa che non si rimargina”.
“Quella era la castrazione chirurgica. Irreversibile. Invece la castrazione chimica è reversibile quanto vuoi”.
“Confesso che non lo sapevo”.
“Sì, è una cosa che si preferisce non dire molto in giro”.
“E quindi, tutti quei maniaci sessuali che hanno scelto il rito accelerato e sono stati castrati chimicamente e rimessi in libertà...”
“Hanno tutti l'obbligo di prendere la pillolina”.
“Se se smettono di prenderla?”
“Oplà, maniaci come prima”.
“Ma questo è assurdo”.
“No, non è affatto assurdo. Non ti muovere, o finisce che ti faccio male”.
“Scusi. Però deve ammettere che la castrazione chimica non è una soluzione...”.
“... se il tuo obiettivo è diminuire gli stupri”.
“E non lo è?”
“No, dal momento che non esisteva nessuna ondata di stupri. Era solo un fenomeno mediatico, e quindi bisognava rispondere sul piano mediatico. Il vero obiettivo era tranquillizzare le persone, dire: ok, abbiamo un problema, lo stiamo risolvendo nel modo più severo possibile. Sarebbe stato perfettamente inutile tagliare i testicoli ai maniaci, dal momento che gran parte di loro è violenta con o senza i testicoli. Ma andare in tv e dire: Castriamo i maniaci, questo sì, questo funziona, questo tranquillizza. Cominci a capire?”
“Ahi!”
“Scusa, stavolta è colpa mia. Ti disinfetto”.
“Va bene, e quindi avete cominciato a castrare chimicamente le persone. E poi?”
“E poi, quando abbiamo visto che la cosa funzionava, che i giornalisti si calmavano, che perfino qualche stupratore seriale, un po' impaurito, diradava la sua attività, abbiamo pensato di estendere lo stesso principio. Ad esempio, dopo l'ondata stupri ci fu l'ondata scippi. Qualcuno cominciò a chiedere di ripristinare un editto di millecinquecento anni prima, che avrebbe consentito di tagliare le mani ai ladri. Il Presidente colse la palla al balzo e lanciò la Legge del Taglione Ungulare”.
“Ne ho sentito parlare. Se rubi una borsa ti tagliano le dita, credo”.
“Nooo, macché. Le unghie. Ungulare sta per unghie”.
“Già, avrei dovuto capirlo”.
“I risultati superarono ogni più rosea aspettativa”.
“Gli scippi diminuirono?”
“Chi lo sa? Credo che avessimo perfino smesso di contarli. Il problema non è più la criminalità, ma la criminalità percepita, capisci? Se leggi sul giornale che hanno scippato una vecchietta nel tuo quartiere, percepisci una gran microcriminalità intorno a te. Ma se sullo stesso giornale leggi a caratteri cubitali: LEGGE DEL TAGLIONE PER I LADRI, la tua percezione migliora di colpo”.
“Ma avranno pur dovuto scrivere UNGULARE”.
“Sì, ma più in piccolo. E la gente ormai leggeva solo i titoli. Hai capito adesso?”
“Sì, adesso sì”.
“E allora, vuoi stare un po' fermo? Rasare la cute è meno facile di quel che si pensi, specie con le orecchie che ti trovi”.
“Dunque io sono stato giudicato colpevole di omicidio premeditato e condannato alla decapitazione capillizia per dimostrare alla gente che la giustizia è rapida e sommaria, e non per vendicare la povera Cristina”.
“La vendetta è roba da cafoni, da guappi, noi siamo una postdemocrazia sofisticata. E pensa che c'è chi accusa di essere dei barbari. È l'esatto contrario. C'è gente che ti tortura e lo chiama “interrogatorio”, ma noi, noi ti tagliamo i capelli e la chiamiamo “decapitazione”, ti diamo una pillolina e la chiamiamo “castrazione”: questa è la civiltà. Mascherata da barbarie, ma è pur sempre civiltà”.
“Ma quello che non ho capito è... mettiamo che sia stato io. Mettiamo che io abbia suonato il campanello della Signorina Cavatelli per chiederle se aveva un po' di sale, ché non mi ero accorto di averlo finito”.
“Tutto questo non ci interessa più. Io non sono il giudice, sono il boia”.
“Mettiamo che lei abbia pervicacemente negato di avere il sale in casa, e che la sua ostinazione nel confermare questa ridicola bugia mi abbia reso folle di rabbia. Mettiamo che io abbia vissuto in pochi attimi tutta la frustrazione di uno studente straniero in una città lontana in cui nessuno gli rivolge la parola, nessuno si fida di lui, al punto che nessuno è disposto a prestargli nemmeno la cosa più necessaria e meno cara al mondo, nemmeno il sale. E mettiamo che insomma io abbia visto le mie mani alzarsi sul suo collo e strangolarla. Mettiamo che sia successo...”
“Non è così importante”.
“...da oggi sono libero. Pelato, ma libero. Un assassino calvo in libertà. Questa è la vostra giustizia?”
“Cosa vuoi che ti dica. Molti assassini erano in libertà anche prima. Nessuna giustizia è perfetta, la nostra almeno rassicura qualche cittadino in più... e poi, chissà, al mondo c'è bisogno di tutti; guarda me, quando ci fu la crisi il mondo sembrava non aver più bisogno di così tanti parrucchieri per signore, e invece eccomi qui, faccio il boia”.
“Ma questo cosa c'entra”.
“Se il mondo aveva bisogno persino di me, può darsi che gli sia utile anche qualche assassino in libertà. Metti che qualcuno voglia di nuovo vincere le elezioni, metti che gli serva un'altra emergenza criminalità... qualche stupratore e assassino in giro devi pur tenerlo. Ecco, ho finito. Se vuoi un consiglio, i primi giorni mettiti un berretto. Rischi di prenderti un accidente”.
“Grazie”.
“Dovere. L'uscita è in fondo a destra”.
“Senti... io dovrei prendere un autobus, ma mi hanno sequestrato tutto quanto. Non hai un euro, per caso”.
“Mi dispiace, come vedi non ho niente in tasca. Anzi non ho proprio le taschhhcxcccc”.
Ultim'ora
Vlad Gheorganu, il reo confesso dell'omicidio di Cristina Cavatelli, che proprio stamattina doveva essere sottoposto a decapitazione capillizia, è fuggito dal carcere di massima sicurezza di Terni dopo aver tranciato la gola del boia con un rasoio. Mentre il panico si diffonde in città, il Ministro degli Interni rassicura la popolazione: “Casi del genere, sempre più frequenti, dimostrano l'esigenza di severe misure di controllo della criminalità. Del resto era già mia intenzione presentare nei prossimi giorni un progetto di legge che preveda IL ROGO PER GLI ASSASSINI in effigie”.
(Una spiegazione qui).
martedì 17 marzo 2009
Il veleno è in coda
Ode avvelenata al segretario
Tutto sommato sono piuttosto contento di avere rispettato, qualche settimana fa, quell'elementare norma di precauzione che mi ha impedito di attaccare il Segretario Franceschini sin dal primo momento. Perché in fondo una possibilità di fare il leader del Pd non va negata a nessuno; anche se il referendum dell'Assemblea Nazionale tra lui e Parisi non aveva esattamente l'aria di un'investitura democratica.
Se poi siete talmente in malafede da immaginarmi in agguato come un cecchino, pronto a colpire il Segretario al primo errore, come se questa fosse tutta la soddisfazione che può prendersi un blog di sinistra nel 2009... beh, sì, più o meno è andata così, ma a questo punto credo sia ora di scendere a valle e ammettere che fin qui un vero errore non c'è stato: Franceschini sta facendo un buon lavoro. Ha il ritmo, tiene gli spazi, riesce a riconoscere gli argomenti giusti (assegni a disoccupati, i famosi 400 milioni per il referendum che Berlusconi potrebbe risparmiare con un tratto di penna, ecc.). Non che faccia niente di trascendentale, ma, come dice Georg, lui almeno respira, e questa è appunto la novità: sta a vedere che per fare il leader del PD non servivano doti di eccezionale comunicatore. Bastava tirarsi su le maniche e cominciare a comunicare qualcosa.
Gli avrà fatto buon gioco una certa modestia, nell'accettare lo scontro quotidiano che oggi si fa nei panini dei tg. Ai tempi in cui Veltroni sembrava l'Arma Finale della comunicazione politica, molti plaudirono la sua decisione di “stare lontano dalla tv”. In effetti poteva trattarsi di un modo per rompere un certo cerimoniale politico-televisivo, abbassare il salotto di Vespa da Terza Camera della Repubblica a semplice rotocalco del centrodestra, eccetera; e nel frattempo rimettersi a fare la famosa politica nelle sezioni e nelle piazze. Ma Veltroni, oltre a star lontano dalla tv, chiudeva le sezioni e stava abbastanza lontano anche dalle piazze; suggerendo la sensazione, tutte le sere che qualcuno parlava e lui taceva, di essere rintanato da qualche parte a scavare un nuovo spazio per la politica nella quarta dimensione, uno spazio che alla fine, se mai si è aperto, si è richiuso immediatamente su di lui.
Franceschini da Vespa ci andrà (se non ci è già stato – scusatemi, non seguo Vespa). Ha l'umiltà di riconoscere che una guerra è stata persa, e che ora si deve combattere in territorio ostile, non più in piazza ma in tv. Umiltà è la parola, e una volta tirata fuori è difficile non usarla per marchiare i post-democristiani rispetto ai post-comunisti: i secondi sempre un po' troppo sicuri di una vittoria finale, o almeno di un qualche diritto storico all'alternanza al potere, per cui sarebbe bastato piantare una bandierina nel proprio zoccolo duro, ogni settembre stringere qualche mano ai piadinari della Festa dell'Unità, e prima o poi le porte di Palazzo Chigi si sarebbero schiuse di fronte a una necessità storica; i primi molto più rassegnati alla fatica di doversi far perdonare un passato e convincere il prossimo di avere un futuro; senza grandi carismi apparenti, ma gran passatori, che spuntano solo alla distanza: Prodi, Bindi, e adesso Franceschini. Che potrebbe diventare, si parva licet, il Giovanni XXIII del PD: un tale messo lì per prendere tempo, che quatto quatto ne approfitta per stravolgere tutto il palazzo (e salvarlo). Che bella storia.
Ma probabilmente è solo una storia. C'è qualcosa di curioso nella benevolenza che riesco a sentire intorno a Franceschini quando lo vedo in tv, nell'aria intontita dei portavoce PdL che quando si trattava di replicare a Veltroni scattavano, e adesso han l'aria di pugili suonati. Un grande comunicatore non s'improvvisa, e Franceschini fino a un mese fa non lo era. Forse il segretario riesce a bucare il video quasi tutte le sere perché in rai e a mediaset glielo lasciano fare; a Berlusconi in fondo dovrebbe fare abbastanza comodo un segretario paziente e volenteroso, che si accontenti del suo 20% (e che canti vittoria se riporta un 25%) e nel frattempo procrastini a data da destinarsi la ricerca di un candidato carismatico e competitivo.
Ma questa è una paranoia mia. Se Franceschini proseguirà così, mettendo insieme un po' di idee di sinistra con un po' di pragmatica umiltà postdemocristiana, andrà a finire che ce lo teniamo.
Tutto sommato sono piuttosto contento di avere rispettato, qualche settimana fa, quell'elementare norma di precauzione che mi ha impedito di attaccare il Segretario Franceschini sin dal primo momento. Perché in fondo una possibilità di fare il leader del Pd non va negata a nessuno; anche se il referendum dell'Assemblea Nazionale tra lui e Parisi non aveva esattamente l'aria di un'investitura democratica.
Se poi siete talmente in malafede da immaginarmi in agguato come un cecchino, pronto a colpire il Segretario al primo errore, come se questa fosse tutta la soddisfazione che può prendersi un blog di sinistra nel 2009... beh, sì, più o meno è andata così, ma a questo punto credo sia ora di scendere a valle e ammettere che fin qui un vero errore non c'è stato: Franceschini sta facendo un buon lavoro. Ha il ritmo, tiene gli spazi, riesce a riconoscere gli argomenti giusti (assegni a disoccupati, i famosi 400 milioni per il referendum che Berlusconi potrebbe risparmiare con un tratto di penna, ecc.). Non che faccia niente di trascendentale, ma, come dice Georg, lui almeno respira, e questa è appunto la novità: sta a vedere che per fare il leader del PD non servivano doti di eccezionale comunicatore. Bastava tirarsi su le maniche e cominciare a comunicare qualcosa.
Gli avrà fatto buon gioco una certa modestia, nell'accettare lo scontro quotidiano che oggi si fa nei panini dei tg. Ai tempi in cui Veltroni sembrava l'Arma Finale della comunicazione politica, molti plaudirono la sua decisione di “stare lontano dalla tv”. In effetti poteva trattarsi di un modo per rompere un certo cerimoniale politico-televisivo, abbassare il salotto di Vespa da Terza Camera della Repubblica a semplice rotocalco del centrodestra, eccetera; e nel frattempo rimettersi a fare la famosa politica nelle sezioni e nelle piazze. Ma Veltroni, oltre a star lontano dalla tv, chiudeva le sezioni e stava abbastanza lontano anche dalle piazze; suggerendo la sensazione, tutte le sere che qualcuno parlava e lui taceva, di essere rintanato da qualche parte a scavare un nuovo spazio per la politica nella quarta dimensione, uno spazio che alla fine, se mai si è aperto, si è richiuso immediatamente su di lui.
Franceschini da Vespa ci andrà (se non ci è già stato – scusatemi, non seguo Vespa). Ha l'umiltà di riconoscere che una guerra è stata persa, e che ora si deve combattere in territorio ostile, non più in piazza ma in tv. Umiltà è la parola, e una volta tirata fuori è difficile non usarla per marchiare i post-democristiani rispetto ai post-comunisti: i secondi sempre un po' troppo sicuri di una vittoria finale, o almeno di un qualche diritto storico all'alternanza al potere, per cui sarebbe bastato piantare una bandierina nel proprio zoccolo duro, ogni settembre stringere qualche mano ai piadinari della Festa dell'Unità, e prima o poi le porte di Palazzo Chigi si sarebbero schiuse di fronte a una necessità storica; i primi molto più rassegnati alla fatica di doversi far perdonare un passato e convincere il prossimo di avere un futuro; senza grandi carismi apparenti, ma gran passatori, che spuntano solo alla distanza: Prodi, Bindi, e adesso Franceschini. Che potrebbe diventare, si parva licet, il Giovanni XXIII del PD: un tale messo lì per prendere tempo, che quatto quatto ne approfitta per stravolgere tutto il palazzo (e salvarlo). Che bella storia.
Ma probabilmente è solo una storia. C'è qualcosa di curioso nella benevolenza che riesco a sentire intorno a Franceschini quando lo vedo in tv, nell'aria intontita dei portavoce PdL che quando si trattava di replicare a Veltroni scattavano, e adesso han l'aria di pugili suonati. Un grande comunicatore non s'improvvisa, e Franceschini fino a un mese fa non lo era. Forse il segretario riesce a bucare il video quasi tutte le sere perché in rai e a mediaset glielo lasciano fare; a Berlusconi in fondo dovrebbe fare abbastanza comodo un segretario paziente e volenteroso, che si accontenti del suo 20% (e che canti vittoria se riporta un 25%) e nel frattempo procrastini a data da destinarsi la ricerca di un candidato carismatico e competitivo.
Ma questa è una paranoia mia. Se Franceschini proseguirà così, mettendo insieme un po' di idee di sinistra con un po' di pragmatica umiltà postdemocristiana, andrà a finire che ce lo teniamo.
mercoledì 11 marzo 2009
The Marching Morons
Le imprese dell'Onorevole Bambo, 1
Nei corridoi di un Parlamento di un Paese imprecisato, un giorno qualsiasi del 2018:
Toc, toc.
“Non ci sono”. (vvvvvvvroooooooooom)
“Onorevole Bambo, siamo i giornalisti, sa, per l'intervista”.
“Tornate domani, oggi non ci sono”. (vvvvvvvvvvrooooooom)
“Onorevole Bambo, suvvia, è chiaro che lei c'è”.
“Maledizione, da cosa lo avete capito? Comunque sono molto impegnato”.
“Onorevole Bambo, da questa parte della sua porta a vetri si sente distintamente il rumore di... questo è Super-Mario-Car, o sbaglio?”
“Sbaglio! I soliti giornalisti disinformati! Questo è Mario Kart DS!”
“Va bene, onorevole, quindi lei in sostanza sta giocando col nintendo”.
“Certo che ci gioco, è mio!”
“Sì, onorevole, ma questo dimostra che lei non è poi così impegnato”.
“Ma in realtà giusto adesso sta per cominciare una riunione importante”.
“No, lei non ha nessuna riunione importante”.
“Lo saprò ben io”.
“Abbiamo chiesto alla sua segretaria di fissare un giorno senza impegni. Per sicurezza”.
“Ah sì?”
“Lei ci ha detto di venire un pomeriggio qualsiasi, che lei non ha mai impegni dopo mezzogiorno, e di solito a quest'ora è qui a giocare col nintendo”.
“Quella stronza. Va bene, entrate. Si può sapere cosa c'è?”
“Onorevole, noi siamo i primi, ma nel giro di una settimana qua fuori ci sarà la fila. Lei sta per diventare una celebrità tra i deputati, non sappiamo se se ne rende conto”.
“Bene, finalmente le capacità vengono apprezzate”.
“In realtà si tratta semplicemente del suo progetto di legge”.
“Il mio che?”
“Il progetto di legge firmato da lei. Non si ricorda di averne firmato uno?”
“Ma sa, io firmo tante cose... ehi, sentite, chi è che vuole sfidarmi a Mario Kart? Io sono imbattibile!”
“Magari dopo. Onorevole, insomma, la proposta Bambo sulla motorizzazione giovanile...”
“Aaah, forse ho capito, quella cosa di John... ma dovevate dirmelo subito che era per quello, no?”
“Ecco onorevole, giustappunto. Molti di noi hanno trovato curioso che in calce a una proposta di legge sulla motorizzazione, accanto al suo nome, Giampiero Bambo, si trovasse quello dell'amministratore delegato della Fiat, John Elkann”.
“Io non ci trovo niente di male. John è un figo”.
“Sì, però, onorevole...”
“Lui, se lo sfido a Mario Kart, non fa finta di niente. A volte vince perfino. Cioè, in realtà sono io che lo faccio vincere. A voi lo posso dire, tanto siete giornalisti, mica lo andate a dire a nessuno”.
“Onorevole, non c'è nulla di male nell'avere un amministratore delegato della Fiat per compagno di giochi”.
“Ecco, volevo ben dire”.
“Il punto è che non si riesce a capire perché abbia firmato una proposta di legge”.
“Perché scusate, se la firmo io non la poteva firmare lui?”
“No”.
“E perché no?”
“Perché non è un deputato”.
“Ah no?”
“No. Lei è un deputato. È stato eletto dal... dal popolo italiano”.
“Figo!”
“E quindi adesso ha il diritto, la prerogativa... di presentare proposte di legge in parlamento”.
“Ah sì?”
“Sì, lei sì, e infatti in questo caso lo ha fatto. Ma John Elkann no, lui non può”.
“Ho capito. Lui non può perché anche se è un figo nessuno lo ha eletto”.
“Precisamente”.
“Del resto, coi riflessi lenti che ha... meglio così”.
“E quindi, onorevole Bamba, ci aiuti a risolvere questo mistero: perché c'è il nome di John Elkann in calce a una proposta di legge firmata da lei?”
“Uffa, certo che voi giornalisti siete veramente pesanti, eh...”
“C'è anche chi dice, onorevole, che la legge in effetti gliela abbia scritta John Elkann, e che abbia aggiunto il suo nome in fondo per sbaglio. Un lapsus, ha presente i lapsus?”
“Come no, è il fratello di John”.
“Lei poi avrebbe dovuto cancellare il nome di John e sostituirlo col suo, on. Giampiero Bambo... ma non lo ha fatto”.
“E perché?”
“Veramente è quello che le stavamo chiedendo noi, perché? Ci voleva così tanto a togliere il nome da un documento?”
“Ma io non capisco perché avrei dovuto togliere il suo nome, dopo tutta la fatica che ha fatto, poverino”.
“Quindi ammette che la proposta di legge l'ha scritta lui”.
“Lui o uno dei suoi amici coi capelli grigi, va sempre in giro con un mucchio di gente che scrive le cose... ma scusi, che male c'è se un mio amico mi scrive una proposta di legge? Non l'ho mica pagato, eh? L'ha fatto nel suo tempo libero”.
“Onorevole, non è una questione di tempo libero. Lei dovrebbe capire che si tratta di democrazia. Lei è un parlamentare, scrivere le leggi è una sua prerogativa. Non può farle scrivere agli industriali”.
“Ma insomma, se loro insistono che male c'è?”
“C'è un conflitto di interessi, capisce? Si ricorda di cosa parla la legge?”
“Certo! È una legge... ehm....”
“Si concentri”.
“Un aiutino?”
“Onorevole, insomma...”
“Sulla pedofilia! Ecco! Una legge per la pedofilia!”
“?”
“No, in realtà volevo dire, una legge contro la pedofilia. Voi sapete di cosa si tratta, no? Insomma ve lo devo spiegare?”
“No, onorevole, no”.
“Ci sono queste persone cattive nei giardinetti che stuprano i bambini, è questo. La legge parla di questo”.
“Onorevole, ma l'ha letta?”
“Fosse per me li castrerei tutti, eh”.
“Risponda”.
“Massì che l'ho letta, sì! Mi ricordo ancora il titolo”.
“Cosa c'era scritto nel titolo?”
“Ahem... Pedo-legge”.
“Pedo-legge?”
“Sì, era il titolo della legge: Pedo-legge. Oppure era il titolo del file, non mi ricordo, qualcosa del tipo Pedolegge Punto Doc. E voi state a farmi le pulci per una legge contro i pedofili, ma vi rendete conto?”
“Onorevole, la legge non si chiama così”.
“Certo che si chiama così. Adesso mi aspetto delle scuse. Altrimenti comincerò a pensare che voi stiate difendendo i pedofili”.
“Onorevole, senta, la legge non parla di pedofili. La legge estende la validità delle patenti di guida A e B ai minori a partire dai 15 anni”.
“Che è una figata! Magari ci avessi ancora 15 anni, mi prenderei una Ducati Monster e... vrroooooooooom”.
“E inoltre rende obbligatorio l'acquisto e l'immatricolazione di un automezzo a partire dai 15”.
“Vrooooooom, vrooooooooom”
“Non solo, ma secondo una certa interpretazione, la legge farebbe divieto ai minori di percorrere strade e marciapiedi senza l'utilizzo del sovramenzionato automezzo... in pratica non potrebbero più uscire di casa senza guidare una moto o un autoveicolo. Lei conferma?”
“Sì. Ma è per via dei pedofili”.
“Onorevole, insomma, si può sapere cosa c'entrano questi pedofili...”
“Ma non capite? Devo per forza spiegarvi tutto? I minorenni vanno in giro a piedi, alla fine se camminano vicino la strada si respirano tutti i tubi di scappamento! Non va bene! Allora dicono: passiamo per i giardinetti. Solo che nei giardinetti...”
“Ci sono i pedofili?”
“Per forza! Ma scusate, eh, dove vivete voi? Non la guardate la tv? C'è tutti i giorni questa cosa del pedofilo rumeno che stupra la quindicenne ai giardinetti. Ogni santo giorno. Bisognava fare qualcosa, no? Me lo diceva sempre anche John: perché non facciamo qualcosa? E allora io gli ho detto John, aiutami a fare qualcosa. E lui che è un amico vero mi ha aiutato, e adesso finalmente i negri che stuprano se ne torneranno a casa loro grazie alla pedo-legge Bambo, e si può sapere qual è il problema?”
“Vede, onorevole, per molti anni ci siamo interrogati sull'abbassamento culturale della nostra classe politica”.
“Secondo me state solo coprendo i pedofili perché sono un po' ricchioni come voi”.
“Tante volte, di fronte a un politico che agiva come un idiota, o parlava come un idiota, ci siamo detti: è finita. Non si può scendere più in basso”.
“Più in basso c'è sempre tua mamma, toh! Aha, buona questa”.
“...Ma ci sbagliavamo, appunto. Un politico che agisce o parla da idiota per raccattare i voti è un conto, ma il politico veramente idiota... beh, quella è un'altra cosa. Una cosa che ancora non s'era vista”.
“Bla bla bla, non sapete dire altro”.
“Finché un giorno, all'improvviso, siete arrivati. All'inizio in pochi, poi sempre di più. Gli idioti veri. Quelli senza abbellimenti o fioriture. Un piccolo passo per l'Italia...”
“Se non vuoi giocare a Mario Kart c'ho anche il gioco del calcio”.
“...un grande passo verso la fine della democrazia”.
“Ma insomma, ve ne volete andare? Guardate che chiamo il padrone, eh? Che lui è amico di Putin, lo sapete cosa fa Putin ai giornalisti?”
“Non c'è bisogno, ce ne andiamo da soli”.
“Meno male. Uff, che palle questi ricchioni”.
Questo racconto è opera di una fantasia malata, e non è ispirato da nessuna proposta di legge attualmente in discussione in parlamento. Il coinvolgimento di John Elkann è puramente casuale. Nessun politico italiano è stato ferito durante la realizzazione di questo post.
Nei corridoi di un Parlamento di un Paese imprecisato, un giorno qualsiasi del 2018:
Toc, toc.
“Non ci sono”. (vvvvvvvroooooooooom)
“Onorevole Bambo, siamo i giornalisti, sa, per l'intervista”.
“Tornate domani, oggi non ci sono”. (vvvvvvvvvvrooooooom)
“Onorevole Bambo, suvvia, è chiaro che lei c'è”.
“Maledizione, da cosa lo avete capito? Comunque sono molto impegnato”.
“Onorevole Bambo, da questa parte della sua porta a vetri si sente distintamente il rumore di... questo è Super-Mario-Car, o sbaglio?”
“Sbaglio! I soliti giornalisti disinformati! Questo è Mario Kart DS!”
“Va bene, onorevole, quindi lei in sostanza sta giocando col nintendo”.
“Certo che ci gioco, è mio!”
“Sì, onorevole, ma questo dimostra che lei non è poi così impegnato”.
“Ma in realtà giusto adesso sta per cominciare una riunione importante”.
“No, lei non ha nessuna riunione importante”.
“Lo saprò ben io”.
“Abbiamo chiesto alla sua segretaria di fissare un giorno senza impegni. Per sicurezza”.
“Ah sì?”
“Lei ci ha detto di venire un pomeriggio qualsiasi, che lei non ha mai impegni dopo mezzogiorno, e di solito a quest'ora è qui a giocare col nintendo”.
“Quella stronza. Va bene, entrate. Si può sapere cosa c'è?”
“Onorevole, noi siamo i primi, ma nel giro di una settimana qua fuori ci sarà la fila. Lei sta per diventare una celebrità tra i deputati, non sappiamo se se ne rende conto”.
“Bene, finalmente le capacità vengono apprezzate”.
“In realtà si tratta semplicemente del suo progetto di legge”.
“Il mio che?”
“Il progetto di legge firmato da lei. Non si ricorda di averne firmato uno?”
“Ma sa, io firmo tante cose... ehi, sentite, chi è che vuole sfidarmi a Mario Kart? Io sono imbattibile!”
“Magari dopo. Onorevole, insomma, la proposta Bambo sulla motorizzazione giovanile...”
“Aaah, forse ho capito, quella cosa di John... ma dovevate dirmelo subito che era per quello, no?”
“Ecco onorevole, giustappunto. Molti di noi hanno trovato curioso che in calce a una proposta di legge sulla motorizzazione, accanto al suo nome, Giampiero Bambo, si trovasse quello dell'amministratore delegato della Fiat, John Elkann”.
“Io non ci trovo niente di male. John è un figo”.
“Sì, però, onorevole...”
“Lui, se lo sfido a Mario Kart, non fa finta di niente. A volte vince perfino. Cioè, in realtà sono io che lo faccio vincere. A voi lo posso dire, tanto siete giornalisti, mica lo andate a dire a nessuno”.
“Onorevole, non c'è nulla di male nell'avere un amministratore delegato della Fiat per compagno di giochi”.
“Ecco, volevo ben dire”.
“Il punto è che non si riesce a capire perché abbia firmato una proposta di legge”.
“Perché scusate, se la firmo io non la poteva firmare lui?”
“No”.
“E perché no?”
“Perché non è un deputato”.
“Ah no?”
“No. Lei è un deputato. È stato eletto dal... dal popolo italiano”.
“Figo!”
“E quindi adesso ha il diritto, la prerogativa... di presentare proposte di legge in parlamento”.
“Ah sì?”
“Sì, lei sì, e infatti in questo caso lo ha fatto. Ma John Elkann no, lui non può”.
“Ho capito. Lui non può perché anche se è un figo nessuno lo ha eletto”.
“Precisamente”.
“Del resto, coi riflessi lenti che ha... meglio così”.
“E quindi, onorevole Bamba, ci aiuti a risolvere questo mistero: perché c'è il nome di John Elkann in calce a una proposta di legge firmata da lei?”
“Uffa, certo che voi giornalisti siete veramente pesanti, eh...”
“C'è anche chi dice, onorevole, che la legge in effetti gliela abbia scritta John Elkann, e che abbia aggiunto il suo nome in fondo per sbaglio. Un lapsus, ha presente i lapsus?”
“Come no, è il fratello di John”.
“Lei poi avrebbe dovuto cancellare il nome di John e sostituirlo col suo, on. Giampiero Bambo... ma non lo ha fatto”.
“E perché?”
“Veramente è quello che le stavamo chiedendo noi, perché? Ci voleva così tanto a togliere il nome da un documento?”
“Ma io non capisco perché avrei dovuto togliere il suo nome, dopo tutta la fatica che ha fatto, poverino”.
“Quindi ammette che la proposta di legge l'ha scritta lui”.
“Lui o uno dei suoi amici coi capelli grigi, va sempre in giro con un mucchio di gente che scrive le cose... ma scusi, che male c'è se un mio amico mi scrive una proposta di legge? Non l'ho mica pagato, eh? L'ha fatto nel suo tempo libero”.
“Onorevole, non è una questione di tempo libero. Lei dovrebbe capire che si tratta di democrazia. Lei è un parlamentare, scrivere le leggi è una sua prerogativa. Non può farle scrivere agli industriali”.
“Ma insomma, se loro insistono che male c'è?”
“C'è un conflitto di interessi, capisce? Si ricorda di cosa parla la legge?”
“Certo! È una legge... ehm....”
“Si concentri”.
“Un aiutino?”
“Onorevole, insomma...”
“Sulla pedofilia! Ecco! Una legge per la pedofilia!”
“?”
“No, in realtà volevo dire, una legge contro la pedofilia. Voi sapete di cosa si tratta, no? Insomma ve lo devo spiegare?”
“No, onorevole, no”.
“Ci sono queste persone cattive nei giardinetti che stuprano i bambini, è questo. La legge parla di questo”.
“Onorevole, ma l'ha letta?”
“Fosse per me li castrerei tutti, eh”.
“Risponda”.
“Massì che l'ho letta, sì! Mi ricordo ancora il titolo”.
“Cosa c'era scritto nel titolo?”
“Ahem... Pedo-legge”.
“Pedo-legge?”
“Sì, era il titolo della legge: Pedo-legge. Oppure era il titolo del file, non mi ricordo, qualcosa del tipo Pedolegge Punto Doc. E voi state a farmi le pulci per una legge contro i pedofili, ma vi rendete conto?”
“Onorevole, la legge non si chiama così”.
“Certo che si chiama così. Adesso mi aspetto delle scuse. Altrimenti comincerò a pensare che voi stiate difendendo i pedofili”.
“Onorevole, senta, la legge non parla di pedofili. La legge estende la validità delle patenti di guida A e B ai minori a partire dai 15 anni”.
“Che è una figata! Magari ci avessi ancora 15 anni, mi prenderei una Ducati Monster e... vrroooooooooom”.
“E inoltre rende obbligatorio l'acquisto e l'immatricolazione di un automezzo a partire dai 15”.
“Vrooooooom, vrooooooooom”
“Non solo, ma secondo una certa interpretazione, la legge farebbe divieto ai minori di percorrere strade e marciapiedi senza l'utilizzo del sovramenzionato automezzo... in pratica non potrebbero più uscire di casa senza guidare una moto o un autoveicolo. Lei conferma?”
“Sì. Ma è per via dei pedofili”.
“Onorevole, insomma, si può sapere cosa c'entrano questi pedofili...”
“Ma non capite? Devo per forza spiegarvi tutto? I minorenni vanno in giro a piedi, alla fine se camminano vicino la strada si respirano tutti i tubi di scappamento! Non va bene! Allora dicono: passiamo per i giardinetti. Solo che nei giardinetti...”
“Ci sono i pedofili?”
“Per forza! Ma scusate, eh, dove vivete voi? Non la guardate la tv? C'è tutti i giorni questa cosa del pedofilo rumeno che stupra la quindicenne ai giardinetti. Ogni santo giorno. Bisognava fare qualcosa, no? Me lo diceva sempre anche John: perché non facciamo qualcosa? E allora io gli ho detto John, aiutami a fare qualcosa. E lui che è un amico vero mi ha aiutato, e adesso finalmente i negri che stuprano se ne torneranno a casa loro grazie alla pedo-legge Bambo, e si può sapere qual è il problema?”
“Vede, onorevole, per molti anni ci siamo interrogati sull'abbassamento culturale della nostra classe politica”.
“Secondo me state solo coprendo i pedofili perché sono un po' ricchioni come voi”.
“Tante volte, di fronte a un politico che agiva come un idiota, o parlava come un idiota, ci siamo detti: è finita. Non si può scendere più in basso”.
“Più in basso c'è sempre tua mamma, toh! Aha, buona questa”.
“...Ma ci sbagliavamo, appunto. Un politico che agisce o parla da idiota per raccattare i voti è un conto, ma il politico veramente idiota... beh, quella è un'altra cosa. Una cosa che ancora non s'era vista”.
“Bla bla bla, non sapete dire altro”.
“Finché un giorno, all'improvviso, siete arrivati. All'inizio in pochi, poi sempre di più. Gli idioti veri. Quelli senza abbellimenti o fioriture. Un piccolo passo per l'Italia...”
“Se non vuoi giocare a Mario Kart c'ho anche il gioco del calcio”.
“...un grande passo verso la fine della democrazia”.
“Ma insomma, ve ne volete andare? Guardate che chiamo il padrone, eh? Che lui è amico di Putin, lo sapete cosa fa Putin ai giornalisti?”
“Non c'è bisogno, ce ne andiamo da soli”.
“Meno male. Uff, che palle questi ricchioni”.
Questo racconto è opera di una fantasia malata, e non è ispirato da nessuna proposta di legge attualmente in discussione in parlamento. Il coinvolgimento di John Elkann è puramente casuale. Nessun politico italiano è stato ferito durante la realizzazione di questo post.
martedì 10 marzo 2009
Se Pagliacci non ridesse più
Chi guarda Watchmen
Credo che esistano due tipi di capolavoro. Il primo è quello che rimane: magari nei primi tempi si fa fatica a distinguerlo dal sottobosco in cui è cresciuto; poi con gli anni e i secoli tutto intorno il paesaggio si semplifica e il capolavoro resta lì, un monumento nel deserto. Se devo fare un esempio – visto che siamo in giorni di celebrazioni kubrickiane – 2001 Odissea nello Spazio mi sembra una capolavoro di questo tipo: ammesso e concesso che qualcuno abbia potuto confonderlo nel 1969 per un qualsiasi film di astronavi, quello che lascia sbalordito lo spettatore oggi e continuerà a sbalordirlo per molti anni è la sensazione di trovarsi di fronte a un manufatto unico, spuntato un po' dal nulla, e senza epigoni di sorta; il che storicamente non è vero, 2001 scatenò una ridda di pseudo-sequel e influenzò pesantemente anche l'immaginario cinematografico e televisivo (vedi Space 1999): ma tutte queste cose difficilmente resteranno (soprattutto Spazio 1999 è destinato a essere inghiottito dal pietoso Oblio); 2001 invece resterà, una specie di monolito venuto dal nulla e che al nulla torna. Questo è un primo tipo di capolavoro.
Poi ci sono i capolavori che scompaiono nel sottobosco che hanno contribuito a far fermentare: quei dischi cosiddetti “seminali” conosciuti solo da qualche addetto ai lavori, che al giorno d'oggi suonano esattamente come migliaia di altri dischi – salvo che sono usciti dodici mesi prima. Il loro ruolo è stato fondamentale, ma per apprezzarli bisogna avere un sesto senso che non tutti hanno; il senso della storia, del tempo, la quarta dimensione in cui l'assolo di Tom Verlaine suona davvero meglio degli altri perché la sua chitarra suonava già così nel 1974! Al che qualcuno risponderà chi se ne frega, basta che suoni quella certa frequenza e quelle note, e l'esperienza estetica dovrebbe essere identica; tanto più che tu non sei al CBGB nel 1974, ma in casa tua davanti a un impianto stereo, e quindi questo tuo cosiddetto “senso della storia” puzza un tantinello di feticismo. Senza dubbio.
In realtà tutto questo non vi interessa un granché, voi volevate soltanto sapere se vale la pena andare a vedere Watchmen. No, naturalmente, non vale mai la pena di andare a vedere un adattamento cinematografico di qualcosa che per voi è un capolavoro. Come faccio a sapere che Watchmen per voi è un capolavoro? Che io sappia, non c'è nessuno che sia riuscito a leggerlo fino alla fine che non lo reputi tale. Gli altri, che non apprezzano i fumetti di giustizieri in costumi colorati, o non apprezzano i fumetti tout court, hanno già smesso di leggere. Siete rimasti solo voi, capito? Quindi, la risposta è no: non vale la pena. D'altro canto lo vedrete lo stesso, no? Come se aveste possibilità di scelta. Non siete che burattini, e anch'io: al massimo sono un burattino che vede qualche filo in più.
Chi conosce Watchmen sa che non aveva nessuna possibilità di essere reso al meglio sul grande schermo. La storia è troppo lunga e troppo intimamente fumettistica; e negli ultimi anni abbiamo avuto fin troppe occasioni per accorgerci che brutto effetto facciano le graphic novel d'azione in tre dimensioni. Banalmente: Wolverine che salta sui tetti a pagoda e in pochi graffi ammazza centinaia di sicari della Mano, sulla tavola di Miller, crea un gradevole effetto grafico, con vaghe reminiscenze nell'arte nipponica bla-bla. Ma se prendi una scena del genere e provi a farla recitare da attori veri, in Sin City o persino Kill Bill 1, ti trovi davanti a una scena che è pacchiana in modo imbarazzante, e non hai nemmeno a confortarti l'amico gay con l'alibi del camp sempre pronto, perché a lui questa roba non piace. In questo caso saltare dalle due alle tre dimensioni significa passare dal paginone di Playboy alla bambola gonfiabile: a qualcuno potrà piacere, ma no, non è un progresso.
D'altro canto, chi conosce Watchmen non vuole veramente vedere qualcosa di cinematograficamente superiore a Watchmen: rifletteteci bene, sarebbe un'offesa. Se andrete a vedere un film del genere (e ci andrete, dai), non è per conoscere una storia che avete appena finito di rileggere, ma per celebrare un capolavoro che vuol dire molto per voi, e poco per tante persone da cui volete distinguervi. Se amate Watchmen amate un certo tipo di fumetto; se amate quel certo tipo di fumetto siete intimamente convinti che la graphic novel sia arte, forse l'unica vera arte, quella in cui basta saper maneggiare la matita per farci provare la sensazione della fine del mondo. Il cinema, coi suoi prodigiosi effetti digitali, non potrà restituirci l'emozione intellettuale che ci siamo costruiti da soli, legando una vignetta all'altra; nessuna scena d'azione avrà mai l'eleganza del paginone centrale di Infernale Simmetria. Voi andrete a vedere Watchmen per il gusto sadico di vedere Hollywood che dilapida denari per ottenere con costosi effetti speciali quello che Gibbons rendeva (meglio) con qualche tratto d'inchiostro di china. Un regista geniale, provvisto di pensiero laterale, avrebbe reciso il nodo gordiano e stravolto la storia, ma noi non volevamo veramente questo: volevamo un regista che cercasse di fare il suo compitino in modo dignitoso, sicché alla fine potessimo uscire ripetendo, soddisfatti, che il fumetto, beh, il fumetto è un'altra cosa. Missione compiuta, ma resta un dubbio: chi non conosceva Watchmen, come lo troverà?
Conclusione: voi ci andrete, è già scritto forse nel vostro dna. Comprare il biglietto sarà come comprare quell'action figure da collezione che poi se ne starebbe a prendere polvere su una mensola per il resto della vostra sgocciolante giovinezza. Ma fate un favore al vostro amico che non sa chi sono i Watchmen: lasciatelo a casa. Lui non si merita l'ennesimo action movie di personaggi un po' mostruosi un po' ridicoli che salvano il mondo, in un modo appena un po' meno ortodosso del solito. Tutto quello che potete fare per lui è prestargli Watchmen, quello vero, ma probabilmente non lo leggerà.
Non gli piacciono i fumetti, tutto qui.
Credo che esistano due tipi di capolavoro. Il primo è quello che rimane: magari nei primi tempi si fa fatica a distinguerlo dal sottobosco in cui è cresciuto; poi con gli anni e i secoli tutto intorno il paesaggio si semplifica e il capolavoro resta lì, un monumento nel deserto. Se devo fare un esempio – visto che siamo in giorni di celebrazioni kubrickiane – 2001 Odissea nello Spazio mi sembra una capolavoro di questo tipo: ammesso e concesso che qualcuno abbia potuto confonderlo nel 1969 per un qualsiasi film di astronavi, quello che lascia sbalordito lo spettatore oggi e continuerà a sbalordirlo per molti anni è la sensazione di trovarsi di fronte a un manufatto unico, spuntato un po' dal nulla, e senza epigoni di sorta; il che storicamente non è vero, 2001 scatenò una ridda di pseudo-sequel e influenzò pesantemente anche l'immaginario cinematografico e televisivo (vedi Space 1999): ma tutte queste cose difficilmente resteranno (soprattutto Spazio 1999 è destinato a essere inghiottito dal pietoso Oblio); 2001 invece resterà, una specie di monolito venuto dal nulla e che al nulla torna. Questo è un primo tipo di capolavoro.
Poi ci sono i capolavori che scompaiono nel sottobosco che hanno contribuito a far fermentare: quei dischi cosiddetti “seminali” conosciuti solo da qualche addetto ai lavori, che al giorno d'oggi suonano esattamente come migliaia di altri dischi – salvo che sono usciti dodici mesi prima. Il loro ruolo è stato fondamentale, ma per apprezzarli bisogna avere un sesto senso che non tutti hanno; il senso della storia, del tempo, la quarta dimensione in cui l'assolo di Tom Verlaine suona davvero meglio degli altri perché la sua chitarra suonava già così nel 1974! Al che qualcuno risponderà chi se ne frega, basta che suoni quella certa frequenza e quelle note, e l'esperienza estetica dovrebbe essere identica; tanto più che tu non sei al CBGB nel 1974, ma in casa tua davanti a un impianto stereo, e quindi questo tuo cosiddetto “senso della storia” puzza un tantinello di feticismo. Senza dubbio.
In realtà tutto questo non vi interessa un granché, voi volevate soltanto sapere se vale la pena andare a vedere Watchmen. No, naturalmente, non vale mai la pena di andare a vedere un adattamento cinematografico di qualcosa che per voi è un capolavoro. Come faccio a sapere che Watchmen per voi è un capolavoro? Che io sappia, non c'è nessuno che sia riuscito a leggerlo fino alla fine che non lo reputi tale. Gli altri, che non apprezzano i fumetti di giustizieri in costumi colorati, o non apprezzano i fumetti tout court, hanno già smesso di leggere. Siete rimasti solo voi, capito? Quindi, la risposta è no: non vale la pena. D'altro canto lo vedrete lo stesso, no? Come se aveste possibilità di scelta. Non siete che burattini, e anch'io: al massimo sono un burattino che vede qualche filo in più.
Chi conosce Watchmen sa che non aveva nessuna possibilità di essere reso al meglio sul grande schermo. La storia è troppo lunga e troppo intimamente fumettistica; e negli ultimi anni abbiamo avuto fin troppe occasioni per accorgerci che brutto effetto facciano le graphic novel d'azione in tre dimensioni. Banalmente: Wolverine che salta sui tetti a pagoda e in pochi graffi ammazza centinaia di sicari della Mano, sulla tavola di Miller, crea un gradevole effetto grafico, con vaghe reminiscenze nell'arte nipponica bla-bla. Ma se prendi una scena del genere e provi a farla recitare da attori veri, in Sin City o persino Kill Bill 1, ti trovi davanti a una scena che è pacchiana in modo imbarazzante, e non hai nemmeno a confortarti l'amico gay con l'alibi del camp sempre pronto, perché a lui questa roba non piace. In questo caso saltare dalle due alle tre dimensioni significa passare dal paginone di Playboy alla bambola gonfiabile: a qualcuno potrà piacere, ma no, non è un progresso.
D'altro canto, chi conosce Watchmen non vuole veramente vedere qualcosa di cinematograficamente superiore a Watchmen: rifletteteci bene, sarebbe un'offesa. Se andrete a vedere un film del genere (e ci andrete, dai), non è per conoscere una storia che avete appena finito di rileggere, ma per celebrare un capolavoro che vuol dire molto per voi, e poco per tante persone da cui volete distinguervi. Se amate Watchmen amate un certo tipo di fumetto; se amate quel certo tipo di fumetto siete intimamente convinti che la graphic novel sia arte, forse l'unica vera arte, quella in cui basta saper maneggiare la matita per farci provare la sensazione della fine del mondo. Il cinema, coi suoi prodigiosi effetti digitali, non potrà restituirci l'emozione intellettuale che ci siamo costruiti da soli, legando una vignetta all'altra; nessuna scena d'azione avrà mai l'eleganza del paginone centrale di Infernale Simmetria. Voi andrete a vedere Watchmen per il gusto sadico di vedere Hollywood che dilapida denari per ottenere con costosi effetti speciali quello che Gibbons rendeva (meglio) con qualche tratto d'inchiostro di china. Un regista geniale, provvisto di pensiero laterale, avrebbe reciso il nodo gordiano e stravolto la storia, ma noi non volevamo veramente questo: volevamo un regista che cercasse di fare il suo compitino in modo dignitoso, sicché alla fine potessimo uscire ripetendo, soddisfatti, che il fumetto, beh, il fumetto è un'altra cosa. Missione compiuta, ma resta un dubbio: chi non conosceva Watchmen, come lo troverà?
Watchmen Saturday Morning Cartoon - watch more funny videos
Ho la sensazione che non lo troverà un granché; e non per colpa del regista, che il suo compitino lo ha svolto sforbiciando la storia con affetto e perfino una certa eleganza. Perché Watchmen, temo, è uno di quei capolavori che col tempo lentamente scompaiono. Supereroi in contesti realistici? Uomini in costume come maniaci assassini o con disturbi sessuali? Intreccio polimorfo e congegnato come un meccanismo a orologeria? La trama come seduta analitica, dove sarà il matto a guarire lo strizzacervelli dalla sua mania di sorridere al mondo? Mostri tentacolari talmente smisurati che non si possono vedere in una sola inquadratura? Episodi decentrati su tutti i personaggi, con flash-back continui e svolte nodali riprese da più punti di vista? Episoldio-coccodrillo con lo stesso personaggio visto in periodi diversi dai punti di vista degli altri personaggi? Un'organizzazione illuminata che cerca di salvare l'umanità da sé stessa? I mass-media sfruttati un po' come narratore onnisciente, un po' come coro greco? E sento già qualcuno che sbadiglia: ancora questa roba? Ma come, è moneta corrente ormai. Sui fumetti, in tv, al cinema, non si fa altro da anni. Precisamente. Tanto più sembra incredibile che sia stato Alan Moore a inventare tutto questo, e lo pagavano solo per scrivere un fumetto di uomini in mantello: dodici episodi, neanche 400 tavole, una quantità di invenzioni impressionanti (i meravigliosi titoli d'apertura suggeriscono che Moore abbia inventato perfino il forrest-gumpismo, la riduzione del Novecento a un canone di Personaggi Illustri e Fatti Celebri). Watchmen lo conoscono relativamente in pochi, e quei pochi per apprezzarlo devono sempre più far ricorso a quel famoso Senso della Storia: ormai la battuta “Anche Hitler era vegetariano” la sanno fare anche i comici italiani, ma è di Rorschach, è sua originale. La spilletta con lo Smile ha fatto il suo tempo, ma Watchmen era in edicola due anni prima della Summer of love. E così via. A volte, quando mi sento a corto di idee, penso a come si deve sentire Moore in momenti simili. Io posso pur sempre copiare, chiunque può copiare da Moore, ma cosa accadrà quando lui non riuscirà più a inventarsi niente? Quando il clown Pagliacci non troverà più niente da ridere? Conclusione: voi ci andrete, è già scritto forse nel vostro dna. Comprare il biglietto sarà come comprare quell'action figure da collezione che poi se ne starebbe a prendere polvere su una mensola per il resto della vostra sgocciolante giovinezza. Ma fate un favore al vostro amico che non sa chi sono i Watchmen: lasciatelo a casa. Lui non si merita l'ennesimo action movie di personaggi un po' mostruosi un po' ridicoli che salvano il mondo, in un modo appena un po' meno ortodosso del solito. Tutto quello che potete fare per lui è prestargli Watchmen, quello vero, ma probabilmente non lo leggerà.
Non gli piacciono i fumetti, tutto qui.
venerdì 6 marzo 2009
La strategia del verme
A sinistra tira un'aria di ritirata strategica, non so se ci avete fatto caso. Basta leggere sociologi autorevoli come Diamanti, o blogger autorevoli come Trino (su Inkiostro, il blog dell'anno). In mezzo a tutto questo, mi capita di trovare in mezzo al mio antispam questo "comunicato", che probabilmente dovrei cancellare... e invece no, è da una settimana che non so cosa scrivere, ve lo copincollo e vediamo cosa succede.
Amico, compagno, anche semplice conoscente:
Questo comunicato ti è stato inviato da una persona fidata, che ti conosce come persona “di sinistra”. Per favore, non cominciare a obiettare sulla definizione di sinistra, su cosa sia la sinistra per te che non è per tutti quelli un po' diversi da te... lo sappiamo, è una storia lunga. Chi ti ha mandato questo comunicato sa che il partito in cui ti riconosci (ammesso che ti sia mai riconosciuto in qualcosa di così ottocentesco come un partito) non esiste più da due, dieci, venticinque anni; oppure esiste ancora degradato a cifra simbolica con una patetica esistenza extraparlamentare. Se ti riconosci in tutto questo, continua a leggere.
Leggi a fondo e poi, per favore, cancella. Sappiamo che questa è una prassi ormai sconosciuta, che il tuo hard disk per quel che ne sai potrebbe contenere ancora la mail con cui dieci anni fa invitavi per la prima volta fuori la tipa a cui adesso paghi gli alimenti; sappiamo. In realtà è abbastanza difficile che in futuro questo comunicato potrà essere usato contro di te. È una catena come tante; non contiene foto di minorenni, passerà inosservata. Ma la rivoluzione passa anche dal recupero di oggetti desueti, come il Cestino; e di una certa salutare aria di clandestinità che abbiamo smesso da un bel po' di respirare. Certo, ormai su facebook siamo tutti “amici”... no, ma va tutto bene, continua pure a usare fb, a pubblicarti le foto segnaletiche da solo... tutto questo (lo scoprirai in fondo) ha una sua utilità. Cerchiamo però di separare le cose “sociali” da... quelle serie, ok? Perché in fondo quello che ti chiediamo, compagno, è tutto qui: passare alla clandestinità.
Aspetta. Non ti chiediamo di mollare famiglia, lavoro e affetti... anche se magari ne hai una gran voglia, sì, ma non è il nostro caso, ci dispiace. Se l'Italia ti fa schifo e vuoi mollare, molla, cancellaci e fai finta di non averci mai letto, comprati un biglietto d'aereo e fatti trovare ogni tanto alle pizzate di Severgnini. No. Quello che ti proponiamo è di mantenere il tuo lavoro, la tua famiglia, il tuo posto nella società (annesso profilo facebook), ma nel frattempo... di sdoppiarti un po'. Avrai una tua piccola vita segreta. Sì, diventerai un cospiratore. Per il bene della tua nazione. Pensaci.
Non si tratta nemmeno di commettere grossi crimini, per ora. Se ti è già capitato di passare col rosso o dire qualche bugia alla mamma possiedi già tutta l'elasticità morale che ci serve. In effetti, si tratta per lo più di dire bugie. Parecchie. E – cosa un po' più delicata – di continuare a dirle per per mesi o per anni, senza però cominciare a crederci. Grandi uomini del nostro passato non ce l'hanno fatta, tu ci riuscirai? Non lo sappiamo, ma a questo punto comunque non abbiamo molto da perdere.
Compagno. Guardiamoci negli occhi. La sinistra in Italia ha perso la guerra. L'ha persa da anni, ormai: forse da quando il PCI è venuto meno al suo ruolo di partito di massa, oppure forse no, chi lo sa, ma per favore non litighiamo sul passato: è passato. Quello che onestamente potevamo aspettarci da Veltroni era una resa onorevole, che non c'è stata. Dopo vent'anni di lotte, l'impero mediatico di Berlusconi è più saldo che mai, e noi viviamo in una realtà virtuale confezionata tra Cologno Monzese e Saxa Rubra. Tutto questo potrà anche sembrarti un po' esagerato, ma se dai un'occhiata a qualsiasi tg sai che è vero: i nostri incubi di quindici anni fa si sono avverati. È che un incubo, a furia di viverci dentro, comincia a sembrare un po' meno brutto, in fin dei conti persino abitabile, e così... a lungo andare ci siamo accomodati. Ti sei scavato la tua nicchia confortevole, come un vermiciattolo nella mela marcia, è così? Hai foderato la tua tana coi tuoi dischi/libri/film preferiti, non è vero?
Ebbene, compagno, non ti biasimeremo per questo. Anzi! Hai fatto bene! Col tuo gesto apparentemente individualista e snob, ci hai mostrato la via. Comincia a pensare ai tuoi anni zero come se li avessi passati nel tuo bozzolo personale, fabbricato con la tua bava, in attesa che ti si schiudessero le ali! Ora che tutti ormai ti conoscono come un individualista disincantato, uno che non s'interessa di politica da una vita, ecco questo è il momento di passare alla fase B. Di passare in clandestinità. Di infiltrarsi.
Perché è di questo che stiamo parlando, compagno. La rivoluzione ricomincia da qui. Fuori dagli steccatini ridicoli con cui Ferrero o Vendola difendono il loro zero per cento. Fuori dal partito ex di sinistra, liquidato dal democristiano Franceschini. Gente che nei loro bunker tratta ancora sulle condizioni di una resa che nei fatti è già incondizionata. Il futuro è altrove. Nei giovani che nei prossimi anni andranno a votare, e si troveranno a scegliere tra Berlusconi, Lega e Neofascisti. Ebbene, compagno, lì devono trovare noi. Dobbiamo infiltrarci. Entrare nel PdL, nella Lega, nei Fasci. Non è poi così difficile. Dopo un po' potresti persino trovarlo divertente.
Prova a immaginarti, Compagno, mentre vai a informarti in comune: “voglio anch'io entrare in una Ronda, come si fa?” Difficile che si mettano a indagare sul tuo confuso passato di sinistroide, e anche se fosse? Il fatto che hai cambiato idea non è la migliore dimostrazione che stanno vincendo? Compagno, se si tratta di farsi qualche giro di notte nei quartieri, tu sei in grado di farcela come chiunque altro. E se anche solo venti grammi del tuo cervello funzionano ancora bene, nella Lega dovresti far carriera.
E se la Lega al tuo paese non c'è, ci saranno bene i fascisti, no? Quelli sono un po' più impegnativi, perché hanno questa fissa coi libri da leggere... Pound, i futuristi... ma parliamoci chiaro, in due serate su wikipedia dovresti essere in grado di sostenere una conversazione sui massimi sistemi. Tutto quello che devi dimostrare è di essere un tipo quadrato e pieno di voglia di fare. Non devi per forza scalare i vertici: cerca di infilarti nel reparto Reclutamento. Fatti trovare sempre dove arrivano i ragazzini. Coi trentenni è già impossibile ragionare.
E una volta che sarai lì... simula certezze, semina dubbi. Pensi che sarà difficile? Non sarà difficile. Tanti quadri del grande Pci sono usciti dalla Gioventù universitaria fascista. Basta una mela marcia a rovinare un raccolto: comincia a pensare a te stesso come a quella mela marcia.
Tutto chiaro? Ora cancella, e aspetta istruzioni. Chi ti ha contattato si farà vivo. Se ti accorgi che è un po' cambiato, che sta frequentando gente impresentabile, che gira di notte con una camicia buffa e saluta alzando la mano... non preoccuparti.
Sta andando tutto bene.
Partito Resistente Clandestino (nome provvisorio)
Comunicato #1 - Marzo 2009
Questo comunicato ti è stato inviato da una persona fidata, che ti conosce come persona “di sinistra”. Per favore, non cominciare a obiettare sulla definizione di sinistra, su cosa sia la sinistra per te che non è per tutti quelli un po' diversi da te... lo sappiamo, è una storia lunga. Chi ti ha mandato questo comunicato sa che il partito in cui ti riconosci (ammesso che ti sia mai riconosciuto in qualcosa di così ottocentesco come un partito) non esiste più da due, dieci, venticinque anni; oppure esiste ancora degradato a cifra simbolica con una patetica esistenza extraparlamentare. Se ti riconosci in tutto questo, continua a leggere.
Leggi a fondo e poi, per favore, cancella. Sappiamo che questa è una prassi ormai sconosciuta, che il tuo hard disk per quel che ne sai potrebbe contenere ancora la mail con cui dieci anni fa invitavi per la prima volta fuori la tipa a cui adesso paghi gli alimenti; sappiamo. In realtà è abbastanza difficile che in futuro questo comunicato potrà essere usato contro di te. È una catena come tante; non contiene foto di minorenni, passerà inosservata. Ma la rivoluzione passa anche dal recupero di oggetti desueti, come il Cestino; e di una certa salutare aria di clandestinità che abbiamo smesso da un bel po' di respirare. Certo, ormai su facebook siamo tutti “amici”... no, ma va tutto bene, continua pure a usare fb, a pubblicarti le foto segnaletiche da solo... tutto questo (lo scoprirai in fondo) ha una sua utilità. Cerchiamo però di separare le cose “sociali” da... quelle serie, ok? Perché in fondo quello che ti chiediamo, compagno, è tutto qui: passare alla clandestinità.
Aspetta. Non ti chiediamo di mollare famiglia, lavoro e affetti... anche se magari ne hai una gran voglia, sì, ma non è il nostro caso, ci dispiace. Se l'Italia ti fa schifo e vuoi mollare, molla, cancellaci e fai finta di non averci mai letto, comprati un biglietto d'aereo e fatti trovare ogni tanto alle pizzate di Severgnini. No. Quello che ti proponiamo è di mantenere il tuo lavoro, la tua famiglia, il tuo posto nella società (annesso profilo facebook), ma nel frattempo... di sdoppiarti un po'. Avrai una tua piccola vita segreta. Sì, diventerai un cospiratore. Per il bene della tua nazione. Pensaci.
Non si tratta nemmeno di commettere grossi crimini, per ora. Se ti è già capitato di passare col rosso o dire qualche bugia alla mamma possiedi già tutta l'elasticità morale che ci serve. In effetti, si tratta per lo più di dire bugie. Parecchie. E – cosa un po' più delicata – di continuare a dirle per per mesi o per anni, senza però cominciare a crederci. Grandi uomini del nostro passato non ce l'hanno fatta, tu ci riuscirai? Non lo sappiamo, ma a questo punto comunque non abbiamo molto da perdere.
Compagno. Guardiamoci negli occhi. La sinistra in Italia ha perso la guerra. L'ha persa da anni, ormai: forse da quando il PCI è venuto meno al suo ruolo di partito di massa, oppure forse no, chi lo sa, ma per favore non litighiamo sul passato: è passato. Quello che onestamente potevamo aspettarci da Veltroni era una resa onorevole, che non c'è stata. Dopo vent'anni di lotte, l'impero mediatico di Berlusconi è più saldo che mai, e noi viviamo in una realtà virtuale confezionata tra Cologno Monzese e Saxa Rubra. Tutto questo potrà anche sembrarti un po' esagerato, ma se dai un'occhiata a qualsiasi tg sai che è vero: i nostri incubi di quindici anni fa si sono avverati. È che un incubo, a furia di viverci dentro, comincia a sembrare un po' meno brutto, in fin dei conti persino abitabile, e così... a lungo andare ci siamo accomodati. Ti sei scavato la tua nicchia confortevole, come un vermiciattolo nella mela marcia, è così? Hai foderato la tua tana coi tuoi dischi/libri/film preferiti, non è vero?
Ebbene, compagno, non ti biasimeremo per questo. Anzi! Hai fatto bene! Col tuo gesto apparentemente individualista e snob, ci hai mostrato la via. Comincia a pensare ai tuoi anni zero come se li avessi passati nel tuo bozzolo personale, fabbricato con la tua bava, in attesa che ti si schiudessero le ali! Ora che tutti ormai ti conoscono come un individualista disincantato, uno che non s'interessa di politica da una vita, ecco questo è il momento di passare alla fase B. Di passare in clandestinità. Di infiltrarsi.
Perché è di questo che stiamo parlando, compagno. La rivoluzione ricomincia da qui. Fuori dagli steccatini ridicoli con cui Ferrero o Vendola difendono il loro zero per cento. Fuori dal partito ex di sinistra, liquidato dal democristiano Franceschini. Gente che nei loro bunker tratta ancora sulle condizioni di una resa che nei fatti è già incondizionata. Il futuro è altrove. Nei giovani che nei prossimi anni andranno a votare, e si troveranno a scegliere tra Berlusconi, Lega e Neofascisti. Ebbene, compagno, lì devono trovare noi. Dobbiamo infiltrarci. Entrare nel PdL, nella Lega, nei Fasci. Non è poi così difficile. Dopo un po' potresti persino trovarlo divertente.
Prova a immaginarti, Compagno, mentre vai a informarti in comune: “voglio anch'io entrare in una Ronda, come si fa?” Difficile che si mettano a indagare sul tuo confuso passato di sinistroide, e anche se fosse? Il fatto che hai cambiato idea non è la migliore dimostrazione che stanno vincendo? Compagno, se si tratta di farsi qualche giro di notte nei quartieri, tu sei in grado di farcela come chiunque altro. E se anche solo venti grammi del tuo cervello funzionano ancora bene, nella Lega dovresti far carriera.
E se la Lega al tuo paese non c'è, ci saranno bene i fascisti, no? Quelli sono un po' più impegnativi, perché hanno questa fissa coi libri da leggere... Pound, i futuristi... ma parliamoci chiaro, in due serate su wikipedia dovresti essere in grado di sostenere una conversazione sui massimi sistemi. Tutto quello che devi dimostrare è di essere un tipo quadrato e pieno di voglia di fare. Non devi per forza scalare i vertici: cerca di infilarti nel reparto Reclutamento. Fatti trovare sempre dove arrivano i ragazzini. Coi trentenni è già impossibile ragionare.
E una volta che sarai lì... simula certezze, semina dubbi. Pensi che sarà difficile? Non sarà difficile. Tanti quadri del grande Pci sono usciti dalla Gioventù universitaria fascista. Basta una mela marcia a rovinare un raccolto: comincia a pensare a te stesso come a quella mela marcia.
Tutto chiaro? Ora cancella, e aspetta istruzioni. Chi ti ha contattato si farà vivo. Se ti accorgi che è un po' cambiato, che sta frequentando gente impresentabile, che gira di notte con una camicia buffa e saluta alzando la mano... non preoccuparti.
Sta andando tutto bene.
Per il Partito Resistente Clandestino - Nome Provvisorio
Il Segretario "Vero Eretico"
domenica 1 marzo 2009
L'ora perfetta
Me lo chiedo a volte, al pomeriggio, in certi rari intervalli lucidi; oppure al mattino, durante quelle bonacce improvvise che sono l'occhio del ciclone, me lo chiedo: ma come sarebbe una lezione perfetta?
Una lezione, te l'immagini? Senza disturbi dall'esterno: nessun match di pallamano sotto le nostre finestre, né sirene dei pompieri né cortei sindacali né funebri, niente.
Senza disturbi dal corridoio: la porta resta chiusa e non busseranno tre bidelli a chiederti di firmare tre importanti documenti, compreso l'atto di cessione della mia Anima al Ministero che devo aver firmato l'altro giorno senza accorgermene.
Senza stridori di sedie dal soffitto. Senza boati dal piano di sotto. Né l'urlo beluino dell'insegnante che sbotta, né il coro trionfale della classe che ha scoperto di avere buca, né il rantolo disperato dell'alunno certificato disabile che inveisce contro il supplente di sostegno che non intende cambiargli il pannolino perché “non è stato formato per questo”, come se qualcuno l'avesse mai formato per qualcosa. E finalmente anche i cinefili della terza qui di fianco hanno finito di vedere Amadeus a massimo volume, confutatis maledictis flammis acribus addictis. Almeno High School Musical 2 è più breve.
Un'ora senza disturbi dall'interno. Senza nessuno che lanci bigliettini, palline di carta, palline di carta sputate, bigliettini che in realtà se li apri si rivelano palline di carta sputate, palline di gomma, palline di merenda, merende intere, palline di scotch, palline di grumi di bianchetto, poi hanno cominciato a vendere il bianchetto a nastri quindi adesso questi ti si strozzano col nastro del bianchetto. Senza aeroplanini di carta. Senza shuriken. Senza lanci di diario. Senza furti d'astuccio. Senza improvvise liti per il territorio, prof, ma lui sta col gomito sul mio banco, e insiste. Senza duelli di scherma col compasso.
Un'ora senza domande stupide. Ma Prof, ma è vero che il mondo finirà nel 2012? No, e comunque non devi più vedere voyager, te l'ho detto. Ma Prof, ma se il mondo finisce nel 2012 io faccio in tempo a prendere la patente? Ma prof, lei che squadra tiene? È sposato? Perché non ci parla mai di lei? Che macchina ha? Dove la tiene parcheggiata? Perché tutta questa reticenza sul suo privato? Cosa ci nasconde? Cosa urlava due ore fa a quelli di terza? Non siamo riusciti a capire perché la prof di tecnica spiegava. Perché lei è simpatico solo nell'intervallo e a lezione no?
Un'ora senza domande interessanti ma decisamente fuori tema. Ma prof, perché Camoranesi può giocare nell'Italia e Kakà no? Qual è esattamente il criterio? Perché quando fa più freddo dicono che fa sempre più freddo e quando fa caldo che c'è il riscaldamento globale? Perché la luna in cielo non è mai uguale? C'entra in qualche modo la fine del mondo nel 2012? Neanche a Voyager lo spiegano. Perché mio papà deve pagare il canone anche se non guardiamo mai la tv italiana? A cosa servono le tasse?
Insomma, a volte me lo chiedo: come sarebbe un'ora perfetta, un'ora così?
E a volte, al mattino, al culmine di uno di quei silenzi gravidi di guai, mi rispondo anche:
Una palla tremenda.
No, sul serio, non ce la farei. Stramazzerei dopo venti minuti, sulla cattedra, la testa impiombata dal sonno.
Una lezione, te l'immagini? Senza disturbi dall'esterno: nessun match di pallamano sotto le nostre finestre, né sirene dei pompieri né cortei sindacali né funebri, niente.
Senza disturbi dal corridoio: la porta resta chiusa e non busseranno tre bidelli a chiederti di firmare tre importanti documenti, compreso l'atto di cessione della mia Anima al Ministero che devo aver firmato l'altro giorno senza accorgermene.
Senza stridori di sedie dal soffitto. Senza boati dal piano di sotto. Né l'urlo beluino dell'insegnante che sbotta, né il coro trionfale della classe che ha scoperto di avere buca, né il rantolo disperato dell'alunno certificato disabile che inveisce contro il supplente di sostegno che non intende cambiargli il pannolino perché “non è stato formato per questo”, come se qualcuno l'avesse mai formato per qualcosa. E finalmente anche i cinefili della terza qui di fianco hanno finito di vedere Amadeus a massimo volume, confutatis maledictis flammis acribus addictis. Almeno High School Musical 2 è più breve.
Un'ora senza disturbi dall'interno. Senza nessuno che lanci bigliettini, palline di carta, palline di carta sputate, bigliettini che in realtà se li apri si rivelano palline di carta sputate, palline di gomma, palline di merenda, merende intere, palline di scotch, palline di grumi di bianchetto, poi hanno cominciato a vendere il bianchetto a nastri quindi adesso questi ti si strozzano col nastro del bianchetto. Senza aeroplanini di carta. Senza shuriken. Senza lanci di diario. Senza furti d'astuccio. Senza improvvise liti per il territorio, prof, ma lui sta col gomito sul mio banco, e insiste. Senza duelli di scherma col compasso.
Un'ora senza domande stupide. Ma Prof, ma è vero che il mondo finirà nel 2012? No, e comunque non devi più vedere voyager, te l'ho detto. Ma Prof, ma se il mondo finisce nel 2012 io faccio in tempo a prendere la patente? Ma prof, lei che squadra tiene? È sposato? Perché non ci parla mai di lei? Che macchina ha? Dove la tiene parcheggiata? Perché tutta questa reticenza sul suo privato? Cosa ci nasconde? Cosa urlava due ore fa a quelli di terza? Non siamo riusciti a capire perché la prof di tecnica spiegava. Perché lei è simpatico solo nell'intervallo e a lezione no?
Un'ora senza domande interessanti ma decisamente fuori tema. Ma prof, perché Camoranesi può giocare nell'Italia e Kakà no? Qual è esattamente il criterio? Perché quando fa più freddo dicono che fa sempre più freddo e quando fa caldo che c'è il riscaldamento globale? Perché la luna in cielo non è mai uguale? C'entra in qualche modo la fine del mondo nel 2012? Neanche a Voyager lo spiegano. Perché mio papà deve pagare il canone anche se non guardiamo mai la tv italiana? A cosa servono le tasse?
Insomma, a volte me lo chiedo: come sarebbe un'ora perfetta, un'ora così?
E a volte, al mattino, al culmine di uno di quei silenzi gravidi di guai, mi rispondo anche:
Una palla tremenda.
No, sul serio, non ce la farei. Stramazzerei dopo venti minuti, sulla cattedra, la testa impiombata dal sonno.