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lunedì 14 febbraio 2011

E decidetevi!

Noi a questo punto non è che pretendiamo molto.
Non è che vogliamo che ci tiriate fuori dalla crisi - ok, è una crisi più grande di voi e di noi, si è capito.
Non è che pretendiamo che sappiate con chi va a letto B. stanotte - al limite, via, se poteste selezionare le tipe all'ingresso, sequestrare i videotelefonini, ecco, sarebbe una cosa ragionevole da parte vostra. Però non è che si può pretendere, eh.
Insomma, non è che pretendiamo moltissimo. Giusto i fondamentali, per esempio: tra un mese c'è una festa nazionale o no? Ce la fate a dircelo in settimana? Perché avremmo anche noi degli impegni, capite.
E sì, vabbe', capisco che è difficile, avevate soltanto... 150 anni di tempo per decidervi.


Il 17 marzo si fa festa o no? Chiediamocelo insieme sull'Unità, commentando qui.

Io non credo di avere particolari doti di leadership, e forse la maggior responsabilità che mi è toccata nella vita è stata gestire un piccolo gruppo scout di provincia, una cosa piuttosto alla buona, parecchi anni fa. Evidentemente non ero tagliato per farlo, eppure ricordo bene una cosa: persino nella nostra totale improvvisazione di ventenni, eravamo perfettamente in grado di offrire ai genitori dei nostri ragazzi il calendario delle attività e delle uscite con due, tre mesi di anticipo. Insomma, era il minimo: se non sai organizzare un calendario, non puoi gestire non dico una nazione, non dico un'azienda, ma nemmeno un gruppo parrocchiale.

Per questo motivo vorrei qui mettere tra parentesi tutta la questione della celebrazione risorgimentale e formulare una semplice, retorica domanda: considerato che oggi è il 14 febbraio (auguri a tutti i fidanzati, compresa la misteriosa ragazza di Silvio), è possibile che operai, funzionari, studenti, insegnanti, non sappiano ancora se tra un mese c'è una festa nazionale o no? Non siamo tutti opinionisti affascinati dal dibattito sulla necessità del centocinquantenario: siamo perlopiù persone normali; svolgiamo comunissime occupazioni, abbiamo scadenze da rispettare e alcune addirittura oltrepassano il fatidico 17 marzo: un giorno o un ponte tra un mese potrebbero fare la differenza. A questo punto non vogliamo necessariamente essere messi al corrente del parere di Bossi o della Marcegaglia o della Gelmini: vogliamo solo sapere se le scuole saranno chiuse o no; se gli uffici saranno chiusi o no; se quel giorno potremo andare in banca, o alle poste, se l'asilo di nostro figlio terrà aperto, perché insomma è di un giorno della nostra vita che si sta parlando; un giorno che in teoria ci appartiene, e non dovrebbe più dipendere dai capricci di un sovrano distratto e dei suoi litigiosi ciambellani.

Chi dice che un giorno di vacanza in più potrebbe avere funeste ripercussioni sul PILpotrebbe anche, in linea di massima, non avere tutti i torti. Certo, sarebbe bastata un'occhiata un po' più attenta al calendario per rendersi conto che quest'anno pasquetta cade il 25 aprile, e quindi di che vacanza in più stiamo parlando? Io sono tra i primi a ritenere che le feste primaverili siano un fattore di disordine (soprattutto le feste mobili); nel mio piccolo ho anche avanzato una proposta in merito. Avrei capito un serio invito a rimboccarmi le maniche: dopotutto siamo in crisi, anche se ci avete ripetuto per anni il contrario; non importa; ormai ci siamo e in qualche modo dovremo pure uscirne. Ma come si può lavorare serenamente senza avere davanti nemmeno il calendario degli impegni del mese prossimo? Cari leader leghisti, cari dirigenti di confindustria: pensate che l'incertezza di milioni di lavoratori non avrà essa pure qualche ripercussione sul PIL?

Quanto al governo, insomma: che razza di governo è, se l'uomo “del fare” non è nemmeno in grado di far rispettare un giorno di festa? Certo, qualche cosa può sfuggire anche al migliore statista, ma come si fa a farsi prendere alla sprovvista da una data che poteva essere prevista 150 anni fa? Come ammise lo stesso Gianni Letta in gennaio, alle celebrazioni del 17 marzo non saranno presenti capi di Stato stranieri semplicemente perché non c'è stato il tempo per invitarli. O doveva essere Sarkozy, doveva essere Angela Merkel a telefonare a Berlusconi sei mesi fa e chiedergli se facevamo qualcosa per il centocinquantenario della nascita della nostra nazione?

È un dettaglio tra tanti, d'accordo, e in questi mesi ce ne sono di più pittoreschi; però la leadership si misura anche da queste cose. Si poteva discutere sulla necessità di una festa una tantum: se ne poteva discutere anche per dieci, per venti mesi, in fondo il governo di centrodestra dal suo insediamento ha avuto tre anni per farlo. Ma a un certo punto si decide, e quel che si decide si fa. Punto. È semplicemente surreale che si continui a parlare di una cosa del genere a un mese di distanza. Se Berlusconi è momentaneamente distratto dalle sue vicende giudiziarie, i suoi uomini e le sue donne potrebbero fargli il favore di non contraddirsi a vicenda, di dare almeno l'impressione di un esecutivo compatto; perché non è poi una parola scelta a caso, “esecutivo”. Ma insomma non vi rendete conto di quanto risulti poco serio, poco autorevole, poco professionale, un governo che non sa ancora dirci cosa esattamente cosa faremo da qui a trenta giorni?

D'accordo, siete tutti parlamentari; ormai è da un anno che parlate di elezioni anticipate una settimana sì e l'altra pure. Probabilmente avete interiorizzato un senso di precarietà totale, probabilmente avete smesso da mesi di fare progetti più lunghi di due, o tre giorni. Alcuni di voi non sanno nemmeno in che gruppo parlamentare siederanno la settimana prossima. Che dirvi: il Paese, grazie al cielo, ha progetti a più lungo termine dei vostri. Anche chi quaggiù è precario, non lo è così tanto da ritenere il prossimo 17 marzo un traguardo remoto. No, probabilmente ha del lavoro da consegnare, un viaggio da fare, una riunione da organizzare. Non è per essere sgarbati, ma anche noi, senza essere capi di Stato, abbiamo un'agenda; se ci volete invitare a una festa, dovete farlo per tempo e con buona educazione. È il minimo per gestire non dico una nazione, non dico un un'azienda, ma anche solo un gruppo parrocchiale. Senza offese per le parrocchie, che a questo punto sono piene di gente pronta a governare il Paese (davvero, non potrebbero fare peggio di questi qui).http://leonardo.blogspot.com